giovedì 30 settembre 2021

Quando l'armonia e la bellezza arrivano all'apogeo

Afrodite. Un capolavoro di William Adolphe Bouguereau (1825/1905). Da molti esperti reputato il più bel ritratto femminile nella storia della pittura

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I retroscena di san Pietro da Verona, inquisitore domenicano


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San Pietro Martire esorcizza il demonio mascherato da un immagine sacra, parte di polittico smembrato con Storie di San Pietro Martire
1450 ca.
particolare, foto intera nei commenti
Collezione Alana, Newark (DE) (Delaware, Stati Uniti d'America)

San Pietro martire figlio di genitori entrambi professanti il cristianesimo gnostico-cataro e per questo processati, il figlio in giovanissima età fu tolto alla coppia e messo in seminario e divenne un importante inquisitore domenicano e fu ucciso prprio per la sua professione.

Il dipinto raffigura un particolare momento della vita di S. Pietro Martire. Si racconta infatti che tra le varie avventure legata alla vita del Santo, durante una messa da lui, officiata quando era ancora un “semplice sacerdote”, il diavolo per tentarlo prese le fattezze di Maria con il bambino tra le braccia, ma nel compiere la trasformazione dimenticò di far sparire le corna. Pietro

Osservazioni di Gabriele Bellotti: Pietro da Verona venne assassinato in modo assai misterioso. Non pochi definirono il suo " martirio" un affaire... Simile a quello di Lavelanet che giustifico' l.assedio a MontSëgur. La stessa sua santificazione velocissima e la crociata contro i da Giussano e la distruzione del Castello di Gattedo ove erano sepolte le reliquie di due vescovi manichei hanno sincronie curiose..i due vescovi erano sepolti in un castello in brianza.. Si chiamavano Nazario e Desiderio e furono essi a portare il testo detto " secretum" ovvero la Interrogatio joannis dalla bulgaria... Nel castello vi era una scuola teologica catara. Innocenzo IV nel 1254 emise una bolla per farlo radere al suolo. Il pretesto fu appunto l.uccisione dell.inquisitore in oggetto. I Da Giussano risultarono gli organizzatori....In quegli anni la chiesa catara lombarda era la piu numerosa d.europa. Oggi esiste una piccola chiesa con affreschi dell.epoca dedicata a san martino e posta tra carugo e mariano comense (co) e che alcuni reputano sia quanto resta di quel castello....

mercoledì 29 settembre 2021

L'esoterismo in un dipinto riguardante Nastagio degli Onesti.

NASTAGIO DEGLI ONESTI - Dr Vicla Sgaravatti
La novella di Nastagio degli Onesti (Dec. V, viene confrontata con If. XIII e con la visualizzazione delle quattro tavole del Botticelli (1483; dono di nozze di Lorenzo il Magnifico), quale lettura figurativa, a ritroso, per affinità o per contrasto, degli episodi salienti del racconto. L’intero percorso è finalizzato a una inedita interpretazione: l’ap- plicazione della teoria antropologica del dono (Marcel Mauss) alla famosa novella. Ne scaturisce una nuova chiave per leggere – in opposizione a molta critica recente – questa e altre novelle del Decameron (Federigo degli Alberighi, Cisti il fornaio).


martedì 28 settembre 2021

Sono grappoli d'uva o tirsi?

Canonica di San Pietro a Cedda.
Poggibonsi (SI).

Una questione che è diffusa in tantissime pievi: queste immagini riportano quelli che la maggior parte interpretano come grappoli d'uva, ma se guardate bene potrebbero essere anche tirsi di dionisiaca memoria
.

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lunedì 27 settembre 2021

Giuramento e testicoli

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Un fatto storico che pochi conoscono!

Nell'antica Roma, se due uomini facevano un patto o un giuramento di lealtà, tenevano insieme i loro testicoli, come simbolo di sincerità mentre testimoniavano in un foro pubblico.

Secondo alcuni storici questa non era una peculiarità dei popoli romani, in quanto anche altri popoli antichi adottavano pratiche simili.

In latino, testiculus si riferisce al diminutivo di testis, o testimone. Questo perché in passato i popoli egiziano, ebraico e indù erano soliti fare testimonianze, giuramenti o addirittura promesse tenendo i testicoli dell'interlocutore. Alcuni autori ritengono che il verbo inglese "testify" possa derivare da questo riferimento.

Ci sono molti riferimenti artistici a questo fatto principalmente nella cultura romana ed egiziana, come mostrato nell'immagine qui sotto.

La torre dei Venti in Vaticano

 

La Torre Gregoriana o Torre dei venti - Roma‎Anche se non più del tutto off limits, la Torre dei Venti in Vaticano è stata comunque vista da pochissime persone. È un posto affascinante e bellissimo ...‎ la Torre dei Venti, completa di un meridiano del pavimento, per identificare correttamente l'equinozio di primavera. L'interno della torre a due piani è riccamente affrescato dai paesaggisti Paul e Matthijs Bril, fratelli di Anversa, e Nicolò Circignani, noto anche come "Pomarancio". Nella parte inferiore dei due livelli, la Meridian Room senza finestre, un piccolo foro nella parete sud permette a un raggio di sole di proiettarsi sul meridiano di marmo sul pavimento. A mezzogiorno dell'equinozio di primavera, il raggio dovrebbe cadere in una linea specifica. Quando fu testato per la prima volta, nel 1582, avvenne l'11 marzo anziché il 21 marzo.

domenica 26 settembre 2021

Addio Occidente

Amazon.it: L'Ignorance étoilée - Thibon, Gustave - Libri

"Decadenza moderna. È la decadenza di un mondo cristiano. Qualche cosa mille volte peggio del crollo del mondo antico. È il deterioramento non solo della natura umana, ma del posto di Dio nel mondo. La decomposizione antica era franca, ma il cadavere della nostra civiltà è truccato con tutti gli attributi divini: giustizia, amore, verità."
Gustave Thibon (1903-2001)

venerdì 24 settembre 2021

Karoly Kerényi, Nel labirinto

File:Thésée et minotaure bardo.jpg - WikipediaMosaico del Museo Archeologico di Cremona


"Nell'Europa settentrionale (Scandinavia, Finlandia, Lapponia), i tipi di tracciato labirintico in pietra sono fondamentalmente due: il primo presenta un percorso con andamento complicato, ma senza vicoli ciechi; il secondo invece con un bivio. Poiché si tratta chiaramente di monumenti di un'arcaica tradizione popolare, conservatisi attraverso varie epoche preistoriche e storiche, è meglio rinunciare ad assegnarli a un'epoca precisa; è preferibile invece basarsi su una diversa ripartizione in periodi: potremmo parlare di un "tempo della vita", di un "tempo della morte" e, fra questi due, di un "tempo dell'estinzione " in cui questa tradizione andava estinguendosi. Il "tempo della vita" copre epoche sia preistoriche sia storiche (...)
l nomi attribuiti nel Nord Europa a queste spirali di pietra vanno considerati come definizioni del "tempo della morte", a meno che non intervengano particolari ragioni a dimostrare il contrario. Sono in genere nomi di città distrutte : Babilonia, Ninive, Gerico, "la distruzione di Gerusalemme", Lisbona (probabilmente solo in epoca successiva al famoso terremoto) ; sono da interpretare in questo senso anche i nomi scandinavi che indicano le Trojaburgen. In Inghilterra questi monumenti si chiamano Walls of Troy; nella lingua celtica del Galles Caerdroia. Se ne deve dedurre che questi monumenti nel "tempo della morte" dovevano sembrare planimetrie di città. Si dava loro un nuovo senso, errato, perché il significato vero, autentico era caduto in oblio; e il nuovo nome veniva tratto dall'erudizione umanistica o cristiano-biblica, talora anche dalla leggenda o dal mito popolare, come nel caso del Pietar-inleikki, "il gioco di San Pietro", o del Jatulintarba, "la foresta dei giganti", in Finlandia; oppure del Volundar bus, "la casa di Wiland", in Islanda, o nel caso del "cerchio magico" della Germania settentrionale.
Sul "tempo della vita" e sul significato originario, essi non sono in grado di dirci assolutamente nulla.
Più interessante è un altro nome, di carattere completamente diverso: tra i contadini svedesi della Finlandia, accanto ai nomi biblici compare la parola Jungfrudam, "danza delle vergini", che già sembra rimandare al "tempo della vita". Esiste uno studio su certi giochi organizzati all'interno di strutture di pietra a forma di labirinto nelle Isole Aaland c sulle scogliere finlandesi, durante i quali i giovani correvano attraverso i corridoi fino a raggiungere la "vergine" seduta al centro. Eccoci improvvisamente proiettati, in area nordeuropea, nel tempo in cui questa tradizione era ancora viva, o almeno nell'epoca in cui si
stava spegnendo. Non abbiamo ragioni per supporre che chi partecipava a questa danza della vergine la vivesse come qualcosa di più di un gioco: cioè non come un semplice divertimento, ma anche come un evento significativo. Una vita piena è anche pienezza di significato, così come un significato pieno è anche pienezza di vita. E tuttavia riemerge vivace alla memoria il ricordo del cerimoniale di Ceram: anche in quel caso era una fanciulla la meta del movimento a spirale. Devo forse aggiungere ancora che la cronaca di un viaggio in Norvegia parla di "mura in pietra a forma di anello" trovate sul promontorio
di Monens Naes, presso il fiordo di Varanger, in un luogo visibile da lontano, proprio là dove un tempo sorgeva un cimitero dei Lapponi. A Grebbestad, nella regione di Bohuslan, ho avuto l'impressione che esistesse un collegamento con il regno dei morti. Purtroppo non disponiamo di alcuna ricerca sistematica sul rapporto tra le strutture in pietra a forma di labirinto del Settentrione e i cimiteri a prato: se un rapporto ci fosse, nella stessa area nordica esso potrebbe avvicinarci al loro significato originario. Risale a Brede Kristensen l'osservazione – tutt'altro che irrilevante - che molti di questi anelli di pietra dovevano essere opera di naufraghi scampati alla morte. I labirinti su prato inglesi (non "costruzioni di pietra", bensì turf-cut-mazes, ossia "dedali ritagliati nel tappeto erboso ") si trovano in genere in prossimità di un luogo sacro: una chiesa, una cappella o anche un cimitero. Sembra che nessuno abbia prestato la dovuta attenzione a questa circostanza, e in genere si pretende di spiegarla ipotizzando che quei labirinti servissero originariamente per gli esercizi di penitenza: sarebbero da interpretare, insomma, come "percorsi penitenziali ". È un fatto, però, che nei bambini queste costruzioni sembrano stimolare al contrario la voglia di giocare, e che in questo gioco si risvegliano contemporaneamente sentimenti di gioia e di pena, che si direbbero pagano-mondani piuttosto che cristiano-penitenziali. La maggior parte dei labirinti effigiati sui pavimenti delle cattedrali medievali di Francia furono distrutti perché i bambini li usavano come terreno di gioco, facendovi a gara a chi per primo ne raggiungesse il centro. Potremmo parlare di una specie di spontanea rinascita di un costume ormai morto. Anche in Inghilterra sembra sopravvivere sullo sfondo l'inconscia tradizione di quel pagano, mondano "piacere del labirinto ", se mi è consentito di coniare questa espressione. A tale proposito è significativa la testimonianza di un ltinerarium curiosum del diciottesimo secolo: "Gli amanti dell'antichità ne parlano con grande piacere, e come se nella cosa ci fosse un che di straordinario, benché non sappiano dire di che cosa si tratta ( ... ) Ciò che generalmente si vede oggi è solo un'opera circolare fatta di zolle di terra disposte a dedalo o a labirinto, e i ragazzi si divertono a inseguirsi lungo le spirali, in una corsa che li conduce fino al centro, e da lì di nuovo indietro". Cook, citando da un'altra fonte, aggiunge un dato importante: "Al Dedalo di Camberton, nella contea di Cambridge, fra gli abitanti del villaggio si usava da tempi immemorabili organizzare una festa ogni tre anni, nel periodo pasquale" Ogni volta, nello stesso periodo, il maze veniva rifatto. Ecco quindi apparire in connessione con il labirinto anche un "tempo sacro ": una pagana tetraeteris (si chiama così in greco un intervallo di tempo di tre anni), che si contrappone all'uso
cristiano del calendario.
Sono stati studiati anche i labirinti tedeschi, e in modo particolare le antiche tradizioni germaniche che ad essi sono legate; e da queste ricerche si sono ottenuti importanti risultati. Le tradizioni consistono principalmente in danze. Un esempio efficace dell'area svizzera si trova negli scritti di Uhland: "Una
domenica sera sul prato del castello di Greyerz sette persone iniziarono una danza in cerchio che ebbe termine soltanto il martedì successivo, al mattino, nella grande piazza del mercato di Saanen, dopo che settecento fra giovanetti e fanciulle, uomini e donne, si erano lasciati trascinare in quel corteo, che sembrava la spirale di una chiocciola". Il numero può essere anche inventato, ma l'imponente spirale è innegabile. Tra le figure di danza c'è anche la doppia e la tripla spirale. Il punto centrale intorno a cui si svolge la danza ha spesso un contrassegno particolare: il più delle volte è un albero, ma può trattarsi anche di altri oggetti: una pietra può assolvere altrettanto bene alla stessa funzione. A volte sono presenti l'uno e l'altra: a Wolfsbehringen, nel centro, sotto il tiglio principale, si trovava una massiccia pietra che fungeva da tavolo. Il corteo dei danzatori girava più volte in cerchio attorno alla grande pietra. Anche nelle strutture di pietra scandinave, come per esempio a Visby, il centro è costituito da una pietra. Tuttavia le forme a spirale non possono assolutamente essere comprese solo a partire da un punto centrale importante : esse hanno un significato anche in quanto sono orientate verso quel centro. Non meraviglia che le tradizioni dell' "albero di maggio ", nella loro grande vitalità, abbiano assorbito anche le danze del labirinto, la cui tradizione si andava più rapidamente spegnendo. Anche in Germania il significato originario era "passaggio", piuttosto che "giro in cerchio": sta a provarlo il fatto che nel villaggio di Marmeke, in Vestfalia, si siano trovate raffigurazioni del labirinto sulla parte superiore della porta di una casa contadina. Per spiegarle si è fatto ricorso a una tradizione del carnevale vestfalico: una vera e propria danza del labirinto; si trattava di una danza che veniva eseguita a Mtinster, nel sedicesimo secolo, dalla gilda dei macellai. "Quando i danzatori arrivavano davanti alla casa di un macellaio, si doveva aprire loro tutta la parte bassa della porta. I maestri della corporazione entravano in casa schierati su un'unica fila, insieme con la sposa; si tenevano uniti con gli anelli che avevano in mano, uno dietro l'altro". Dovremo ricordarcene in seguito, quando parleremo del chorus Proserpinae italico e della danza chiamata tratta.
Nel sedicesimo secolo, al centro finì per trovarsi sempre più frequentemente l' "albero della vita". Ma i quadri di Lucas van Valkenborch e di Hans Bol presentano anche un altro aspetto del labirinto nella cultura tedesca antica, che appare decisamente mitologico: lo si riconosce su una particolare isoletta a labirinto, immerso in un paesaggio primaverile. Su questo tema possediamo anche un documento folclorico: un'antica danza in fila indiana che veniva effettuata ogni tre anni a Schwabisch-Hall su una piccola isola ombreggiata da antichissimi tigli. E con ciò siamo di nuovo approdati a una tetraeteris. Un tempo sacro, questa volta di tipo più schiettamente cristiano, si intreccia al labirinto nella Germania settentrionale già nel diciassettesimo secolo: il "cerchio magico " presso Neustadt-Eberswalde, nel Brandeburgo, veniva riprodotto ogni anno, il lunedì che precede l' Ascensione".
Karoly Kerényi, Nel labirinto

Kerényi – I labirinti europei – l'arte dei pazzi

giovedì 23 settembre 2021

Reliquie vegetali


In Islanda abbracciano gli alberi contro la solitudine da Coronavirus -  Magazine - quotidiano.net
Russian women near the Sharshenga River praying to trees.
Kozma Prazhsky in the Czech Chronicle (XII century) reported that the Slavs prayed to trees in sacred groves.
A similar observation was made by the German chronicler Helmgold (XII century), who described the life and customs of the Polabian Slavs. One of the veneration of trees among the Eastern Slavs, it is mentioned in the "Life of Constantine of Murom", and John Chrysostom spoke about the facts of the existence of special prayers to trees among the Slavic people.
This practice is well known even today in Christianity. People didn't throw away their praying rituals of the past... Gods or a God, no matter what you believe or how, are great.
(pic source: ig culture_slavs)
By Matea Vuković Slavic Rituals

martedì 21 settembre 2021

culti satanici

Il culto satanico veneziano - 

Elementi fondanti









Il Culto 
Satanico Veneziano fu fondato 
dall'Antipapa Innocenzo III 
intorno all'anno 1198 durante 
il suo regno in qualità di Antipapa e capo 
supremo del Culto Romano.

Al contrario dei precedenti membri del Culto Romano, 
Innocenzo III non era un adoratore della Magna Mater 
(Cibele) e delle antiche divinità oscure della tradizione 
Vaticana. Al contrario, Innocenzo III introdusse elementi 
di una religione per molti versi completamente nuova e 
fondata sulle antiche ed esoteriche conoscenze degli 
Alti Sacerdoti Sadducei che avevano retto gli antichi 
templi di Baalbek e di Gerusalemme già 1800 anni prima.

In luogo dell'adorazione di Cibele, i membri del Culto 
Satanico Veneziano adoravano, e adorano, Moloch e 
i demoni del mondo ctonio (sotterraneo o infernale).

In particolare, fu il figlio di Innocenzo III, l'AntiPapa 
Onorio III ad essere strumentale nell'introdurre una 
liturgia completamente nuova, principalmente tramite 
il suo "Grand Grimoire" - il primo vero e proprio libro 
di Stregoneria della Filosofia Occidentale. In effetti, 
Onorio rappresenta, a pieno titolo, il padre tanto della 
Stregoneria, quanto dell'odierna Wicca così come della 
stessa Inquisizione.

Prima della liturgia messa a punto da Onorio e la 
creazione dell'Inquisizione, in Europa non si era mai 
sentito parlare di streghe, stregoneria o di qualsiasi 
concetto alieno riferito alla dannazione delle anime. 
L'Inquisizione fu inoltre brillantemente concepita per 
"educare" le persone alle arti nere, alle forze demoniache, 
ai pentagrammi ed a numerosi altri simboli 
contemporaneamente pretendendo di combattere e 
perseguire le cosiddette "streghe".... 


Background

A partire dal 360 dopo Cristo, e fino al 532, lo Stato 
Sarmata di Palestina aveva raggiunto un tale potere 
ed una tale ricchezza da riuscire a governare e 
controllare le terre originariamente occupate dagli 
antichi Regni Ebraici ed i suoi leader proclamavano 
se stessi Re di Israele.

A partire dalla morte del carismatico Baba Rabba,
 nel Quarto Secolo dopo Cristo, le varie famiglie nobili 
Ebraiche di Stati quali Himyarites (Yemen), Nabatea 
(Arabia) e Sarmara erano talmente cresciuti in influenza 
che il più grande di questi Stati, ovvero Sarmara, era 
divenuto uno degli Stati più ricchi dell'antichità così 
come la patria di centinaia di migliaia di persone.

L'antica adorazione delle forze oscure - e di Ba'al Moloch 
in particolare - che caratterizzava la religione Sarmata 
si era ampiamente diffusa nella regione, ed ora includeva
le nuove dottrine fissate grazie a Baba Rabba, ovvero, tra 
le altre, l'uso della Kippa ed i rituali di devozione 
quotidiana diretta verso il tempio sul Monte Gerezim.

In ogni caso, tra le più "perverse" innovazioni religiose 
introdotte da Baba Rabba vi era senza dubbio l'esecuzione 
pubblica tramite il fuoco - la condanna al rogo, in pratica - 
di innocenti Ebrei non Sarmati che rifiutavano di 
convertirsi e di adorare le divinità demoniache degli stessi 
Ebrei Sarmati.
Centinaia di migliaia di persone furono uccise in questa 
maniera in quell'area. Quando Giustiniano venne proclamato 
Imperatore nel 527, uno dei suoi primi atti fu quello di 
proclamare la religione dei Sarmati un crimine capitale 
punibile con la morte. Fu tale atto, 
più di qualunque altro, a spingere sempre più le famigli 
nobili Sarmate a spostare le proprie residenze ed i propri 
centri di influenza verso la parte Occidentale del 
Mediterraneo, in particolare durante il regno dell'Alto 
Sacerdote-Re Julianus Ben-Sabar.

Lo Stato Sarmata e la sua stessa cultura fu infine devastata 
dall'Imperatore Giustiniano I nel periodo compreso tra il 531 
ed il 532 dopo Cristo, così come fu distrutto, in quello stesso 
periodo, e per l'ultima volta, il fondamentale tempio sacro 
del Monte Gerezim. 
Al termine della brutale campagna di Giustiniano, temendo la 
nuova legge imperiale, nessun componente della famiglie nobili 
e sacerdotali Sarmate rimase nella propria madrepatria, 
un evento che rischiò di determinare la quasi estinzione del 
Culto Sarmata tanto come "religione" ufficiale quanto addirittura 
come cultura - nonostante la sopravvivenza di alcune migliaia 
dei componenti di tali famiglie nobili e sacerdotali.

I Samaritani si spostarono quindi, per sfuggire alla minaccia 
derivante dal potere detenuto in Oriente dal Sacro Romano 
Impero, in parte nelle zone più Occidentali del Mediterraneo 
ed in parte a Nord e nell'area interna delle montagne del 
Caucaso, dove vennero più tardi conosciuti come i Kazari.
In particolare, le più importanti delle famiglie nobili delle 
linee di sangue degli Alti Sacerdoti si stabilirono 
nelle aree paludose collocate sugli estuari del Po e dell'Adige 
nell'Adriatico Settentrionale, mentre un'altra grande colonia 
si trasferì sulla costa dell'Armorica meridionale nei pressi 
della Baia di Morbihan in Gallia (una regione che oggi 
si trova nell'Odierna Spagna)

Sebbene isolati, i rifugiati Sarmati - non più in grado di 
dichiararsi ufficialmente tali sotto il crimine capitale posto 
su di loro dal Sacro Romano Impero di Bisanzio - dimostrarono 
una rimarchevole coesione. 
Essi rinominarono se stessi Etenoi (in greco "i beneamati, 
i prescelti") - 
presto divenendo famosi come commercianti e studiosi.

In particolare, la loro colonia nell'Adriatico Settentrionale 
fu chiamata - successivamente al cambio di denominazione 
da Sarmati ad Etenoi (in latino: Veneti) - Venezia, divenendo 
una delle più famose città della storia.

I Sacerdoti-Tiranni del Clan 
"Pietro" a Venezia

 La stessa natura geografica legata 
alla collocazione della città di 
Venezia si dimostrò ideale per gli 
esiliati Sarmati, i quali assunsero la 
carica di Dogi della nuova città, che 
divenne ben presto un importantissimo 
centro per gli scambi commerciali. 
La più potente ed efferata tra le 
famiglie degli antichi Alti Sacerdoti 
Sarmati di Venezia era costituita dai 
componenti del Clan Pietro (più tardi 
conosciuti come PierLeoni), i quali 
dominarono la città con il pugno di ferro dall'VIII secolo fino a 
quando Pietro II Orseolo (1009-1026) fu definitivamente tradito 
dalle altre importanti famiglie della città e tenuto lontano da 
Venezia all'inizio dell'Undicesimo secolo, nel periodo in cui il Doge 
stesso era impegnato in una guerra contro gli Ottomani.
Egli venne in effetti sconfitto dagli Ottomani e costretto alla 
ritirata, tuttavia con la sua città fortemente fortificata che non 
gli permetteva l'accesso e gli Ottomani che lo inseguivano non fu 
in grado di porre sotto assedio la stessa Venezia e riguadagnare il 
controllo della città.

Al termine di queste peripezie, le navi rimanenti della sua flotta 
presero infine terra nei pressi di Trieste e Pietro II Orseolo, in seguito 
alla protratta permanenza in quell'area, dovette scontrarsi con i suoi 
Soldati-Marinai (marines) con le truppe di Stefano di Ungheria. In tale 
battaglia, i Soldati-Marinai (marines) "Ebrei" Veneziani sconfissero gli Ungari Cristiani e Pietro Orseolo fu incoronato Re di Ungheria già nel 1028. Egli regnò quindi come uno spietato tiranno fino alla sua morte nel 1041. Ad egli successe suo figlio Re Pietro III Orseolo di Ungheria (1041-1047).

Nel 1047, lo stesso Re Pietro III Orseolo di Ungheria fu esiliato, con la sua famiglia, dall'Ungheria, trovando rifugio a Roma. Durante le lotte che si susseguirono tra i legittimi Papi Cattolici e gli AntiPapi del Culto Romano, il figlio di Pietro III Orseolo, il cui nome era Pietro Leone (di qui la famiglia PierLeoni), si dichiarò infine "Cristiano" in maniera tale da poter entrare a pieno titolo nell'enclave del Culto Romano. In ogni caso, resta certo il fatto che tale Alto Sacerdote Sarmata, tra l'altro uno degli uomini più ricchi del mondo antico, rimase un dedito seguace del Culto di Ba'al Moloch.

Nel 1119, questo Alto Sacerdote Ebreo Sarmata riuscì quindi ad ottenere per sé la carica di AntiPapa con il nome di Callisto II (1119-1124), divenendo il primo Papa Ebreo Sadduceo della Storia. Per nascondere tale evento, più tardi, gli storici Vaticani hanno mescolato dettagli della sua vita reale con quella di un altro legittimo Papa della Chiesa Cattolica sostenendo che egli fosse in realtà nato nella Regione della Burgundia.

A Callisto II, successe suo figlio Onorio II (1124-1130) e quindi suo nipote Innocenzo III (1130-1143). Anche in questo caso, come in altri, la storia dei Papi Ebrei Sadducei (Samaritani) è stata cancellata dalla storia, nonostante il loro lascito - persone bruciate sul rogo, adorazione del pentagramma e la stessa eucaristia: 
tutti elementi da loro stessi per la prima volta introdotti come false dottrine della Chiesa Cattolica.


L'Inquisizione e la legalità 
del sacrificio umano

Mentre si ritiene che sia stato Papa Lucio III il 
primo a fissare l'esistenza dell'Inquisizione 
tramite la Bolla Papale "Ad Abolendam", in 
particolare nella sua forma di struttura legale 
e morale mirata ad autorizzare il sacrificio 
umano e la barbara tortura di innocenti, è 
stato, in realtà, il discendente dei Papi Ebrei 
Sadducei, in particolare l'AntiPapa Innocenzo 
III (1198-1216), a rendere l'Inquisizione stessa 
pienamente efficace ed operante, grazie alla 
fissazione degli elementi chiave di quest'ultima: 
le Leggi della Chiesa, l'Inquisitore, l'Accusato, 
l'Atto (o Offesa), il Tribunale ed il Testimone.

L'Inquisitore, in termini pratici, era un giudice 
speciale ma permanente che agiva a nome e 
per conto del Papa ed a cui era concesso dal 
Papa stesso il diritto-dovere di agire sulle basi 
delle leggi della Chiesa nei confronti delle 
presunte Offese rese alla Fede come definite 
dalle stesse leggi canoniche. 
Quindi, sulla base del diritto-dovere di agire 
a tutela della Chiesa, l'Inquisitore aveva - ed 
ha ancora ai nostri giorni - il potere legale di 
vita o di morte sull'accusato stesso.

Inoltre, l'accusato era obbligato a presentarsi 
di fronte all'Inquisitore, ma non doveva 
necessariamente essere accusato di alcun 
crimine di eresia a questo punto; tuttavia 
una volta che il suo nome fosse stato scritto 
su un documento cartaceo e l'individuo avesse 
riconosciuto sè stesso con il nome del soggetto 
riportato nel documento, egli automaticamente 
cessava di essere una persona e diveniva contemporaneamente una personalità giuridica 
ed una proprietà legale. 
Di conseguenza, il fatto stesso di riconoscersi come 
quell'individuo di fronte all'Inquisitore era 
sufficiente all'Inquisitore stesso per avere, in base 
alla legge canonica, il totale controllo sul destino 
di quella persona.

Le accuse, a quel punto, sarebbero state formalizzate 
successivamente, se necessario. Ma, il più delle volte, 
la persona sarebbe stata torturata fino a che qualche 
tipo di confessione di un crimine previsto dalla legge 
canonica fosse stata estorta - soprattutto nei successivi 
secoli, sarebbero state principalmente storie fittizie di 
streghe e magia ad essere promosse dalla Chiesa per poi 
utilizzarle per mettere in catene, torturare ed uccidere 
innocenti, spesso con problemi mentali.

Il periodo di maggiore potere 
del Culto Satanico 
Veneziano

Il Culto Satanico Veneziano ha raggiunto il picco del suo 
potere poco meno 
di 80 anni fa, durante la Seconda Guerra Mondiale, periodo 
in cui fu reso 
effettivo, in particolare ad opera dell'AntiPapa Pio XII, il più 
grande sacrificio 
di innocenti a Moloch della Storia, quando più di 18 milioni 
di persone furono 
arse vive in forni crematori tra l'Unione Sovietica e la Polonia.

Gli stessi campi per il sacrificio umano più importanti furono 
deliberatamente 
collocati in maniera tale da formare in termini geografici il 
più grande Pentagramma 
del Male realizzato nella storia.



L'altro volto di Apollo

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona, libro e il seguente testo "Marcel Detienne Apollo con il coltello in mano Adelphi"


Dietro il volto luminoso e rassicurante di Apollo si nascondono la lama insanguinata di un coltello, l'impurità della malattia e la dissoluzione della morte. Le tracce sono semicancellate dal tempo ma si scorgono ancora: innanzitutto nei riti e nelle pratiche religiose. Ma anche nella letteratura: dai poemi di Omero fino all'"Orestea" di Eschilo, ecco apparire un altro Apollo, latore implacabile di pestilenze e di lutti, avido di stragi, compiaciuto dei suoi altari cruenti, impastati di cenere, sangue e umori. Marcel Detienne, studioso del mondo greco arcaico, attraverso questo saggio, ci conduce nei più segreti recessi del dio "simile alla notte".

Sempre sull'Elmo di Oppeano

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "w Stanzino delle matematiche, Galleria degli Uffizi, Firenze."


Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "Cappello ad alambicco, XVIII secolo, Museo di Santa Maria Novella, Firenze."

Condivido una scoperta entusiasmante. A Firenze, alla Galleria degli Uffizi, nello Stanzino delle matematiche è conservato l'affresco di un matematico con un cappello a punta da cui esce uno schizzo che "feconda" un quaderno contenente il Teorema di Pitagora.
In una teca del museo di Santa Maria Novella c'è anche l'originale: un cappello a punta per matematici, con l'interno foderato in stagno e l'esterno in rame. Fino ad oggi ho conosciuto solo un matematico che si avvalesse di questo prezioso strumento (che, certo, conferendo al suo possessore una indubbia superiorità, potrebbe essere considerato sleale dai matematici che non lo utilizzano)

lunedì 20 settembre 2021

La parusia o l'eterno ritorno

Il pensiero abissale dell'Eterno Ritorno vuole liberare le cose da una  tragicità senza redenzione

"Il tempo ciclico e il tempo progressivo sollecitano due stati d'animo fondamentali dell’uomo, il ricordo e la speranza. Sono i due edificatori della sua dimora. In loro s’incontrano padre e figlio, spirito conservatore e spirito riformatore. Mentre il ritorno viene determinato da forze estranee al nostro mondo, la speranza, accanto al suicidio e al dolore, è un segno distintivo dell’uomo. È sconosciuta agli animali. L’animale ricorda: attende il ritorno e soffre se esso gli si nega. La speranza è umana e terrena, è un segno di imperfezione. Ma è già una condizione superiore, nella quale l’imperfezione viene avvertita. Quello che noi oggi chiamiamo progresso è speranza secolarizzata: il fine è terreno ed è chiaramente iscritto nel tempo."
E. Jünger, “Il libro dell'orologio a polvere"

domenica 19 settembre 2021

IL TEMPIO ETRUSCO DI PIEVE A SOCANA (CASTEL FOCOGNANO)

PIEVE DI SOCANA, luoghi e reperti etruschi in Casentino


La Pieve di Sant’Antonio a Socana si trova in un importante punto di confluenza tra il torrente Rassina e l’Arno, alla destra di quest’ultimo.
I lavori di restauro della Soprintendenza ai Beni Architettonici, Artistici e Storici di Arezzo, che si svolsero fra il 1969 ed il 1973, per evidenziare, sotto la chiesa romanica monoabsidata, quella paleocristiana con tre absidi ed il campanile circolare di tipo ravennate, misero in luce nella zona retrostante la chiesa un’area etrusca. Il luogo era d’altra parte già stato indiziato fin dal 1929 per il ritrovamento di due antefisse in terracotta a tre metri dalle absidi della chiesa.
L’ara era stata manomessa in antico, tanto che manca della parte superiore e che se ne sono recuperati molti blocchi nel muro est-ovest, che va sotto alle fondazioni dell’abside nord della chiesa.
Successive esplorazioni all’esterno delle absidi hanno messo in luce l’esistenza di un tempio etrusco. L’esplorazione sistematica della zona resta ancora da compiersi, anche per quanto riguarda le strutture pertinenti al tempio stesso, in quanto la pavimentazione dell’attuale chiesa era già stata completata nel corso dei restauri e non è stato quindi possibile uno scavo integrale. Si è solo potuto accertare, scavando dall’esterno, come l’orientamento del tempio etrusco dovesse essere ad est e quindi opposto a quello dell’attuale pieve.
È stata inoltre evidenziata sotto uno spesso strato di distruzione un’ampia gradinata di accesso al tempio (m. 18,40), consistente in almeno 12 gradini inquadrati da due basamenti quadrangolari modanati. La gradinata è di arenaria coperta da frammenti di travertino che dovevano costituirne il rivestimento. I gradini hanno un’alzata di cm. 20 ed un ripiano di cm. 40.
Si è ritrovato anche un altro muro sotto le strutture laterali della chiesa, nella zona in cui sono stati trovati grandi elementi circolari in pietra fetida, che verrebbero ad essere inclusi nel recinto del tèmenos. I materiali rinvenuti corrispondono a due fasi di vita del tempio.
Le antefisse più antiche a testa di menade si distinguono in due varietà forse cronologicamente situabili a qualche decennio l’una dall’altra (460-440 a.C.). Esse presentano influssi di stile severo e percorrono moduli ampiamente diffusi nella statuaria chiusina, ripresi nella coroplastica in esemplari di menadi simili alle nostre, del resto esistenti anche ad Arezzo. Questa direttrice da Chiusi verso il nord fino all’area emiliana è attestata anche dalla diffusione dei bronzetti. Le antefisse di epoca ellenistica (metà II sec. a.C.), che sono a testa di Minerva, ripetono un tipo ampiamente diffuso a Cosa, Tarquinia, Talamone, Chiusi, ed a Socana raggiungono l’estrema diffusione nord.
Il tempio ha segni di una distruzione violenta ad opera del fuoco, e non sembra che il culto sia proseguito in età romana.
Tale distruzione può essere avvenuta proprio verso gli inizi del I sec. a.C., perché non esiste traccia di ceramica aretina, né di altre classi databili dell’età romana.
Al tempio appartenevano, come si è già accennato, più elementi circolari in pietra fetida di cui due iscritte e recanti i nomi della famiglia patrona della costruzione del santuario la “gens KREINIE”, interpretate come doni votivi al dio etrusco del sole USIL.
UN REPERTO ANCORA DA DECIFRARE
Il santuario di Pieve a Socana, oltre agli importanti resti di un tempio tuscanico e di un grande altare, ha conservato grandi dischi in pietra fetida, che dovevano essere stati posti all’interno del recinto sacro. Benché il loro uso rimanga ancora incerto, questi dischi sono stati recentemente ritenuti altari per il sacrificio, poggiati sul suolo e dedicati ad una divinità solare e ctonia al tempo stesso, da identificare forse con MANTH.
L’altare discoidale di Socana presenta due testi, uno di difficile lettura e l’altro databile entro i primi decenni del V sec. a.C. e costituito dal solo nome del donatore, Arut Kreinie. La formula usata è molto semplice e dichiara solo il prenome Arut e il gentilizio Kreinie, che lascia trasparire un personaggio di rango.
reperti stanziati presso il Museo archeologico Gaio Cilnio Mecenate, Arezzo

sabato 18 settembre 2021

Sull'anima di Sinesio di Cirene

Lettera aperta che il neoplatonico, Sinesio scrive nel 410 d.C. prima di assumere la dignità di vescovo:

Sinesio di Cirene - Wikipedia
"Non potrò mai convincermi che l'anima abbia più recente origine del corpo. Né ammetterò mai che il mondo e le parti che lo compongono debbano perire. Quanto alla resurrezione, come è concepita dalla comune credenza, è nient'altro per me che una sacra e misteriosa allegoria e sono ben lontano dal condividere le opinioni del volgo... Così come l'occhio può essere offeso da un eccesso di luce, come l'oscurità è di aiuto a coloro che hanno la vista inferma, così io credo che il falso possa essere benefico alla plebaglia e la verità nociva a chi non forte abbastanza da fissare fermamente la luce del vero essere. Se la regola del sacerdozio che vige fra noi mi consente di conservare tali opinioni, posso accettare il sacro ufficio; mi si consenta di filosofare in casa mia e di favoleggiare in pubblico.."
Testo tratto da A.Spina,L.Cavalleri, Sinesio da Cirene, Catarsi, Milano 1979

venerdì 17 settembre 2021

La potenza della luce si coglie nel buio!

"È evidente che viviamo in un’epoca di bassa marea, vale a dire in un’epoca in cui vi è molto da deplorare e poco per cui gioire. Non vi vedo tuttavia ragioni di disperare, o di rassegnarsi. Come ho già detto, la storia è fondamentalmente aperta. Nella vita degli uomini, allorché qualcosa ha termine, qualcos’altro si prepara a fare la sua apparizione.
Non occorre dunque “sperare”, quanto piuttosto rimanere attenti a ciò che sta per accadere. È sempre nel cuore della notte che appare la luce. Persino nell’oscurità più cupa si annuncia una nuova scintilla."
Alain de Benoist
Alain De Benoist, i LIBRI di Alain De Benoist

giovedì 16 settembre 2021

Che storie: la Sacra Cintola di Maria

 l' Assunzione, in cielo da viva, in carne e ossa, di Maria, sposa bambina del vecchio Giuseppe, ingravidata vergine a 14 anni da uno Spirito, partorita vergine e restata in vita sempre vergine. A sua volta figlia di Anna, ingravidata con un bacio dal vecchio sterile Gioacchino e concepita senza il Peccato originale, un peccato che Dio ha affibbiato a tutti gli altri umani dalla nascita. Il compito di Maria era partorire Gesù, padre e figlio di sé stesso e dello Spirito (Trinità) e soffrire di crepacuore perché Dio lo voleva morto in croce per salvare l'umanità dal peccato che egli stesso aveva affibbiato all'umanità. Mentre Maria saliva in Cielo, dalla sua sottana lasciava cadere la Sacra Cintola, 68 cm di lana di capra bordata d'oro (la Madonna si trattava bene). La raccoglieva San Tommaso, che la lasciava al vescovo di Prato, proprietario per 1/3, e al sindaco di Prato, proprietario per 2/3. Nella foto il vescovo che espone il feticcio della Sacra Cintola all'idolatria dei fedeli pratesi dal balcone del suo palazzo principesco. La sua casa fu portata in volo dagli angeli a Loreto, nel 1294. È dogma della Chiesa, quindi parola di Dio. Noi scettici festeggiamo solo le Ferie di Augusto imperatore. 

L' Assunzione di Maria-fb_img_1629003441794.jpg

Il "nulla" apre alla bocca dell'abisso, all'infinito

Caos (mitologia) - Wikipedia

“L’<<Essere>> o <<ciò che è>> non può essere reale, è un ‘plenum’. È esteso, <<simile a una sfera>> nella sua intrinseca simmetria. Ma se è di per sé un ‘plenum’ e tutto di <<corpo reale>> (dobbiamo mettere queste parole fra virgolette, ma dobbiamo usarle, perché quanto viene aggiunto dai sensi è soltanto fenomenologico, Luce e Notte), è anche indistinguibile dallo spazio isotropico. È un genere ben strano di <<corpo>>, privo com’è di ogni concretezza. Sarebbe più aderente a questo stadio dell’ideazione chiamarlo non <<corpo reale>>, bensì <<corpo del mio pensiero>>; corpo di Verità, corpo di realtà; non Essere, bensì <<Ess-ente>>.
È dunque questa la <<Verità>>? Il poema risponde con assolutismo imperatorio che lo è, non essendovi altra via pensabile. Il non-essere <<non è dicibile>> perché, a stretto rigor di termini, non è in nessun posto. Essere è come dire che è. Ma da questo picco stratosferico di immediatezza logica non si fa ritorno, e neppure si può avanzare, se non nella teoria matematica; intorno a questo punto in ogni direzione si apre un abisso.”
G. de Santillana, “Prologo a Parmenide”

La magia di quando un libro filosofico agisce sul profondo della nostra mente

3.585 foto e immagini di Spruzzi Di Una Goccia Che Cade - Getty Images
Gli scritti nietzschiani possiedono un fascino misterioso, che ha incuriosito e colpito molti, tra cui Giorgio Colli, curatore dell’edizione italiana dell’opera omnia di Nietzsche. La sua introduzione allo Zarathustra contiene un avvertimento al lettore: «questa bevanda è magica» "Che questo libro agisca come una droga, è un fatto più o meno generalizzato, che i suoi avversari vorrebbero contestare, mentendo a se stessi. Ma l’orzo triturato che forma il tessuto molecolare dell’opera non è altro che un mescolarsi di conoscenze intuitive allo stato nascente, e il miele della narrazione in cui tale materiale viene agitato non può che accrescerne la potenza immediata di comunicazione "(Colli 1983, p. XIII-XIV) 
Si può scegliere se e come berla, si può ricorrere o meno all’antidoto della ragione, ma non si possono negarne le virtù incantatrici. Ma qual è il raggio d’azione di questo potere comunicativo? Come dobbiamo interpretare il sottotitolo, che recita: «Un libro per tutti e per nessuno»? Ci viene in aiuto Martin Heidegger che individua nell’espressione «per tutti» un invito rivolto non a chiunque, ma a ogni uomo in quanto tale. L’aggiunta «per nessuno» sarebbe una sorta di ammonimento: non si cimenti nella lettura chi si lascia abbagliare dal fascino del linguaggio, senza riuscire a cogliere la verità che si nasconde nel tessuto del testo . Il sottotitolo lancia dunque il guanto della sfida, e attraverso tale lente può essere letta ogni pagina dello Zarathustra: il lettore è chiamato a indossare la propria natura umana, esponendosi così al rischio di essere colpito nel vivo delle sue antiche rassicuranti convinzioni. La ricompensa è insita nell’atto stesso della sfida, nella promessa cioè di una conoscenza a cui si accede solo dopo essersi liberati dalla corazza della logica razionale. Una conoscenza danzante.

mercoledì 15 settembre 2021

Uno dei più importati miti della storia religiosa dell'uomo


Potrebbe essere un'immagine raffigurante palme e il seguente testo "Jurgis Baltrušaitis LA RICERCA DI ISIDE saggio sulla leggenda isul di un mito ADELPHI"

Costruita sulle versioni di Ovidio e Sant'Agostino, la leggenda delle divinità egiziane Iside e Osiride attraversa la cultura europea diffondendosi negli ambienti massonici e affascinando artisti ed eruditi di ogni genere: tra gli altri, Boccaccio, Pinturicchio, Nanni da Viterbo, Kircher e Mozart. La descrizione di un Egitto immaginario il cui mito si arricchisce via via di testimonianze spesso oscure o apocrife , se non completamente inventate, viene così a sostituirsi alla ricostruzione storica. Percorrendo a ritroso la storia della cultura occidentale dall'ottocento al medioevo, Baltrusaitis tenta di ricostruire l'esegesi di questa leggenda: fonti prestigiose, letterarie e figurative, si intrecciano a incredibili interpretazioni etimologiche, a fantasiose trattazioni erudite, in costante bilico tra ragionamento impeccabile e ipotesi visionaria, volte a rinvenire simboli e tracce di antichi culti in un ambito geografico che dall'Europa si allarga agli altri continenti. Una trama fittissima che il libro restituisce interamente; solo nel capitolo conclusivo, tuttavia, si tenta di recuperare le fila di questa vicenda, nei cui labirinti il lettore rischierebbe di perdersi