domenica 29 ottobre 2023

La pietra di basalto del dio Ptah

Questa grande pietra di basalto, conosciuta come pietra Shabaka, o pietra Shabaka del defunto faraone, proviene da un tempio, anch'esso tardo, dedicato al dio Ptah - dio creatore e fondatore, dio dell'architettura - a Menfi, e conterrebbe un inno alla il dio che riprodurrebbe un testo da un papiro. La pietra, molto danneggiata, con il testo in parte cancellato intenzionalmente, sarebbe un concio recuperato da un tempio precedente, o della I Dinastia o del Nuovo Regno.
Questa pietra, una delle opere fondamentali dell'arte egiziana -nonostante la sua mancanza di appeal formale-, proprio perché contiene questo inno, questo mito della creazione, uno dei pilastri della cultura mondiale, al livello di altri miti fondatori, fa parte della collezione permanente del British Museum di Londra....
...Ha generato gli dei [delle città],
..."Fondò le città, stabilì i nomos, pose gli dei nei loro santuari, stabilì le loro offerte, diede origine alle loro cappelle , creò i loro corpi come i loro cuori li desideravano.
E fu così che gli dei entrarono nei loro corpi,
(nella forma) di tutto il legno, di tutte le pietre, di tutta l'argilla e di tutte le cose che crescono su di esso
e in cui risiedono le sue manifestazioni. Così tutti gli dei e i loro ka furono riuniti in esso, soddisfatti e uniti al Signore delle Due Terre" ...


sabato 28 ottobre 2023

Angelo per fermare il fuoco nei roseti


 

Riaprono gli Orti Farnesiani sul Palatino

Riapre il Ninfeo della Pioggia che si trova negli Horti Farnesiani del Palatino, tra i giardini aristocratici più celebri in Europa. Voluto nei primi anni del Seicento dal cardinale Odoardo Farnese come “triclinio estivo” e progettato nell’aspetto attuale da Girolamo Rainaldi, era utilizzato dai Farnese come spazio per le feste e i momenti di svago, soprattutto nei periodi caldi. L’architetto si era ispirato a esempi dell’antica Roma e del Rinascimento per realizzare una sala seminterrata decorata da affreschi e sculture in marmo.
Dopo la morte del cardinale, l’omonimo nipote ed erede decise di trasformare il giardino per sostenere le sue aspirazioni politiche. Sopra il triclinio fu costruito il Teatro del Fontanone, una sequenza di terrazze e scale monumentali che si sviluppano intorno a una fontana rustica



La Merelle de Compostelle, cosí chiamata in Francia detta anche Campana o Carampana in Italia, diffusa con nomi diversi in tutto il mondo

«La Rayuela (Il gioco del mondo) si gioca con un sassolino che bisogna spingere con la punta della scarpa. Ingredienti: un marciapiedi, un sassolino e un bel disegno fatto col gessetto, preferibilmente a colori. In alto sta il cielo, sotto sta la terra, è molto difficile arrivare con il sassolino al cielo, quasi sempre si fanno male i calcoli e il sassolino esce dal disegno. Poco a poco, nonostante tutto, si comincia ad acquisire la necessaria abilità per salvare le diverse caselle, e un giorno si impara a uscire dalla terra e a far risalire il sassolino fino al cielo, fino ad entrare nel cielo …, il brutto è che proprio a quel punto, quando quasi nessuno ha ancora imparato a far risalire il sassolino fino al cielo, finisce di colpo l’infanzia e si casca nei romanzi, nell’angoscia da due soldi, nella speculazione di un altro cielo al quale bisogna comunque imparare ad arrivare. E siccome si è usciti dall’infanzia… ci si dimentica che per arrivare al cielo si ha bisogno di questi ingredienti, un sassolino e la punta di una scarpa».
Julio Cortázar


domenica 22 ottobre 2023

Il Golgota a ROMA il cranio di Celio Vibenna sulla rupe Tarpea

I Romani e il Caput Oli.
Prodigio sul monte Tarpeo.


I romani rinvennero un capo umano. È noto il prodigio del caput rinvenuto sul monte Tarpeio nell'atto dello scavo delle fondazioni del tempio di Giove Capitolino. I romani vennero ricevuti da Oleno Caleno il più famoso Vates d'etruria (Plinio). Grazie all'intercessione del figlio di costui, i romani non indicando un posto fisso mantengono per se stessi il prodigio.
Ora perchè tecnicamente il prodigio poteva transitare agli etruschi se i romani indicavano il corretto sito del ritrovamento?



Come fa questo vates a spostare nel proprio paese il prodigio e ciò che ne consegue?
I romani in terra tusca ( probabilmente Veio) vengono avvisati dal figlio del vate Caleno, di stare attenti alla domanda che rivolgerà loro suo padre. La domanda è lecita e il vate darà corretta interpretazione del prodigio, senza mentire perchè ciò non è concesso. Tuttavia devono fare attenzione a come rispondere. Egli chiederà "Questo HOC intendete romani?" Oppure, " qui sorgerà il tempio ( HIC).... HIC qui avete trovato la testa?".. ora Dionigi di Alicarnasso completa Plinio, nel senso viene detto il Vate etrusco su suolo etrusco traccia a terra con suo Skepon, uno spazio sacro; il vate farebbe una sorta di mini auguratio determinando l'orientamento di porzioni secondo i punti cardinali.. allora costui insisterà con il bastone cercando di spingere i romani ad identificare un punto delle 4 porzioni che lui ha determinato a terra. I romani, però continuando ad asserire il capo fu rinvenuto a Roma sul monte Tarpeo, non permisero al vate di appropriarsi del segno; ma come potrebbe mai?
Il Vate estrusco gioca con la sottigliezza linguistica della domanda... Oleno Caleno, gioca sui deittici HOC e HIC, che acquisiscono un senso solo se la frase viene riempita con il riferimento ad un oggetto specifico. Ora HOC e HIC possono riferirsi tanto ai luoghi reali descritti a terra dal vate e dunque etruschi; quanto potrebbero riferirsi a quelli figurati che i romani enunciano. Il vate non può mentire, " il destino vuole che il sito dove è stata rinvenuta la testa, diventi caput dell'italia intera".Ora con una sottigliezza però i romani potrebbero lasciarsi ingannare indicando nello spazio determinato dal vate un punto su suolo etrusco, cui gli ambasciatori potrebbero pensare inconsciamente. Così questo destino potrebbe transitare da Roma a Veio, in un momento cui ancora il vates può agire, orientandone in qualche modo il corso.
Plinio dice che mediante verba è possibile mutare fata e ostenta relativi a grandi accadimenti. Il vates non falsifica nulla ma attraverso la liceità della domanda, con i deittici e l' area determinata in suolo etrusco, nella indeterminatezza di Hoc e Hic tra suolo reale tusco e figurato romano, cerca di orientare il prodigio a suo vantaggio . I romani non indicando nessun punto, ma rimarcando verbalmente, che è stato rinvenuto a Roma sul monte Tarpeo salvano il fatum che appare come un qualcosa di ancora non ben definito e su cui il vates può agire.
Spunti da Bettini, "Roma, città della parola" 2022.
Fonti
Plinio nat.hist
Dion.Hal.


sabato 21 ottobre 2023

Feronia caprina o Giunone Sospita

Feronia, una tra le Dee più popolari dell'Italia centrale "prima di Roma".
Il suo regno erano i luci, le radure all'interno delle foreste intricate dove i lupi ululano alla luna che appare tra i rami, il mondo selvatico dei boschi, le acque delle fonti che sgorgano dalle latebre del sottosuolo, e tutti gli abitanti piccoli e grandi di questi luoghi distanti dalla quotidianità del vivere umano.
Con la sua imponente maestà connessa alla dimensione primordiale dell'esistenza, Feronia può essere considerata una Potnia Theron, una Signora delle Bestie Selvatiche e del resto il suo nome condivide la stessa etimologia del latino fera, fiera da cui anche ferale e ferox, feroce.
Sarebbe interessante imbastire un raffronto filologico con lo stesso greco therion, belva, che dà il nome all'isola vulcanica di Thera, oggi Santorini, e ad una Divinità preellenica il cui teonimo viene espresso in differenti varianti locali: Theresia, da cui Teresa, Kere o in minoico Qerasia. Non è escluso che il nome dell'indovino Tiresia derivi dallo stesso tema e così da un lato Cerere, attraverso la variante minoica, dall'altro Kore, attraverso la variante ellenica.
Di certo c'è un filo d'oro che unisce diverse sponde del Mediterraneo seguendo le orme di una Dea molto amata e celebrata dai suoi devoti. Una Dea non ancora incasellata nella distinzione delle funzioni olimpiche, una Dea che dimora nelle viscere dell'essere e ne costituisce l'essenza luminosa e numinosa, insieme solare e lunare, stellare e boschiva, benevola e liminale come lo è la Natura, quella cosmica esterna e quella umana intima, quando è ancora una, priva di connotazioni etiche e intellettuali, prefasica, "non parlata".

Fotografia: antefissa con volto di Dea munito di corna caprine, attribuito a Feronia o Giunone Sospita, Lazio, 500-480 a.C.




giovedì 19 ottobre 2023

Napoli e il suo mago

"Quando in Italia nessuno aveva ancora sentito nominare Ermete Trismegisto, i vicoli di Napoli risuonavano già delle leggende di maghi. Il poeta dell'antica Roma Virgilio fu il mago preferito dai napoletani. Il poeta aveva vissuto gran parte della sua vita a Napoli, dove aveva composto il suo capolavoro, l'Eneide"
(W. Eamon, Il Professore di Segreti, Carocci Editore, Roma 2014, p. 99 ).


Gli animali immaginifici degli etruschi

Lastra in arenaria, da Tarquinia, periodo orientalizzante tardo, fine VII - inizi VI secolo a.C., Museo Nazionale di Tarquinia. Le lastre, con riquadri e cornici con motivi fitomorfi e animalistici (centauri, gorgoni, sfingi, grifoni) rappresentano una testimonianza piuttosto rara dell'uso del repertorio orientalizzante in funzione decorativa probabilmente suggerito dai tessuti e dai tappeti importati dal Vicino Oriente.



mercoledì 18 ottobre 2023

TEMPIO DI APOLLO A DELFI


Se abbiamo abbattuto le loro statue, se li abbiamo scacciati dai loro templi, non per questo gli Dei sono morti ".
Konstantinos Petrou Kavafis
Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863 – Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1933), poeta e giornalista Greco.





lunedì 16 ottobre 2023

Prima che si costruisse la Basilica costantiniana di San Pietro sui resti del Circo di Caligola


 

Dei innalzati a stelle

 "Perché i dèi delle genti maggiori di Grecia convengono con quelli dell'Oriente: che portati in Grecia da' fenici, furono coi nomi dei dèi della Grecia innalzati alle stelle erranti [i.e. i pianeti n.d.r.]; onde lo stesso dee dirsi dei dèi de' fenici medesimi, e resta intendersi il medesimo dei dèi degli egizi. Dipoi questi stessi dèi, sbalzati in cielo, essendo stati portati da Grecia in Italia, vi furono disegnati coi nomi de' dèi del Lazio. Onde si dimostra che gli stessi principi ebbero le genti latine che i greci, i fenici, gli egizi e i popoli d'Oriente. Altronde, i dèi furono con isconcia situazione allogati alle stelle erranti, che agli occhi naturali sono più insigni, e nel lume e nel moto, delle fisse, alle quali furono allogati gli eroi, perché l'erranti dovettero essere osservate prima delle fisse: onde l'età degli dèi fu prima dell'età degli eroi, e la poesia divina nacque innanzi l'eroica, come certamente Esiodo fu innanzi di Omero."

G. Vico, "Scienza nuova", libro V, capo 7


domenica 15 ottobre 2023

Cippo trovato sotto il Lapis Niger

 Cippo trovato sotto il sacelletto del Lapis Niger scritto in Latino arcaico con andatura bustrofedica. Filippo Coarelli, riferendosi ad un passo di Pompeo Festo, ritiene che il Niger Lapis fosse stato messo li "per indicare un luogo funesto dove sarebbe avvenuta la morte di Romolo" Quanto al significato dell'iscrizione, scartando la possibilità di poterla tradurre interamente propone il significato della sola prima riga "Chiunque violerà questo luogo sia consacrato agli dèi inferi". Secondo il Dumezil, invece il significato complessivo potrebbe essere "L'Augure Re comanda al suo Araldo che tragga dal giogo....affinché il Re Augure possa transitare". Il Dumezil è convinto che si riferisca allo Iuges Auspicium, che P. Festo così definisce: "Lo Iuges Auspicium" avviene quando un animale da giogo ,ha fatto i suoi escrementi". Sempre il Dumezil, prendendo in esame il brano, si rifà all'avvertimento di Cicerone, Augure egli stesso che, raccomanda a ogni proprietario di bestie aggiogate che, liberi dal giogo i suoi "iuncta iumenta" nel caso vengano ad incontrarsi con gli Auguri nell'esercizio delle loro funzioni.



giovedì 12 ottobre 2023

L'uomo oggi è scentrato

 “Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?”

Queste parole, di là da ogni riferimento religioso, ci sembra che inquadrino bene un certo mondo “tradizionalista”. Si cerca nelle forme del passato, ciò che in realtà è vivo, oggi. La Tradizione fluisce celata ai nostri occhi, ma non sarà un astratto intellettualismo, né una passione archeologica a rivelarcela.
È necessaria una iniziativa interiore, che ci permetta di spostare la coscienza dalla testa al cuore. Qui, di là dalla foresta delle emozioni, ha sede la mente profonda, quell’intelletto d’Amore di cui parla Dante. Nel centro cardiaco si realizza il collegamento tra terra e cielo, tra immanente e trascendente, ed è possibile realizzare il contatto vivente col sovramondo, con quella “influenza superiore” che un tempo poteva essere trasmessa dall’esterno. Quando la coscienza ritrova la sua sede nel cuore, dissolvendosi ogni dualità, si ha l’accesso ad una percezione sottile dell’Universo, senza la quale l’insegnamento degli antichi testi resta lettera morta e spesso confusa.
Un tempo l’uomo era naturalmente centrato nel cuore, era l’età dell’oro. Questa condizione originaria, però, doveva andare perduta, affinché potesse sorgere l’autocoscienza. È necessario, infatti, che il sole tramonti affinché le stelle possano apparire nel cielo. Allora la coscienza si spostò nella testa, nel regno del pensiero dialettico ed astratto. Ma è nel cuore che deve tornare per restaurare la perfezione perduta: in sé, ma non solo per sé.
[D.L. IlCervoBiancoRivista]


Saramago

 𝑱𝒐𝒔𝒆̀ 𝑺𝒂𝒓𝒂𝒎𝒂𝒈𝒐 - 𝑨 𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒔𝒆𝒓𝒗𝒆 𝒍𝒂 𝒍𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒂𝒕𝒖𝒓𝒂?

A niente, - risponde Saramago - prenda le opere letterarie più notevoli, quelle occidentali, se vuole, le più vicine a noi; prenda quelle che hanno messo il dito nelle piaghe delle miserie umane, quelle che con maggior acume e forza ci hanno avvertiti sul pericolo che rappresenta la nostra presenza umana per il mondo in cui viviamo, prenda le tragedie di Sofocle, la Commedia di Dante, il Don Chisciotte, i drammi e le tragedie di Shakespeare, i romanzi di Kafka, Tolstoi, Dostoievski, Musil, Camus, Sartre, quelle che vuole, e sarà d’accordo con me che nessuna di queste opere – nemmeno tutte loro insieme - sono riuscite a cambiare una virgola nella storia della barbarie umana.
– 𝑽𝒂 𝒃𝒆𝒏𝒆, 𝑺𝒊𝒈𝒏𝒐𝒓 𝑺𝒂𝒓𝒂𝒎𝒂𝒈𝒐. 𝑸𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝒍𝒆𝒊, 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒗𝒆?
– Questo è un altro paio di maniche. Sebbene sia vero che la letteratura non è mai servita a cambiare il corso della nostra storia, e in questo senso non nutro alcuna speranza nei suoi confronti, a me è servita per amare di più i miei cani, per essere un miglior vicino di casa, per curare i miei alberi, per non buttare la spazzatura in strada, per amare di più mia moglie e i miei amici, per essere meno crudele e invidioso, per capire meglio questa cosa tanto strana che siamo noi uomini.
(Dalla pagina di M.Fernández)



Le Enneadi

 Il messaggio profondo delle Enneadi è legato alla trascendenza e alla natura spirituale dell'anima. Leggere le Enneadi significa vivere un'esperienza interiore finalizzata al recupero e all'autorealizzazione dell'essere, l'eliminazione dell'effimero e la conquista dell'essenza di sé


a di sé.

martedì 10 ottobre 2023

La religiosità delle origini dai testi cuneiformi

 "Dai testi cuneiformi ci giungono tradizioni che suscitano qualche perplessità, ma che alludono chiaramente allo stesso 'evento' [la caduta di Fetonte]. Ad esempio, 'il cocchio elamitico, senza sedile, porta il cadavere di Enmesharra. I cavalli che vi sono attaccati sono il demone di morte di Zu [Zu = Abzu]. Il re ritto sul carro è il re-eroe, il Signore Ninurta'. Il traduttore Erich Ebeling non lascia dubbi sul fatto che il 'cocchio elamitico' sia identico alla costellazione 'Carro di Enmesharra', identificata dagli specialisti di astronomia babilonese nelle stelle b e z Tauri. Ora, questo Enmesharra ha un nome eloquente: En.ME.SHARRA è 'Signore di tutti i me', ossia 'Signore delle norme e misure', detto anche 'Signore dell'Ordine del Mondo', 'Signore dell'Universo' = Ea', e, si noti bene, 'colui che ha peso nel mondo infero', nonché 'il sovrano del mondo infero'."

G. de Santillana - H. von Dechend, "Il mulino di Amleto"
*da notare che nel MUL.APIN Enmesharra, definito "un oscuro antenato di Enlil", è identificato con la costellazione di Perseo, il cui nome è stato associato all'akkadico parshu = misura. L'atto del tagliare con la harpe falcata la testa della Gorgone (al contempo la costellazione della Vergine e la luna) sembra richiamare l'evirazione di Urano da parte di Kronos e la chiusura di un'era del mondo.




lunedì 9 ottobre 2023

Grande Pavimento Romano di Woodchester

 Si ritiene che l'originale Grande Pavimento Romano di Woodchester sia stato posato intorno al 325 d.C. È di gran lunga il più elaborato tra le diverse centinaia di pavimenti romani a mosaico conosciuti in Gran Bretagna e il più grande d'Europa, a nord delle Alpi.



Il Grande Pavimento descrive la storia di Orfeo, il musicista e cantante quasi divino della mitologia greca la cui musica aveva il potere di spostare gli alberi e sottomettere le creature selvagge. Orfeo è seduto sul lato aperto dell'ottagono centrale sull'asse nord/sud del pavimento. Indossa un berretto frigio, una tunica e calzoni a righe e un mantello fluente che fluttua dalle sue spalle. Immediatamente fuori dall'ottagono c'è un cerchio di uccelli tra cui fagiani, pavoni e colombe. Fuori dalla zona degli uccelli c'è una fascia di foglie di alloro circondate da una rabescatura. La caratteristica più drammatica del mosaico è il cerchio degli animali. Questo contiene undici animali che si aggirano sul pavimento: un leone, una leonessa, un cinghiale, un cavallo, un elefante, una tigre, un grifone, un orso, un leopardo, un cervo e una tigre, quindi segue la maschera di Nettuno con artigli di aragosta che spuntano dalla sua testa. Ai suoi lati ci sono i bellissimi rotoli d'acanto che si dice simboleggiano le onde del mare. I cerchi sono racchiusi entro un bordo quadrato e nei pennacchi sono poste quattro coppie di ninfe acquatiche. Ad ogni angolo di questa piazza centrale c'è una base di pilastro in pietra. All'esterno della piazza centrale ci sono ventiquattro pannelli geometrici. In questo pavimento si ritrovano quasi tutti i modelli standard utilizzati dai mosaicisti romani. Il Grande Pavimento di Woodchester è uno dei circa cinquanta mosaici romani raffiguranti Orfeo che affascina le creature selvagge. Questi sono stati trovati in tutte le parti dell'Impero Romano e vanno dal II secolo al V. Ad ogni angolo di questa piazza centrale c'è una base di pilastro in pietra. All'esterno della piazza centrale ci sono ventiquattro pannelli geometrici. In questo pavimento si ritrovano quasi tutti i modelli standard utilizzati dai mosaicisti romani. Il Grande Pavimento di Woodchester è uno dei circa cinquanta mosaici romani raffiguranti Orfeo che affascina le creature selvagge. Questi sono stati trovati in tutte le parti dell'Impero Romano e vanno dal II secolo al V. Ad ogni angolo di questa piazza centrale c'è una base di pilastro in pietra. All'esterno della piazza centrale ci sono ventiquattro pannelli geometrici. In questo pavimento si ritrovano quasi tutti i modelli standard utilizzati dai mosaicisti romani. Il Grande Pavimento di Woodchester è uno dei circa cinquanta mosaici romani raffiguranti Orfeo che affascina le creature selvagge. Questi sono stati trovati in tutte le parti dell'Impero Romano e vanno dal II secolo al V.

Quo Vadis

 San Pietro, dopo lo scontro con Simone il Mago , viene liberato e tenta di lasciare Roma.



Attraversate le mura aureliane, gli appare Cristo con la croce.
Pedro gli chiede:
-Domine: Quo Vadis? (Maestro, dove stai andando?)
– Essere crocifisso di nuovo.
Di fronte a queste parole, Pietro comprende la sua debolezza e torna a Roma dove verrà nuovamente crocifisso .
Nella zona dell'apparizione venne edificata nel IX secolo la chiesa omonima ...
In essa si trovano le impronte di due piedi che la tradizione attribuisce a Cristo anche se è molto probabile che si trattasse di un voto pagano al dio Rediculus, il "Dio del Ritorno" romano, al quale si affidavano i viandanti nei loro viaggi in Oriente.
La frase ha dato il nome al famoso romanzo di Henryk Sienkiewicz poi trasformato in un film (c'è un busto dello scrittore nella chiesa)

domenica 8 ottobre 2023

Trattato del ribelle

 "Data una società ed una civiltà come le attuali, nel ribelle, in colui che non si adatta, nell’asociale, è in via di principio da vedersi l’uomo sano. Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce per i persecutori, anziché per le vittime, la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che non si è ancora piegato. Il ribelle è deciso ad opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata.

Ribelle è colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell'intenzione di contrapporsi all'automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo. Tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. È questo l’incubo dei potenti.”
(Ernst Jünger, Trattato d

el Ribelle)

Aspettando le piogge



Uno studioso ormai poco noto, l’orientalista Angelo De Gubernatis, scriveva così alla fine dell’Ottocento:
“Quando il latino Jupiter ride nel cielo, tutta la natura è un riso; quando Giove tona o starnuta a ottobre, si ritiene quel primo starnuto di Giove un buon augurio per la campagna; Jupiter viene celebrato come imbiricitor o pluvius, come frugifer e liber; ma s’annuncia specialmente col fulmine e col tono; onde si venera pure dai Latini un Giove fulminante ed un Giove tonante… il Giove primigenio latino rassomiglia assai più all’Indra pluvio, tonante, vedico, invocato come datore di ricchezza, come liberatore di vacche, come sprigionatore di acque benefiche, come benefattore della terra che al multiforme Zeus ellenico, ricco di tanti ornamenti epici, e mescolato a tante vicende eroiche, a cui il genio artistico de’ Greci attribuì nuove forme eleganti. Il Giove latino era un padre luminoso celeste che apriva col fulmine tonante la serie delle opere agresti, che con le piogge fecondava dal cielo la terra. Jupiter era un Dio Padre, ossia un Luminoso Padre, un Padre Cielo”
(“Roma e l’Oriente”, 1899)

venerdì 6 ottobre 2023

Letto funerario di Piacenza

 E questo lo scavai io (qualche annetto fa): "straordinario letto funerario, ricostruito in legno e con un rivestimento in osso bovino di gusto ellenistico, che faceva parte degli arredi della tomba rinvenuta nella zona di Cantone del Cristo durante gli scavi per la costruzione di un nuovo reparto dell’ospedale Guglielmo da Saliceto (Piacenza)".



Oggi è visibile nei Musei di Palazzo Farnese, a Piacenza

martedì 3 ottobre 2023

Poesie mistiche

 Il Giardino delle Rose Segreto di Shabistari Shabistari (1317 d.C.) deve essere annoverato tra le più grandi poesie mistiche di ogni tempo e paese. Trattando temi come il Sé e l'Uno, il Viaggio Spirituale, il Tempo e questo Mondo di Sogno e l'estasi dell'Ebbrezza Divina, il lavoro di Shabistari è una testimonianza perenne delle capacità e del destino dell'umanità. Sottolineando l'Unica Luce che esiste nel cuore di tutte le tradizioni religiose, l'opera di Shabistari è una delle guide più chiare e concise al significato interiore del Sufismo e offre un'esposizione straordinariamente diretta del pensiero mistico sufi in forma poetica.


Shabistari possedeva un genio unico nel riassumere gli insegnamenti profondi e spesso complessi del Sufismo in un modo bello, aforistico e conciso, che spesso lascia il lettore senza parole quando vengono colti i significati più profondi dei suoi versi