Nella casa natale di Benito Mussolini a Predappio si trovare anche l’originale bandiera della Sezione del Partito Socialista di Dovìa, all’interno del quale Mussolini iniziò la sua carriera politica. La bandiera risale al 1913 e gli unici due colori presenti su di essa sono il rosso e il nero; vi si può leggere in alto “Sezione di Dovìa” e sotto “Fate largo che passa il lavoro”, frase dettata da Mussolini
domenica 30 aprile 2017
sabato 29 aprile 2017
Già la teologia egiziana individuava nell'anima la frazione immortale
Così scrive Esiodo
A sentire
gli Egiziani i re dell’oltretomba sono Demetra e Dioniso.
E gli
egiziani furono i primi a sostenere che l’anima è immortale e che trasmigra
perito il corpo, in un altro essere vivente, che sta nascendo a sua volta
venerdì 28 aprile 2017
L'alta e prima concezione religiosa
"Il platonismo si è rivelato la concezione del mondo più vicina al sentire della religione in quanto tale e, per parte sua, la terminologia del platonismo si è dimostrata il linguaggio più adatto a esprimere la vita religiosa."
P.A. Florenskij
Negrar è diventato famoso anche per il neologismo che ha fatto nascere legato alla speculazione edilizia ..... riporto dal vocabolario dalla Treccani
Anche questo è la Valpolicella
negrarizzazione s. f. Urbanizzazione speculativa, e al di fuori di ogni controllo, del territorio compreso nel comune di Negrar, in provincia di Verona. ◆ Il contePieralvise Serego Alighieri , cinquantenne, vignaiolo di Gargagnago, ultimo discendente del Sommo Poeta, può, a buon diritto, parlare di storia. Spende volentieri il suo nome, quale presidente dell’associazione «SalValpolicella» (70 iscritti), per una battaglia in cui crede moltissimo e che raccoglie adesioni tra molti abitanti dei 5 comuni dell’area veneta, oggi assediata dal cemento. Al punto che è stato coniato il neologismo «negrarizzazione», che ricorda il più famoso «rapallizzazione» per indicare il proliferare della speculazione edilizia. «In effetti – spiega il conte Serego Alighieri – Negrar è il paese più degradato dei cinque. Ma, avanti così, l’identità di tutta la Valpolicella è destinata a scomparire». (Marisa Fumagalli , Corriere della sera, 13 gennaio 2007, p. 23) • «nell’ultimo capitolo ho chiarito il concetto di negrarizzazione, neologismo coniato da un architetto veronese con il quale si intende definire “lo sfruttamento non pianificato di un’area senza rispetto per l’impatto ambientale”. È un fenomeno che ha avuto origine, come suggerisce il nome stesso, nel paese di Negrar, ma che poi ha finito con l’allargarsi e interessare l’intera vallata» [Monica Beghini intervistata da Giancarla Gallo ]. (Arena, 27 marzo 2007, p. 29, Cronaca della Provincia).
Derivato dal toponimo Negrar con l’aggiunta del suffisso -izzazione.
negrarizzazione s. f. Urbanizzazione speculativa, e al di fuori di ogni controllo, del territorio compreso nel comune di Negrar, in provincia di Verona. ◆ Il conte
giovedì 27 aprile 2017
La sacra oscenità, Baubò la dea lasciva
E' un
ragionamento che deriva da una considerazione personale riguardo alle
rappresentazioni che ci diamo nei sogni.
In qualche modo, almeno per quanto mi riguarda, mi pare che qualunque sia il ruolo delle entità che ci rappresentano oniricamente, manchi la componente giudicante (negativamente giudicante).
Come se nelle azioni prodotte e manifestate vi fosse una logica a prescindere dalla morale che a volte al risveglio ci fa rabbrividire per la crudeltà o per l'oscenità di ciò che ricordiamo (anche perchè diciamocelo, sono in molti più dei santi che al fondo di sè trovano l'essere divino, quelli che trovano una deità pagana, blasfema, irriverente, sconcia o dissoluta che dir si voglia).
In qualche modo, almeno per quanto mi riguarda, mi pare che qualunque sia il ruolo delle entità che ci rappresentano oniricamente, manchi la componente giudicante (negativamente giudicante).
Come se nelle azioni prodotte e manifestate vi fosse una logica a prescindere dalla morale che a volte al risveglio ci fa rabbrividire per la crudeltà o per l'oscenità di ciò che ricordiamo (anche perchè diciamocelo, sono in molti più dei santi che al fondo di sè trovano l'essere divino, quelli che trovano una deità pagana, blasfema, irriverente, sconcia o dissoluta che dir si voglia).
La dea Baubo è
un po' l'incarnazione simbolica dell'immaginario femminile che ognuna di noi
porta dentro di sè che ne sia o meno consapevole.
E secondo me spesso è sofferente e mortificata o relegata appunto nei panni sudici delle fantasie inconfessate o da rivestire in quelli più nobili della poesia o dei veli del raffinato erotismo.
Eppure la natura si fa pochi riguardi, come avviene nei sogni le cose vengono spiattellate per quello che sono, riconosciute come tali e fatte agire nella maggiore libertà possibile consentita dalle remore e censure che dallo stato conscio sono riuscite a passare in quello inconscio.
E secondo me spesso è sofferente e mortificata o relegata appunto nei panni sudici delle fantasie inconfessate o da rivestire in quelli più nobili della poesia o dei veli del raffinato erotismo.
Eppure la natura si fa pochi riguardi, come avviene nei sogni le cose vengono spiattellate per quello che sono, riconosciute come tali e fatte agire nella maggiore libertà possibile consentita dalle remore e censure che dallo stato conscio sono riuscite a passare in quello inconscio.
"Alcuni
anni fa, quando presi a raccontare «storie delle dee sporcaccione», le donne
sorridevano, poi si mettevano a ridere sentendo narrare gli exploits delle
donne, reali e mitologiche, che avevano usato la sessualità, la sensualità, per
ottenere qualcosa, affermarsi, alleviare la tristezza, sollecitare il riso,
rimettendo così a posto qualcosa che era andata storta. Fui anche colpita da
come le donne passavano al riso: prima dovevano mettere da parte tutta la loro
educazione, secondo cui non era da vere signore.
Vidi che
questo «comportamento da signore» in realtà, al momento sbagliato, soffocava le
donne invece di farle respirare liberamente. Per ridere bisogna espirare e
inspirare in rapida successione. Sappiamo dalla chinesiologia e dalle terapie
come l’Hakomi che con la respirazione profonda sentiamo le nostre emozioni,
mentre quando non desideriamo sentire, smettiamo di respirare, tratteniamo il
respiro.
Nel riso, la donna può cominciare a respirare davvero, e cominciare quindi a sentire sensazioni non autorizzate. Ma quali sensazioni? Non tanto di sollievo, né di conforto, quanto di apertura a lacrime trattenute o a memorie dimenticate, o la rottura delle catene messe alla personalità sensuale".
Nel riso, la donna può cominciare a respirare davvero, e cominciare quindi a sentire sensazioni non autorizzate. Ma quali sensazioni? Non tanto di sollievo, né di conforto, quanto di apertura a lacrime trattenute o a memorie dimenticate, o la rottura delle catene messe alla personalità sensuale".
"Storie
«tra-le-gambe» si ritrovano in tutto il mondo. Una è la storia di Baubo, una
dea dell’antica Grecia, la cosiddetta «dea dell’oscenità». Ha nomi più antichi,
come Iambe, ed evidentemente i greci la ripresero da ben più antiche
culture. Sono esistite dee archetipe selvagge della sessualità sacra e della
fertilità Vita/Morte/Vita fin dall’inizio dei tempi.
Un unico riferimento a Baubo negli scritti a noi pervenuti dall’antichità fa pensare che il suo culto venne distrutto e sepolto sotto lo scompiglio delle varie conquiste. Sento che da qualche parte, forse sotto le colline silvane o i laghi nascosti tra i boschi in Europa e in Oriente, esistono templi a lei dedicati, con tanto di icone ossee.
Non è dunque un caso se pochissimi hanno sentito parlare di Baubo, ma ricordate che basta un coccio per ricostruire l’insieme. In questo caso il coccio esiste, perché è arrivata a noi una storia in cui compare Baubo. È una delle divinità più amabili e picaresche che abbiano abitato l’Olimpo. Questa è la mia cantadora, la versione basata sull’antico selvaggio frammento di Baubo che ancora occhieggia nei miti greci dopo l’epoca matriarcale e negli inni omerici".
Un unico riferimento a Baubo negli scritti a noi pervenuti dall’antichità fa pensare che il suo culto venne distrutto e sepolto sotto lo scompiglio delle varie conquiste. Sento che da qualche parte, forse sotto le colline silvane o i laghi nascosti tra i boschi in Europa e in Oriente, esistono templi a lei dedicati, con tanto di icone ossee.
Non è dunque un caso se pochissimi hanno sentito parlare di Baubo, ma ricordate che basta un coccio per ricostruire l’insieme. In questo caso il coccio esiste, perché è arrivata a noi una storia in cui compare Baubo. È una delle divinità più amabili e picaresche che abbiano abitato l’Olimpo. Questa è la mia cantadora, la versione basata sull’antico selvaggio frammento di Baubo che ancora occhieggia nei miti greci dopo l’epoca matriarcale e negli inni omerici".
"Nel
sacro, nell’osceno, nel sessuale c'è sempre una risata selvaggia in attesa, un
breve passaggio di riso silente, o la risata di una vecchia, o il respiro
affannoso che è riso, o il riso che è selvaggio e animalesco, o il trillo che è
come una scala musicale. Il riso è un lato nascosto della sessualità femminile;
è fisico, elementare, appassionato, vitalizzante e pertanto eccitante. È una
sessualità senza scopo, a differenza dell'eccitazione genitale. È una
sessualità della gioia, per un istante appena, un vero amore sensuale che vola
libero e vive e muore e di nuovo vive della sua propria energia. È sacro perché
è così salutare. È sensuale perché risveglia il corpo e le emozioni. È sessuale
perché è eccitante e provoca ondate di piacere. Non è unidimensionale, perché
il riso si spartisce con se stessi e con tanti altri. È la sessualità più
selvaggia nella donna".
Il sacro e l'osceno hanno la stessa matrice; sono indivisibili, dal primo scaturiscono la serietà e il dolore, dal secondo il divertimento e la risata. E' questo genere di esagerazioni quelle che ci concediamo nei sogni e penso sia bene vivere anche nella realtà, perchè da un certo punto in poi sarà solo in sogno che potrà manifestarsi e liberarsi.
Il sacro e l'osceno hanno la stessa matrice; sono indivisibili, dal primo scaturiscono la serietà e il dolore, dal secondo il divertimento e la risata. E' questo genere di esagerazioni quelle che ci concediamo nei sogni e penso sia bene vivere anche nella realtà, perchè da un certo punto in poi sarà solo in sogno che potrà manifestarsi e liberarsi.
A un certo punto mancheranno le occasioni, le energie e in compenso
aumenteranno le pance flosce da far ballare in qualche sonora risata che un
particolare o una battuta riescono ancora a risvegliare in chi ha letto questo
libro un bel po' di anni fa e lo consiglia alle giovani che potrebbero essere
sue figlie, se hanno ancora da leggerlo, perchè possano arricchire le occasioni
finchè sono frequenti e possibili.
E' così, parola di una vecchia mangia pane e oscenità a tradimento.
E' così, parola di una vecchia mangia pane e oscenità a tradimento.
I corsivi
sono tratti da "Donne che corrono coi lupi" di Clarissa Pinkola
Dal blog Momentaneamente: http://teti900.blogspot.it/2012_01_01_archive.html
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