lunedì 29 gennaio 2024

La città è un essere vivente con una sua personalità

 Questa è la città Di Mandas (Cagliari) vista dall'alto! Gli urbanisti l'anno progettata come un'impronta digitale, infatti il nome Mandas deriva dal verbo aiutare: dare una mano



venerdì 26 gennaio 2024

Nel Beneventano il regno longobardo del sud Italia

 Testimonianze architettoniche del regno dei longobardi del sud Italia


Chiesa di Sant'Ilario a Port'Aurea a Benevento, il prototipo delle chiese con due cupole in asse di epoca longobarda in Italia meridionale

domenica 21 gennaio 2024

Le stranezze pagane della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze


Emisfero celeste nella Sagrestia Vecchia
Nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, costruita da Filippo Brunelleschi tra il 1422 e il 1428, si trova un’affascinante raffigurazione dell’emisfero boreale che occupa l’intera superficie della cupola della scarsella. L’affresco fu eseguito da Giuliano d'Arrigo detto il Pesello, certamente sotto la sorveglianza di un astronomo che potrebbe essere identificato con Paolo dal Pozzo Toscanelli . La portata scientifica della rappresentazione si coglie nell'estrema precisione con cui sono posizionati i corpi celesti. Sullo sfondo azzurro del cielo sono evidenziati in oro la Luna, il Sole, Giove, Venere, Mercurio e le principali coordinate della sfera celeste, mentre le personificazioni di alcune costellazioni sono tratteggiate in nero con lumeggiature in bianco. La posizione dei pianeti consente di stabilire che il dipinto rappresenta il cielo di Firenze del 4 luglio 1442, data evidentemente degna di essere ricordata e forse connessa con la venuta di Renato d'Angiò. A confortare questa ipotesi è il fatto che un affresco sostanzialmente identico fu eseguito poco più tardi nella Cappella dei Pazzi, famiglia legata da fedele amicizia al sovrano angioino....


Tempio della Tosse

 Come era


Ricostruzione


L COSIDDETTO TEMPIO DELLA TOSSE🏛️
Il c.d. Tempio della Tosse è una struttura architettonicamente semplice, ma ingegneristicamente molto avanzata. Come nel caso del Pantheon (27 a.C. - 110 d.C. / 125 d.C - 128 d.C.) si compone di una cupola con oculus, in opus caementicium armato da barre in ferro radiali e da un tamburo (parete portante della struttura di copertura) composto da un sistema di archi di scarico che permettono di generare un momento d’inerzia sufficiente ad assorbire la spinta della copertura semisferica. La pianta del monumento tiburtino si sviluppa su di una matrice circolare, scavata all’interno da esedre e nicchie radiali, a motivi geometrici rettangolari e semicircolari. Tale impostazione di progetto la si riscontra anche in altri edifici contemporanei e non, a dimostrazione dell’ottimo modo con cui gli Ingegneri e gli architetti romani riuscivano a fondere al meglio efficienza strutturale, riscontro estetico e funzionale. Difatti tali esedre e nicchie avevano più funzioni, ovvero aiutavano la distribuzione delle spinte degli archi (nel campo statico), generavano una spazialità articolata sia in pianta che in alzato (in campo architettonico) ed erano luoghi in cui potevano essere riposte statue varie o giochi d’acqua a seconda della funzione dell’edificio.
Il corpo della struttura si compone di due ordini sovrapposti con l'inferiore di 5,43 m posto tra due muri ben più antichi in Opus Reticolatum, fungenti da basamento e risalenti al I secolo a.C. individuabili come resti di una villa d'Otium, avente due aperture affacciantesi l'una sull'antica via Tiburtina Valeria e l'altra sul lato opposto, mentre il superiore è corredato da 7 nicchie (il numero 7 possiede una valenza estremamente importante per i culti propri della Divinità il cui dominio era rappresentato dalla Luce e dalla Conoscenza intesa anche come Illuminazione Interiore, quali Febo Apollo o Benelenus sul quale torneremo più avanti), di cui 3 rettangolari e 4 semicircolari, al cui interno si aprono delle finestre aventi la funzione di lucernario: le sopracitate nicchie posseggono dimensioni notevoli, misurando ben 4,24 m in altezza e poco meno di 3 in larghezza; internamente troviamo ulteriori nicchie rettangolari e quadrate di dimensioni ancor maggiori. Sembra piuttosto palese che l'intero edificio fosse stato pensato e concepito affinchè la luce giocasse un ruolo piuttosto importante e denso di significato e ciò è ipotizzabile sia considerando il numero specifico di aperture che la loro dimensione. In antichità dovette essere rivestito di marmo o travertino, data la presenza di fori atti al fissaggio delle lastre, forse anche sormontato da una cornice odiernamente perduta mentre le mensole di sostegno della stessa si sono conservate. A proposito di Belenus, antichissima divinità protoceltica della luce venerata probabilmente sin dai tempi più antichi dell'umanità in moltissime civiltà, una sua iscrizione dedicatoria venne ritrovata frammentata in un edificio sepolcrale nei pressi del cosiddetto Tempio della Tosse, recitante:
“ANTINOO ET BELENO PAR AETAS FORMAQVE PAR EST CVR NON ANTINOVS SIT QVOQVE QUI BELENVS
Q.SICVLVS “
Quel poco che possiamo affermare con un certo qual grado di certezza è che il cosiddetto Tempio della Tosse è giunto fino a noi in condizioni eccellenti grazie al successivo cambio di destinazione d'uso, come poc'anzi accennato, dato che nel Medioevo divenne conosciuto come Trullum a cagione della sua pianta tonda, conosciuto anche come chiesa di Santa Maria della Tosse (nei pressi) di Porta Scura o del Passo poiché in prossimità della Porta Scura, ovveorosia ciò che restava della grandiosa Via Tecta attraversante il grandioso Santuario di Ercole Vincitore, dal quale vennero prelevate ingenti quantità di materiale edilizio utili al restauro della struttura: prova di ciò è un frammento di cornice marmorea angolare con scolpita una minuta clava di Ercole. Menzioni specifiche le abbiamo a partire dal secolo X dell'Era Cristiana, periodo al quale risale anche una delle pitture interne ancora odiernamente ammirabili: posizionata nella conca dell'ultima abside, a destra, si può scorgere un'Ascensione di Gesù, mentre in quella della prima troviamo un Cristo Redentore di circa tre secoli più tardo, risalente alla seconda metà del XIII. Fu nel secolo X che venne consacrata la chiesa di S. Maria della Tosse nel vecchio edificio rotondo nei pressi di Porta Scura. Sopra un rocchio di colonnna che era fino a pochi anni or sono nella parete di fronte l'ingresso si leggeva incisa nei rozzi caratteri di quell'età, con le maiuscole e minuscole alternate ad arbitrio, l'iscrizione seguente:
(In mense decembris die XIV feria I inditione XIV consacrata ecclesia)
Il Pacifici ci riferisce, al riguardo della sopramenzionata iscrizione, che nei primi di gennaio del 1925 non fu già più possibile rintracciarla. In età medievale ci si riferì topograficamente all'edificio in questione con “ubi modo dicitur ecclesia Sancte Mariae Portas Scure”; non ci è noto con esattezza il periodo in cui venne abbandonato e di conseguenza sconsacrato, seppur è possibile individuare un periodo compreso tra il XVII e il XVIII secolo.
ANALISI PITTORICA DEGLI AFFRESCHI
I caratteri stilistici intrinsechi degli affreschi più antichi in effetti concordano con l'inquadramento temporale della grafia relativa alla sopracitata iscrizione, oggigiorno perduta. Nel X secolo il giorno del XIV dicembre cadde precisamente di domenica (“feria I”) in una quattordicesima indizione sola: nell'anno 956 e, successivamente, nel 1001; in queste due uniche date, con più probabilità nella prima, avvenne la consacrazione dell'edificio a luogo di culto cristiano. Presso la calotta dell'ultima abside di destra si può ammirare la porzione superiore di una scena decorante l'intera nicchia, ovverosia l'Ascensione del Signore. Il Messia, qui raffigurato imberbe, è immortalato nell'atto di benedire con la mano destra, mentre nella sinistra stringe un libro. La veste è color porpora e spicca decisamente sul fondo azzurro, delimitato dalla grande aureola composta da fasce concentriche verdi, rosse e bianche: alcuni raggi dorati, impreziositi da gemme, si separano dal corpo del Cristo e si riconnettono al motivo decorativo. Dietro la testa di Gesù è presente un nimbo solcato da una croce e tra i raggi campeggiano astri e fiori di rose. Una coppia di angeli sorregge, attraverso le vaste ali, l'aureola del Salvator Mundi; indossano vesti color neve e gialle, messe ancor più in risalto dal rosso che colora il fondo della nicchia. Due ali, del medesimo colore dei vestiti, seguono la curva ascendente del nimbo mentre le restanti due si chiudono verso l'estremità dei corpi dando origine a tre ovali, donando una sensazione di leggerezza e ascendenza. Ombre e luci vengono figurate attraverso l'ausilio di modeste linee, le immagini presentano un certo qual grado di piatta rigidità, denotate da volti allungati, pupille sbarrate e prive di movimento, zigomi e mento sovradimensionati, mani tozze e incarnato paonazzo. Tramite attenta analisi, possiamo riscontrare una certa somiglianza tra questi affreschi e quelli che campeggiano nella Basilica di San Clemente in Laterano a Roma, attribuibili al secolo X. Il Cristo Redentore risalente alla seconda metà XIII secolo è rappresentato con la medesima postura di quello più antico, benedicente con mano destra mentre sostiene un libro con la sinistra; il capo è cinto da un'aureola cruciforme ed è racchiuso in un ovale, dal fondo azzurro, sostenuto da due angeli ai lati. Iconograficamente presenta delle notevoli somiglianze con l'affresco del Cristo Pantocrator posto sulla lunetta ogivale che decora l'ingresso posteriore dell'ex Chiesa di San Vincenzo (per ulteriori approfondimenti è possibile consultare l'articolo “L'Ex Chiesa di San Vincenzo” dell'arch. Francesco Pecchi, nela sezione "Le Chiese di Tivoli" del sito internet www.archeotibur.org ).
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Curiosità della Verona romana

Personaggi della Verona Romana:
In Corso Porta Borsari, al civico 49, è murata una base di statua, della quale è visibile solo lo specchio epigrafico, che ci parla di una donna davvero speciale.
Claudia Marcellina, originaria del Lazio e moglie del veronese Lucio Bellicio Sollerte che fu Senatore e anche Console Suffetto sotto l'Imperatore Traiano, quindi personaggio molto importante, di cui Plinio il Giovane narra una storia molto interessante sull'uso poco convenzionale del potere.
Imprenditrice insieme al marito nel settore laterizio, possedeva dei poderi, oltre che nel Lazio, anche nel basso veronese a Trevenzuolo. Esempio di emancipazione femminile, dopo la morte del marito, agli inizi del principato dell'imperatore Adriano ( 120 d.c. circa ) continuò da sola l'attività in una società fortemente maschilista, ne sono prova i bolli laterizi impressi sui mattoni, che in un primo tempo portavano il nome di entrambi i coniugi, poi della sola Claudia Marcellina.
In un periodo ancora di forte espansione edilizia, le "Figline" ( aziende produttrici di laterizi) risultavano parecchio redditizie, quindi la nostra Claudia Marcellina doveva essere economicamente piuttosto agiata.
Chissà quanti edifici tra case, edifici statali, Terme sono stati costruiti o ristrutturati a Verona e provincia con mattoni e tegole prodotti da questa imprenditrice.
Di tutto questo rimane solo una epigrafe quasi cancellata, della quale, passando di lì, quasi non ci accorgiamo.
G.G.


Reliquie a tutti i costi

Nel 1578 arrivò da Roma la notizia della scoperta di un labirinto di tombe sotterranee, che si pensava contenessero i resti di migliaia di primi martiri cristiani. Gli scheletri di questi presunti santi furono riesumati dalle catacombe romane nel 1675 e successivamente inviati nelle chiese cattoliche e nelle case religiose dell'Europa di lingua tedesca per sostituire le reliquie sante che erano state distrutte sulla scia della riforma protestante.
Gli scheletri, conosciuti come "i santi delle catacombe", sono stati accuratamente riassemblati, riccamente vestiti di bellissimi e fantastici costumi, parrucche, corone, gioielli e armature, e posati in elaborate esposizioni all'interno di chiese e santuari come promemoria ai fedeli dei tesori celesti che li attendevano dopo la morte. In realtà i corpi ricoperti di tesori inestimabili sono davvero uno spettacolo raccapricciante.
Le immagini sono scattate da Paul Koudounaris, che ha un dottorato in storia dell'arte e le ha raccolte nel suo secondo libro intitolato Heavenly Bodies pubblicato da Thames & Hudson nel 2013.
(L'ultima foto mostra una fiaschetta piena di sangue disidratato nella mano ingioiellata di S. Mundita presso la chiesa di San Pietro a Monaco)
📷Paul Koudounaris



sabato 13 gennaio 2024

La meravigliosa pieve di Brancoli (LU)

Cento le chiese che Matilde, la gran contessa, si impegnò a costruire, ma è in quella di Brancoli che la si può incontrare. Devotissima, chiese al Papa il permesso di celebrare la messa, benché fosse donna; in cambio...
BeforeChartres.blog lo racconta in questo articolo:







giovedì 11 gennaio 2024

Un mantra

 



" La potente frase “abracadabra” in Aramaico è la frase “abraq ad habra”che letteralmente si traduce in “Creo quello che dico”.

Riflettiamo su quello che creiamo con i pensieri durante il giorno con le nostre parole.
Riflettiamo sui pensieri che elaboriamo durante il giorno e avremo veramente una visione riguardo la vita e il mondo che stiamo creando. "
(Sandra Ingerman. La Magia esiste)



Divinità mediterranee in croce

 Luigi Pellini

Il mistero dell'Orfeo crocifisso raffigurato su un antico manufatto di epoca paleocristiana.
Il cosiddetto Orfeo crocifisso è un amuleto databile tra il III e IV secolo d.C. (fonte: A. Mastrocinque) raffigurante una insolita crocifissione con incisi i nomi in greco di Orfeo e Dioniso (Orpheus Bakkikos).
Il reperto, noto dal 1896 nel museo di Berlino, è stato trafugato, molto probabilmente rubato, alla fine della seconda guerra mondiale, durante l'occupazione della Germania nazista.
Diverse sono le spiegazioni che gli studiosi hanno dato a questo singolare amuleto a partire dai primi anni del Novecento.
I sostenitori dell'interpretazione pagana hanno rilevato che le prime raffigurazioni del Cristo crocifisso risalgono al V secolo mentre l'amuleto sarebbe del III secolo.
Altri studiosi hanno fatto notare, invece, che la tradizione antica del culto orfico-dionisiaco non conosceva la crocefissione né di Dioniso né di Orfeo e che difficilmente un pagano avrebbe attribuito al proprio dio una pena infamante quanto la crocifissione.
Qual è allora la verità intorno a questo affascinante manufatto?
Potrebbe trattarsi semplicemente del Cristo in croce identificato con Orfeo: era tipico dei primi cristiani, infatti, dare l'epiteto di "Orfeo" al Cristo e assimilare altri elementi dei culti pagani. Oppure, si potrebbe dar credito a chi ipotizza un recupero del paganesimo in contrapposizione con la fede cristiana emergente che raccoglieva sempre più adesioni.
Qualunque sia la verità che si cela dietro questo manufatto, la ricca simbologia ivi incisa - oltre al crocifisso sono rappresentati anche sette pianeti con la luna - fa pensare ad un tentativo di "prototipazione religiosa" in cui soluzioni mistiche appartenenti a vari culti e loro varianti si fondono per creare una nuova fede, forse un cristianesimo che era molto di più e tanto diverso da come noi oggi lo conosciamo.


martedì 9 gennaio 2024

Il padre italico degli Dei Giano: lo Zanni fra il Battista e l'Evangelista

 9 gennaio - Agonalia

Il Rex offra un ariete a Giano per l'inizio dell' Anno.
“Mi chiamavano Caos gli antichi,- ch'Io sono antica Divinità -; vedi quali remoti eventi Io stia celebrando. Quest'aria traslucida e i tre restanti elementi,il fuoco, l'acqua e la terra, costituivano un solo coacervo.
Appena tale massa si disgregò per la discordia dei corpi componenti, separata andò a collocarsi in nuove sedi...... Quando vedi ovunque, il cielo, il mare, le nubi,le terre, tutto si chiude e s'apre per Mia mano.
Presso di Me è la custodia del vasto universo, il diritto di volgere i cardini è tutto in Mio potere.
Quando Mi piace trarre dalla quiete del tempio la Pace, Ella cammina libera per vie ininterrotte”.(Ovidio - Fasti)


lunedì 8 gennaio 2024

Forme che preparano alla trascendenza

 forme interessanti per programmare le vibrazioni dell'acqua che sembrano stranamente simili agli schemi dei quadri elettrici. Queste forme si trovano nei templi indiani, nei giardini labirintici, nelle schede madri dei risonatori di Schumann, nei pavimenti delle chiese di quasi tutto il mondo.










domenica 7 gennaio 2024

Albero della Vita

 Ernst Steiner, n. 1935, Albero della Vita, olio su tela, 1982

Ernst Steiner, n. 1935, un simbolista svizzero del dopoguerra e contemporaneo il cui realismo fantastico influenzò l'arte lo separò dai modernisti astratti e dai surrealisti per la sua evidente profondità esoterica.


venerdì 5 gennaio 2024

Sarcofago fenicio

 IL SARCOFAGO LICIANO DI SIDON.

Questo è un sarcofago fenicio datato tra il 430 a.C. e il 420 a.C., è stato scoperto nel 1887 nella necropoli di Ayaa nella città di Sidone, Libano. Realizzato in marmo pariano, il sarcofago è decorato da bassorilievi intagliati raffiguranti varie scene.
Ai lati rappresenta scene di caccia con uomini a cavallo armati di lance, leoni e cinghiali. La parte anteriore raffigura centauri combattenti, e la parte superiore del coperchio rappresenta due sfingi su ogni lato.
Questo sarcofago, così come altri scoperti nella necropoli di Sidone, apparteneva ad una serie di re che governarono l'area fenicia tra il V a.C. e la fine del IV secolo a.C.
Il sarcofago liciano di Sidone si trova nel Museo Archeologico di Istanbul, Turchia.


giovedì 4 gennaio 2024

Sembra che si pulisse invece si sta applicando l'aglio come antibatterico contro le infezioni

Una raffigurazione dibattuta
Tondo di una kylix attica a figure rosse del Pittore Ambrosios – Tardo periodo arcaico, ca 510/500 a.C. – da Orvieto, Etruria – diametro 12,5 cm – Museum of Fine Arts, Boston, Usa – Acquisito nel 1910 da Edward Perry Warren.
Prima interpretazione: un uomo barbuto con mantello e bastone è accovacciato nell’atto di pulirsi con un coccio dopo avere defecato. I temi scatologici raramente compaiono sui vasi per bere, ma evidentemente dovevano fare appello a un umorismo di bassa lega in occasione di momenti orgiastici.
Seconda interpretazione per Petula Maxwell Petula Maxwell
non si tratta di un coccio ma di uno spicchio d’aglio. Infatti l’aglio nell’antichità era un trattamento naturale, un vegetale portentoso, per guarire dalle infezioni intestinali. Prima di un'orgia o di un rapporto sessuale le persone si inserivano uno spicchio di aglio nell'ano, i maschi in modo particolare. Infatti l'aglio è un afrodisiaco topico per l'uomo, in quanto contribuisce a rendere il pene più turgido. Nell'immagine della kyilix vediamo un uomo che ha il pene a riposo mentre introduce lo spicchio d'aglio. In Euripide c'è un accenno a questo, ma anche in Catullo. In Giovenale o Filomeno si parla di questa pratica medico-erotica di primaria importanza per rendere il pene rigido prima di un'orgia collettiva



Kaos mimesi dell'ordine e del bello

La forza architettonica dell'irregolare, la bellezza dell'apparente kaos che abbisogna per l'ordine e che genera la bellezza come armonia.

The Colonia Güell crypt is a work by Antoni Gaudí , built between 1898 and 1914.

Located in Santa Coloma de Cervelló , this municipality is
located 20 kilometers from Barcelona, Spain.



Antonino Pio sale al cielo esattamente come la Madonna


 

mercoledì 3 gennaio 2024

Giano rappresentato nella cripta nell'abbazia di Bobbio

Il mese di Gennaio raffigurato nella cripta dell'abbazia di San Colombano a Bobbio, (VII secolo). Rappresenta un personaggio con due facce, ancora il "nostro" Giano, intento a scaldarsi al fuoco. Sotto di lui il segno dell'Aquario. In molte raffigurazioni medievali gennaio è accompagnato dal Capricorno sotto la cui influenza inizia l'anno, in altri è associato il segno dell'Aquario che ha inizio appunto nel mese di Gennaio.



Gli stiliti nacquero da pratiche sacrali precristiane che erano designate come: fallobatia

Ecco cosa scrive Andrea Casella: un’altra pratica usurpata dai cristiani è la fallobatia. Luciano, autore siriano di lingua greca del II secolo, descrivendo i riti del tempio della triade divina di Ierapolis Bambyce, dà conto di una particolare ascesi praticata da quelli che egli chiama “fallobati”. Si trattava di persone che si ponevano in cima ad alte colonne di forma fallica, lì rimanendo. Il rito sarebbe stato compiuto in onore di Dioniso. L’asceta doveva rimanere costantemente sveglio, sia come parte del rito in sé, sia, ovviamente, per non cadere. La deprivazione del sonno (pratica sciamanica presente anche nell’epica di Gilgamesh ai fini del raggiungimento della vita eterna), era favorita dalla presenza di uno scorpione, sacro ad Atargatis, la dea della triade. Tra le pratiche dei fallobati (ritualità orientale, le cui prime attestazioni vengono dai dintorni di Aleppo) e San Simeone Stilita intercorrono due secoli, i cristiani hanno tentato di sostituirsi ai pagani riproponendo i vecchi riti alterandone in certi casi la stessa sacralità originale.
Nell'immagine San Simeone lo Stilita ripreso dal breve film di Boñuel



lunedì 1 gennaio 2024

Madonna con le corna

Vincenzo Foppa - San Pietro Maella con l’ostia il demonio (tra il 1464 e il 1468)rtire deb

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Due vistose corna demoniache campeggiano sul capo della Madonna e anche del bambino in un affresco singolare ospitato in una lunetta nella Cappella Portinari, il gioiello rinascimentale visitabile accedendo al Museo di Sant’Eustorgio, in corso di Ripa Ticinese a Milano. La sconcertante figura, e lo sguardo satanico che il bambino rivolge agli spettatori, reso ancora più incisivo dalla particolare curvatura prospettica usata dal pittore Vincenzo Foppa, è poco visibile dal basso e per questo rimane scarsamente conosciuta. Il titolo dell’affresco è San Pietro Martire debella con l’ostia il demonio. Secondo una delle leggende agiografiche fiorite riguardo al santo, un predicatore domenicano vissuto nella prima metà del Duecento, un giorno il diavolo provò a tentare Pietro durante la celebrazione della messa: prese le fattezze di Maria con il bambino in braccio, ma nella fretta di completare la trasformazione si dimenticò di nascondere… le corna. Il domenicano scoprì così l’inganno e scacciò il Maligno con l’ostia consacrata.





L'entusiasmo ti mette a nudo