"La luce del divino che abbaglia gli occhi del fedele e lo costringe a
coprirseli, la luminosità del sacro è sopportabile solo per un momento, e
da lontano. Ecco come e perché nasce il gesto della mano che sale alla
fronte, diventato poi l'attuale saluto militare."
Chi visitasse il museo di Heraklion a Creta, potrebbe posare lo sguardo su di una serie di statuette votive risalenti al periodo cosiddetto prepalaziale (IV-III millennio a.C.) effigiate in una strana posa: rigide sull’attenti sembrano intente a fare il «saluto militare», portando la mano di taglio sulla fronte.
Il gesto si ripete identico in diverse figurine bronzee, alcune delle quali sono inclinate, ora in avanti ora indietro rispetto al loro baricentro, quasi fossero fotogrammi isolati da uno stesso film. L’insieme si compone così nell’effetto di un continuo movimento oscillatorio, come di chi tenesse una postura religiosa quale ancora oggi è possibile vedere durante alcune preghiere o processioni, ad esempio quelle ebraiche davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme.
La prima riflessione che queste statuine sollecitano è proprio quella della coincidenza tra il loro gesto ed il «saluto militare». Com’è noto la spiegazione comunemente data è che l’atto marziale sia collegato all’usanza di alzare la celata dell’elmo per mostrare il volto. In realtà ritroviamo la stessa gestualità molto prima che venissero in uso le armature, dato che già gli antichi centurioni romani usavano salutare i superiori in questo modo.
Il sostanziale isolamento del mondo militare da altri contesti, resosi indispensabile sia per mantenere la compattezza gerarchica, sia per preservarne la logica e le tradizioni da influenze esterne, è d’altra parte un fenomeno che si ritrova, anche con le stesse definizioni, in altre «istituzioni totali», a partire da quelle religiose: basti pensare alle «legioni di Cristo» o ai «Generali» del vari Ordini.
Dalle forti analogie tra mondo militare e mondo ecclesiale, possiamo così risalire alla genuina natura di questo gesto che, come abbiamo visto nelle statuette votive di Candia, appartiene certamente in origine all’ambito della sacralità estatica caratteristica della civiltà minoica, mentre oggi rimane come puro formalismo, svuotato cioè di quella carica visionaria che probabilmente lo ha generato.
Chi visitasse il museo di Heraklion a Creta, potrebbe posare lo sguardo su di una serie di statuette votive risalenti al periodo cosiddetto prepalaziale (IV-III millennio a.C.) effigiate in una strana posa: rigide sull’attenti sembrano intente a fare il «saluto militare», portando la mano di taglio sulla fronte.
Il gesto si ripete identico in diverse figurine bronzee, alcune delle quali sono inclinate, ora in avanti ora indietro rispetto al loro baricentro, quasi fossero fotogrammi isolati da uno stesso film. L’insieme si compone così nell’effetto di un continuo movimento oscillatorio, come di chi tenesse una postura religiosa quale ancora oggi è possibile vedere durante alcune preghiere o processioni, ad esempio quelle ebraiche davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme.
La prima riflessione che queste statuine sollecitano è proprio quella della coincidenza tra il loro gesto ed il «saluto militare». Com’è noto la spiegazione comunemente data è che l’atto marziale sia collegato all’usanza di alzare la celata dell’elmo per mostrare il volto. In realtà ritroviamo la stessa gestualità molto prima che venissero in uso le armature, dato che già gli antichi centurioni romani usavano salutare i superiori in questo modo.
Il sostanziale isolamento del mondo militare da altri contesti, resosi indispensabile sia per mantenere la compattezza gerarchica, sia per preservarne la logica e le tradizioni da influenze esterne, è d’altra parte un fenomeno che si ritrova, anche con le stesse definizioni, in altre «istituzioni totali», a partire da quelle religiose: basti pensare alle «legioni di Cristo» o ai «Generali» del vari Ordini.
Dalle forti analogie tra mondo militare e mondo ecclesiale, possiamo così risalire alla genuina natura di questo gesto che, come abbiamo visto nelle statuette votive di Candia, appartiene certamente in origine all’ambito della sacralità estatica caratteristica della civiltà minoica, mentre oggi rimane come puro formalismo, svuotato cioè di quella carica visionaria che probabilmente lo ha generato.
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