L'immaginario religioso, artistico, onirico dell'uomo è da sempre popolato da figure mostruose, deformi e innaturali, che affondano le loro radici simboliche nelle più profonde pieghe della psiche e nelle più arcaiche strutture culturali e mitiche. Carica di poteri e valenze simboliche, profetiche e iniziatiche, per poco che si indaghi il vario e grottesco repertorio iconografico dell'innaturale, la deformità si protende verso il nostro sguardo attraverso i secoli, alludendo ancora, anche per l'occhio disincantato della modernità, a un'inquietante ricchezza di significati nascosti e arcani messaggi.
Le deformazioni e l’idea stessa di deformazione ha avuto in passato un valore sacrale, profetico ed estetico. Nasce essenzialmente dall’importanza comunicata alle immagini e all’immaginazione dalla filosofia antica e dalla sensibilità religiosa. Per gli antichi l’immagine è la forma del pensiero degli dei. Gli dei pensano per immagini e creano con la parola. L’immagine mostruosa o deformata appartiene agli dei del caos, precedenti quindi a ogni ordine cosmico: ha quindi concentrata in sé l’energia di un mondo originario ancora non delimitato dalla legge. Essi fanno parte del mondo del silenzio prima che la parola della divinità produca le sue leggi e le sue forme perfette. La deformazione appartiene quindi alla dimensione del caos primigenio e a quella degli inferi: si riferisce all’universo precedente le leggi e a quello che disubbidì alle leggi. La deformazione nel primo caso indica la presenza nello stesso soggetto di forme viventi non ancora separate dall’atto creativo e ordinatore (uomini con elementi animali o vegetali, animali con caratteri intermedi tra più specie), nel secondo riguarda piuttosto individui che hanno perso la loro divinità, smarrendo di fatto una loro antica perfezione e regredendo a forme confuse di tipo precosmico (demoni ebraico-cristiani). Le alterazione morfologiche vengono adoperate quindi per rappresentare dei atavici o demoni dei in tutte le grandi civiltà del passato; esseri anatomicamente anarchici, che si determinano da se stessi, apparentemente senza alcuna regola e legge esterna. Questi esseri e i loro culti ferini, non privi alle volte di elementi sanguinari, testimoniano il passaggio da una teologia orizzontale aperta al culto della foresta e alle sue presenze selvagge a una teologia verticaledispiegata verso il cielo e le sue costellazioni. L’eroe divino o divinizzato si scontra con esseri fantastici; è questa battaglia il primo atto della creazione. Il combattimento e la vittoria sul mostro rappresenta il primo passo verso l’ordinamento di un nuovo universo fondato sulla legge. É una lotta simbolica contro il caos di un universo non ancora formato, contro l’entropia di un universo già esistente, e ancora contro la malattia e l’anarchia biologica di una natura non interamente dominata dalla ragione divina e dalla sua forza organizzatrice. La creazione come formazione di un mondo ordinato e armonioso è quindi identificata con la guerra originaria contro gli esseri deformi del caos. Il babilonese Marduk, il greco Eracle, l’indiano Krisna hanno tutti loro primordiali mostri da distruggere.
Krishna è di certo una delle più amate divinità indiane e ha dato luogo alla corrente del Krishnaismo. Viene indicata come l’ottava incarnazione di Visnu: la sua nascita, come quella di molte altre divinità, è assolutamente innaturale e al tempo stesso soprannaturale. Egli si origina da un capello del dio Visnu. Visnu si strappa dalla testa due capelli, uno bianco l’altro nero, e pone il primo nel grembo di Rohini e il secondo in quello di Devaki. Il capello nero genererà Krishna, che significa appunto "il nero", mentre dal capello bianco nascerà Balarama.
Nel Bhagavata Purana, che canta le gesta di Krisna, Dhenukasura è un asino dalla forza gigantesca, Kaliya è invece un immenso serpente nero dotato di un centinaio di teste e dalle cui narici esalano fumi tossici. Il mostro Pralambasura, con denti aguzzi e occhi fiammeggianti, è in grado di gonfiarsi a dismisura, ma anche di assumere sembianze umane. Aghasura ha invece l’aspetto di un gigantesco serpente dalla bocca perennemente spalancata. Le dimensioni di questo asura erano veramente colossali: l’osso del mento appare grande come una montagna, mentre la lingua ha le dimensioni di una strada. Vatsasura può assumere qualsiasi forma e si tramuta in un vitello, mentre Bakasura è un'anitra dalle dimensioni di una collina. Qui i mostri mitici si contrassegnano per due aspetti fondamentali: l’instabilità della forma e le dimensioni smisurate. Denotano quindi un aspetto contronaturale, negando la legge di una specificità biologica come pure quella di una giusta proporzione. I due aspetti sostanzialmente si equivalgono: questi esseri partecipano all’infinitezza precosmica attraverso l’indefinitezza. Le enormi dimensioni sono segno di una non accettazione dei limiti e dei contorni; ugualmente si giustifica il loro aspetto camaleontico.
Tiamat, dea delle acque salate, foggia per combattere Marduk undici esseri orrendi circondati da fiamme e da un particolare bagliore in grado di allontanare i nemici. Ce ne sono in forma di vipera, di grande elefante e di grande leone, ma anche di cane rabbioso, di centauro e di uomo scorpione. Marduk, per dare vita al nuovo ordine, ammansirà queste creature e ucciderà Tiamat: dallo smembramento della dea nascerà il mondo così come noi lo vediamo.
Anche la religione ufficiale di antichi popoli troverà irrinunciabile l’idea di raffigurare i ricchi pantheon con deformità di ogni genere. Il mondo egizio preferirà dei con teste animali che congiungono mirabilmente cielo e terra, le forze dell’universo stellare con quelle della natura. Queste figure sono armoniche e ieratiche e simboleggiano una natura organizzata dalla civiltà umana. Nulla viene risparmiato al collo di queste divinità: teste di ippopotamo, di leone, di falco, di coccodrillo, di sciacallo. Sobec è il dio con la testa di coccodrillo, le cui statue antiche, secondo leggende giunte fino al tardo rinascimento, venivano issate su una zattera-tabernacolo, trainata da coccodrilli ammaestrati. Sahu, Orione, avrà testa di scrofa e sarà la dea delle eclissi. Anubi, dio dei morti, avrà testa di oritteropo, strano animale che vive in tane profonde, nutrendosi di termiti.
Gli egizi, anche se furono i primi grandi chirurghi del cervello, attribuivano però al cuore l’attività psichica dell’uomo; troppo lontano da loro erano i primi tentativi della scuola pitagorica di un'anatomia cerebrocentrica. Eppure la testa è per il loro pantheon determinante; la presenza dei sensi e in particolare dell’occhio fa della testa uno dei riferimenti maggiori della manipolazione simbolica di questo popolo. Il dio animale, quindi, ha un cuore umano in un corpo umano, ma sensi animali per la presenza di una testa animale; è questa la garanzia della sua divinità: la grande vita psichica dell’uomo congiunta con la superiorità sensoriale degli animali. Olfatto vista udito di falchi leoni ippopotami sciacalli si combinano con la complessa vita psichica umana coincidente con quella degli dei. Una sintesi di successo con molte varianti.
Ancora il dio creatore, il grande Osiride, è un dio presensoriale, poiché precede qualsiasi possibilità di sentire, poiché precede qualsiasi essere o ambiente, che in quanto tale può fornire sensazioni e percezioni della sua esistenza. Per questo è rappresentato acefalo. La sua attività psichica, cioè il suo cuore, è l’organo che gli consente di produrre il mondo e i suoi enti.
Le teste possono trovarsi a sostituire però anche altre parti del corpo; ne abbiamo esempi ancora nella religione egizia, ma con rimandi in tutte le religioni del Mediterraneo. In questo senso Bes, dio della fecondità, rappresenta forse una crisi del sistema cardiocentrico della cultura egizia; la sua testa è infatti nel petto, i suoi occhi si aprono all’altezza del torace. Il cervello e il cuore si identificano anatomicamente quasi ad accordare due scuole di pensiero: di chi vuole il cuore e di chi crede il cervello, invece, il centro dell’essere psichico. Anche le ginocchia e i piedi del dio sono animate. Questa divinità è caratterizzata da un panpsichismo anatomico: in corrispondenza dei due ginocchi ruggiscono due bocche di leoni, i piedi sono sostituiti ora da teste di sciacallo, altre volte da teste di serpente. É una creatura, questa, che avrà grande successo anche nel mondo miceneo e greco-romano.
Bes diviene nei sigilli cretesi la testa con le gambe, in Libia molto somiglianti a Bes saranno gli akephaloi, Plinio descriverà esseri simili chiamati Blenni, indicati sostanzialmente come specie deformi di terre lontane. In questi ultimi il divino Bes presta la sua forma a oscure specie esotiche. Non mancano rappresentazioni di angeli gastrocefali, con una testa che appare all’altezza dello stomaco, scolpiti a Chartres e a Bourges in piena età medievale. Sono angeli decaduti: la faccia sulla pancia simboleggia chiaramente che l’intelligenza è in loro asservita ai più bassi istinti.
Altre volte la testa si moltiplica all’interno di una stessa testa. Nella civiltà sumera, in quella sciita e nelle antiche culture sarde sono diffuse le rappresentazioni di teste a loro volte composte da teste, quasi ad indicare un essere psichicamente e diremo schizofrenicamente composto da alcune sottounità. Queste immagini sembrano legarsi a un'idea discontinua e disomogenea del mondo. Anticipano formalmente le rappresentazioni dell’uomo composto da molti uomini (XVII secolo), simbolo del sovrano nella visione politica di Hobbes, o certi scherzi anatomici come nella litografia di Filippo Balbi Testa anatomica (1864). Le teste composte da altre teste sembrerebbero fornire l’antefatto di una visione dell’io come realtà composita, come coordinazione ed equilibrio di una molteplicità, intuitivamente nella direzione che verrà indicata dallo psicologo Frederich Myers. Il proliferare delle teste, separate e innestate sullo stesso tronco, la policefalia, avrà pure innumerevoli esempi: con tre teste di montone viene a volte rappresentato il dio egizio Ammon, come pure alcune divinità sumere. Idra, cerberi ed altre fanta-zoologie a più teste riempiono gli inferni dell’antichità.
Anche braccia e gambe si moltiplicano. Nella religione indiana Bramha ha quattro braccia, tante quanto sono le sue facce; Agni, dio del fuoco, ha sette braccia e tre gambe. Nel medioevo occidentale l’immagine della fortuna sarà proprio di una divinità orientale fornita di molte braccia, come Boccaccio la descriverà nel De casibus. Ma la deformazione anatomica viene usata anche per evocare e contemporaneamente esorcizzare i sentimenti di paura dell’uomo. Dei e demoni devono quindi incutere timore: per l’autorità della giustizia suprema che rappresentano i primi, per l’ineluttabilità della punizione che infliggono i secondi, giudici e carnefici di uno stesso sistema di leggi. Se quindi nell’antichità gli dei possono avere caratteri disformi, i demoni sono veri azzardi della fantasia. A questi ultimi è consentita qualsiasi oscena combinazione. Qui l’elemento bestiale è lontano dalla riconoscibilità specifica delle divinità egizie; esso è indice di caos e non di un ordine altro o divino. Nel Libro dei Morti sono descritti demoni a forma di serpente con teste di gatto o di papera. Non meno impressionanti o grotteschi appaiono i demoni etruschi. Tuchulcha aveva orecchie d’asino capelli di serpente e un intenso colore livido. I demoni babilonesi sfoggiano corpi di cane, zampe di aquila, artigli di leone, code di scorpione, crani scarnificati, corna di capra ali di uccello: così mostruosi che l’unica cosa in grado di spaventarli era la loro stessa immagine riflessa in uno specchio. Molto simili a questi saranno i demoni locusta descritti da Giovanni nell’Apocalisse. Nel Lemegeton, nello Pseudomonarchia e in altri testi si descrivono creature del male come Amon, decaduto dio egizio, l’antico Ammon-Ra, che diviene un improbabile lupo con testa di serpente che vomita fuoco. La parte serpentina probabilmente doveva conferirgli il potere di prevedere il futuro, quella di lupo la capacità di dare a chi lo invocasse l’amore delle donne. Altrettanto inquietante è Balaam, rappresentato con tre teste mentre cavalca un orso con un avvoltoio appollaiato sulla spalla, dove le tre teste potrebbero avere significato temporale di presente, passato e futuro.#
Ancora l’ibrido mostruoso tra animale ed umano nell’età moderna perderà il suo carattere sacrale e fobico per acquisirne uno biologico ed evolutivo.
Anche nella visione evoluzionistica democritea appaiono questi esseri di passaggio tra animale ed umano come, in pieno Rinascimento, ci testimoniano le pitture di Piero di Cosimo dedicate all’età della pietra, che descrivono ambienti preistorici con animali, fauni e bestie quadrupedi con teste umane. Qui i fauni non sono più esseri semidivini, ma specie animali semiumane.
In queste rappresentazioni c’è quindi un processo di umanizzazione dell’animale e di animalizzazione dell’umano, idea presente nelle religioni antiche come anche nella magia. Un processo questo che passerà attraverso una rivisitazione biologica e naturalistica nell’età moderna.
Già un Gian Battista della Porta ordinerà una tassonomia di ibridi nati dagli accoppiamenti di uomini con animali. Queste idee sembrerebbero permanere in una teoria embriogenetica formulata nel secolo scorso secondo la quale ogni animale tenderebbe a diventare un uomo, se il suo sviluppo embrionale non si fermasse ad un certo punto. Questa teoria potrebbe aver ispirato del resto il libro di George Wells L’isola del dottor Moreau, dove sono descritti processi di umanizzazione di animale come nel gioco di una Circe alla rovescia. Ancora la deformazione come scambio tra animale e umano la riscontriamo in un età molto vicina a noi nei cartoni di Walt Disney.
Il film Pomi d’ottone e manici di scopa rappresenta bene il mito antico dell’alchimista, ripreso in precedenza da Wells, che trasforma gli animali di un isola in esseri antropomorfi. Anche in questi casi è il volto e la testa l’elemento su cui maggiormente si attua lo scambio tra specie animale e specie umana.
Non solo l’uomo si animalizza e l’animale si umanizza, ma lo stesso mondo assume ora carattere animale ora decisamente umano. Uomo e animale trovano la loro identità nel mondo che acquistano ora i caratteri dell’uno ora dell’altro.
venerdì 30 aprile 2021
ARCHI DI TRIONFO
Gli archi di trionfo romani pare fossero almeno 36.
Ne hanno risparmiato solo tre mentre gli altri sono stati barbaramente e ignominiisamente distrutti.I criminali che hanno abbattuto i 33 archi di trionfo romani sono gli stessi che hanno preservato quelli del cartaginese Settimio Severo nemico dell'Italia e degli Italiani, quello di Costantino Inventore del cristianesimo e quello di Tito, Sabino della dinastia dei Flavi, che celebra il trionfo nella Guerra Giudaica.
giovedì 29 aprile 2021
L'abuso di informazione dilata l'ignoranza
Ci sono cose che devono restare inedite per le masse anche se editate. Pound o Kafka diffusi su Internet non diventano più accessibili, al contrario. Quando l'arte era ancora un fenomeno estetico, la sua destinazione era per i privati. Un Velazquez, solo un principe poteva ammirarlo. Da quando è per le plebi, l'arte è diventata decorativa, consolatoria. L'abuso d'informazione dilata l'ignoranza con l'illusione di azzerarla. Del resto anche il facile accesso alla carne ha degradato il sesso. (Carmelo Bene)
E il suono della tromba spinse all'assalto anche quelli che erano immobilizzati dalla paura
Olpe Chigi- da Veio- VII sec A.C - Museo di Villa Giulia- Da notare l'aulete che apre il passo agli opliti suonando il doppio flauto- Racconta Plutarco :"Era uno spettacolo grandioso e terribile,vederli avanzare al passo cadenzato dal suono dei flauti,senza disarticolare in nessun modo lo schieramento e,senza provare turbamento ,guidati al pericolo dalla musica"
Il grandissimo tamburo di Cheronea
il tuono di Cheronea: gigantesco tamburo da guerra, così soprannominato perché – racconta Manfredi – fu utilizzato nella storica battaglia di Cheronea (338 a.C.), in cui Alessandro sconfisse le forze confederate greche, formate da tebani e ateniesi. Il suono ottenuto dal percuotere le pelli del mastodontico strumento musicali diffuse, delle vibrazioni che portarono paura e smarrimento nell'esercito che contrastava quello macedone
mercoledì 28 aprile 2021
Cosa era il labirinto
"Il labirinto era arcaicamente un luogo per la danza costruito a Cnosso per Arianna: non un palazzo, come venne descritto nel mondo postomerico, ma un meandro o una spirale angolata o anche un intrico di vie che da essa si sviluppavano. Vi si svolgevano danze labirintiche che imitavano la spirale del cosmo, l’orbitare concentrico dei pianeti: s’immaginava che al suo centro regnasse un toro divoratore di torelli, simbolo del Toro astrale che allora segnava il fondo del vortice zodiacale, l’inizio dell’anno. Vi regnava colei che prima di Omero era celebrata come una dea, la Signora del labirinto, Ariagne, la Purissima, la Regina degli inferi, detta anche con nome pregreco Persefone. «Non solo ella poteva liberare qualcuno dagli Inferi se lo voleva,» scrive Károly Kerényi «ma poteva lei stessa ritornare indietro da quel luogo, ed era allora la “chiarissima”, quell’Arídela che sta nel cielo, come veniva chiamata a Creta con un altro nome greco. Come figura preomerica era la fanciulla divina dei cretesi, una dea lunare: non però semplicemente la Luna, bensì anche una Signora del regno dei morti, una dea piena di grazia, che aveva il potere di ricondurre alla vita. A partire da Omero, ella divenne una principessa mortale, la figlia del re Cretese Minosse, e il suo destino subiva un’identica svolta.»"
A. Cattabiani, "Calendario"
martedì 27 aprile 2021
Niccolò Cusano: Vita e Docta Ignorantia
Niccolò Cusano nacque in Germania, studiò prima lettere, poi si trasferì in Italia dove conseguì la laurea in diritto presso l'università di Padova. Fu colui che tentò la riconciliazione tra la chiesa greco-ortodossa e l'autonomia papale, ottenendo però scarsi risultati.
La sua opera più importante fu la Docta Ignorantia. Già dal titolo si può notare un ossimoro che ci spinge a pensare ad una contraddizione.
Secondo Cusano ignorante è l'uomo che non può conoscere Dio, tuttavia questa ignoranza può essere definita dotta perché l'uomo è consapevole che Dio è inaccessibile alla nostra conoscenza.
Cusano afferma che c'è una proporzione tra ciò che è noto e ciò che è ignoto perciò possiamo solo conoscere ciò che ci è vicino. Questo rapporto di proporzione tra ciò che è ignoto, in relazione a Dio, fa emergere una teologia negativa. Dunque, non potendo conoscere la realtà divina possiamo solo formulare congetture.
Il filosofo affronta anche il tema del rapporto che vige tra Dio e il mondo. La sua concezione di Dio si collega a quella di Plotino, come un essere che l'uomo non può conoscere.
Dio è quindi implicazione, in quanto contiene in sé ed esplicazione, perché si dispiega nell'universo.
L'universo,inoltre, secondo Cusano non è infinito, ma illimitato, perché l'infinitezza appartiene solo a Dio ed esso non ha centro, né circonferenza. Rifiuta anche l'etere affermando che la sostanza sia diversa da quella terrena e si pone contro le tesi aristoteliche riguardo il moto circolare della Terra.
LE SUORE TENTATRICI SI SANT’ANGELO DELLA POLVERE
Sono tante le strane storie che si possono trovare a Venezia, ma una delle più strane ha a che fare con un convento di suore. Si tratta, o meglio, si trattava delle suore dell’ordine delle Benedettine. Questa comunità di religiose abitava nell’isola ora detta Sant’Angelo della Polvere. Il nome particolare di quest’isola deriva dal suo uso successivo a quello di convento. Dal ‘500 infatti questo luogo fu convertito a polveriera (della Polvere appunto) della Serenissima. Ma perché le religiose vennero cacciate? Le cronache dell’epoca narrano questa storia con dovizia di particolari.
IL MISTERO DEL OESCE SCOMPARSO
Ci fu un periodo in cui le mogli dei pescatori di Pellestrina e Malamocco si accorsero di un improvvisa diminuzione del pescato. I pescatori allargavano le braccia e parlavano di stagione scalognata. Ma le donne sospettarono subito qualcosa e vollero indagare sulla faccenda. Si recarono quindi da un magistrato della Repubblica spiegando i loro timori. Degli investigatori in incognito presero quindi a seguire le barche dei pescatori nel loro lavoro quotidiano. Gli investigatori scoprirono presto che tutte le barche di ritorno dalla pesca in mare, facevano stranamente tappa nell’isola di Sant’Angelo. Dopo indagini più accurate emerse che i pescatori offrivano parte del loro pescato alle suore in cambio di prestazioni sessuali. Si disse anche che le monache si affacciassero dalle finestre del convento mostrando le loro “grazie” ai pescatori di passaggio per invogliarli a fermarsi.
CORAZZIERI CONTRO SUORE
Una volta scoperta la faccenda le mogli dei pescatori pretesero ovviamente un intervento immediato delle istituzioni. Furono quindi inviati dei prelati sull’isola per prendere provvedimenti urgenti. Gli inviati però furono presi a sassate dalle vivaci suore e costretti alla fuga. Fu necessario quindi l’intervento dei corazzieri che sotto una pioggia di massi riuscirono a espugnare l’edificio. Le suore vennero fatte sloggiare e disperse in monasteri dell’entroterra. L’isola venne confiscata e se ne cambiò l’uso, prendendo il nome che oggi porta.
LE PROVE TANGIBILI
Alcuni anni fa, durante degli scavi archeologici condotti nell’isola si ebbe un’ulteriore conferma di questa storia. All’interno di un vecchio pozzo vennero infatti trovate una miriade di conchiglie di ostrica. Le ostriche erano costose anche all’epoca di quei fatti e sicuramente non facevano parte della dieta tipica delle suore. Da questo si avvalorò il fatto che i pescatori avessero donato alle suore il pescato migliore per concedersi i loro favori. Ma ciò che oggi rimane di questa strana storia è solo polvere.
Da venezia.italiani
lunedì 19 aprile 2021
I ribelli amano i boschi
“In ogni tempo, in ogni luogo, in ogni cuore, la paura dell’uomo è sempre la stessa: paura dell’annientamento, paura della morte. È quanto ascoltiamo già da Gilgameš, lo ascoltiamo nel Salmo XC e così è rimasto fino a noi oggi. Vincere la paura della morte equivale dunque a vincere ogni altro terrore: tutti i terrori hanno significato solo in rapporto a questo problema primario. Passare al bosco, quindi, vuol dire innanzi tutto andare verso la morte. Questa strada arriva molto vicino alla morte - anzi, se è necessario, l’attraversa perfino. Il bosco, come rifugio della vita, dischiude i suoi tesori surreali quando l’uomo è riuscito a oltrepassare la linea. Qui si posa la eccedenza del mondo.”
E. Jünger, “Trattato del ribelle”
Arte e Violenza
Alessandro Allori o Giovanni Maria Butteri, Caterina de’ Ricci atterra i figli di Babilonia(1588-1590; olio su tela; Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze)
Alternamente attribuito ad Alessandro Allori (Firenze, 1535 - 1607) o a Giovanni Maria Butteri (Firenze, 1540 circa - 1606), questo dipinto presenta una rara iconografia di santa Caterina de’ Ricci, terziaria regolare domenicana che visse tra il 1522 e il 1590, passando quasi tutta la sua esistenza nel monastero di San Vincenzo a Prato, del quale fu anche madre superiora. La santa era particolarmente celebre in vita dato che aveva fama di mistica e quasi di santa vivente, tanto che sue raffigurazioni cominciarono a diffondersi ben prima della sua canonizzazione (fu proclamata beata nel 1732 e santa nel 1746), e quest’opera fu dipinta con tutta probabilità mentre la donna era ancora in vita. La fama di cui godeva è ben ravvisabile da questo dipinto, che la raffigura addirittura nei panni di una santa (ha il capo circondato con l’aureola: esiste anche un ritratto di Giovanni Battista Naldini che, in vita, la raffigurò nei panni di santa Caterina da Siena) mentre scaglia alcuni bambini contro un masso, sul quale si legge l’iscrizione “beatus qui allidit parvulos suos ad petram” (“beato chi scaglierà i suoi bambini contro la roccia”, tratta dal Salmo 137). I bambini sono ovviamente un’allegoria degli avversarî della Chiesa, ma la scena colpisce per la pazza crudeltà con la quale la donna lancia uno dei piccoli contro la pietra, mentre quelli già uccisi giacciono tutti a terra, pallidi.
La Figa secondo Tonino Guerra
Cantèda Vintiquàtar
La figa l'è una telaragna
un pidriùl ad sàida
é sgarzùl ad tòtt i fiéur;
la figa l'è una pòrta
ch'la dà chissà duvò
o una muràia
ch'u t tòca buté zò.
U i è dal fighi alìgri
dal fighi mati s-cènti
dal fighi lèrghi e stretti,
fighi de caz
ciacaròuni ch'al tartàia
e quèlli ch'al sbadàia
e a n dòi una parola
gnènca s'ta li amàzz.
La figa l'è una muntagna
biènca ad zòcar
una forèsta in dò ch'e' pasa i lop
l'è la caròza ch'la tòira i caval;
la figa l'é una balèna svòita
pina ad aria nira e ad lòzzli,
l'è la bascòza dl'usèl
la su còffia da nota,
un fòuran ch'e' brèusa inquèl.
La figa quand ch'e' tòcca
l'è la faza de' Signour,
la su bòcca.
L'è da la figa ch'l'è avnèu fura
e' mond sa i èlbar, al novli, e' mèr
e i òman éun a la vòlta
e at tòtt al razi.
Da la figa l'è avnù fura ènca la figa.
Os-cia la figa!
Tonino Guerra
La fica è una ragnatela
un imbuto di seta
il cuore di tutti i fiori;
la fica è una porta
per andare chissà dove
o una muraglia
che devi buttar giù.
Ci sono fiche allegre
delle fiche matte del tutto
delle fiche larghe e strette,
fiche da due soldi
chiaccherone o balbuzienti
e quelle che sbadigliano
e non dicono una parola
neanche se le ammazzi.
La fica è una montagna
bianca di zucchero
una foresta dove passano i lupi,
è la carrozza che tira i cavalli;
la fica è una balena vuota
piena di aria nera e di lucciole,
è la tasca dell'uccello
la sua cuffia da notte,
un forno che brucia tutto.
La fica quando è ora
è la faccia del Signore,
la sua bocca.
E' dalla fica che è venuto fuori
il mondo con gli alberi le nuvole il mare
e gli uomini uno alla volta
e di tutte le razze.
Dalla fica è venuta fuori anche la fica.
Osta la fica!
Tonino Guerra
Testo tratto da: Tonino Guerra, Il miele, Maggioli 1976
domenica 18 aprile 2021
Come poteva essere rappresentata la dea Feronia
Questa antefissa, databile 500-480, è conservata all'Altea Museum di Berlino, ufficialmente si tratta di Juno Sospita, ma per Giovanni Feo questa immagine del volto era molto simile a quella che l'immagine della dea Feronia
giovedì 15 aprile 2021
Soprannaturale e innaturale
di Maurizio Elettrico
(Istituto Italiano di Studi Filosofici)
In memoria di Tomàs de Torquemada
lunedì 12 aprile 2021
Ha la stessa età di Roma
Dalla Tomba 36 della necropoli di Eretum
Più o meno antico quanto la Roma ufficiale.
E c'è gente che descrive gli abitanti del Lazio di quell'epoca come dei selvaggi.
Nella cripta di questa chiesa c'erano due are una era dedicata alla dea Dia, scomparsa da anni e non si sa dove sia?
Chiesa di Santa Maria Scala Coeli ,Roma - Quartiere Ardeatino
Questa chiesa risale al XII secolo e fu costruita sul luogo dove subirono il martirio, sotto Diocleziano, S.Zenone e i suoi compagni, 10.203 legionari cristiani, il 9 luglio del 298 d.C.
In seguito la chiesetta fu dedicata alla Beata Vergine Maria Annunziata, la più antica a Roma dopo S.Maria Maggiore, visto che se ne ha menzione già dal VII secolo. L'edificio attuale fu costruito da Giacomo Della Porta nel 1583 per volere del cardinale Alessandro Farnese e il suo nome deriva dalla visione che S.Bernardo di Chiaravalle ebbe nel 1138 mentre celebrava messa: una lunghissima scala che ascendeva al Paradiso salita da un peccatore per la cui anima il santo aveva pregato la Madonna, la quale lo attendeva in cima ai gradini, ad indicare che la richiesta era stata accolta.
Sull'architrave del portale, tra due stemmi della famiglia Farnese, vi è la scritta “Scala Coeli”, sormontata da un piccolo timpano e da un rosone. La chiesa è a pianta ottagonale, sormontata da una cupola e da una lanterna, mentre l'interno presenta tre absidi con altrettanti altari, dedicati a S.Zenone e compagni, alla SS.Vergine e a S.Bernardo.
Discese due piccole rampe convergenti si può ammirare una bellissima cripta con il pavimento originario della costruzione primitiva, nonché un piccolo altare dedicato a S.Paolo e a S.Zenone, lo stesso utilizzato da San Bernardo per celebrare messa il giorno della visione di Maria, sopra al quale vi sono situati due bellissimi dipinti dedicati ai due santi.
LUNEDÌ 28 OTTOBRE 2013
Alla ricerca dell’ara perduta all’Abbazia delle Tre Fontane di Roma
Dove è finita l'ara della dea legata ai Fratelli Arvali?
Nella cripta di una delle chiese, all’Abbazia delle tre fontane di fianco all’EUR a Roma, precisamente quella di Santa Maria Scala Coeli si trova un altare cinquecentesco dedicato a S. Paolo e a S. Zenone. Ai lati di questo si aprono due vani: quello di sinistra contiene, o meglio conteneva una piccola ara ancora intatta pagana, di pregevole fattura dedicata alla dea Dia.
Ieri dopo circa sei anni sono tornato su quel logo “magico” e con molto rammarico non ho più visto l’ara dedicata a Dia!
Allora sono andato nella foresteria del convento e ho chiesto al signore che era al ricevimento gentilmente mi ha risposto che non sapeva di cosa stavo parlando!
Lascio a voi trarre le conseguenze di questo fatto. Un reperto archeologico di tale importanza dove sono state effettuate anche tesi di laurea specifiche, non si sa che fine abbia fatto dopo qualche anno dalla sua presenza in una chiesa. http://luigi-pellini.blogspot.com/2013/10/alla-ricerca-dellara-perduta-allabbazia.html
Il Mausoleo dei Plauti e Goethe
In località Ponte Lucano, nella piana di Tivoli presso l fume Aniene e non lontano dalla Villa Adriana, sorge l'imponente Mausoleo dei Plautii. Esso ha forma molto simile al Sepolcro di Cecilia Metella sull'Appia Antica a Roma e fu innalzato in onore del console Plautus Silvanus nel I°sec. d.C.. Era uno splendido monumento che ha conservato per parecchi secoli il suo rivestimento in bianco travertino, ancora in parte esistente su una struttura che si è mantenuta abbastanza integra. Nel medioevo fu trasfomato in fortezza, con l'apposizione di merli alla sommità. A lato del Mausoleo si trova il coevo Ponte Lucano sul fiume Aniene che in questo tratto diventava navigabile ed era utilizzato per il trasporto a Roma del Lapis Tiburtinus delle vicine Cave.È un sepolcro a tamburo del I sec. a.C. di età tardo-repubblicana; a base quadrangolare , sormontata da un cilindro di circa 35 metri di altezza. L'imponente costruzione è attribuita a M. Plautio Silvano amico di Cesare Augusto e console nel 2 d.C. della stessa famiglia romana a cui apparteneva anche il conquistatore della Britannia, Aulo Plauzio coinvolto poi nella la congiura antineroniana dei Pisoni, e nella prima persecuzione dei cristiani.
Durante il periodo medioevale il sepolcro fu trasformato in torre di guardia per la sua posizione strategica sulla parte superiore si vedono ancora i resti della merlatura.....
Un dipinto che ritrae Goethe a Tivoli durante il suo famoso Viaggio in Italia, sullo sfondo al centro si nota il Mausoleo dei Plauti sulla riva dell'Aniene poco distante da Villa Adriana
giovedì 8 aprile 2021
Stanze del silenzio, per ritrovarsi
“Il silenzio è estremamente accurato.”
La cappella Rothko si trova in un giardino piuttosto anonimo in un quartiere residenziale di Houston, la metropoli dello stato americano in cui tutto è ancora più grande del grande di qualsiasi altro stato americano. La sua funzione è unire, celebrare l’uguaglianza, dare eco all’uguaglianza sociale e culturale, ma l’interno non è granché accogliente: mura stuccate di grigio, un pavimento di piastrelle grigio scuro, otto panchine dal colore poco vivace distribuite per le stanze. E poi i dipinti: quattordici, tutte tele nere con delle leggere sfumature di colore, ognuna diversa ma a malapena percepibile. Si sente dire spesso che “in giro c’è una grande richiesta di spiritualità”, quasi fosse una merce o un prodotto. Se è chiaro ad ogni cristiano cosa significhi Spirito, più difficile intenderne il senso per i non credenti... per dirla coi greci, lo spirito è pneuma, soffio vitale, che non necessariamente rimanda a Dio ma necessariamente rimanda agli esseri umani, in quanto respiranti e pensanti .Si tratta di luoghi che spingono alla meditazione. Una profonda religiosità sembra infondersi dai muri, senza alcuna religione alla base. Una sorta di tempio pan-ecumenico, per tutti e dedicato a tutti, in cui l’osservatore è al centro, non spettatore ma partecipante di una colossale opera d’arte....
mercoledì 7 aprile 2021
Particolare della Sagrada Familia Barcellona
Antoni Gaudí, il diavolo porge una bomba all'Orsini ad un anarchico (sculture della Sagrada Familia)
domenica 4 aprile 2021
Schiavi e ignoranti
“L’uomo non sa nulla, vive sotto comando, accetta tutte le influenze e vi crede. Crediamo a qualunque cosa senza discernimento. Abbiamo forse venti o trenta idee che abbiamo raccolto qua e là. Ci siamo dimenticati dove le abbiamo prese ma quando ci si presenta qualcosa che vagamente ce le ricorda, crediamo di capire. Ma non è che uno stampo nel cervello. Non abbiamo nulla di nostro: tutto ciò che ci infiliamo in tasca non ci appartiene e dentro di noi non c’è niente. Siamo davvero degli schiavi, e ai nostri pregiudizi facciamo fronte con altri pregiudizi. Tutte le solite conversazioni della vita ordinaria consistono semplicemente nel versare il vuoto nel nulla.
Le masse non si preoccupano della vera conoscenza, non vogliono saperne, e i loro capi politici, nel proprio interesse, non lavorano che a rafforzarne l’avversione, la paura del nuovo e dell’ignoto. La schiavitù nella quale vive l’umanità è basata su questa paura. È persino difficile immaginarne tutto l’orrore. La gente non comprende il valore di ciò che perde. Ma per capire la causa di tale schiavitù basta osservare come vivono le persone, ciò che costituisce lo scopo della loro esistenza, l’oggetto dei loro desideri, delle loro passioni e aspirazioni, a che pensano, di cosa parlano, cosa servono e adorano. Se si riflette un momento intorno a questi fatti, diventa chiaro che l’umanità, così com’è ora, con gli interessi di cui vive, non può aspettarsi niente di diverso da ciò che ha.
La conoscenza non può venire agli uomini senza che essi facciano degli sforzi. L'aquisizione e la trasmissione della vera conoscenza esige fatica e grandi sforzi, sia da parte di chi riceve che da parte di chi dà. Coloro che la possiedono fanno tutto ciò che possono per trasmetterla e comunicarla al più gran numero possibile di uomini, per aiutarli ad avvicinarsi ad essa e renderli capaci di prepararsi a ricevere la verità. Ma la conoscenza non può essere data con la forza a coloro che non la vogliono. Colui che la desidera deve fare egli stesso gli sforzi iniziali per trovarne la sorgente, per avvicinarla, servendosi delle indicazioni date a tutti, ma che generalmente la gente non desidera vedere, né riconoscere.”
(Gurdjieff/Ouspensky, Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto)
sabato 3 aprile 2021
Religioni, uomo e natura
Ben prima dei cristiani il degrado e il disprezzo verso l' ambiente, cosi' come verso gli animali lo si deve al rozzo ebraismo.. quello che sara' - poi - ereditato dalla religione del divin figlio.
Proprio il varie volte citato A. Schopenhauer riportava come il supponente e baldanzoso credente monoteista israelita è stato "condizionato" dagli (ispirati ?) autori biblici.. facendogli credere di essere l' Unico" privilegiato soggetto della fantastica creazione del loro iddioTribale !
A cominciare da quella fatidica frase "Molta buona" (Gen. 1.31) che il rozzodivinTribale avrebbe espresso (!) nel creare la prima coppia umanoide.
Infatti a conclusione delle "altre giornate" l' autore riporta semplicemente: .. era cosa buona !
Ma ecco che Schopenhauer si scaglia contro quei malefici passi biblici:
- Gen. 1.28
- Gen. 9.2
- Sir. 17.4
ove esplicitamente il divinTribale esorta la bestia umanoide (creata a sua immagine !) di dominare su tutto e Tutti. Ma non solo... il rozzo dio dei Kabhiru comanda, al peloso bipede, di incutere il suo terrore su Tutto il bestiame..
Ovvero Tutti gli organismi viventi sono, per il gioiello di quella (sedicente) favoleggiante creazione, solo cose/oggetti !
Ben diverso dalle religioni orientali _ molto piu' compassionevoli.
Ora, continua Schopenhauer, la successiva religione monoteista (il nefasto e sanguinario cristianesimo) è stata piu' funesta poichè ha distaccato l' uomo dal mondo degli animali, a cui egli (!) appartiene.. dando importanza del tutto esclusiva a lui ! ...eccc...eccc...
L' uomo è il vero demone del mondo
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