martedì 2 luglio 2019

Voli magici


La Val di Susa, a pochi chilometri dal capoluogo torinese, rappresenta per i cultori di cose occulte un vero e proprio polo di attrazione; fors’anche grazie alla gran quantità di pacciame letterario e non sorto intorno al Musinè, un caliginoso monte che si erge all’ingresso della vallata. Proseguendo oltre, giunti in prossimità di Avigliana, da un lato, maestoso, troviamo il Monte Pirchiriano con la famosa e poderosa abbazia della Sacra di S. Michele; mentre di fronte, più dimesso, ci appare il Monte Caprasio, anch’esso sacro sacello di cose d’altri tempi. In particolare a Celle, una frazione di Caprie, abitato eponimo, troviamo l’antica Chiesa di Santa Maria Assunta. Resa irriconoscibile dalla consueta metamorfosi barocca, essa rivela l’essenza più arcaica, romanica, nella suggestiva e misteriosa cripta.Il vocabolo crypta, dal greco kryptō «nascondo», s’incontra come sostantivo soltanto in latino. Era utilizzato per indicare nella casa e nel tempio romano qualunque ambiente sotterraneo. In epoca cristiana si trasformò nell’ipogeo cimiteriale per eccellenza; ciò si realizzò in special modo a partire dal IX secolo, quando si compirono le grandi traslazioni di reliquie dal suburbio al chiuso delle mura cittadine. Molte volte la cripta conserva (perché riadoperati) frammenti della chiesa più antica; è il caso di Santa Maria Assunta, che cela al suo interno la primitiva chiesetta, interrata, risalente al X secolo. Il tutto è stato sfigurato nel 1741 dagli usuali e grotteschi interventi barocchi. Della costruzione antica non rimangono che l’abside, la cripta e il campanile.
Di fronte alla chiesa si trova un grande antro aperto nella roccia: la tradizione lo ritiene il rifugio dell’eremita Vincenzo, il santo a cui è dedicata la cripta. Cenni alla sua biografia, permettono forse di comprenderne il cammino spirituale, dal mondo all’ascesi. San Giovanni Vincenzo o Giovanni da Besate (955 ca.-1000) fu arcivescovo di Ravenna con il nome di Giovanni XIII tra il 986 e il 997. Forse tediato dagli obblighi secolari, si diede a vita raminga, e verso l’anno mille raggiunse il monte Caprasio. Luogo ideale a suo dire, per condurre vita ascetica e contemplativa. Chi si reca nella grotta in cui avrebbe trovato rifugio Vincenzo, oggi trasformata in oratorio chiuso da una facciata in muratura in stile barocco, realizzata all’inizio del Novecento, si può rendere conto delle condizioni estreme di vita a cui l’asceta si sarebbe esposto, in un luogo e in un clima ostili. Un ambiente sicuramente favorevole al concretizzarsi di esperienze estatiche.La pittura sulla volta della cripta, dipinge il volo visionario di Vincenzo, un unicum nell’iconografia: il corpo del santo, accasciato in un tavolaccio, è un mero involucro affrancato dell’anima, che libera s’innalza attorniata dai quattro Angeli tetramorfi (Leone, Toro, Uomo, Aquila), simboli degli Evangelisti. Sono i quattro Angeli della visione di Ezechiele (Ez. 1, 14-15) e dell’estasi di Giovanni a Patmos (Ap. 4, 6-7), che raramente sono utilizzati per accompagnare un santo


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