sabato 19 marzo 2011

Tributo vaticano all'Unità d'Italia





il Tributo vaticano all'Unità d'Italia all'unità d'Italia. Una Santa Messa per la riccorrenza dei 150 anni, fatto strano e impensabile fino ad una trentina di anni fa: tanti politici in prima fila compiti e apparentemente assorti come Fine che si è dichiarato ateo e quel sciupafemmine a pagamento di Berlusconi, combriccola più o meno ipocrita e ambigua che sta portando il Paese allo sfascio m. Per realizzare realmente l'Unità è stato necessario, 9 anni dopo la data commemorata oggi, prendere a cannonate le armate pontificie ed aprire una breccia a Porta Pia. Oggi, dopo due Concordati,migliaia di docenti di religione a carico dei contribuenti e vantaggi economici di ogni tipo, giustamente il Vaticano ci ringrazia su Rai1, con una bella Messa sfornata per l'occasione. L'affare econumico lo ha fatto il Vaticano e i contribuenti italiani pagano.
Con quella breccia il Vaticano ha invaso l' Italia, si è impossessato dei meccanismi politico-econimici! Bisogna richiuderla.

giovedì 17 marzo 2011

Parole di un pagano




Il senso del limite
di Alain de Benoist - 12/03/2011

Fonte: Arianna Editrice

Le società antiche capivano che non c’è vita sociale possibile senza
considerare l'ambiente naturale. Citando Catone («Piantar
l'albero per
chi seguirà»), Cicerone scrive nel De senectute: «Alla domanda “Perché
lo pianti?”, risponde senza esitare: “Gli Dei immortali vogliono che
ereditare dagli ascendenti non mi basti, ma che anche trasmetta ai
discendenti” (7, 24). La riproduzione durevole è stata infatti regola
d'ogni cultura fino al XVIII secolo. Ogni contadino di una volta era
un inconsapevole esperto in «sostenibilità». Ma anche i poteri
pubblici spesso lo erano: Colbert regolava il taglio dei boschi per la
ricostituzione delle foreste, facendo piantare querce che dessero
legno alle navi trecento anni dopo.
I moderni hanno agito all'inverso, comportandosi come se le
«riserve»
naturali fossero moltiplicabili all'infinito - come se il pianeta,
in
ogni sua dimensione, non fosse uno spazio finito. In ogni attimo del
presente hanno impoverito l'avvenire, consumando a oltranza il
passato.
Il XX secolo è stato definito in vari modi: come secolo
dell'ingresso
nell'era atomica, della decolonizzazione, della liberazione
sessuale,
degli «estremi» (Eric Hobsbawm), della «passione del reale» (Alain
Badiou), del trionfo della «metafisica della soggettività»
(Heidegger), della tecnoscienza, della globalizzazione, ecc. Il XX
secolo è stato certo tutto questo. Ma è anche il secolo dell'apogeo
del consumismo, della devastazione del pianeta e, per contraccolpo,
della preoccupazione ecologica. Per Peter Sloterdijk, che caratterizza
la modernità col «principio sovrabbondanza», il XX secolo è stato
innanzitutto il secolo dello spreco. Scrive: «Mentre, per la
tradizione, lo spreco era il peccato per antonomasia contro lo spirito
di sussistenza, mettendo in gioco la riserva sempre insufficiente di
mezzi di sopravvivenza, un profondo cambio di senso è avvenuto attorno
allo spreco dell'era delle energie fossili: si può dire che oggi lo
spreco sia il primo dovere civico. Il divieto di frugalità, che ha
sostituito il divieto di spreco, s'esprime nei costanti appelli per
sostenere la domanda interna».Non si confonda lo spreco con la spesa
ostentata, già tipica delle vecchie aristocrazie. Infatti essa non si
separava mai da un elemento di gratuità e generosità, totalmente
mancante nella società mercantile attuale. Adam Smith definiva ancora
lo spreco come un cedere alla «voglia di godere l'istante». E nella
vecchia borghesia la frugalità era ancora un valore cardinale, come
elemento d'accumulazione del capitale. Col capitale che
s'alimenta da
solo, come oggi, e crea sempre nuovi valori, da tempo il tappo è
saltato. L'obsolescenza programmata dei prodotti è l'uno dei
principi
dello spreco.
All'inizio del XXI secolo, che s'annuncia come il secolo dove il
«fluido» (Zygmunt Bauman) tende a sostituire ovunque il solido - come
l'effimero sostituisce il duraturo, come le reti sostituiscono le
organizzazioni, le comunità le nazioni, i sentimenti transitori le
passioni di un'intera vita, gli impegni puntuali le vocazioni
immutabili, gli scambi nomadi i rapporti sociali radicati, la logica
del Mare (o dell'aria) quella della Terra -, si constata che
l'uomo
avrà consumato in un secolo riserve costituite dalla natura in
trecento milioni d'anni. Se ne traggano le conclusioni.

martedì 15 marzo 2011

Un pirata inventò il capitalismo





E un pirata inventò il capitalismo
di Giulio Giorello - 04/10/2010

dal Corriere della Sera




Il comportamento razionale dei filibustieri prefigura quello delle imprese


I marinai di un mercantile viaggiano tranquilli sulle onde. Una nave da duecento tonnellate appare all’orizzonte. Vista a distanza sembra inoffensiva. Batte bandiera inglese. Quando si fa più vicino, il naviglio rivela, però, tratti sinistri: è anch’esso un mercantile, ma alquanto modificato. Invece dei soliti sei cannoni, ne ha più di venti... La scena che Peter Leeson ci invita a contemplare in questo suo The Invisible Hook, ovvero alla lettera «l’uncino invisibile», che tratta dell’Economia secondo i pirati, è la minaccia di un arrembaggio: la nave misteriosa trasporta una ciurma di canaglie, comandate da un qualche Capitan Uncino. Gli ultimi dubbi verranno presto dissolti, perché i capi pirata amano personalizzare le loro insegne, variando lo schema di quella che è nota come la Bandiera della Morte, ovvero la Jolie Rouge (in seguito Jolly Roger), il drappo rosso — e poi nero — che reca teschio e ossa. Che cosa farà il comandante del mercantile alla vista di quello spauracchio dei mari? Magari si limiterà a seguire l’esortazione del Capitan Uncino della versione musicale di Edoardo Bennato: «Meglio che questa volta si arrenda». Ma cosa lo ha indotto a desistere da qualsiasi autodifesa?
Il fatto è che — almeno nella stragrande maggioranza — quei predoni del mare godevano fama non solo di essere spietati con chi non cedeva subito le armi, ma anche di essere fedeli alla parola data: chi si arrende avrà salva la vita, anche se perderà la roba. Uno scambio abbastanza equo per tutti coloro che si trovavano sospesi «tra il Diavolo e il profondo mare azzurro»: da una parte quelli che avevano tentato la sorte sulle onde; dall’altra i pirati stessi, che sfidavano la morte affrontando tempeste, abbordaggi, o magari l’implacabile «giustizia» di chi viveva sotto la legge.
Questo il paradosso dei pirati pacifisti. Come scrive Leeson: «La Jolly Roger finiva per salvare la vita ai marinai delle navi da carico. Segnalando l’identità dei pirati e i potenziali obiettivi preveniva una battaglia sanguinosa che avrebbe inutilmente ferito o ucciso non solo dei pirati ma anche degli innocenti marinai. Paradossalmente, dunque, l’effetto del lugubre simbolismo del teschio era simile a quello di una colomba che tiene nel becco un ramoscello d’ulivo!». I pirati erano capaci di beffarsi delle potenze del mondo intero e di elaborare insieme strumenti semiotici di mediazione piuttosto sofisticati — e tutto allo scopo di minimizzare i costi e massimizzare i profitti delle loro... imprese. Qui valeva la legge dell’Uncino Invisibile, degno correlato piratesco della Mano Invisibile di Adam Smith. La ricerca dell’utile personale di ciascun cittadino finiva per produrre la ricchezza della nazione; allo stesso modo, l’egoismo di ciascun pirata era funzionale all’economia di quello «Stato in miniatura» rappresentato dalla nave di questi predatori del mare.
Come scrive Leeson, i pirati erano sì dei «fuorilegge assoluti», ma non per questo erano incapaci di forme articolate di autogoverno. La loro massimizzazione del «piacere» richiedeva appunto «potere e libertà», e tutto questo era garantito da una «democrazia anarchica» che permetteva di affrontare con successo la grande questione che sottende l’origine dello Stato moderno. Per dirla con Baruch Spinoza: com’è possibile che ogni individuo ceda alla struttura pubblica una porzione della propria libertà e nello stesso tempo eviti «che la sua coscienza soggiaccia assolutamente all’altrui diritto»? La risposta è: definendo un sistema di controlli e contrappesi che garantisca che qualsiasi struttura statuale, «lungi dal convertire in bestie gli uomini dotati di ragione o farne degli automi», consenta invece «che la loro mente e il loro corpo possano con sicurezza esercitare le loro funzioni. Il vero fine dello Stato è la libertà».
È singolare, nota Leeson, che tutto ciò venisse realizzato con più di un secolo di anticipo rispetto al sistema di checks and balances escogitato dai padri fondatori di quell’«esperimento democratico» grazie a cui tredici colonie del Nordamerica divennero il nucleo degli Stati Uniti. Prima che contro la Corona e il Parlamento d’Inghilterra insorgessero i «risoluti ribelli», già si erano ammutinati non pochi marinai delle navi di sua maestà, per non dire delle piratesche «canaglie di tutto il mondo» che rifiutavano di chinare il capo di fronte a qualsiasi autorità. Il vero esperimento democratico è stato il loro — e le società aperte di cui oggi l’Occidente va tanto orgoglioso non hanno fatto che imparare da quei «mostri».
Non è perché fossero istintivamente miti o portati alla democrazia che i pirati finirono con lo scegliere la politica dell’intimidazione nei confronti del nemico esterno e quella del buon governo al proprio interno. Credo che ci possa aiutare a mettere in luce i tratti più salienti dell’Uncino Invisibile un modello elaborato da Elliot Sober in un contesto diverso (il dibattito sulla selezione darwiniana): in breve, biglie di diverso colore vengono filtrate da un crivello, i cui fori — che immaginiamo tutti uguali — bloccano quelle di dimensione superiore al diametro dell’apertura. Supponiamo inoltre che le biglie così piccole da non essere fermate dai buchi siano tutte colorate di rosso; possiamo concludere che il crivello seleziona solo biglie di quel colore. Ma quel tratto è tipicamente contingente: che il rosso si stabilizzi come carattere distintivo delle biglie «sopravvissute» è una mera conseguenza del meccanismo sottostante che discrimina le biglie per dimensione e del fatto «accidentale» che tutte le biglie abbastanza piccole sono di quel colore. Dunque, non è perché sono rosse che le biglie passano attraverso quel crivello; piuttosto, il fatto che sono rosse è un segno che esse erano adatte a superare l’ostacolo. Analogamente, possiamo dire che i nostri pirati erano «buoni» solo perché la loro bontà è stata selezionata come «tratto contingente» dalla logica economica che coordinava le loro pratiche.
Nel caso del crivello di Sober è facile individuare il meccanismo sottostante (se il diametro della biglia è maggiore di quello del foro, questa non passa). Nel caso dei pirati la ragione nascosta di tutto il processo è appunto l’Uncino Invisibile: la pirateria tra Seicento e Settecento aveva favorito l’evoluzione di quei tratti «buoni» perché questi erano i caratteri più vantaggiosi. Dunque, non solo l’analogia bensì anche la differenza con il crivello di Sober è istruttiva: le biglie ben poco fanno per modificare il crivello; le scelte dei pirati, invece, riescono a rimodellare il sistema di contromisure adottate dalle marine delle varie nazioni, nominalmente o realmente in guerra contro di loro. È un po’ come se il tingere di rosso alcune biglie ne riducesse la dimensione rendendole più «agili e snelle», in modo da eludere le maglie del crivello! I pirati sanno scegliere i colori, ed è grazie al rosso o al nero della Jolly Roger che riescono a piegare ai loro scopi le maglie di qualsiasi crivello venga loro opposto dal commercio «legale». Ma sanno anche che la mossa è rischiosa, perché li segnala come fuorilegge. Non diversamente, è rischioso per i pavoni possedere code sgargianti o per gli alci avere grandi palchi di corna per sedurre le femmine. Nello spirito darwiniano ciò funziona, anche se quegli animali rischiano maggiormente di apparire come possibili vittime dei predatori; quando riescono nei loro intenti, però, sono loro i «predatori» nella gara degli amori. E così sono i pirati, che il loro vessillo segnala inequivocabilmente come nemici di tutte le bandiere, ma che — quando il colpo va a segno — consente loro di ottenere quella «felicità» di cui vanno in cerca, e magari senza troppo spargimento di sangue.

giovedì 10 marzo 2011

Il teschio di Francisco Goya



Dali IL VOLTO DELLA GUERRA Il pittore catalano adotta una espressione pittorica similare a quella di Goya

Svelato il lugubre mistero del perché al cadavere di Goya manca il teschio.
Goya muore il 15 aprile 1828 a Bordeaux dove s’era rifugiato da quattro anni in volontario esilio perché non sopportava la feroce tirannia di Ferdinando VII. il pittore viene sepolto nel cimitero della Chartreuse nella modesta tomba della famiglia Muguiro, suoi amici di vecchia data. Mentre la sua fama cresce in tutto il mondo, gli sciagurati governi di Spagna per quasi tutto il XIX secolo non si preoccupano di traslare in patria i suoi resti, finché nel 1880 viene nominato console a Bordeaux Don Joaquìn Pereyra, che si indigna nel trovare la tomba del grande genio in totale abbandono e comincia una lunghissima battaglia per riportarlo in Spagna con gli onori dovuti. Nel 1888 viene ultimato un sepolcro monumentale nella Sacramental di San Isidro a Madrid in cui dovrebbe venire inumato insieme ad altri grandi artisti. Al momento dell’esumazione si scopre con orrore che il cadavere è mutilato. Le autorità competenti stabiliscono che venne decapitato prima della sepoltura perché “la sua testa, come è risaputo, fu affidata a un medico per uno studio scientifico”. L’affermazione salta fuori per la prima volta e non è affatto documentata. Le vicissitudini dei resti di Goya non sono finite e assumono caratteri grotteschi: il governo spagnolo non vuole pagare alla Francia la modesta somma per la sua esumazione. Solo nel 1900 viene deposto nella Sacramental di Madrid, per poi essere trasferito definitivamente nel 1919 nella “sua” chiesa di Sant’Antonio de la Florida dove finalmente ha pace. Nel 1928, la chiave del mistero. Uno studioso trova per caso da un antiquario di Saragoza un quadro raffigurante il teschio di Goya, firmato da un pittore scadente e un’etichetta autografata dal marchese de San Adriàn. Eccentrico personaggio appassionato di frenologia, una para-scienza che diagnosticava le caratteristiche di un individuo in base alle protuberanze del cranio, fu lui a commissionare la profanazione del cadavere.

Tratto liberamente "Il foglio"

mercoledì 9 marzo 2011

Il mistero del femminile





Artemisia Gentileschi una delle due versioni di Giuditta che decapita Oloferne, opera stupenda colma di sangue.

La natura profonda della donna l'anima costante della mantide religiosa.
L'eterno femminile che generando la vita governa ed elargisce la morte.

Le donne cristiane ed islamiche forse non sanno



Bibbia CEI, Qoelet (ex Ecclesiaste) VII, 26
"Trovo che amara più della morte è la donna, tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso."

Bibbia, Levitico
"Non ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l'immondezza mestruale. Se uno ha un rapporto con una donna durante la sua immondezza mestruale e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto la sorgente di lei ed essa ha scoperto la sorgente del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo."

Bibbia, Levitico
"se una donna non vuole velarsi il capo, si tagli i capelli! Ma, se per una donna è vergognoso tagliarsi i capelli o essere rasata, si copra col velo. L'uomo invece, non deve velarsi, essendo egli immagine e riflesso di Dio; mentre la donna è riflesso dell'uomo."


San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, XIV, 34-35
"Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare, stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea."

San Paolo, Lettera agli Efesini
"Le donne siano soggette ai propri mariti come al signore, perché il marito è il capo della donna, come Cristo è il capo della chiesa."

San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, XI
"L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio, la donna invece è gloria dell'uomo. E infatti non l'uomo deriva dalla donna,ma la donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza."

Sant'Odone di Cluny
"Se gli uomini potessero vedere quel che si nasconde sotto la pelle, la vista delle donne causerebbe solo il vomito. Se rifiutiamo di toccare lo sterco anche con la punta delle dita, come possiamo desiderare di abbracciare una donna, creatura di sterco?"

Sant'Agostino, Sulla Concupiscenza, Libro I, cap.10
"Non può esserci dubbio che è più consono all'ordine della natura che l'uomo domini sulla donna, piuttosto che la donna sull'uomo. Questo è il principio che emerge quando l'apostolo dice, "La testa della donna è l'uomo" e, "Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti". Anche l'apostolo Pietro scrive: "Sara obbediva ad Abramo, chiamandolo padrone"

San Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, Suppl., q.39, art.1
"dato che la donna è in uno stato di soggezione, segue che una donna non può ricevere gli Ordini sacramentali."

Sant'Agostino


"Le donne non dovrebbero essere illuminate o educate in nessun modo. Dovrebbero, in realtà, essere segregate poiché sono loro la causa di orrende ed involontarie erezioni di uomini santi."

San Giovanni Crisostomo
"La donna è male sopra ogni altro male, serpe e veleno contro il quale nessuna medicina va bene. Le donne servono soprattutto a soddisfare la libidine degli uomini."


Tertulliano, teologo cristiano
"La donna è un tempio costruito su una cloaca. Tu, donna, sei la porta del diavolo. E' a causa tua che il figlio di Dio ha dovuto morire, tu dovrai fuggire sempre in gramaglie e coperta di cenci."

Corano, Sura IV, 34
"Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, picchiatele."


Corano, Sura IV, 15
"Se le vostre donne avranno commesso azioni infami, confinate quelle donne in una casa senz'acqua né vitto finché non sopraggiunga la morte."


Corano, Sura V, 6
"O credenti. Quando vi accingete alla preghiera lavatevi la faccia e le mani. Se avete toccato donne e non trovate acqua, cercate della polvere pulita e passatevela sulla faccia e sulle mani."