sabato 22 settembre 2012

Un regno e una repubblica nata e rinata male!

Uno stato che dalla sua prima manifestazione unitaria nasceva con delle incongruenze inspiegabili. Si l'Italia è nata come regno con un re che ha iniziato il suo regno con degli erori madornali. Come può il Primo Re d'Italia chiamarsi Vittorio Emanuele II!
Anche la "nuova" repubblica, nata dalle ceneri di uno stato sbandato e senza timone che usciva della II Guerra mondiale nella maniera più tragica possibile, è frutto di violenze, diretorica, di sporchi interessi e di vessazzioni da parte dei vincitori. Sicuramente questi errori si sono ripercossi, prima, sul futuro regno sabaudo e poi sulla nuova Repubblica fondata sul lavoro e sui Patti Lateranensi. I milioni di connazzionali morti nelle due guerre potevano essere risparmiati, ma il demone della confusione e della precarietà gli ha divorati in un vortice di morte, dolore e tragedia! Quegli errori di "origine" oggi sono alla base del disastro che tutti viviamo, ma nessuno ne vuol parlare, in questi termini. Bisogna rifondare la Repubblica, RICOSTITUIRLA con nuovi principi fuori dalla religione dominante e dalla classe politica demente che senza alcuna programmazione in questo ultimo trentennio ci ha MALgovernato!

mercoledì 19 settembre 2012

Roma, 20 settembre 1870: "Porta Pia ed entrata empia..." - Paolo D'Arpini, nel dubbio! Roma 20 settembre 1870: "Porta Pia ed entrata empia..." – XX Settembre, ricordate? Ricorre l’anniversario della presa di Roma, ovvero si festeggia la breccia di porta Pia attraverso la quale i “nostri” bersaglieri poterono penetrare in città. Il papa Pio IX aveva emesso una scomunica su chi avesse consentito l’accesso degli stranieri nella città eterna.. e siccome i militi piemontesi erano tutti ferventi cattolici e non si trovava nessuno disposto ad accollarsi la maledizione papale l’ordine di aprire il fuoco e praticare la fessura fu impartito da un ufficiale ebreo, così le anime cristiane furono salve e il merito della presa di Roma restò ai giudei. Questo fatto simbolico ancora “pesa” sull’unità d’Italia. Sono in molti a criticare quel 20 settembre 1870 che consegnò l’Italia intera ai Savoia. Una dinastia di poca qualità. Ma almeno, con la breccia di Porta Pia è finito questo strazio delle scomuniche papaline! Infatti il 20 settembre si celebra la caduta del potere temporale del papato (o meglio dire il suo ridimensionamento). Accadde con l’entrata strombettante dei bersaglieri dalla breccia di Porta Pia. “Alla breccia di Porta Pia sono entrati i bersaglieri…” faceva il ritornello della canzoncina allegra che si cantava una volta nelle scuole il 20 settembre, ed io l'ho cantata. Oggi non si canta più comunque la data resta a segnare un momento cruciale della nostra storia patria e dell’affermazione (sia pur per un breve momento storico) dei valori della laicità dello stato: “..perché niun savio dell’avvenire – reo di verità discoperta – s’inginocchiasse a un prete..”. Diceva il poeta evidentemente riferendosi alla disavventura di Galileo Galilei, costretto a piegarsi dinnanzi al papa ed a rinnegare la verità dei fatti per salvarsi la pelle..... Continua: http://saul-arpino.blogspot.it/2012/09/roma-20-settembre-1870-porta-pia-ed.html

martedì 18 settembre 2012

Leone Caetani, Oleg e Igor Markevic

Oleg Caetani-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-. Strana storia quella dei Caetani, specialmente nel novecento. Leone che proprio nella piccola fortezza costituita dalla Tomba di Cecilia Metella, opera un rito pagano incessantemente per mesi affinché l'Italia vinca la Prima Guerra Mondiale (qualcuno, in alternativa, afferma che il rito riproposto per notti e notti abbia avuto lo scopo di indurre la politica italiana ad entrare in guerra a fianco degli alleati contro l'Austria). I Caetani tornano e il corpo di Moro è lasciato proprio in Via Caetani (in pieno centro a Roma), un segnale e un messaggio preciso senza alcun dubbio, credo sia stato estremamente difficile e pericoloso portare il morto al centro di Roma, ma il segnale andava dato. Ancora Igor Markevic, che sposa una Caetani, ritenuto non solo uno dei mandanti dell'assassinio di Giovanni Gentile( Fino al 1945 a Firenze fu ospite nella villa del critico Bernard Berenson), ma addirittura il"grande Vecchio delle Brigate Rosse". Sta di fatto che il figlio di Igor: Oleg, nonostante abbia vissuto sempre con il padre Markevic dopo la separazione da Topazia Caetani e avesse un occhio particolare per il padre sceglie il cognome della madre, Caetani nome impegnativo alle volte pesante per la storia d'Italia, medioevale e comtemporanea. Oleg (anche lui direttore d'orchestra con grandi potenzialità e riconoscimenti) che tanto stima e difende il padre dalle accuse di un suo possibile coinvolgimento con le BR sceglie di cambiare il suo cognome, strana storia............
Igor Markevic Sicuramente i Caetani hanno dominato per secoli la politica della Penisola!

martedì 11 settembre 2012

sabato 8 settembre 2012

Quello che non si è mai detto su Montecassino durante la II Guerra Mondiale

Montecassino un luogo tutt'ora suggestivo, ma completamente alterato. Quanti misteri e quante reticenze sui fatti tragici accaduti su quel monte sacro dove San Benedetto decide che quel luogo debba essere la residenza della sua regola e dei suo monaci sulle indicazioni dei Padri del deserto egizio e del retaggio cenobita, dando alla regola la "riproduzione" e il legame del numero (sacro a Pitagora) 12 legato alle Lucumunie Etrusche. Quel luogo prima che fosse occupato da San Benedetto era la sede di un importante tempio Pagano dedicato ad Apollo e nelle vicinanze esisteva anche un tempio dedicato a Giove. Al di sotto di quella Acropoli pagana troviamo la Cassino romana con il suo anfiteatro e molti manofatti propri della sacralità romana. Durante la Seconda guerra mondiale, gli studiosi tedeschi dell’Ahnenerbe pianificarono una delle più segrete missioni della storia per recuperare alcuni manoscritti. Questa missione fu battezzata Diomede, dal nome dell’eroe omerico che dopo la caduta di Troia si rifugiò nelle Isole Tremiti e, insieme ai suoi compagni, fu trasformato da Venere nelle diomedee, gli uccelli di mare che nidificano sulla costa. L’Ahnenerbe concentrò le ricerche in Italia centrale, ed esattamente a nell’Abbazia di Montecassino. da una parte si combatteva una guerra ufficiale con armi, mezzi e militari dall’altra, invece, si combatteva una guerra nascosta i cui retroscena erano noti ai servizi segreti di entrambi gli schieramenti e a pochi leader del Reich. Tra questi il Generale Frido Von Senger Und Etterlin, un monaco guerriero che ebbe un ruolo delicato, e in un certo senso ambiguo, nella tragica vicenda di Montecassino. Frido si era recato a Montecassino nel 1943. Il motivo ufficiale di questa visita andava oltre le intenzioni spirituali. Essa aveva per obiettivo il tentativo di sottrarre importanti documenti dall’archivio benedettino che sarebbero serviti a costringere il Vaticano a coprire la fuga dei nazisti nel dopoguerra. L’obiettivo fu raggiunto grazie all’Abwehr. In quel periodo, il servizio segreto militare tedesco, aveva bisogno di raccogliere informazioni di interesse strategico inerenti uno dei principali capisaldi della linea Gustav. Altri fatti misteriosi che riporterò, dato che la storia ufficiale ha rimosso queste notizie a parere mio fondamentali per tentar di iniziare a comprendere ed elaborare i possibili motivi di tanta violenza.
Il bombardiere che portava il numero 666 apri i bombardamenti il 15 febbraio 1944 alle ore 9 e 24 del mattino, l’abbazia di Montecassino è scossa da una tremenda esplosione, che interrompe la preghiera del piccolo gruppo di monaci benedettini nel cenobio e recitano «et pro nobis Christum exora». Tra di loro c’è l’abate ottantenne dom Gregorio Diamare e il suo segretario dom Martino Matronola, che in seguito pubblicherà un diario, indispensabile per ricostruire quei drammatici giorni. Si salveranno tutti i 12 frati che si rifugeranno nella cripta. Una valanga di bombe sui frati e sulle centinaia di profughi presenti nel monastero che si erano diretti al convento convinti di essere in un luogo protetto. Si è appena abbattuto il grappolo di bombe da 250 kg l’una sganciato dal bombardiere strategico numero 666, pilotato dal maggiore Bradford Evans, il quale, con un numero di codice così inquietante, guida la prima delle quattro formazioni di B-17, le fortezze volanti statunitensi, che hanno ricevuto l’ordine di distruggere il millenario monastero arroccato sul colle. Alle fortezze volanti seguono altre quattro ondate di bombardieri medi. Alle 13 e 33 è tutto finito, i monaci sono tutti salvi, ma diverse centinaia (qualcuno prospetta più di mille persone inermi) di profughi sono morti sotto le bombe, e sarà difficile, anche dopo la guerra, riesumarne i corpi e dare un nome alle lapidi. Diamare uscito da quell'inferno con i suoi frati rifiuterà di essere accompagnato in Vaticano dai soldati americani preferendo l'aiuto dei soldati e dei mezzi tedeschi.

giovedì 6 settembre 2012

Cattedrale di San Pietro Sessa Aurunca

Costruita nel 1103 è uno dei più significativi esempi di architettura romanica in Campania. Presenta un interessante connubio tra materiali di reimpiego provenienti da antichi edifici romani (Tempio di Mercurio e di Ercole, Teatro)Ovvero dalle colonne ai marmi sono il frutto di demolizioni degli antichi Santuari Pagani(come è successo in tutta la terra Italica -e non solo- Gli antichi Templi distrutti per il preciso scopo di cancellare definitivamente laltissima spiritualità pagana piegata violentemente verso la Nuova religione venuta da Oriente e imposta con la spada e con il fuoco per secoli......

martedì 4 settembre 2012

MUORE A LIVORNO GIAMPAOLO CARDOSI DETTO SERPICO L’EX VIGILE DIVENTATO CLOCHARD
Posted on 3 settembre 2012. Un esempio di dignità verso il marciume Italiano! Nessuno ha messo sotto accusa i suoi aguzzini ancora dentro l'amministrazione pubblica! VERGOGNA! VERGOGNA! Giampaolo Cardosi detto Serpico Accusato di furto e radiato. Assolto ma mai reintegrato «Amavo molto quella divisa che mi hanno scippato». Ha rifiutato un super risarcimento che poteva salvarlo Nel 2010 gli è stata pignorata la casa per un debito, da allora ha vissuto da clochard con la sua bici. LIVORNO. Per riprendersi un briciolo di vita gli sarebbe bastato poco: piegarsi. Ma il vigile capellone non lo ha mai fatto, anche se di occasioni ne ha avute. Avrebbe potuto cominciare una trentina di anni fa quando era soprannominato “Serpico” come il poliziotto newyorkese interpretato da Al Pacino e girava per la città con la divisa di vigile urbano e i pantaloni a zampa di elefante. Allora gli sarebbe bastato entrare in un negozio di parrucchiere, chinare la testa e farsi tagliare quel groviglio di barba e capelli che uscivano da sotto il berretto e che a molti non andava giù che portasse abbinati all’uniforme. Ma niente. Poi quando il Comune, qualche anno dopo, gli ha offerto trecento mila euro di risarcimento per un licenziamento poco trasparente a causa di un furto dal quale è stato assolto, avrebbe potuto accettare e assicurarsi con quei soldi una vecchiaia in santa pace. Rispose: «No grazie, rivoglio la mia divisa». E continuò a correre (in bici) da un punto all’altro della città come Forrest Gump e a dare battaglia per riavere il suo posto, nonostante le porte in faccia e l’ultimo no del Tribunale amministrativo che nel febbraio scorso rigettò il suo ricorso. «Andrò al Consiglio di stato», disse all’indomani. Giampaolo Cardosi molto probabilmente avrebbe potuto vivere più a lungo in ginocchio, invece ha scelto di morire in piedi sei giorni prima di compiere 69 anni mentre era in sella alla sua bicicletta. «Una testa dura a cui era impossibile far cambiare idea», lo descrivono gli amici. Ecco perché per continuare la sua battaglia contro le ingiustizie di cui diceva di essere vittima, aveva rinunciato a tutte le cose che vengono considerate ricchezza e viveva da clochard: niente casa, ad esempio. La sua era stata pignorata nel 2010 per un debito di 1850 euro con un avvocato di Pistoia. «Me l’hanno rubata», diceva appena entrava nel discorso e poco importava se davanti a sé aveva un giudice o un pubblico ministero: «C’è scritto nelle carte – ripeteva – se fosse una bugia mi avrebbero già arrestato». Dentro all’appartamento in via Brigate Partigiane, dove ha abitato per una vita, aveva lasciato anche i suoi affetti. «Mia madre – raccontava – non ha sopportato tutto quello che è successo ed è morta di crepacuore». Dal giorno dello sfratto che finì a botte e offese con le forze dell’ordine, aveva messo la sua esistenza in un container dalle parti di Chianni, in provincia di Pisa, dove era nato alla vigilia dell’8 settembre del ’43 che segnò lo sbriciolamento delle istituzioni davanti alla guerra. La sua vita oggi era fatta di tre punti fermi: la mensa della Caritas dove mangiava pranzo e cena, una sedia nella sala d’attesa del pronto soccorso dove dormiva e il tribunale penale di via Falcone e Borsellino dove non mancava mai di fare una visita o di essere presente a una delle udienze nelle quali era imputato. Ma nonostante l’aspetto trasandato, l’odore di strada, la barba di mille colori e i vestiti lisi, quando ti guardava negli occhi si accendeva la luce della speranza. Forse era proprio per la sua testardaggine e la vita da ribelle che ai livornesi “il Cardosi” è sempre stato simpatico come quegli esemplari in via di estinzione: unici e un po’ strambi. Così nell’anno del 150° anniversario dell’unità d’Italia, i suoi concittadini hanno tappezzato la città con il suo volto come quello dell’ultimo dei Mille. Ma lui alla soglia dei settant’anni cominciava ad essere stanco, così nell’aprile scorso aveva preso foglio e penna e aveva scritto un appello alle Autorità attraverso il nostro giornale. «Dalla perdita della mia casa – ricordava – dormo seduto su una sedia dei locali del pronto soccorso con ulteriori gravi problemi di circolazione, piedi doloranti e gonfi: con pericolose infermità, non potendo stendermi a questa età su un letto. Per i motivi di cui sopra, rivolgo alla Ss. Vv. rispettosa istanza di carcerazione». Il grido d’aiuto di un uomo stanco, dolorante che solo la morte ha piegato. Fonte: srs di Federico Lazzotti, da Il Tirreno di Livorno, del 2 settembre 2012