“L’uomo
ha creato gli dei e le religioni spinto dal bisogno di rendere visibile
l’invisibile. Quando l’uomo viveva istintivamente e, come gli animali,
in armonia con la natura che lo circondava, sentendosi parte di essa e
perciò senza paure e incosciente dello spazio e del tempo, egli non
aveva bisogno né degli dei né delle religioni. Ma quando, “morso il
frutto della conoscenza”, la sua mente cominciò a svilupparsi egli fu
scacciato dal paradiso terrestre, cioè cominciò a vedere la natura
attraverso le sue curiosità e le sue paure, i suoi dubbi e la sua
ignoranza, identificando tutte le cose soltanto nel loro aspetto sulla
realtà materiale. Dopo un primo periodo di animismo e di manismo, in cui
potè ancora controllare le forze della natura, passò presto a
sviluppare quella dimensione magica con la quale, riconoscendo che
l’immagine e la sostanza sono una stessa cosa, dava inizio alle
religioni.
Per spiegare i fenomeni traumatizzanti della nascita e della morte, per calmare le sue paure, per rispondere allo stupore che gli infondeva la profondità dei cieli stellati, e per interpretare la irrealtà dei sogni e delle allucinazioni, l’uomo scoprì quella dimensione magica e soprannaturale della vita su cui adattò, in infiniti modi diversi, le espressioni della sua cultura.
Gli dei creati dall’umanità si contano a milioni, tanti quanti sono stati i sogni e le visioni degli uomini oltre i confini del visibile…. Il fenomeno religioso ha avuto inizio nello stesso modo: mentre la coscienza di tutto il gruppo umano si espandeva toccando nuove dimensioni della vita, l’adattamento culturale a queste percezioni e le visioni e le idee dei pionieri dello spirito, cominciano a creare i miti e le cosmogonie, gli dei e le religioni.
Ma questo fenomeno non avveniva soltanto in base alle esperienze, che derivavano dall’irrefrenabile desiderio umano di trascendere il temporale e il visibile, ma anche, come dice Micea Eliade, a seguito di una percezione cosmica della vita: “Ogni volta che l’uomo diventa cosciente della sua vera situazione esistenziale, cioè del suo modo particolare di vivere nel Cosmo, e accetta questo modo di esistere, egli esprime queste decisive esperienze con immagini e miti che più tardi vengono a godere di una posizione privilegiata nella tradizione spirituale dell’umanità. Attente analisi porteranno alla riscoperta di questa situazione esistenziale…”
… L’esperienza religiosa, come tutte le altre esperienze umane, ha raggiunto espressioni di altissimo valore come pure di incredibile barbarie e di ferocia secondo i simboli con cui gli individui e i popoli si identificavano.
Dai sacrifici di migliaia di vite umane al dio Baal dei Babilonesi alle torture per motivi di fede dei tribunali dell’inquisizione, dalle danze religiose dei Dervisci ai riti propiziatori di tutte le religioni, non ci sono grandi differenze, soltanto espressioni diverse di lontane intuizioni della Verità, rese spesso quasi irriconoscibili dall’ignoranza, dalla superstizione, dalla paura e dall’egoismo degli uomini.
L’uomo generalmente rifugge dal discutere con la logica comune la propria religione perché, inconsciamente, ha sempre paura quando tenta di penetrare in profondità nella propria coscienza.
Anche gli storici delle religioni e gli etnologi, pur avendo per secoli discusso sulle origini e lo sviluppo del fenomeno religioso (feticismo, manismo, animismo, magia, sciamanesimo, totemismo, politeismo, monoteismo) si sono sempre fermati ad analizzare l’aspetto esteriore del fenomeno senza discutere il suo aspetto reale che è la fede.
Questo termine ha appunto assunto due significati (uno quasi sinonimo di credenza religiosa, e l’altro più difficile da spiegare che indica quel dono che nasce spontaneo nell’individuo e lo mette direttamente in comunione con il piano spirituale), perché la fede comprende una gamma infinita di espressioni, come è detto in questi versetti:
“Ogni fede è falsa, ogni fede è vera;
La verità è uno specchio infranto
gettato attorno in una miriade di frammenti:
ognuno crede che con il suo frammento
egli possegga l’intero.” (Kasidah, VI)
Per spiegare i fenomeni traumatizzanti della nascita e della morte, per calmare le sue paure, per rispondere allo stupore che gli infondeva la profondità dei cieli stellati, e per interpretare la irrealtà dei sogni e delle allucinazioni, l’uomo scoprì quella dimensione magica e soprannaturale della vita su cui adattò, in infiniti modi diversi, le espressioni della sua cultura.
Gli dei creati dall’umanità si contano a milioni, tanti quanti sono stati i sogni e le visioni degli uomini oltre i confini del visibile…. Il fenomeno religioso ha avuto inizio nello stesso modo: mentre la coscienza di tutto il gruppo umano si espandeva toccando nuove dimensioni della vita, l’adattamento culturale a queste percezioni e le visioni e le idee dei pionieri dello spirito, cominciano a creare i miti e le cosmogonie, gli dei e le religioni.
Ma questo fenomeno non avveniva soltanto in base alle esperienze, che derivavano dall’irrefrenabile desiderio umano di trascendere il temporale e il visibile, ma anche, come dice Micea Eliade, a seguito di una percezione cosmica della vita: “Ogni volta che l’uomo diventa cosciente della sua vera situazione esistenziale, cioè del suo modo particolare di vivere nel Cosmo, e accetta questo modo di esistere, egli esprime queste decisive esperienze con immagini e miti che più tardi vengono a godere di una posizione privilegiata nella tradizione spirituale dell’umanità. Attente analisi porteranno alla riscoperta di questa situazione esistenziale…”
… L’esperienza religiosa, come tutte le altre esperienze umane, ha raggiunto espressioni di altissimo valore come pure di incredibile barbarie e di ferocia secondo i simboli con cui gli individui e i popoli si identificavano.
Dai sacrifici di migliaia di vite umane al dio Baal dei Babilonesi alle torture per motivi di fede dei tribunali dell’inquisizione, dalle danze religiose dei Dervisci ai riti propiziatori di tutte le religioni, non ci sono grandi differenze, soltanto espressioni diverse di lontane intuizioni della Verità, rese spesso quasi irriconoscibili dall’ignoranza, dalla superstizione, dalla paura e dall’egoismo degli uomini.
L’uomo generalmente rifugge dal discutere con la logica comune la propria religione perché, inconsciamente, ha sempre paura quando tenta di penetrare in profondità nella propria coscienza.
Anche gli storici delle religioni e gli etnologi, pur avendo per secoli discusso sulle origini e lo sviluppo del fenomeno religioso (feticismo, manismo, animismo, magia, sciamanesimo, totemismo, politeismo, monoteismo) si sono sempre fermati ad analizzare l’aspetto esteriore del fenomeno senza discutere il suo aspetto reale che è la fede.
Questo termine ha appunto assunto due significati (uno quasi sinonimo di credenza religiosa, e l’altro più difficile da spiegare che indica quel dono che nasce spontaneo nell’individuo e lo mette direttamente in comunione con il piano spirituale), perché la fede comprende una gamma infinita di espressioni, come è detto in questi versetti:
“Ogni fede è falsa, ogni fede è vera;
La verità è uno specchio infranto
gettato attorno in una miriade di frammenti:
ognuno crede che con il suo frammento
egli possegga l’intero.” (Kasidah, VI)
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