La
lettura di questo libro di Kingsley è di quelle capaci di cambiarti
l’esistenza. E pare strano, dato che si presenta come uno studio per lo
più storico ed interpretativo sulla persona ed il pensiero di Parmenide.
La peculiarità di Kingsley sta infatti in questo, cioè nel promettere
lo svelamento di un senso, di avere la pretesa di distoglierci dal vuoto
affannarci della cultura contemporanea ed alla sensazione di vuoto che
la pervade; peculiarità che più che in questa pretesa
sta nella sua risoluzione, ossia nell’infrangere il cristallo delle
apparenze e dell’altrove posto sopra o al di fuori di noi, per invece
acquietarci silenziosamente nella profondità di noi stessi.
Le pagine del libro scorrono con una sorprendente fluidità e scorrevolezza, costruendo una sorta di climax ascendente che culmina nel magnifico capitolo che si intitola Morire prima di morire e da qui si snoda in un’altra vertiginosa ascensione profonda che ci attrae irresistibilmente verso la conclusione.
l’interpretazione che Kinglsey dà del poema di Parmenide è tutta incentrata sull’oscurità e sulla morte come sole dimensioni in cui è possibile la conoscenza ed una consapevolezza altra; il poema di Parmenide non sarebbe altro che la narrazione della discesa agli inferi, uno sprofondare da non-morto nel regno dei morti, che lo stesso Parmenide avrebbe compiuto5 Egli è accolto benevolmente dalla dea che gli porge la mano destra. Questo scenario ha dei precedenti illustri nel mito di Eracle e nelle tradizioni orfiche; non a caso Orfeo era anche «il simbolo della tradizione poetica mistica sugli inferi, che aveva il suo centro a Velia»...
Le pagine del libro scorrono con una sorprendente fluidità e scorrevolezza, costruendo una sorta di climax ascendente che culmina nel magnifico capitolo che si intitola Morire prima di morire e da qui si snoda in un’altra vertiginosa ascensione profonda che ci attrae irresistibilmente verso la conclusione.
l’interpretazione che Kinglsey dà del poema di Parmenide è tutta incentrata sull’oscurità e sulla morte come sole dimensioni in cui è possibile la conoscenza ed una consapevolezza altra; il poema di Parmenide non sarebbe altro che la narrazione della discesa agli inferi, uno sprofondare da non-morto nel regno dei morti, che lo stesso Parmenide avrebbe compiuto5 Egli è accolto benevolmente dalla dea che gli porge la mano destra. Questo scenario ha dei precedenti illustri nel mito di Eracle e nelle tradizioni orfiche; non a caso Orfeo era anche «il simbolo della tradizione poetica mistica sugli inferi, che aveva il suo centro a Velia»...
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