lunedì 30 marzo 2009

Dall'Asino d'oro di Apuleio di Mandaura



In quel meraviglioso testo che è L'asino d'oro di Apuleio di Mandaura così Iside risponde e si presenta a Lucio prima della sua metamorfosi, del ritorno all'umano liberato e depurato. La metamorfosi dell'animalità che lentamente "muore" per rinascere rinnovata nella consapevolezza.
Iside che attraverso il suo delicato fiore, la Rosa, libera dalla condizione animale Lucio- come tutti gli uomini- che necessariamente deve alimentarsi dei petali della rosa affinché cessi l'incantesimo malefico.

«Eccomi o Lucio, mossa alle tue preghiere, io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l'origine e il principio di tutte le età, la più grande di tutte le divinità, la regina dei morti, là prima dei celesti, colei che in sé riassume l'immagine di tutti gli dei e di tutte le dee, che col suo cenno governa le altezze luminose del cielo, i salubri venti del mare, i desolati silenzi dell'oltretomba, la cui potenza, unica, tutto il mondo onora sotto varie forme, con diversi riti e differenti nomi.
«Per questo i Frigi, i primi abitatori della terra, mi chiamano Pessinunzia, Madre degli dei, gli Autoctoni Attici Minerva Cecropia, i Ciprioti circondati dal mare Venere Pafia, i Cretesi arcieri famosi Diana Dittinna, i Siculi trilingui Proserpina Stigia, gli antichi abitatori di Eleusi Gerere Attica, altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate, altri ancora Ramnusia, ma i due popoli degli Etiopi, che il dio sole illumina coi suoi raggi quando sorge e quando tramonta e gli Egizi, così grandi per la loro antica sapienza, venerandomi con quelle cerimonie che a me si addicono, mi chiamano con il mio vero nome, Iside regina.
«Eccomi, sono qui, pietosa delle tue sventure, eccomi a te, soccorrevole e benigna.
«Cessa di piangere e di lamentarti, scaccia il dolore, grazie ai miei favori ormai già brilla per te il giorno della salvezza.
«Sta' ben attento, invece, agli ordini che ti do: il giorno che sta per nascere da questa notte, come vuole un'antica tradizione, è consacrato a me. In questo giorno cessano le tempeste dell'universo, si placano i procellosi flutti del mare, i miei sacerdoti, ora che la navigazione è propizia, mi dedicano una nave nuova e mi offrono le primizie del carico.
«Dunque, con animo puro e sgombro da timore, tu devi attendere questo giorno a me sacro.>>

domenica 29 marzo 2009

Diu (Dio) poesia di Cesare Zavattini

Risultati immagini per Cesare Zavattini miracolo a Milano
-Immagine tratta dal film di Miracolo a Milano, dove la sceneggiatura fu curata da Cesare Zavattini con la regia di Vittorio de Sica-

DIO
Diu al ghè
S’a ghè la figa al ghè
Sul lò al pudeva inventà
na roba acsè
cla pias a toti a toti
in ogni luogo,
ag pansom anca s’an s’ag pensa mia,
appena ca t’la tochi a combiòn facia.
Che mument! long o curt al saiòm gnanca.
La fa anc di miracui,
par ciamala
an mot
a ghè turnà la vus.
Ah s’a pudès spiegaram ma
l’è difficil
cme parlà del nasar e dal murir.

[ DIO. Dio c'è. Se c'è la fica c'è. Solo lui poteva inventare una cosa così che piace a tutti in ogni luogo, ci pensiamo anche se non ci pensi, appena tu la tocchi cambi faccia. Che momento lungo o corto non si sa. Fa anche dei miracoli, per chiamarla a un muto gli è tornata la voce. Ah se potessi spiegarmi ma è difficile come parlare del nascere e del morire. ]

( Dall’ antologia “Poesia erotica italiana del novecento” a cura di Carlo Villa - Newton Compton, 1981 )

sabato 28 marzo 2009

Sotto la chiesa parrocchiale di Oppeano un tesoro



Sotto la chiesa parrocchiale di Oppeano esiste senza dubbio una cripta o una parte ipogea che potrebbe risalire a culti non proprio cristiani- credo che il luogo sotterraneo sia in origine un mitreo e per questo volutamente dimenticato e lasciato all'oblio.
Già qualche anno fa spedii al giornale L'Arena. -rubrica :lettere al Direttore- la questione, ma proprio un cultore della storia locale, Dino Coltro, ebbe a rispondermi che non esisteva in nessun caso la necessita di scavare o di fare indagini in quel logo. Sotto la chiesa di Oppeano esiste un tesoro di ordine culturale e storico e ora più che mai bisognerebbe almeno fare delle indagini non invasive come carotaggi o indagini con strumenti del tipo sonar. La leggera collinetta dove sorge il tempio oppeanese è stata da sempre uno dei luoghi fra i più sacri del veronese costruito sulle vestigia di culti e di edifici pagani.

venerdì 27 marzo 2009

La distruzione annunciata

Il Castejon di Colognola ai Colli
Giovanni Solinas segui con grande apprensione e denunciò le vicissitudini della sistematica distruzione della collina, che era chiamata dagli abitanti della zona di Colognola ai Colli:<< Castejon >>
Questa collina che potremo annoverare fra il complesso organizzato dei castellieri che dalla Lessinia che si dislocano verso valle, in questo caso a ridosso della Postumia, era un importante insediamento abitato già dal XIV sec. a.C.
Attraverso gli intrallazzi di Sindaci, Speculatori,Archeologi, Contadini ecc. si e perpetrato la devastazione del più bell'abitato di origine protostorica esistente in Italia un crimine contro il patrimonio dell'umanità.
Per non dimenticare!
Risultati immagini per Il castejon di colognola ai colli
Come si presentava da una fotografia aerea il Castejon prima degli anni settanta
Risultati immagini per Il castejon di colognola ai colli

Come si presenta ora!

sabato 7 marzo 2009

ISIDE SIRIO


Iside che allatta Horus
(Pittura murale - Epoca romana - Karanis, Fayyum)

Sirio venne identificata con la dea Iside , l’idea risale all’origine della cultura egizia e fu dalla “matrice” Iside-Sirio che sorse il bambino divino, Horus, il cui concepimento e la cui nascita avvennero in modo magico. La matrice divina Iside ed Osiride erano due dei quattro figli nati dalla matrice della dea del cielo, Nut, e del padre Ra, dio del Sole. Gli altri due bambini erano Seth e Nephti.

venerdì 6 marzo 2009

ISIDE "REGINA CAELI"


A Iside la Grande (sposa) e madre fu adorata in Egitto per 7000 anni e il suo culto
arrivo a Roma a Parigi (par Isisi) e in Bretagna. Sposa di Osiride ebbe un figlio, Horus, dopo la morte del marito, . Anticipò di 7000 il culto della Maria madre inviolata

A Iside regina del cielo e madre nella terra


Il 5 marzo, nell’ Impero romano, veniva festeggiato il Navigium Isidis, festa del vascello di Iside, che faceva inoltrare nella fioritura e riapriva la navigazione affidandola ad Iside Pelagia sposa felice di Osiride il verde, rinato nel rinnovarsi delle stagioni.
Durante tale festa culminava l'iniziazione isiaca di cui Apuleio ci ha lasciato un vivido ricordo narrandoci come Lucio dalle fattezze asinine (evidente allusione al nemico Seth-Tifone) recuperi quelle umane grazie all'intervento della Dea: "Eccomi, o Lucio, sono qui, commossa dalle tue preghiere. I miei svariati nomi. Il mio vero nome, egizio, è Iside. Sono qui, mossa a pietà dalle tue vicende".



PREGHIERA AD ISIDE

“Tu, invero, santa e sempre pronta a venire in soccorso di tutti gli uomini, sempre generosa nei confronti dei mortali, ai miseri in disgrazia accordi l’amore dolce della madre. Neanche un giorno o una notte e neanche un solo momento, per quanto breve possa essere, passa privo della tua benedizione, senza che tu protegga gli uomini in terra e mare e offra la tua destra che offre soccorso, allontanate le tempeste dell’esistenza, grazie alla quale sciogli anche i lacci inestricabilmente aggrovigliati di ogni destino, calmi le tempeste della fortuna e arresti i crudeli corsi degli Astri.
Gli Dei superstiti ti venerano, gli inferi ti onorano, tu fai ruotare la sfera del cielo, illumini il sole, governi il mondo e calchi il Tartaro. Grazie a te le stelle diventano propizie, grazie a te tornano le stagioni, gli Dei si rallegrano e gli elementi sono tuoi schiavi. Ad un tuo cenno soffiano i venti, le nubi danno nutrimento, i semi germogliano, i germogli crescono. Gli uccelli che attraversano il cielo, le fiere che si aggirano suoi monti, i serpenti che si nascondono sul terreno, i mostri che nuotano nel mare temono la tua maestà.
Ma le mie capacità sono troppo deboli per far riecheggiare le tue lodi, né sono così ricco da poterti offrire dei sacrifici, né ho una così grande fecondia da poter dire quelle cose che provo per la tua maestà, né sarebbero sufficienti mille bocche ed altrettante lingue, né una concatenazione senza fine di un sermone instancabile. Pertanto cercherò di fare soltanto quello che invero può fare uno che è devoto ma per il resto è povero: contemplerò le tue sembianze divine e il tuo santissimo nume riposti nei più segreti recessi del mio cuore custodendoli in eterno”.
(APULEIO, Metamorphoses, XI, 25)