lunedì 31 maggio 2021

Il Sarcofago del Visir Gemenefherbak


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Questo sarcofago di basalto, dalla forma antropoide, risalente alla XXVI dinastia, apparteneva al visir Gemenefhrbak, che nel VII secolo a.C. svolgeva un ruolo paragonabile a quello di un primo ministro. Si ha l’impressione che l’oggetto sia ricavato nel metallo e non nella pietra, e in effetti questo materiale è detto metagnovacca, una roccia che presenta una lucentezza metallica. In Egitto era chiamata ”pietra bekhen” e si estraeva dalle cave nel deserto orientale, nella regione dello Uadi Hammamat, è perfino citata sulla mappa topografica presente nel Museo.
Gemenefherbak è raffigurato sul coperchio del sarcofago con una lunga parrucca, la divina barba di Osiride, ricciuta e intrecciata, e un ampio collare usekh. Porta appeso al collo, a un cordoncino, una piccola immagine raffigurante Maar, la dea della giustizia, accovacciata che richiama il ruolo di Gemenefherbak come presidente del tribunale. L’occhio dell’osservatore è subito attratto dal grande scarabeo alato scolpito sul petto della figura in forma di mummia riprodotta sul coperchio a simboleggiare la rinascita e la rigenerazione era importante che lo scarabeo fosse posto al di sopra del cuore (sede dell’intelligenza) per assicurarne la protezione.
Torino, Museo Egizio, Tardo periodo, 26 dinastia, 664-610 a.C.
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La ROMA profonda delle acque simbolo della Dea



I meravigliosi laghetti di Roma sotterranea
1) Monteverde
Sotto il complesso ospedaliero del San Camillo e del Forlanini si trova un'enorme cava di tufo giallo con volte altissime. La grotta misura circa 700 metri quadri ed una parte è occupata dal lago che sgorga da una fonte naturale. Fu scoperta durante la costruzione dei padiglioni dell’ospedale, negli anni ’30: l’acqua potabile al suo interno fu infatti usata per irrigare i giardini.
Nei primi anni di attività dell’ospedale si accedeva alla grotta grazie ad un montacarichi. Nei mesi più caldi dell’anno vi si conservavano generi alimentari che si mantenevano in buono stato grazie alla temperatura di 13°. Durante la Seconda Guerra Mondiale qui trovarono rifugio dai bombardamenti medici e pazienti.
Gli speleologi di Roma sotterranea hanno pubblicato nel 2014 foto e notizie, sulla riscoperta di questo straordinario lago sotterraneo. La grotta e il lago non sono visitabili se non agli esperti.

2) Celio
Sotto le fondamenta del convento dei Padri Passionisti (che comprende anche la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo), è stato rinvenuto un vero e proprio labirinto di laghi sotterranei. L’area si trova proprio al di sotto dei resti del tempio del divo Claudio, costruito subito dopo la sua morte (54 d.C.). In queste gallerie sotterranee l’équipe di speleologi guidata da Cusin (architetto dell’associazione di speleologi Roma Sotterranea), insieme agli archeologi della Soprintendenza hanno portato avanti l’esplorazione e lo studio di un patrimonio sotterraneo inaspettato.
Dalla spedizione è emerso un sistema di cave romane antichissime, alcune datate IV secolo a.C., che si snoda per oltre due chilometri vedendo l’alternanza di sale di diverse dimensioni, alcune alte oltre otto metri, altre a malapena cinquanta centimetri. I laghetti hanno origine dalla presenza di una falda acquifera superficiale, sebbene abbiano poi contribuito ad alimentarli le infiltrazioni d’acqua.
Caratteristici sono gli spettacolari effetti cromatici, dove spiccano gli strati lattiginosi dei depositi di carbonato di calcio che sembrano patine di ghiaccio.
Sulle pareti si possono vedere ancora oggi i segni lasciati dagli scavatori, coi loro scalpelli e con le loro lampade a olio.


3) La natatio delle Terme di Agrippa - Campo Marzio
Un altro lago sotterraneo è quello visitabile a palazzo della Cancelleria. Non distante da dove oggi sorge il Palazzo, c’era un tempo la natatio, ossia la piscina per il nuoto, delle terme di Agrippa. Quando nei secoli il canale che ne regolava l’altezza, l'Euripus, si ostruì, si formò questo lago alimentato dalla falda acquifera. Dal laghetto sbuca il sepolcro di Aulo Irzio (politico e militare romano, che seguì Cesare sia nella campagna gallica che nella guerra civile), costituito da un recinto di mattoni che termina con una cimasa di travertino (una copertura curva e sporgente), scoperto durante gli scavi condotti intorno alla fine degli anni '30. È visitabile.

domenica 30 maggio 2021

L'ORIGINE DEL NOME VATICANO.


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Come molte altre tradizioni e usi cattolici, il nome Vaticano, ha origini pagane e non ha niente a che vedere con la Bibbia, la lingua greca o latina.
Più di 28 secoli fa, e prima della leggendaria Fondazione di Roma di Romolo e Remo, esisteva un popolo chiamato gli Etruschi.
Circa 3000 anni fa, i misteriosi Etruschi si stabilirono in una regione dell'Italia centrale conosciuta come Etruria, governarono la regione del Mediterraneo prima del sorgere di Roma.
Stiamo ancora cercando di decifrare la difficile lingua degli Etruschi, negli anni però abbiamo imparato molto delle loro credenze e della vita quotidiana.
Infatti, molte delle conoscenze che possediamo sulla civiltà romana provengono dagli Etruschi.
Gli Etruschi non seppellivano i morti entro le mura delle loro città. Invece costruirono un grande cimitero su un pendio collinare fuori della loro antica città nell'area che poi divenne la città di Roma.
Purtroppo la maggior parte della letteratura e mitologia etrusca è andata persa, ma sappiamo che la guardiana di quella necropoli era l'etrusca dea Vatika.
Era la dea dell'Oltretomba ed era suo dovere sorvegliare su coloro che erano passati a miglior vita.
Secoli dopo, quel pendio fu il luogo destinato a un circo e, secondo la leggenda, lì è stato giustiziato Pietro, crocifisso a testa in giù e sepolto non lontano. Costantino, primo imperatore cattolico, fondò lì un santuario quando il luogo era già noto come la Collina Vaticana.
Pochi secoli dopo, lì fu costruito il palazzo papale che continuò a portare il nome Vaticano.
Sembra un paradosso, la chiesa cattolica ha passato centinaia di anni cercando di debellare ogni cultura pagana, e la sua "santa sede" porta il nome di una dea pagana. Puoi nascondere il passato quanto vuoi... ma te lo porterai dietro come testimonianza contro di te, perché non hai ereditato solo il nome ma anche lo spirito pagano e anticristiano.
- Elena Messina
- ′′Immagine della Dea etrusca degli inferi Vatika che custodiva la necropoli o la città dei morti, dove oggi si trova il Vaticano. (Altes Museum, Berlino)

giovedì 27 maggio 2021

Gli angeli: presenti nel mondo etrusco ripresi iconograficamente dai cristiani

L'iconografia degli angeli cristiani potrebbe essere erede diretta delle Lase misteriose, semidivinità venerate nella religione etrusca.
Al di là della questione teologica, un numero sempre maggiore di studiosi ritiene che, almeno iconograficamente, gli angeli arrivino dal passato. E più precisamente che la loro immagine ci sia stata consegnata direttamente dagli antichi etruschi.

L'Anubi Azteco

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Lo Xoloitzcuintli è un'antica razza azteca originaria del Messico, un tempo considerata una guida per i morti nel loro viaggio negli inferi
“Per gli antichi Aztechi e Maya, il migliore amico dell'uomo era anche un guaritore glabro, brutto e carino, occasionale fonte di cibo e, soprattutto, guida agli Inferi.
A volte noto come il cane senza pelo messicano, lo xoloitzcuintli (pronunciato "show-low-itz-QUEENT-ly") prende il nome da due parole nella lingua degli Aztechi: Xolotl, il dio del fulmine e della morte, e itzcuintli, o cane. Secondo la credenza azteca, il cane di Xolotl fu creato dal dio per proteggere i vivi e guidare le anime dei morti attraverso i pericoli di Mictlán, il mondo sotterraneo

martedì 25 maggio 2021

Le corone di alloro, e altro, in oro


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Le ghirlande erano un disegno utilizzato nell'antichità nell'Europa meridionale. I più noti sono gioielli della civiltà etrusca, realizzati in oro o altri metalli preziosi. Simboli dei miti greci appaiono spesso nei disegni, impressi in metallo prezioso alle estremità della corona. Gli antichi scrittori romani si riferivano alla corona sutilis etrusca, che erano ghirlande con le foglie cucite su uno sfondo. Queste ghirlande ricordano un diadema, con sottili foglie metalliche attaccate a una fascia ornamentale. Le ghirlande appaiono anche impresse nei medaglioni etruschi. Le piante mostrate facendo ghirlande in gioielli etruschi includono edera, quercia, foglie di ulivo, mirto, alloro, grano e viti.
🌿Le corone venivano indossate come corone dai sovrani etruschi. Il simbolismo etrusco continuò ad essere utilizzato nell'antica Grecia e Roma. I magistrati romani indossavano anche corone d'oro come corone, a testimonianza del loro lignaggio che risaliva ai primi sovrani etruschi di Roma. I magistrati romani usavano anche molti altri importanti simboli etruschi oltre a una corona d'oro: fasci, una sedia curule, una toga viola e un'asta di avorio.
🌿Antica #Grecia e #Roma
Un busto replica di Apollo che indossa una corona di alloro.
Nel mondo greco-romano, le ghirlande venivano usate come ornamento che poteva rappresentare l'occupazione, il rango, i risultati e lo status di una persona. La corona che veniva comunemente usata era la corona d'alloro.
L'uso di questa corona deriva dal mito greco che coinvolge Apollo, il figlio di Zeus e il dio della vita e della luce, che si innamorò della ninfa Dafne. Quando la inseguì, fuggì e chiese al dio del fiume Peneus di aiutarla. Peneus la trasformò in un albero di alloro. Da quel giorno, Apollo indossava una corona di alloro in testa. Le corone di alloro si associarono a ciò che Apollo incarnava; la vittoria, il successo e lo status e in seguito sarebbe diventato uno dei simboli più comunemente usati per affrontare il successo in Grecia e Roma. Le corone di alloro venivano usate per incoronare atleti vittoriosi ai Giochi Olimpici originali e sono ancora indossate in Italia da studenti universitari che si sono appena laureati.
Anche altri tipi di piante utilizzate per realizzare corone a corona avevano un significato simbolico. Ad esempio, le foglie di quercia simboleggiavano la saggezza e venivano associate a Zeus, che secondo la mitologia greca prese le sue decisioni mentre riposava in un bosco di querce. Le dodici tavole, risalenti al 450 a.C., si riferiscono alle corone funebri come una tradizione di lunga data. La corona d'oliva era il premio per il vincitore degli antichi giochi olimpici.🌿
Questi alberi nell'antica Grecia erano simbolici di vari concetti come saggezza, trionfo, fertilità, pace e virtù. Le ghirlande d'oro erano pensate per imitare i loro omologhi naturali.
Tuttavia, per la loro fragilità, sono stati indossati solo in occasioni speciali. Molte ghirlande d'oro erano dedicate come offerte di tempio e servivano come beni funerari per reali e l'élite benestante.
🌿Il simbolismo delle ghirlande è stato usato ai funerali almeno dai tempi dell'antica Grecia, per rappresentare un cerchio di vita eterna. Corone sempreverdi furono deposte nel luogo di sepoltura dei primi martiri vergini cristiani in Europa, il sempreverde che rappresentava la vittoria dello spirito eterno sulla morte.
🌿Le ghirlande del raccolto erano un simbolo importante per la comunità nell'antica Grecia, non solo per l'agricoltore e la sua famiglia. Le feste dedicate a Dioniso, Oschophoria e Anthesteria, includevano una processione rituale chiamata eiresîonê . Una ghirlanda del raccolto veniva portata a Pyanopsia e Thargelia da giovani ragazzi, che cantavano durante il viaggio. La corona d'alloro o d'olivo sarebbe stata appesa alla porta, e poi le offerte sarebbero state fatte a Helios e alle Ore. Si sperava che questo rituale avrebbe portato protezione contro il fallimento delle colture e le piaghe.
📸La stragrande maggioranza delle ghirlande d'oro risalgono al periodo ellenistico, dopo le conquiste di Alessandro Magno, sebbene siano note per essere esistite dall'epoca classica. Esemplificano l'eccezionale abilità degli orafi durante il periodo ellenistico. Immagini:
🌿 1) Ghirlanda di Stanlio d'oro da Cipro, VII-III secolo a.C. Reiss-Engelhorn-Museen, Germania
🌿 2) Ghirlanda d'oro di foglie di quercia dalle tombe reali di Aigai. 4° secolo a.C. Il Louvre.
🌿 3) Ghirlanda di mirto d'oro. 4°-3° secolo a.C. Museo Benaki, Atene.
🌿4) Ghirlanda d'oro di foglie di quercia e fiori dall'Attica. 2°- 1° secolo a.C. Museo di storia canadese, Quebec.
🌿 5) Ghirlanda d'oro di foglie di quercia e ghiande. 4° secolo a.C. Museo di Belle Arti, Boston.
🌿 6) Ghirlanda di Mirto d'oro da Corinto. 4° 3° secolo a.C. Museo di Belle Arti, Houston.

Conosci te stesso


è la massima più importante che ci ha tramandato la cultura greco-romana.
Come spiegava Socrate , senza la consapevolezza di sé, l’uomo non approda da nessuna parte, costretto in una continua tensione verso il mondo esterno che non può mai davvero appagarlo. E per dirla con Sant' Agostino ...
"Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas"
«Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell'uomo che risiede la verità».
Foto: Maurizio Talotta
Il tripode apollineo di Krotone.
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Kafka una bambina e la sua bambola

"A 40 anni Franz Kafka, che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. La bambina e Kafka cercarono la bambola senza successo. Kafka le propose di incontrarsi di nuovo lì il giorno dopo, per tornare a cercarla insieme.
Il giorno seguente, non avendo ancora trovato la bambola, Kafka consegnò alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "per favore, non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure."
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka. Durante i loro incontri, Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Alla fine Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.
“Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina. Kafka le consegnò allora un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi mi hanno cambiato”. La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò a casa tutta felice.
L’anno seguente Kafka morì.
Molti anni dopo la bambina, oramai adulta, trovò un messaggio dentro la bambola. Nella breve lettera firmata da Kafka c‘era scritto: "tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo."
“Kafka e la bambola viaggiatrice”, di Jordi Sierra


Etnos avvia la Doll Therapy a Caltanissetta: i malati si prendono cura  delle bambole | Seguo News

domenica 23 maggio 2021

Questo soggetto è uno dei personaggi chiave che hanno in mano le sorti dell'Europa

Lui è K l a u s S c h w a b, fondatore e direttore del World Economic Forum di Davos....quello che detta le linee guida alla "comunità europea"... se così la vogliamo chiamare.


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Foraging

Incolto. Caotico. Brutto. Sarebbe questo il giudizio della maggior parte delle persone di fronte a un giardino o un’aiuola con l’erba alta, disomogeneo, costellato di ciuffi di piante diverse. La pensa in modo molto diverso Eleonora Matarrese, botanica con un’esperienza decennale nella pratica della raccolta (il cosiddetto foraging), e autrice del libro “La cuoca selvatica” (Bompiani). Nata in Puglia una quarantina di anni fa, lo scorso agosto si è trasferita in provincia di Varese, dove ha acquistato un terreno di tre ettari.........

https://www.glistatigenerali.com/milano_territorio-ambiente/io-cuoca-selvatica-e-raccoglitrice-vi-svelo-i-segreti-del-foraging/?fbclid=IwAR2T2dh6Q5tQuZwgB_DLP6jFUGTqW3BNG8kvbAfOdLnLSmCBCFVCMZxcnhk

Tempio della tosse tivoli


Situato sull’antico tracciato della Via Tiburtina Valeria è, ancor oggi, un sito di cui si ignora praticamente tutto...Il tempio della Tosse è una costruzione di epoca romana situata sull'antica via Tiburtina a Tivoli. Si trova presso l'Aniene, vicino al santuario di Ercole Vincitore e alla porzione inferiore di villa d'Este, fuori dalla porta detta "del Colle". Nei suoi pressi è situata anche una cartiera, oramai abbandonata, costruita sulle strutture del tempio d'Ercole.
Il “Tempio della Tosse” è un noto edificio tardo-antico assai ben conservato, di proprietà statale, disegnato e descritto sin dal Rinascimento situato a valle del centro storico di Tivoli, lungo via degli Orti, il tratto in salita della via Tiburtina denominato Clivus Tiburtinus.
La costruzione è interamente rivestita in opus vittatum, costituito da un filare di tufelli o blocchetti calcarei e tre ricorsi di mattoni con belle ghiere laterizie intorno agli archi.
Varie ipotesi sono state prospettate sulla destinazione: tralasciando la più fantasiosa avanzata degli scrittori locali che vi videro un tempio, quella del Nibby che lo volle un oratorio cristiano eretto dai Bizantini dopo la guerra greco-gotica e anche quella che vi riconosce un ninfeo, cui ostano l’architettura e la posizione, ha avuto maggiore fortuna l’identificazione con un sepolcro, sul tipo dei mausolei circolari ampiamente diffusi nel IV secolo... A questa interpretazione si oppongono, però, il doppio ingresso e le numerose finestre, quindi senza dubbio non può ritenersi il sepolcro della gens Turcia.... Non è da escludere però che la rotonda sia stata innalzata in occasione dello spianamento del Clivo, il cui basolato è stato rinvenuto a valle del “Tempio” , come potrebbe indicare anche la datazione in epoca tarda. Dopo uno studio accurato il Giuliani ha suggerito di considerarlo, come già in precedenza il Deichmann, un vestibolo monumentale, eretto in una grande villa del I sec. a.C. Nel IX-X secolo l’edificio era detto, come prova il Regesto Tiburtino, semplicemente “trullo” (in ragione della sua forma circolare cupolata) e si trovava nel fundus Lipiano . Sulla trasformazione in chiesa, avvenuta il 14 dicembre 956, fa fede un’iscrizione letta agli inizi del Novecento e già all’epoca ritenuta smarrita. Una preziosa nota aggiunta al Regesto specifica che la chiesa era l’ecclesia sanctae mariae portas scure, così appellata dal toponimo “porta scura” con cui si designava il tratto della via Tiburtina inglobato nella galleria all’interno del vicino santuario di Ercole. Nel Cinquecento la chiesa era detta anche “S. Maria delli Horti” . La denominazione “S. Maria della Tosse” è di uso popolare e da riconnettere alla venerazione mariana per scongiurare la tosse , come altri culti collegati a malattie localizzati fuori dalla città...Della decorazione della chiesa sopravvivono gli affreschi nei catini delle absidiole Nord-Ovest e Sud-Ovest, raffiguranti rispettivamente un busto di Cristo entro un clipeo sorretto da angeli e un Cristo inserito in una mandorla anch’essa sorretta da angeli...
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Un piccolo bambino uscito dagli ultimi bombardamenti del conflitto fra Israele e Gazza

Tutte le religioni dovrebbero porre questa immagine nelle chiese, nelle sinagoghe, nelle moschee, negli stupa, nei templi...in questo caso è l'uomo che produce queste sofferenze, questo bambino rappresenta DIO

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venerdì 21 maggio 2021

Le 99 Rolls Royce di Osho

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"Che ci faccio con 99 Rolls Royce?
Non ho neanche il tempo di guidarle tutte! Sono una sfida, un simbolo. Sono una delle cose più inutili ma sono anche il simbolo della ricchezza. Volevo dimostrare che si può essere ricchi e spirituali e che non c’è contraddizione tra le due cose.
Volevo anche mettere un filtro agli idioti; chi si fosse fermato, nel leggere il mio messaggio, alle 99 Rolls Royce, non avrebbe capito neanche il resto, e quindi era una sorta di filtro preventivo che mettevo per le persone incapaci di andare oltre l’apparenza. (..)
E volevo provocare invidia agli americani così chiamati "ricchi".
E ci sono assolutamente riuscito!
Persino il presidente era invidioso, il vicepresidente era invidioso. I super ricchi, Rockefeller e altri si sentirono battuti. Per la prima volta qualcuno li ha fatti apparire poveri.
Questo era lo scopo."
OSHO

mercoledì 19 maggio 2021

Nietzsche e l'immaginazione al potere

"Viene il tempo in cui l'uomo non scaglierà più la freccia del suo desiderio ardente al di la dell'uomo, e la corda del suo arco avrà disimparato a vibrare!
Io vi dico: bisogna avere in se ancora il caos, per partorire una STELLA DANZANTE. Io vi dico: voi avete ancora il caos dentro di voi.
Guai! Viene il tempo in cui l'uomo non partorirà più nessuna stella.
Guai! Viene il tempo dell'uomo più spregevole, che non sa più disprezzare se stesso.
Ecco! Io io vi mostro l'ultimo uomo!
- Che cosa è amore? Che cosa è creazione? Che cosa è desiderio ardente? Che cosa è stella?- così domanda l'ultimo uomo e ammicca."
(F. Nietzsche - Così parlò Zarathustra).

"Bisogna avere in se ancora il caos, per partorire una stella danzante" si scriveva sui muri delle università francesi e italiane nel maggio del 1968.

Michele Filippini: Le origini intellettuali della rivoluzione italiana: il '68  e la sua genesi


martedì 18 maggio 2021

L’Eredità di Marija Gimbutas: Intervista a Joan Marler

Nel podcast “Home to Her”, dedicato al Sacro Femminile, la conduttrice Liz Kelly incontra autrici, artiste, insegnanti, poetesse e mistiche, con le quali ha lunghe conversazioni sui temi della Spiritualità Femminile. Nel sito-podcast sono raccolte una serie di interviste molto interessanti.

https://www.autricidicivilta.it/leredita-di-marija-gimbutas-intervista-a-joan-marler/?fbclid=IwAR10ostyH6QyP69m31EF90oEg7d6JzeVoUwL4dGI8K2F40Qi-fXFAVXX2ac


Marija Gimbutas

In fondo era un psicologo che ha riscoperto l'anima


Anima, carattere e vocazione, James Hillman | Inseparatasede

“Un individuo guarisce quando scopre il mito che sta mettendo in scena.”
James Hillman (1926-2011)

domenica 16 maggio 2021

S’ACCABADORA



Nient'altro in Sardegna è coperto da un'omertà più tignosa. Il rituale – che cominciava quando i familiari del moribondo avvisavano la femina accabbadora e finiva quando questa lasciava la casa del lutto – veniva fatto fino agli inizi del Novecento in Gallura e in Barbagia, ma ancora oggi è praticamente impossibile conoscere i nomi delle sacerdotesse della morte.

Non ci è riuscito neanche Franco Fresi, scrittore e studioso di tradizioni popolari, che alla fine degli anni Settanta intervistò il nipote dell'ultima femina accabbadora della Gallura. "Era un'uomo che aveva quasi cent'anni e viveva in uno stazzo, su un'altura vicino al mare" - racconta . "Mia nonna era l'ultima di quelle donne che portavano consolazione ai malati che desideravano morire e conforto alle loro famiglie. La chiamavano perchè era decisa e forte: non andava volentieri, ma sapeva di dover fare un'opera buona. Non ti voglio dire come si chiamava" - mi avvertì il vecchio - "però ti posso dire che veniva chiamata Cunsuleddha, proprio perchè era una consolatrice". Il vecchio racconta che sua nonna, "nonostante la carità che fece per tutta la vita, alla fine soffrì molto per questa sua attività. Ne abbiamo sofferto tutti in famiglia. E proprio per questo una mia nipote si è fatta suora per espiare". 

Quell'uomo, spiega Franco Fresi, sentiva ancora tutto il peso di quella eredità. Quando gli chiesi se potevo vedere il martello lui non fece una piega. Nonostante l'età salì come uno scoiattolo su una scala a pioli, arrivato in cima scoperchiò alcune tegole e porto giù una pesante mazzuola di legno coperta di fuliggine. Ci soffiò sopra e, svanita la nuvoletta, mi colpì la lucentezza del martelletto, come quella di un oggetto levigato dall'uso. Purtroppo ebbi la cattiva idea di tentare di fotografarlo. Il vecchio si infuriò e lo lanciò lontano, in fondo alla vallata. Sono tornato diverse volte , per tentare di recuperare la mazzuola. tutto inutile, forse il vecchio, che conosceva quei luoghi meglio di me, se l'era già ripresa.




In Gallura l'ultimo rituale fu fatto a Luras, nel 1929, quando la femina accabbadora accompagnò nell'ultimo viaggio un uomo di settant'anni. La donna, oramai anziana, finì davanti al procuratore del regno, ma il caso venne presto archiviato. E' questo il fascicolo che, da anni, studenti universitari e studiosi di tradizioni popolari cercano disperatamente tra i faldoni polverosì dell'archivio del tribunale di Tempio Pausania. Tra quelle carte ci dovrebbe essere anche il verbale dei carabinieri che, dopo aver interrogato i familiari del morto e diversi paesani, scrissero: E' appurato che i parenti del malato hanno datto il loro consenso

A Orgosolo, invece, l'episodio più recente in assoluto: si sa che avvenne nel 1952, il resto è coperto dal silenzio più ostinato. Nel Nuorese, comunque erano di Ottana le accabbadoras più ricercate. Venivano chiamate in tutti i paesi del circondario e loro - femmine alte, magre, il colorito giallo per la malaria - arrivavano e salutavano con un cenno del capo. Formule e gesti antichi, sempre uguali. Deu ci siada, sussurrava l'accabbadora. Che Dio sia qui. Arrivava sempre di notte e, dopo essersi assicurata che tutti erano d'accordo, veniva subito accompagnata al capezzale del moribondo. Con un gesto mandava via i parenti, chiudeva la porta, si faceva il segno della croce e, afferrato il martello che nascondeva sotto lo scialle, con un solo colpo sulla nuca del malato finiva il suo compito. Riapriva la porta, annunciava che quella era la casa del lutto, e andava via...


Dall'Unione Sarda del 21/08/2007

sabato 15 maggio 2021

I poteri curiali sulla scuola

I laureati in Scienze delle Religioni potranno insegnare italiano e storia: per Granato e Angrisani sono i raccomandati della curia

https://www.tecnicadellascuola.it/i-laureati-in-scienze-delle-religioni-potranno-insegnare-italiano-e-storia-per-granato-e-angrisani-sono-i-raccomandati-della-curia?fbclid=IwAR0eO2rjjbf6NfOgSbdYDlm5lNoLiBO8Uj1LF5sVjfnxS7vvc8nmBRGoiN4
Patti Lateranensi - Nonciclopedia

venerdì 7 maggio 2021

Le Sirene

 

La sirena è un essere fantastico con la parte superiore del corpo di donna, formosa e di aspetto piacevole, e la parte inferiore foggiata a di coda di pesce.
Si tratta di un essere marino, o comunque acquatico, dal temperamento malevolo, che sfrutta le sue doti di seduzione sessuale, mostrando la parte superiore del corpo, per attrarre ignari giovani e ucciderli trascinandoli nel mare.

La Sirena canta in maniera irresistibile e a volte suona anche qualche strumento.
Ha lunghi capelli, spesso verdi come il mare, che pettina accuratamente; ha in mano uno specchio in cui si rimira compiaciuta. 

Corrisponde a quello che ha il termine inglese mermeid. Il mito della Sirena si ripete in tutto il mondo, nessun luogo escluso, e dimostra caratteristiche più costanti e omogenee perfino di quelle del mito del Drago.

Nell’area occidentale, europea, in particolare, questo mito ha una sua storia speciale. Infatti nessun altro mostro è stato soggetto, nel corso del tempo e nel medesimo ambito culturale, a una trasformazione così complessa come quello della Sirena, passata da immagine dell’anima umana, a demone mortale a forma di uccello, a seducente ninfa dalla coda di pesce.

Le Sirene, propriamente dette (Seirenes), nascono in Grecia, ma le tradizioni che le riguardano sono estremamente confuse e discordanti tra loro. 
Il numero stesso delle Sirene non è ben certo: Omero, il primo a menzionarle, ne parla usando il duale, sottintendendo dunque che si tratta di una coppia; tuttavia nella tradizione figurativa e in quella letteraria sono generalmente tre; non mancano però le eccezioni che parlano di quattro o addirittura di otto Sirene, come fa Platone.

Uguale incertezza c’è sui loro nomi: in un dipinto vascolare troviamo il nome di Imeropa; ma poi abbiamo le triadi Thelxinoe, Aglaope, Pasinoe e Partenope, Leucosia, Ligea; e la tetrade Teles, Raedne, Molpe e Thelxiope.
In tutto sono undici denominazioni differenti, talvolta legate a miti locali, come Partenope alla fondazione di Napoli. 

Lo stesso nome Seirenes non ha una etimologia sicura: può connettersi con seirà, (catena, laccio), o col verbo seirazein (legare con una corda), ambedue con un possibile riferimento alla qualità di incantatrici o maghe. 
Ma può anche essere fatto risalire a seirios (bruciante, da cui anche Sirio, l’astro della canicola) per alludere ai pericoli dell’ora MERIDIANA, quando il mare in bonaccia sotto il sole implacabile può essere più infido di quello in tempesta.

Analogamente, collegandolo al periodo delle grandi calure, quando tutto si dissecca, possiamo pensare ad un’altra variante del verbo seirazein, che significa "prosciugare". Ma sono stati proposti anche legami etimologici con l'ebraico sir, canto, e col radicale sanscrito sr, fluido in movimento.

La genealogia delle Sirene non chiarisce le cose più dell'etimologia.

Platone dice che sono figlie di PHORKYS e KETO, divinità, marine ambedue, fratello e sorella incestuosi, da cui nascono numerosi altri mostri celebri della mitologia greca, tra cui Scilla, Echidna, le Graie.
Ma si tratta di una attribuzione isolata; per lo più le Sirene sono dette figlie di ACHELOOS, una tra le più antiche divinità, greche in assoluto. 
Meno certa è la maternità: si parla di due delle Muse Calliope (Tersicore) o di una donna dell'Etolia, regione in cui scorre il fiume Acheloo (oggi Aspropotamo), di nome Sterope. 
Secondo una variante nascerebbero addirittura direttamente da tre gocce del sangue di Acheloo, cadute a terra quando, durante la lotta per il possesso della bella Deianira, Eracle spezza al dio una delle sue corna.

Per quanto riguarda l’aspetto fisico delle Sirene, abbiamo meno incertezze: anche se Omero non le descrive ci sono numerose raffigurazioni vascolari e scultoree, nonché le descrizioni di autori più recenti, che ne testimoniano la forma ibrida, col corpo di uccello e la testa femminile. 
Nel tempo questa forma attenua i suoi caratteri ornitomorfi: compaiono le braccia umane, il seno, poi tutto il busto; successivamente solo le zampe restano a forma di uccello, finché non si perdono, in epoca alessandrina, anche questi ultimi residui di ibridismo.
Quello che resta invece incerto è il motivo di questa forma. Sembra che fossero all’inizio del tutto umane, e che la loro parziale trasformazione in uccelli sia conseguente ad un evento, che varia però a seconda degli autori.

Per Ovidio erano compagne di giochi di Persefone, alla quale stavano insieme anche quando il tenebroso Ade l’aveva rapita; allora avevano chiesto agli dei di diventare uccelli per poter cercare la loro compagna in mare e per terra. 
Secondo altre versioni sarebbe stata invece Demetra a trasformarle così, come punizione per non aver cercato di impedire il ratto della figlia; oppure sarebbe stata Afrodite, per punirle di aver disprezzato le gioie dell’amore.
Di certo c’è solo che, pur avendo le ali, avevano perso la capacità di volare in una gara di canto contro le Muse; queste ultime, dopo averle vinte, irritate dall’orgoglio dimostrato dalle Sirene, le avevano spennate.

Questa confusa congerie di miti trova una espressione compiuta solo nelle due grandi epopee di viaggio della mitologia greca: il viaggio di Ulisse e quello degli Argonauti. 
Nell’Odissea (XII) Ulisse, partito dall'isola di Circe, per sottrarsi alla seduzione perfida delle Sirene, contro le quali era stato messo in guardia dalla maga, si era fatto legare all'albero maestro della nave dai suoi marinai, ai quali aveva preso la precauzione di otturare le orecchie con la cera. 
Aveva potuto cosi ascoltare il letale canto delle Sirene senza pericolo e aveva potuto conoscere le loro irresistibili armi seduttive, basate non sul sesso (come quelle delle Sirene che oggi conosciamo), seduzioni contro le quali a poco sarebbe servito chiudere le orecchie dei marinai, sfiancati da anni di guerra e di peregrinazioni; ma sull’intelletto, sulle lusinghe di una conoscenza senza limiti, che il loro canto offriva. 
Anche Ulisse soccomberebbe all'irresistibile richiamo, se gli stretti nodi che lo avvincono all’albero non fossero più forti del suo corpo provato dalle fatiche; solo grazie a questa costrizione fisica riesce a scampare ad un pericolo contro il quale anche il suo intelletto sempre pronto naufragherebbe miseramente.

Meno conosciuto è l’episodio narrato da Apollonio Rodio ne Le Argonautiche (IV, vv 89l-92l). 
Conquistato il Vello d'oro Giasone e gli Argonauti, dopo numerosissime avventure e dopo aver toccato anch’essi l’isola di Circe, giungono al Mare delle Sirene, di fronte al cui canto resterebbero inermi se il mitico Orfeo, imbarcato proprio con questo scopo, non suonasse ancora più dolcemente di loro, e non impedisse così che tutti i marinai si gettino in mare per raggiungerle. 
Solo uno di loro, Bute, soggiace al fascino delle seduttrici, ma viene salvato da Afrodite.
Secondo alcune versioni, dopo questo smacco le Sirene si gettano dalla loro rupe uccidendosi. 
Secondo altre, con maggiore coerenza, questo suicidio avverrebbe solo una generazione dopo, al passaggio di Ulisse, che costituisce per le Sirene il secondo grave smacco.

In tutti i miti vi sono alcuni elementi in comune: vi è sempre un rapporto con l’elemento acquatico, le loro imprese sono innestate nei grandi cicli di viaggio, il loro luogo di soggiorno è un isola e la loro ascendenza rivela caratteri acquatici sia che la si ascriva a Phorkys e Keto, sia ad Acheloos.
Altro tema fondamentale è quello della conoscenza, evidenziato tanto nelle parole che Ulisse riesce ad ascoltare, quanto nella loro presunta discendenza da una delle Muse.
La conoscenza a carattere profetico è una delle attribuzioni costanti delle divinità marine; il fatto che questo sapere venga comunicato attraverso la musica e il canto, induce a pensare che si tratti di una conoscenza segreta, iniziatica, aperta a pochi. 
Lo stesso Orfeo, vincitore delle Sirene, è l'iniziatore di una religione misterica; il suo potere di comandare, tramite la musica, gli animali e la natura ci ricorda che la musica terrestre riflette un’altra musica, quella cosmica, divina, che è nello stesso tempo legge cosmica, potere creativo e vita: non a caso Platone sceglie proprio le Sirene come simbolo delle sfere.


J. W. Waterhouse, La sirena (1900 circa)
Immagine dal sito http://upload.wikimedia.org/


Un terzo aspetto fondamentale è la correlazione con la morte; sia attraverso i riferimenti al ratto di Proserpina negli inferi sia attraverso il comportamento mortifero delle Sirene che, se non riescono ad uccidere, si uccidono esse stesse.

Questa correlazione con la morte si evidenzia soprattutto nella loro forma più antica di uccelli dal viso umano, pervenuta certamente attraverso l'Egitto dalle raffigurazioni del Ba, l'anima uccello del defunto. 
Le stesse Sirene greche sono rappresentate molte volte sui sarcofaghi, con in braccio una figura umana minuscola che è l'anima del defunto.

Queste tre tematiche non sono scisse tra loro; il mondo acquatico rimanda da un lato al sapere, comune a tutti gli esseri dell'acqua, ma dall'altro ha stretti rapporti con la morte; oltre a essere mortale e pericolosa di per sè, l’acqua è anche il tramite necessario per l’aldilà, sia che si vada verso una nuova vita (Isola dei Beati), sia verso la morte definitiva degli inferi. 
L’attraversamento dell’acqua è la prova necessaria per il passaggio tra due livelli di realtà, quello profano e quello sacro.

Questa connessione molteplice tra i temi, porta anche a una loro interscambiabilità. Così nel tempo, accanto a quella progressiva umanizzazione che si produce nell’iconografia delle Sirene, si verifica parallelamente uno spostamento delle valenze dal mondo propriamente infero dei modelli egiziani a quello marino, legato alla conoscenza iniziatica. Dal concetto oggettivo di morte materiale si passa cioè a quello simbolico della morte-rinascita, ottenuta attraverso l’iniziazione.

L’accostamento del nome Sirena alla descrizione di una donna pesce è attestato esplicitamente e in maniera inequivocabile solo verso l’VIII-IX secolo, nel Liber Monstrorum.
Quello che è strano non è che l’autore del Liber Monstrorum abbia attribuito una forma errata (da un punto di vista della tradizione precedente) al nome Sirena; il fatto inspiegabile è che un simile errore (o invenzione voluta, creazione) abbia avuto ragione di una tradizione millenaria e si sia imposto all’immaginario comune dell’uomo. 
Un simile cambiamento non può essere ascritto alla fantasia di un singolo autore, ma è necessario che corrisponda a una motivazione più profonda e collettiva, le cui radici siano già ben consolidate. Nella mitologia greca l’unico appiglio sembra dato dall’appartenenza all’elemento acqua.
Non si tratta però di un argomento sufficientemente solido, perché altri animali non marini hanno valenze acquatiche altrettanto forti del pesce: si pensi che quasi tutte le divinità fluviali greche e romane hanno aspetto di toro a testa umana e ai rapporti strettissimi tra il cavallo e l'acqua.

Nella mitologia greca esistevano altri esseri di aspetto misto di uomo-pesce, come TRITON, e divinità multiformi, che a volte assumevano anche l’aspetto ittiomorfo (NEREUS; PROTEUS). Tuttavia, la sola comunanza di forme non è significativa: a parte il fatto che questi ultimi casi sono quasi sempre esseri di sesso maschile, nessuno ha mai presentato aspetti di seduzione o relazioni con la musica o la morte se non sporadicamente.

Nel mito di OANNES, il mostro dall’aspetto misto di uomo e pesce che nell’iconografia è raffigurato come le Sirene moderne, nel primo anno dopo il diluvio, uscendo dal mare ogni mattina e rientrandovi la sera, insegnò agli uomini tutte le scienze e le tecniche necessarie alla vita.
Oannes ha un evidente stretto nesso con l’acqua, nonché con il sole (e questo potrebbe confermare l’etimologia di Sirena da Seirios, Sirio o sole); ma ha anche inequivocabili rapporti con la sapienza. 
Si trova quindi in lui il primo nesso fra il pesce e la conoscenza (oltre a quello, evidente ma insufficiente, tra pesce e acqua), necessario a spiegare strutturalmente la nuova forma delle Sirene.

Una conferma della relazione tra la conoscenza e gli aspetti ittiomorfi si trova anche nella storia di Giona che, inghiottito e poi rigurgitato dal mostro marino, acquisisce capacità profetiche; non va neanche dimenticato che la figura di Giona nei bassorilievi medievali appare spesso per metà rigurgitata dal pesce e il suo corpo sembra continuarsi con quello del mostro, diventando stranamente simile a quello di un Tritone.
Per di più, sempre in epoca medievale, si é anche confuso Oannes con Ioanas, e cioè Giona. Le affinità strutturali e formali che questi miti presentano con quello della Sirena hanno permesso un parziale passaggio di contenuti. 

La Sirena, cioé, perde la sua caratterizzazione formale ornitomorfa nel passare da essere prevalentemente legato alla morte a essere portatore di conoscenza (pur sempre mortale); parallelamente viene a formarsi un filone legato alla sapienza, derivante da Oannes, il cui carattere pesciforme è ben evidente.

I due filoni procedono di concerto e costituiscono la base su cui si innesterà, senza traumi, una variante iconografica che è più rispondente ai contenuti che si sono venuti coagulando attorno alla Sirena; la quale, a sua volta, è sempre meno ostacolata dall’aspetto predominante ornitomorfo, che è andato svanendo nel tempo.

Nella concezione moderna della Sirena emerge pure la componente sessuale, del tutto assente nell’antichità, e comincia a perdersi l’aspetto sapienziale, di cui resta solo la pallida eco del canto fascinoso.
Quest'ultima trasformazione si opera prevalentemente in ambiente cristiano.

Nella traduzione della Bibbia dei Settanta, in sei luoghi troviamo menzionate le Sirene come traduzione (inspiegabile) dei vocaboli tannim, sciacallo, e benot ya ’anah, struzzo femmina.
Per quanto poco motivata, questa traduzione dà comunque luogo a una serie di fitti commentari.

Clemente Alessandrino è il primo a fare delle Sirene il simbolo delle lusinghe del mondo e della voluttà carnale; questa nuova visione ben si accorda con i pericoli legati all'eresia gnostica e al crollo del mondo occidentale.
Ma esistevano precedenti favorevoli a quest'interpretazione anche in epoca anteriore all’avvento del cristianesimo, nella letteratura apocrifa dell’Antico Testamento. 
In particolare è interessante l’affermazione, fatta nel Libro di Enoch, che le donne che sedussero i figli di Dio diventeranno Sirene. E' la prima volta che la seduzione di tipo erotico viene espressamente riferita alle Sirene. Contemporaneamente, lo stesso testo fornisce anche un collegamento con gli aspetti sapienziali.
Infatti questi Figli di Dio, dice Enoch, insegnarono agli uomini, esattamente come Oannes, le scienze e le tecniche; rispetto al mito mesopotamico la situazione è speculare, poiché mentre Oannes viene subito dopo il diluvio a dare le sue conoscenze agli uomini redivivi, i Figli di Dio, invece, con i loro insegnamenti provocheranno quella degenerazione dell’umanità che indurrà Dio a provocare il Diluvio, per cancellarla dalla terra.

Concludendo il mito della Sirena nasce, sia in ambiente greco che ebraico, come simbolo dell’impossibilità (e della pericolosità) di giungere a una conoscenza totale, cioè a una pienezza di vita, se non si è ad essa preparati, iniziati.

Successivamente avviene una traslazione di contenuto, contemporanea a quella di forma. Mentre quella forma iniziale, derivata dall'Egitto e fortemente connessa al tema della morte, che diventa collaterale, si adegua ad una nuova prevalenza di contenuto (pesce=conoscenza), il contenuto stesso, in ambito cristiano, si evolve verso un nuovo sfondo erotico, cui peraltro la nuova forma può adeguarsi senza forzature (conoscenza = pesce = sesso).

La Sirena, di concerto con i nuovi risvolti simbolici, che non cancellano tuttavia quelli primitivi, si illeggiadrisce e finisce per rappresentare, nell'epoca attuale, una sorta di complimento per una donna affascinante.

http://free.imd.it/Colapesce/Cola-Affinita/sirena.htm, ricavato da "Termometro Politico"