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Il Pantheon
L’ascensione al cielo era sempre apparsa all’uomo come sfida sublime al potere indiscusso che appartiene solo alle deità libere di vagare a loro piacimento tra le nuvole. Non potendo materialmente toccare il cielo, più d’uno aveva tentato di creare il cielo sulla terra. Così pure la grande sfera celeste era considerata come il limite estremo della ragione umana e poterla traforare, per raggiungere l’Olimpo, non per tutti fu impresa ardua.
C’era riuscito con facilità Romolo , a Campo Marzio, quando lasciò gli umani mortali salendo al cielo durante un improvviso temporale di un lontano 13 maggio, affascinando a tal punto non solo i suoi contemporanei, che forse non ebbero nemmeno il tempo di vedere bene come ciò potesse accadere, quanto piuttosto i posteri assenti, che dell’avvenimento ebbero sempre chiara la visione. E quella storia era apparsa così veritiera che Marco Agrippa, genero di Augusto, concepì di sintetizzarla in una grandiosa opera di architettura che rappresentasse il tutto ed oltre il tutto: il Pantheon , un grande cielo sulla terra bucato dal passaggio di Romolo.
E come la palla scagliata da Anastasio Globerwik, il Pantheon, la più grande sfera dell’antichità, vagava da duemila anni alla ricerca dei raggi del sole che ogni anno proprio nel giorno di questa finale mondiale, riescono a penetrare attraverso il grande foro centrale per raggiungere esattamente il monumentale portale a ricordare a tutti che il 21 giugno cade il solstizio d’estate.
Il solstizio d’estate, una delle quattro tempora dell’anno, insieme a quello d’inverno e agli equinozi di primavera e di autunno. Giorni di digiuno per coloro che vedono in essi gli assi apocalittici del tempo..."
(da F. Valente. Incipit Apocalypsis)
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Il Rosone di S. Maria della Strada
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E’ perfettamente circolare con 12 raggi a forma di colonne con capitello collegate nella parte centrale con altrettanti archi a doppia ghiera che formano una fascia continua tangente all’oculo. Tra colonna e colonna sono posizionati 12 oculi anch’essi perfettamente circolari.
L’elemento originale di questo rosone sta nella particolare posizione degli archi di collegamento tra le colonne che convergono al centro e non sono posti sul perimetro esterno come accade sempre nelle monofore circolari di altre chiese, prescindendo dalla loro datazione.
A parte i generici e scontati riferimenti sulla corrispondenza del numero delle colonne al numero degli apostoli, credo che valga la pena fare qualche ulteriore ragionamento che rende il rosone di S. Maria della Strada un elemento simbolico che si collega strettamente alla iconografia sottostante.
In genere il rosone, visto dall’interno, è semplicemente una sorgente di luce che si arricchisce di motivi decorativi che hanno un valore simbolico slegato dal resto degli elementi compositivi della facciata. Anche quando sono collocati rispettando principi armonici o rapporti geometrici in genere determinati dalla necessità di conservare una centralità o una simmetria.
Nel nostro caso ancora una volta il riferimento all’Apocalisse è obbligato.
Nei rosoni è consueto il ricorso alle colonnine per mantenere la cornice dell’oculo centrale. Si tratta sempre di colonnine normali e dal fusto regolare.
Il rosone di S. Maria della Strada risponde, invece, alla necessità di creare un effetto prospettico. Cioè chi lo realizzò non si preoccupò solo di garantire la penetrazione della luce ponendo in maniera simmetricamente ripetitiva 12 raggi, ma volle creare un effetto analogo a quello che si percepisce ponendosi al centro di una basilica a pianta centrale limitata da 12 colonne e guardando verso l’alto.
La scelta della colonna rastremata, dunque non è casuale, ma predeterminata dalla necessità di esprimere tecnicamente un concetto teologico.
Non ci vuole molto per capire che questo pezzo della facciata è la sintesi formale della Gerusalemme celeste così come viene descritta nell’Apocalisse e i dodici oculi non sono altro che le dodici porte della città la cui circolarità ricorda la forma delle perle: Aveva un muro grande e alto munito di dodici porte, presso le quali vi erano dodici Angeli; vi erano scritti dei nomi che sono quelli delle dodici tribù dei figli d’Israele. Il muro della città ha dodici fondamenta e sopra di esse dodici nomi, quelli dei dodici apostoli dell’Agnello (...). Le dodici porte sono dodici perle; ogni porta è fatta di una sola perla. La piazza della città è d’oro puro, come cristallo trasparente. (Apocalisse 21, 12-21).
In conclusione il rosone simboleggia la grande copertura della Gerusalemme celeste e la parte centrale non è altro che il grande foro attraverso cui passa la Luce di Dio che illumina la piazza dorata della Città santa.
Nella storia dell’architettura abbiamo un esempio analogo, ma in un contesto, anche religioso, totalmente diverso: il Pantheon di Roma.
La grande cupola, che è la sintesi della sfera celeste, è forata al centro. Simbolicamente sintetizza la porta circolare attraverso la quale il corpo di Romolo, secondo la tradizione romana, ascese al cielo davanti al suo popolo: Si racconta, infatti, che Romolo, durante un’adunanza del popolo nel Campo Marzio, fosse stato avvolto da una nube, e che da quel momento nessuno lo avrebbe più visto sulla terra. La luce del sole si sarebbe offuscata, sarebbe calata una notte che non era placida né serena, ma agitata da terribili tuoni e scossa da ogni parte da raffiche di vento e da pioggia scrosciante. Allora la folla, che era accorsa numerosa, si sarebbe dispersa, mentre i potenti si radunarono l’uno accanto all’altro; quando la bufera cessò e tornò la luce, il popolo convenne nel luogo di prima alla ricerca del re, pieno di rimpianto; ma i potenti non permisero che si affannassero a cercarlo; invece invitarono tutti a onorare e venerare Romolo poiché era stato innalzato tra gli dèi: da buon re sarebbe divenuto per loro un dio propizio.