mercoledì 29 maggio 2013

Templari e festival biblico a Verona

IL MARTIRIO DELLA MEMORIA Di Cavalleri Bruno Navigando nella rete e digitando su qualsiasi motore di ricerca la parola templari, si apre al curioso un mondo di sorprese: accanto a siti che trattano di esoterismo, di storia o di occultismo, spesso ci si imbatte in associazioni, o “ordini”, che rivendicano in qualche modo la discendenza da questo antico e nobile Ordine cavalleresco. Sfatiamo subito una leggenda: i Templari (quelli veri, scritti con la T maiuscola) oggi non esistono più; sono stati cancellati per sempre dalla Storia in seguito al tramonto dell’Universalismo cristiano medioevale del quale, assieme a papato ed impero, essi furono i più fieri rappresentanti. Come sostenne a suo tempo R.Steiner, la scomparsa di questi cavalieri rappresentò, per lo sviluppo della spiritualità europea un brusco inciampo: essi attraverso la pratica di un sincero sincretismo religioso, il continuo contatto con le civiltà del Vicino Oriente (all’epoca molto più evolute di quella Occidentale), giunsero ad elaborare una peculiare spiritualità che aprì la strada, purtroppo molto tempo dopo proprio perché essi furono drammaticamente cancellati dalla Storia, alla moderna tolleranza praticata dalle vere èlitès religiose. Fu proprio il modo cruento con il quale essi furono soppressi a creare ed alimentare continuamente la linfa di tutta una serie di leggende che finì per cucire addosso ai poveri Templari una veste (anzi un guardaroba!!!) che essi mai avrebbero indossato. Comunque, dopo la soppressione dell’Ordine, decretata al Concilio di Vienne, di Templari non si sentì più parlare, almeno fino alla fine del XVII sec. quando Filippo d’Orlens, di fatto, rifondò l’Ordine. Mettiamo subito in chiaro una cosa: tutte queste “rifondazioni” vanno lette in chiave squisitamente strumentale: Filippo rifondò i templari per farne un covo di opposizione all’assolutismo di Luigi XIV, cosi come, un secolo dopo Napoleone sostenne l’istituzione per farne un covo di antipapismo da poter adeguatamente sfruttare nella sua lotta contro la Santa Sede. La maestranza di Raimond Fabrè Palabrat, all’inizio del XIX secolo, sostenuta appunto da Napoleone, fu quella che aprì la strada alle moderne istituzioni neotemplari. Un falso clamoroso ma anche grossolano, la cosiddetta Carta di Larmenius, venne fabbricata a dovere per dimostrare che l’ordine aveva continuato a sopravvivere in clandestinità attraverso i secoli e da allora, attraverso mille vicissitudini, scissioni e vicende poco chiare i vari gruppi neotemplari sono arrivati ai giorni nostri, combattendosi spesso aspramente ed accusandosi vicendevolmente, in maniera ben poco cavalleresca, di praticare ad esempio il satanismo o altre facezie del genere… In questi ultimi anni, complici anche il successo di una letteratura pseudo storica ma soprattutto una buona dose di ignoranza, gli adepti di questi “Ordini” sono aumentati a dismisura e sono aumentati anche i gruppi poiché spessissimo si assiste a scissioni, devianze ecc… Oggi il panorama neotemplare italico appare quantomeno diviso e variegato: documentata è l’esistenza di almeno una ventina di conventicole, con un numero di adepti variabile (da poche decine ad alcune centinaia), ognuna delle quali, come già detto, rivendica la propria legittimità a discapito delle altre. Il problema, a mio modestissimo avviso stà proprio in questo: tutti questi gruppi, per quanto si spertichino a dichiarare la loro assoluta fedeltà ala Chiesa in attesa di un riconoscimento, che forse non arriverà mai, non hanno ereditato nulla, ma proprio nulla di ciò che gli antichi Templari furono, a parte il nome naturalmente. Un neofita che entra in una delle sopracitate associazioni nel migliore dei casi finirà per entrare in un gruppo di preghiera in costume e si troverà coinvolto in una serie di pratiche tra il fanatico ed il bizzarro. Altri, meno fortunati, finiranno tra le grinfie di furbetti che mungeranno loro un pò di quattrini, in cambio di vanagloria, un mantello e tante patacche. Cosi, tra cerimonie pompose, spade, urla di battaglia, stemmi araldici ed altre facezie del genere, si consuma un vero e proprio martirio della memoria che la Chiesa dovrebbe in qualche modo, essendo l’unica a poterlo fare, cercare di fermare. Qualche anno fa, nella diocesi di Roma, visto il dilagare e il degenerare di questi gruppi, il cardinale Riuni rese pubblica una celebre dichiarazione con la quale si faceva espressa proibizione ai parroci di concedere le chiese a gruppi cavallereschi che non fossero espressamente tutelati e riconosciuti dalla S.Sede. Di recente il divieto è stato esteso a tutte le diocesi italiane tuttavia, a giudicare dalla enorme quantità di sacerdoti che entrano in questi ordini, parrebbe totalmente ignorato. Esiste anche un gruppo che si occupa di smascherare i falsi gruppi cavallereschi, che in più occasioni si è appellato ai vicari episcopali, cercando di rendere almeno edotte le autorità religiose locali della situazione di irregolarità della quale esse permettono lo svolgimento spesso, va precisato, ricevendo risposte del tutto evasive…......................................................................................................................... https://a1917.gastonecrm.it/uploads/File/Attivita2013/I_Templari_alla_Verona_Minor_Hierusalem_-_Guida_Generale.pdf, Questo è il cammino proposto dai nuovi templari cattolici nella città scaligera?

Steiner e la sua teoria sociale

La teoria sociale di Steiner. Né di destra né di sinistra. 29 settembre 2012 – 10:06 Pubblicato in economia, politica, riflessioni Contrassegnato da tag Arditi, Fabio Tombari, Georges Dumézil, Guglielmo Longo, Massimo Scaligero, Rudolf Steiner Sia detto per celia, ma per come vanno le cose in politica, e con la prospettiva poco allettante delle prossime elezioni, opterei per il colpo di Stato. Sto scherzando, ovviamente, faccio tanto per dire. State tranquilli, non voglio i colonnelli. Però, tanto per dire, non mi dispiacerebbe una soluzione golpista come quella che tentò un tale Guglielmo Longo ai tempi del regime fascista. Almeno per come la racconta Massimo Scaligero nel suo saggio autobiografico “Dallo yoga alla Rosacroce” (appena ripubblicato dalle Edizioni Mediterranee, a quarant’anni dalla prima edizione). Scaligero lasciò le sue spoglie mortali nel 1980, ultrasettantenne; figura volutamente lontana dalla “cultura” ufficiale e dalle passerelle dei nomi noti, fu pensatore, esoterista, saggista (dagli oltre venti titoli) e giornalista. Seguace e continuatore dell’antroposofo Rudolf Steiner, elaborò un sistema di meditazione adatto all’uomo occidentale contemporaneo. Non è però di meditazione che voglio parlare, non renderei buon servizio a Scaligero spiegando in poche righe il suo pensiero; chi è interessato può andare a leggersi le suo opere. Invece l’aneddoto storico, l’avventura del signor Guglielmo Longo raccontata da Scaligero, merita attenzione in questa sede. Quantomeno come spunto. Longo aveva combattuto la prima guerra mondiale fra gli Arditi. Un “simpatico scavezzacollo”, un poeta e un compagnone dalla “sonora risata”. Ebbene, un giorno Longo annunciò a Scaligero (dal quale aveva assorbito un po’ rozzamente alcuni insegnamenti spirituali) che aveva architettato un colpo di Stato: scioglimento del Partito Fascista, prepensionamento di Mussolini, instaurazione di un regime basato sulla “triarticolazione dell’organismo sociale”, ovvero sulle proposte di Steiner. Quest’ultimo è poco considerato da sociologi, filosofi ed economisti dentro e fuori le accademie, per il comprensibile scoglio di una visione del mondo fortemente spirituale. È però confortante che un nome del calibro di Geminello Alvi, non semplice economista ma pensatore eclettico e spregiudicato, citi e lodi spesso la “triarticolazione” steineriana nelle sue opere. Ricordarci inoltre che in fondo si tratta della distinzione fra le tre sfere dell’agire umano tipiche della tradizione indoeuropea (ben studiate da Georges Dumézil), ripensate per la civiltà moderna. In sintesi, gli indoeuropei (indù, persiani, antichi greci, romani e vichinghi) e Steiner suggeriscono di restituire piena autonomia alla produzione e distribuzione di beni, alla politica intesa come scienza del Diritto e alla dimensione intellettuale e culturale. Ognuno di questi ambiti dovrebbe essere padrone in casa sua. Insomma, occorre immaginare una civiltà in cui l’economia non è controllata dallo Stato, ma nemmeno le sorti della politica dipendono dagli andamenti dei mercati. E scuole, ospedali, chiese, case editrici, università, laboratori scientifici e artistici, pensatoi vari sono liberi da condizionamenti statali o di portafoglio. Certo, le tre sfere non devono diventare monadi isolate e indifferenti alle sorti delle altre; solo la circolazione di stimoli fra di loro permette la vita e la salute della società. Solo il libero scambio, appunto libero. Come libero dovrebbe essere per ogni cittadino il passaggio da una sfera all’altra, che non sono caste chiuse e rigide. Ci pare pleonastico aggiungere che non è prevista la schiavitù (non si può dire lo stesso del capitalismo globalizzato o del neo-comunismo cinese), semmai delle corporazioni, nel senso nobile e solidale della parola. Sembra roba seria, la teoria sociale di Steiner, di buon senso, per nulla ideologica, anzi libertaria e al contempo organica. Né di destra né di sinistra. Nemmeno c’è bisogno di essere antroposofi per prenderla in considerazione. Ambienti dell’Impero Austro-Ungarico, ad esempio, ci fecero più di un pensierino, ma la catastrofe del 1918 buttò tutto all’aria. E il tentativo di Longo? Scaligero non si interessava di politica, si considerava “il contrario di quel che è un uomo politico”. Non diede troppo spago all’ex ardito, più che altro si assicurò che l’esclusione della violenza fosse un punto fermo dell’impresa. Poiché Longo sosteneva di aver coinvolto “personaggi chiave della cultura e delle forza armate”, Scaligero gli chiese comunque di tenerlo aggiornato. Alla fine il golpe steineriano rimase “inceppato nella più volgare delle difficoltà: quella dei mezzi finanziari”. Abbandonato da tutti, Longo scelse di percorrere una via solitaria al regime-change. Gli andò male e finì in galera. Noi non vogliamo seguire il suo destino, non abbiamo in mente colpi di Stato stiamo scherzando, tanto per dire. Però chiudiamo con altro aneddoto storico, non raccontato da Scaligero ma altrove dallo scrittore Fabio Tombari. Anch’esso antroposofo, però amico personale di Mussolini, gli consigliò la lettura de “I punti fondamentali della questione sociale”, l’opera in cui Steiner spiega la “triarticolazione” Erano i giorni drammatici di Salò, il Duce pare gli rispose: “L’Italia brucia, abbiamo le ore contate e con tutto quello che c’è da fare mi dai da leggere un libro!”. Invece il libro lo lesse, se dobbiamo fidarci di Tombari; qualche giorno dopo l’uomo di Predappio ammise che in quelle pagine aveva trovato “la risposta che tanto ho cercato per tutta la vita”. Per lui e per il fascismo era troppo tardi. Noi, invece, quanto tempo abbiamo?

venerdì 24 maggio 2013

Un testo critico verso Guénon

Contro Guénon? 14 luglio 2011 (19:51) | Autore: Michele Fabbri René Guénon è un’autorità indiscussa nell’approccio tradizionale agli studi storici e filosofici, e i suoi scritti conoscono una diffusione crescente e conquistano lettori sempre più appassionati. Tuttavia non mancano critici e detrattori del grande intellettuale francese: un recente saggio in questo senso è Contre Guénon dello scrittore belga Jean van Win. L’autore è un dichiarato sostenitore dei “valori democratici” (droga? aborto? mafia? corruzione?). Per van Win la democrazia, l’uguaglianza, l’emancipazione femminile, sono principi per cui val la pena di vivere e, all’occorrenza, di morire: al vertice di questi illuminati valori, van Win mette il “dovere d’ingerenza” (proviamo a immaginare lo scrittore belga con elmetto e giubbotto antiproiettili che combatte nelle guerre “umanitarie”…). A rendere più chiare le posizioni dell’autore l’introduzione del volume afferma di voler mettere in risalto l’estraneità del pensiero di Guénon all’umanitarismo massonico, ma su questo non avevamo dubbi! Dunque le obiezioni che van Win muove a Guénon sono quelle usualmente utilizzate dallo stupidario progressista che sentiamo tutti i giorni sui mass media. Il pensiero guénoniano è assimilato al fascismo, al nazismo, al razzismo, all’antisemitismo: tutte argomentazioni di sicuro effetto sulla psicologia larvale del gregge democratico… Per il nostro illuminato scribacchino la cordiale amicizia intellettuale di René Guénon con Julius Evola è un fatto scandaloso, anche se in realtà i due autori, pur partendo da una comune critica alla modernità svilupparono filoni di pensiero piuttosto differenziati. L’autore poi irride la teoria del complotto mondiale di cui Guènon è stato attento studioso. Oggi che il mondialismo si manifesta apertamente con tanto di riconoscimenti istituzionali, la tesi negazionista della propaganda di regime si sbugiarda da sola… Dove il saggio di van Win raggiunge esiti tragicomici è quando l’autore attacca l’atteggiamento fideistico della cultura tradizionalista: se i lettori applicano questa critica ai dogmi egualitari della cultura contemporanea avranno modo di farsi quattro risate… Al di là delle posizioni culturali dell’autore di Contre Guénon, nel saggio si possono trovare motivi d’interesse su alcuni punti che riguardano la formazione di Guénon, le sue fonti, le sue eclettiche frequentazioni culturali. Innanzi tutto la fascinazione per l’Oriente sembra dovuta a una moda culturale che ha radici molto antiche in Europa e in particolare in Francia: l’idea dell’Oriente come luogo di origine, come orizzonte esotico portatore di chissà quali misteri è sempre stata un luogo comune molto diffuso. Guénon era particolarmente affascinato dall’India, che però non ebbe mai modo di visitare e, secondo van Win, Guénon non conosceva il sanscrito e leggeva i testi induisti solo in traduzione. L’esoterista francese, inoltre, frequentò alcune logge massoniche, ma fu uno dei più qualificati collaboratori della stampa antimassonica dell’epoca! La conversione all’Islam, poi, contrasta con l’appassionata difesa della Chiesa Cattolica di cui spesso Guénon si è fatto alfiere nei suoi scritti. Infine raramente Guénon cita le fonti da cui ha tratto ispirazione. Certamente la vita e l’opera di Guénon possono presentare aspetti ambigui e contraddittori, ma non c’è dubbio che il complesso dei suoi scritti descriva con straordinaria precisione la spaventosa metastasi della degenerazione democratica. La denuncia del pansatanismo che infesta il mondo moderno non è mai stata così convincente come nelle lucide pagine guénoniane, che tuttavia non inducono mai alla disperazione, ma anzi incoraggiano il lettore, con un linguaggio quasi imperturbabile, a una ferma presa di posizione e a una virile assunzione di responsabilità. Da notare infine che van Win rimprovera a Guénon l’assenza di riferimenti all’amore cristiano. In realtà lo stesso van Win, autore di chiare simpatie massoniche, non si esprime propriamente come un chierichetto; e d’altra parte è universalmente noto che le ideologie egualitarie sono per definizione la fabbrica dell’odio! * * *

Anche Rockefeller si sta costruendo la sua Arca come Noe

ROCKEFELLER SI FA L’ARCA DI NOÈ. COSA CI NASCONDE? Rockefeller si fa l’Arca di Noè. Cosa ci nasconde? Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle Svalbard (mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di febbrile completamento la superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà di piante di tutto il mondo. Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione, muraglie di cemento armato spesse un metro. La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen, dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l’isola è quasi deserta. Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare dell’arcipelago, a «conservare per il futuro la biodiversità agricola». Per la pubblicità, è «l’arca dell’Apocalisse» prossima ventura. Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è la Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due colossi del geneticamente modificato), la Pioneer Hi-Bred che studia OGM per la multinazionale chimica DuPont; gruppo interessante a cui s’è recentemente unito Bill Gates, l’uomo più ricco della storia universale, attraverso la sua fondazione caritativa Bill & Melinda Gates Foundation. Questa dà al progetto 30 milioni di dollari l’anno. Ce ne informa l’ottimo William Engdahl (1) che ragiona: quella gente non butta soldi in pure utopie umanitarie. Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del genere? Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro per le università del mondo: che futuro avranno? La Rockefeller Foundation , ci ricorda Engdahl, è la stessa che negli anni ’70 finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di «rivoluzione agricola genetica». Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione dell’Agricolture Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation), e poi dell’International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui partecipò la Fondazione Ford ). Nel 1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il messicano (ma sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement Center, poi con un centro analogo per l’agricoltura tropicale (IITA, sede in Nigeria, dollari Rockefeller). Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on International Agricolture Research. In varie riunioni internazionali di esperti e politici tenuti nel centro conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR fece in modo di attrarre nel suo gioco la FAO (l’ente ONU per cibo e agricoltura), la Banca Mondiale (allora capeggiata da Robert McNamara) e lo UN Development Program. La CGIAR invitò, ospitò e istruì generazioni di scienziati agricoli, specie del Terzo Mondo, sulle meraviglie del moderno agribusiness e sulla nascente industria dei semi geneticamente modificati. Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una rete di influenza straordinaria per la penetrazione dell’agribusiness Monsanto. «Con un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente investiti», scrive Engdahl, «negli anni ’70 la Rockefeller Foundation si mise nella posizione di plasmare la politica agricola mondiale. E l’ha plasmata». Tutto nel nome della scientificità umanitaria («la fame nel mondo») e di una nuova agricoltura adatta al mercato libero globale. I lavori per lo scavo nel granito della Doomsday Seed Vault La genetica è una vecchia fissa dei Rockefeller: fino dagli anni ’30, quando si chiamava «eugenetica», ed era studiata molto nei laboratori tedeschi come ricerca sulla purezza razziale. La Rockefeller Foundation finanziò generosamente quegli scienziati, molti dei quali dopo la caduta di Hitler furono portati in USA dove continuarono a studiare e sperimentare. La mappatura del gene, la sequenza del genoma umano, l’ingegneria genetica da cui Pannella e i suoi coristi si aspettano mirabolanti cure per i mali dell’uomo – insieme agli OGM brevettati da Monsanto, Syngenta ed altri giganti – sono i risultati di quelle ricerche ed esperimenti. Nel 1946, del resto, Nelson Rockefeller lanciò la parola d’ordine propagandistica «Rivoluzione Verde» dal Messico, un viaggio nel quale lo accompagnava Henry Wallace, che era stato ministro dell’Agricoltura sotto Roosevelt, e si preparava a fondare la già citata Pioneer Hi-Bred Seed Company. Norman Borlaug, l’agro-scienziato acclamato padre della Rivoluzione Verde con un Nobel per la pace, lavorava per i Rockefeller. Lo scopo proclamato: vincere la fame del mondo, in India, in Messico. Ma davvero Rockefeller spende soldi per l’umanità sofferente? La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli anni ’70, mentre nasceva la CGIAR : «Chi controlla il petrolio controlla il Paese; chi controlla il cibo, controlla la popolazione». Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con la Standard Oil , guida del cartello petrolifero mondiale. Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo pubblicitario per OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la produzione agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo Mondo, agli interessi di tre o quattro colossi dell’agribusiness euro-americano. In pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e diffusione di nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati nei laboratori dei giganti multinazionali. I semi ibridi hanno un carattere commercialmente interessante per il business: non si riproducono o si riproducono poco, obbligando i contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come fatto da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina. Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio. Sono praticamente un monopolio della Dekalb (Monsanto) e della Pioneer Hi-Bred (DuPont), le stesse aziende all’avanguardia negli OGM. La relativa autosufficienza e sostenibilità auto-alimentantesi dell’agricoltura tradizionale era finita. Ai semi ibridi seguirono le «necessarie» tecnologie agricole americane ad alto impiego di capitale, gli indispensabili fertilizzanti chimici Monsanto e DuPont e con l’arrivo degli OGM, gli assolutamente necessari anti-parassitari e diserbanti studiati apposti per quello specifico seme OGM. Tutto brevettato, tutto costoso. I contadini che per secoli avevano coltivato per l’autoconsumo e il mercato locale, poco importando e poco esportando, non avevano tanto denaro. Ecco pronta la soluzione: lanciarsi nell’agricoltura «orientata ai mercati globali», produrre derrate non da consumo ma da vendita, cash-crop, raccolti per fare cassa. Addio autosufficienza ed autoconsumo, addio chiusura alle importazioni superflue. I contadini potevano vendere all’estero sì: sotto controllo di sei intermediari globali, colossi e titani come la Cargill , la Bunge Y Born, la Louis Dreyfus … La Banca Mondiale di McNamara, soccorrevole, forniva ai regimi sottosviluppati prestiti per creare canali d’irrigazione moderni e dighe; la Chase Manhattan Bank dei Rockefeller si offriva – visto che i contadini non producevano mai abbastanza da ripagare i debiti contratti per comprare pesticidi, OGM e sementi ibride brevettati – di indebitare i contadini in regime privatistico. Ma questo ai grandi imprenditori agricoli con latifondi. I piccoli contadini, per le sementi-miracolo e i diserbanti e i fertilizzanti scientifici, si dovettero indebitare «sul mercato», ossia con gli usurai. I tassi d’interesse sequestrarono il raccolto-miracolo; a molti, divorarono anche la terra. I contadini, accade in India specialmente, dovettero lavorare una terra non più loro, per pagare i debiti. La stessa rivoluzione sta prendendo piede in Africa. Chilometri di monoculture di cotone geneticamente modificato, sementi sterili da comprare ogni anno. E il meglio deve ancora arrivare. Dal 2007 la Monsanto , insieme al governo USA, ha brevettato su scala mondiale di sementi «Terminator», ossia che commettono suicidio dopo il raccolto: una scoperta che chiamano, senza scrupoli, «Genetic Use Restriction Technology», ossia volta a ridurre l’uso di sementi non brevettate. La estensione di sementi geneticamente modificate – ossia di cloni con identico corredo genetico – è ovviamente un pericolo incombente per le bocche umane: una malattia distrugge tutti i cloni, ed è la carestia. Occorre la biodeversità, di cui si sciacquano le labbra ecologisti e verdi radicali. E qui si comincia ad intuire perché si sta costruendo l’Arca di Noè delle sementi alle Svalbard: quando arriva la catastrofe, le sementi naturali dovranno essere controllate dal gruppo dell’agribusiness, e da nessun altro. Le banche di sementi, secondo la FAO , sono 1.400, già per la maggior parte negli Stati Uniti. Le più grandi sono usate e possedute da Monsanto, Syngenta, Dow Chemical, DuPont, che ne ricavano i corredi genetici da modificare. Perché hanno bisogno di un’altra arca di Noè agricola alle Svalbard, con tanto di porte corazzate e allarmi anti-intrusione, scavata nella roccia. Le altre banche sono in Cina, Giappone, Corea del sud, Germania, Canada, evidentemente non tutte sotto il controllo diretto dei grandi gruppi. La tecnologia «Terminator» può suggerire uno scenario complottista fantastico: una malattia prima sconosciuta che infetta le sementi naturali conservate nelle banche fuori-controllo USA, obbligando a ricorrere al caveau delle Svalbard, l’unico indenne. E’ un pensiero che ci affrettiamo a scacciare: chi può osar diffamare benefattori dell’umanità affamata come Rockefeller, Monsanto, Bil Gates, Syngenta? Ma Engdahl ricorda le parole del professor Francis Boyle, lo scienziato che stilò la prima bozza delle legge americana contro il terrorismo biologico (Biological Weapons anti-Terrorism Act), approvata dal Congresso nel 1989. Francis Boyle sostiene che «il Pentagono sta attrezzandosi per combattere e vincere la guerra biologica», e che Bush ha a questo scopo emanato due direttive nel 2002, adottate «senza conoscenza del pubblico». Per Boyle, nel biennio 2002-2004, il governo USA ha già speso 14,5 miliardi di dollari per le ricerche sulla guerra biologica. Il National Institute of Health (ente governativo) ha connesso 497 borse di studio per ricerche su germi infettivi con possibilità militari. La bio-ingegneria è ovviamente lo strumento principale in queste ricerche. Jonathan King, professore al MIT, ha accusato: «I programmi bio-terroristici crescenti rappresentano un pericolo per la nostra stessa popolazione; questi programmi sono invariabilmente definiti ‘difensivi’, ma nel campo dell’armamento biologico, difensivo e offensivo si identificano». Altre possibilità sono nell’aria, e Engdahl ne ricorda alcune. Nel 2001, una piccola ditta di ingegneria genetica californiana, la Epicyte , ha annunciato di aver approntato un mais geneticamente modificato contenente uno spermicida: i maschi che se ne nutrivano diventavano sterili. Epicyte aveva creato questa semente miracolo con fondi del Dipartimento dell’Agricoltura USA (USDA), il ministero che condivide con Monsanto i brevetti del Terminator; ed a quel tempo, la ditta aveva in corso una joint-venture con DuPont e Syngenta. Ancor prima, anni ‘ 90, l ’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, ossia l’ONU) lanciò una vasta campagna per vaccinare contro il tetano le donne delle Filippine, Messico e Nicaragua, fra i 15 e i 45 anni. Perché solo le donne? Forse che gli uomini, nei Paesi poveri, sono esenti da tetano, e non si feriscono mai con ferri sporchi e arrugginiti? Se lo domandò il Comite pro Vida, l’organizzazione cattolica messicana ben conscia delle campagne anti-natalità condotte in Sudamerica dai Rockefeller. Fece esaminare il vaccino fornito dall’OMS gratuitamente e generosamente alle donne di età fertile: e scoprì che esso conteneva gonadotropina corionica umana, un ormone naturale che, attivato dal germe attenuato del tetano contenuto nel vaccino, stimolava speciali anticorpi che rendevano incapaci le donne di portare a termine la gravidanza. Di fatto, un abortivo. Risultò che questo vaccino-miracolo era il risultato di 20 anni di ricerche finanziate dalla Rockefeller Foundation, dal Population Council (dei Rockefeller), dalla CGIAR (Rockefeller), dal National Institute of Health (governo USA)… e anche la Norvegia aveva contribuito con 41 milioni di dollari al vaccino antitetanico-abortivo. Guarda caso, lo stesso Stato che oggi partecipa all’Arca di Noè e che la sorveglierà nelle sue Svalbard. Ciò fa tornare in mente ad Engdahl (non a noi) quella vecchia fissa dei Rockefeller per l’eugenetica del Reich: la linea di ricerca preferita era ciò che si chiamava «eugenetica negativa», e perseguiva l’estinzione sistematica delle razze indesiderate e dei loro corredi genetici. Margaret Sanger, la femminista che fondò (coi soldi dei Rockefeller) il Planned Parenthood International, la ONG più impegnata nel diffondere gli anticoncezionali nel Terzo Mondo, aveva le idee chiare in proposito, quando lanciò un programma sociale nel 1939, chiamato «The Negro Project» (2). Come scrisse in una lettera ad un amico fidato, il succo del progetto era questo: «Vogliamo eliminare la popolazione negra». Ah pardon, scusate: non si dice «negro», si dice «nero», «afro-americano». E’ questo che conta davvero, per i progressisti. Fonte: Disinformazione.it

Venezia: città alchemica, che galleggia sulle acque!

Ripreso dal blog: Venezia nascosta « Il Magistrato alle Acque nella Venezia del '700, centro europeo dell'ingegneria ed architettura moderna. | Homepage 23/05/2013 Venezia : Palazzo Lezze ed i suoi simboli alchemici in uno dei suoi luoghi più suggestivi! Vicino ad uno dei luoghi più affascinanti della Venezia poco conosciuta ai turisti, quel campo meraviglioso pavimentato con cotto rosso,e con la Chiesa e l'antica scuola della Misericordia a dominare tanto colore e tanta bellezza, con il loro aspetto austero venne eretto Palazzo Lezze, per commissione del procuratore di San Marco Giovanni da Lezze agli inizi del 600, per poi venire completato dal 1645 al 1663 dal famosissimo Baldassarre Longhena. L'architetto, di origine ebraica, e molto legato alla cabala ed esperto di studi alchemici ( basta pensare alla Basilica della Madonna della Salute e dai suoi simbolismi cabalistici e rosacrociani) ornò con patàre di significato alchemico questa costruzione, che, fino all'avvento di Napoleone era uno scrigno prezioso di opere d'arte di Tiziano, Veronese e Tintoretto. Nelle patare vengono rappresentati momenti diversi della metamorfosi alchemica: Nella prima appare l'immagine di un uomo (l'alchimista) che si posa su due cigni, simboli della purezza, dell'albedo (il biancore della luce) dell'umido (aria ed acqua insieme) e della purezza, che porta alla sublimazione dell'opera : infatti i cigni accostati a due serpenti, simboli dello zolfo e del mercurio...materiali che trasfigurano la mutazione, tutto sopra due coccodrilli che rappresentano la materia prima: ogni materia, ogni stato, ogni trasformazione è un elemento ed un passaggio del fine principale dell'alchimia: non esiste materia vile di per sè, ma essa è soggetta. grazie ai vari stadi delle modifiche a sublimarsi via, via, arrivando all'opera compiuta, alla vicinanza dell'uomo al sublime, all'essenza vera del creato. Nella seconda vengono rappresentate due arpie ( elementi che congiungono lo spirito umano all'aria, all'etereo) che si posano su due cigni. In una terza viene rappresentata un'aquila con due teste, ed il suo simbolo è l'aria, ancora in divenire, poiché da due ne resterà una soltanto. Ecco le meravigliose immagini che sono state rappresentate a salvaguardia del palazzo, a cercare di rappresentare quanto di sublime, di meraviglioso, di elevato può fare l'uomo, attraverso la conoscenza delle materie, dei pianeti, dei minerali..di tutto quanto insomma ha a disposizione la gente comune per poter cercare, dentro di sè, la vicinanza alla perfezione divina. Quanti piccoli gioielli poco notati possono donare ricchezza d pensiero, piacere puro per l'arte e motivi di riflessione in una delle zone più suggestive di Venezia, città ancora tutta da conoscere e da scoprire, percorso doveroso per chi desidera cercare arte e bellezza .......

lunedì 20 maggio 2013

All'ombra del Cupolone

il necrologio di Papa Luciani era stato pubblicato per sbaglio dal giornale massonico "el informador" della gran loggia massonica del messico occidentale un giorno in anticipo .Anche i comunicati sull'ora del decesso fanno pensare, dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Inoltre in coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite. Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all'ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi. Papa Luciani era fermamente contrario all’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria. Ricavo da Matillò R.D.( L’avventura delle finanze Vaticane, Ed.Pironti, Napoli, 1988) la lista ecclesiastico-massonica, i nomi di alti prelati, fra i quali: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).

Il Colosseo con gli altri templi, rappresentano l'allineamento dei pianeti in terra, riproponendo così il cielo nel momento della nascita dell'Urbe

Il Colosseo è un tempio simbolo di rigenerazione ed è posto sul cardo massimo. La scoperta dell’architetto Meogrossi Pubblicato il 18 marzo 2013 da Domus Lases La sinopia topografica del Sogno di Roma a confronto con le trame del piano di Sisto V (planimetria di Marcello Fagiolo/ elaborazione di Piero Meogrossi) Il Colosseo non è stato solo la più grande macchina per spettacoli dell’antichità, ma anche un tempio che celebrava il significato della rigenerazione della Civiltà Romana. A conferma ci sono indizi nascosti in tutto il monumento: uova scolpite presenti nella decorazione dei capitelli leggibili sul lato Nord dell’Anfiteatro – l’unico sopravvissuto nell’intero alzato di 50 metri, visibile da via dei Fori. E’ la teoria dell’architetto Piero Meogrossi, per oltre vent’anni direttore tecnico del monumento. «Se si ha la pazienza di aguzzare la vista – dice – si scoprirà che un uovo è visibile al centro ci ciascun capitello corinzio del terzo ordine di fornici del Colosseo e in tutti i capitelli compositi del quarto. Di solito sulla sommità dei capitelli appare una rosetta, qui invece c’è un ovale». Secondo l’architetto il Colosseo è costellato di uova: la forma stessa dell’Anfiteatro Flavio è un ovale. «L’uovo rappresenta la forma simbolica della rigenerazione, il Colosseo è dunque un tempio sacro dove celebrare la rigenerazione della Civiltà Romana; il sangue faceva parte della sacralità dei giochi, erano concepiti come rituali di iniziazione in cui si esprimeva la lotta dell’uomo contro la natura». Ma c’è dell’altro: «In origine – dice Meogrossi – il Colosseo era il catalizzatore delle misure sacre di Roma, cioè è un luogo cruciale come il Partenone dove si celebravano le misure sacre per la rigenerazione della città: Roma è infatti ordinata secondo un asse che segue l’allineamento dei sette pianeti verificatosi nel cielo all’alba del 21 aprile del 753 a.C.; l’asse, Axis Paliliae, attraversa il Colosseo, il Sacello di Streniae, correva accanto al Tempio di Giove Stator, arrivava alla Sala Ottagona della Domus Aurea (sotto cui c’è il Mundus), alla Domus Flavia e al Tempio di Apollo. Di contro, partendo dalla Sala Ottagona, la perpendicolare sull’Axis Paliliae centrava il Tempio dei Dioscuri, finendo in prospettiva sull’antica via Lata (via del Corso). Erano questi il cardo e il decumano massimi di Roma». (testo tratto dal Messaggero Roma on-line del 18.03.2013)

venerdì 17 maggio 2013

Siria: Russia invia navi da guerra Wall Street Journal: 10 unità presso base navale russa a Tartus 17 maggio, 15:51 (ANSA) - NEW YORK, 16 MAG - La Russia ha inviato una decina di navi da guerra a pattugliare le acque nei pressi della sua base navale di Tartus, in Siria, in una mossa che, secondo funzionari Usa ed europee, intende anche ammonire l'Occidente e Israele a non intervenire nel conflitto siriano. Secondo il Wall Street Journal, si tratta di uno dei maggiori schieramenti navali russi nel Mediterraneo orientale dalla Guerra Fredda. "E' un nuovo sfoggio di forza" di forza, ha affermato un alto ufficiale del Pentagono.

L'oscuro chaos del profondo ovvero l'ombra

Solo se gli uomini vengono educati a intendere chiaramente il lato in "Ombra" della loro natura,è sperabile che possano comprendere meglio anche i loro simili e cominciare ad amarli. (C.G.Jung) Lorenzo Lotto Magnum Chaos L’universo scaturisce dalle tenebre primordiali. Taesia nel Coro della Basilica di Santa Maria Maggiore - Bergamo

giovedì 16 maggio 2013

Un testo molto interessante

Tratto dalla fine del I capitolo del testo"TERRA E CIELO DEGLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo e Luigi Torlai ........La risposta più semplice è che la storia l'hanno sempre scritta i vincitori. Dunque è falsata, perché di parte. E questo è particolarmente vero nel caso degli Etruschi che, sconfitti e colonizzati dai Romani dopo due interminabili secoli di guerra fratricida, furono ridotti al silenzio, i loro libri persi o bruciati, le antiche tradizioni ridotte alla clandestinità. Non solo. Dopo la guerra con i Romani si verificò un altro drammatico scontro: il conflitto con il nuovo credo cristiano. La religione etrusca , erede del politeismo di origini neolitiche, venne progressivamente emarginata e proibita (quinto secolo d.C.), divenendo la ccosidetta "vecchia religione" dei pagani che nel Medioevo venne bollata con l'infamante epiteto di stregoneria. La dea delle streghe, figlia di Diana, ebbe il nome etrusco di Aradia (come ebbe a scrivere M. Pallottino in Testimonia Linguae Etruscae)e fu segretamente venerata in più paesi europei. Per l'Inquisizione, era la compagna del demonio. "Maligno" che trova invece esistenza solo nella mente perversa degli inquisitori. Prima la dannatio memoriae lanciata dai Romani, poi le maledizioni proferite dal cristianesimo, infine, in età moderna, la rimozione storica del ciclo di civiltà etrusco e il suo completo travisamento da parte della modernità "etruscologica", nata all'insegna della ideologia nazionalista del ventennio fascista. Come già scritto da autorevoli studiosi, per esempio il tedesco Werner Keller, sugli Etruschi e la loro civiltà è stata calata una coltre di nebbia che ha oscurato il senso e il ruolo storico di quella civiltà. Fatto ancora più grave: si sono così oscurate le profonde connessioni che collegano il ciclo etrusco a quello di Roma e poi alla nascita, in Roma, della chiesa cristiana e romana.

All'alba di un nuovo feudalesimo economico

Chi governa il mondo? La prova consistente che un gruppo ristretto di ricchi elitari tira le fila - di Michael Snyder – The Economic Collapse - Esiste un gruppo oscuro di elitisti oscenamente ricchi che controllano il mondo? Uomini e donne con enormi somme di denaro governano davvero il mondo da dietro le quinte? La risposta potrebbe sorprendervi. La maggior parte di noi tende a pensare al denaro come ad un modo conveniente per effettuare transazioni, ma la verità è che esso rappresenta anche il potere e il controllo. E oggi viviamo in un sistema neo-feudale in cui i super ricchi tirano tutte le corde. Quando parlo degli ultra-ricchi, non parlo di persone che hanno qualche milione di dollari. Come si vedrà più avanti in questo articolo, gli ultra-ricchi hanno abbastanza soldi, depositati in banche offshore, da acquistare tutti i beni e i servizi prodotti negli Stati Uniti nel corso di un intero anno ed essere ancora in grado di pagare tutto il debito nazionale degli Stati Uniti. E’ una somma di denaro così grande da essere quasi inconcepibile. In base a tale sistema neo-feudale, tutto il resto di noi siamo schiavi del debito, compresi i nostri governi. Basta guardarsi intorno – tutti stanno annegando nel debito, e tutto quel debito sta rendendo gli ultra-ricchi ancora più ricchi. Ma gli ultra-ricchi non stanno semplicemente seduti su tutta quella ricchezza. Ne usano una parte per dominare gli affari delle nazioni. Gli ultra-ricchi possiedono praticamente ogni grande banca e ogni grande società del pianeta. Usano una vasta rete di società segrete, think tank e organizzazioni di beneficenza per promuovere le loro agende e per mantenere in riga i loro membri. Controllano il modo in cui vediamo il mondo attraverso i loro diritti di proprietà sui media e il loro dominio sul nostro sistema di istruzione. Finanziano le campagne della maggior parte dei nostri politici ed esercitano un’enorme influenza su organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e il WTO. Se fate un passo indietro e date un’occhiata al quadro generale, non c’è dubbio su chi gestisce il mondo. E’ solo che la maggior parte delle persone non vuole ammettere la verità. Gli ultra-ricchi non vanno a depositare i loro soldi in una banca locale come voi e me. Al contrario, tendono a riporre le loro attività in luoghi in cui non saranno tassati, come le Isole Cayman. Secondo un rapporto che è stato rilasciato la scorsa estate, l’élite globale ha più di 32 trilioni di dollari nascosti in banche offshore in tutto il mondo. Il PIL degli Stati Uniti nel 2011 era di circa 15.000 miliardi di dollari, e il debito nazionale degli Stati Uniti è arrivato a circa 16.000 miliardi di dollari, così che se anche li sommaste, insieme non raggiungerebbero 32.000 miliardi di dollari. E, naturalmente, non stiamo considerando neanche i soldi nascosti in altri luoghi che lo studio non ha calcolato, e neanche tutta la ricchezza che l’élite globale ha in beni solidi come quelli immobiliari, metalli preziosi, opere d’arte, yacht, etc L’élite globale ha davvero accumulato una quantità incredibile di ricchezza in questi tempi difficili. Si legge in un articolo dell’Huffington Post … Alcuni individui ricchi e le loro famiglie hanno più di 32.000 miliardi di dollari di risorse finanziarie nascoste in paradisi fiscali off-shore, che rappresentano più di 280 miliardi di di dollari di perdita nelle entrate fiscali, secondo la ricerca pubblicata Domenica. Lo studio stima l’entità della ricchezza finanziaria privata globale detenuta in conti off-shore – escluse le attività non finanziarie, come quella immobiliare, oro, yacht e cavalli da corsa – e ritiene che sia compresa tra i 21 e i 32 miliardi di dollari. La ricerca è stata condotta in seguito alla pressione del gruppo Tax Justice Network, che si batte contro i paradisi fiscali, da James Henry, ex economista capo del gruppo di consulenti McKinsey & Co. Ha usato i dati della Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Nazioni Unite e banche centrali. Ma, come ho detto in precedenza, l’élite globale non ha semplicemente un sacco di soldi. Ha anche acquistato praticamente quasi ogni grande banca e ogni grande società in tutto il pianeta. Secondo un’eccezionale articolo del NewScientist, uno studio condotto dal Politecnico Federale di Zurigo su oltre 40.000 imprese transnazionali ha scoperto che un nucleo molto ristretto di grandi banche e gigantesche società saccheggiatrici dominano l’intero sistema economico mondiale … Un’analisi delle relazioni tra 43.000 imprese transnazionali ha identificato un gruppo relativamente piccolo di aziende, soprattutto banche, con un potere sproporzionato sull’economia globale. I ricercatori hanno scoperto che questo nucleo centrale è costituito da sole 147 aziende connesse molto strettamente … Quando la squadra ha esaminato ulteriormente la rete di proprietà, ha trovato che in gran parte risalivano ad una “super-entità” di 147 società ancora più strettamente legate – tutta la loro proprietà è detenuta da altri membri della super-entità – che controllano il 40 per cento della ricchezza totale della rete. “In effetti, meno dell’1 per cento delle imprese sono in grado di controllare il 40 per cento di tutta la rete”, dice Glattfelder. Per la maggior parte si tratta di istituzioni finanziarie. Tra le 20 principali ci sono la Barclays Bank, JPMorgan Chase & Co, e il Gruppo Goldman Sachs. Le seguenti sono le principali 25 banche e società nel cuore di questa “super-entità”. Molti dei nomi sulla lista sono conosciuti :---- 1. Barclays plc ---- 2. Capital Group Companies Inc ---- 3. FMR Corporation ---- 4. AXA ---- 5. State Street Corporation ---- 6. JP Morgan Chase & Co ---- 7. Legal & General Group plc ---- 8. Vanguard Group Inc ---- 9. UBS AG ---- 10. Merrill Lynch & Co Inc ---- 11. Wellington Management Co LLP ---- 12. Deutsche Bank AG ---- 13. Franklin Resources Inc---- 14. Credit Suisse Group ---- 15. Walton Enterprises LLC ---- 16. Bank of New York Mellon Corp ---- 17. Natixis ---- 18. Goldman Sachs Group Inc ---- 19. T Rowe Price Group Inc ---- 20. Legg Mason Inc ---- 21. Morgan Stanley ---- 22. Mitsubishi UFJ Financial Group Inc ---- 23. Northern Trust Corporation ---- 24. Société Générale ---- 25. Bank of America Corporation ---- L’élite ultra-ricca spesso si nasconde dietro strati e strati di proprietà, ma la verità è che grazie ad un incastro di relazioni aziendali, l’élite controlla praticamente quasi tutte le società Fortune 500. La quantità di potere e di controllo che questo conferisce loro è difficile da descrivere. Purtroppo, questo stesso gruppo di persone gestisce le cose da moltissimo tempo. Ad esempio, il sindaco di New York John F. Hylan ha dichiarato quanto segue durante un discorso tenuto nel lontano 1922 … La vera minaccia alla nostra Repubblica è il governo invisibile, che come una piovra gigante allunga i suoi viscidi tentacoli sulle nostre città, stati e nazioni. Senza fare semplici generalizzazioni, lasciatemi dire che a capo di questa piovra ci sono la Rockefeller-Standard Oil e un piccolo gruppo di potenti istituzioni bancarie generalmente indicate come banchieri internazionali. La piccola cricca di potenti banchieri internazionali praticamente dirige il governo degli Stati Uniti per i suoi scopi egoistici. Praticamente controllano entrambe le parti, scrivono le piattaforme politiche, usano come burattini i leader di partito, utilizzano i dirigenti delle organizzazioni private, e ricorrono ad ogni strumento per mettere in nomination per le alte cariche pubbliche solo quei candidati che si assoggetteranno ai dettami delle grandi imprese corrotte. Questi banchieri internazionali e la Rockefeller-Standard Oil possiedono la maggioranza dei giornali e riviste in questo paese. Usano le colonne di queste riviste per sottomettere o scacciare i funzionari di cariche pubbliche che si rifiutano di eseguire gli ordini delle potenti cricche corrotte che compongono il governo invisibile. Operano sotto la copertura di uno schermo creato da loro stessi [e] sequestrano i nostri dirigenti, gli organi legislativi, le scuole, i tribunali, i giornali e ogni agenzia creata per la sicurezza pubblica. Questi banchieri internazionali hanno creato le banche centrali di tutto il mondo (tra cui la Federal Reserve ), e usano le banche centrali per intrappolare i governi del mondo in cicli di debito senza fine da cui non c’è scampo. Il debito pubblico è un modo per prendere i soldi da tutti noi “legittimamente”, trasferirli al governo, e quindi trasferirli nelle tasche degli ultra-ricchi. Oggi, Barack Obama, e quasi tutti i membri del Congresso rifiutano assolutamente di criticare la Fed, ma in passato ci sono stati alcuni membri coraggiosi del Congresso che sono stati capaci di prendere una posizione. Ad esempio, la seguente citazione proviene da un discorso che il deputato Louis T. McFadden tenne alla Camera dei Rappresentanti il 10 giugno, 1932 … Signor Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al Consiglio della Federal Reserve e alle banche della Federal Reserve. Il Consiglio della Federal Reserve, una commissione governativa, ha truffato il Governo degli Stati Uniti e il popolo degli Stati Uniti di una quantità tale di soldi che basterebbe a pagare il debito nazionale. I saccheggi e le iniquità del Consiglio della Federal Reserve sono costati a questo paese abbastanza soldi da pagare il debito nazionale più volte. Questa istituzione malvagia ha impoverito e rovinato il popolo degli Stati Uniti, si è ridotta in bancarotta, e ha mandato praticamente in bancarotta il nostro Governo. Lo ha fatto attraverso i difetti della legge sotto cui opera, attraverso la cattiva amministrazione di tale legge da parte del Consiglio della Federal Reserve, e attraverso le pratiche corrotte dei danarosi avvoltoi che la controllano. Purtroppo, la maggior parte degli americani crede ancora che la Federal Reserve sia un’”agenzia federale”, ma assolutamente non è così. La seguente citazione proviene dal sito factcheck.org … Gli azionisti delle 12 banche regionali della Federal Reserve sono banche private che rientrano nel Sistema della Federal Reserve. Queste includono tutte le banche nazionali (protette dal governo federale) e quelle banche statali che desiderano aderire e rispondono a determinati requisiti. Circa il 38 per cento delle oltre 8.000 banche nazionali sono membri del sistema, e quindi possiedono le banche FED. Secondo i ricercatori che hanno esaminato la proprietà delle grandi banche di Wall Street che dominano la Fed, gli stessi nomi appaiono più e più volte: i Rockefeller, i Rothschild, i Warburg, i Lazard, gli Schiff e le famiglie reali d’Europa . Ma i banchieri internazionali ultra-ricchi non hanno fatto questo genere di cose solo negli Stati Uniti. Il loro obiettivo era quello di creare un sistema finanziario globale dominato e controllato da loro. Basta leggere quello che il professore di storia della Georgetown University Carroll Quigley ha scritto una volta … l poteri del capitalismo finanziario avevano un altro obiettivo di vasta portata, niente meno che di creare un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ogni paese e l’economia del mondo nel suo complesso. Questo sistema doveva essere controllato in un regime feudale dalle banche centrali del mondo che agiscono di concerto, tramite accordi segreti concordati in frequenti incontri e conferenze private. Il vertice del sistema doveva essere la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, in Svizzera, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali, esse stesse corporazioni private. Purtroppo, la maggior parte degli americani non ha mai nemmeno sentito parlare della Banca dei Regolamenti Internazionali, che è al centro del sistema finanziario globale. Di seguito una citazione da Wikipedia … Come organizzazione di banche centrali, la BRI si propone di rendere la politica monetaria più prevedibile e trasparente tra le sue 58 banche centrali membri. Quando la politica monetaria è determinata da ciascuna nazione sovrana, non è soggetta al controllo di banche centrali e private e potenzialmente alla speculazione che colpisce i tassi di cambio e soprattutto il destino delle economie di esportazione. La mancanza del mantenimento della politica monetaria in linea con la realtà e delle riforme monetarie nel tempo, prefissata come politica simultanea di tutte le 58 banche associate, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale, storicamente, ha portato a perdite dell’ordine di miliardi poichè le banche cercano di mantenere una politica usando metodi di mercato aperto che hanno dimostrato di essere basati su ipotesi irrealistiche. Gli ultra-ricchi hanno anche svolto un ruolo importante nella creazione di altre principali istituzioni internazionali come le Nazioni Unite, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e il WTO. Infatti, il terreno per la sede delle Nazioni Unite a New York City è stato acquistato e donato da John D. Rockefeller. I banchieri internazionali sono “internazionalisti” e sono molto orgogliosi di esserlo. L’élite domina anche il sistema di istruzione negli Stati Uniti. Nel corso degli anni, la Fondazione Rockefeller e altre organizzazioni elitarie hanno riversato enormi quantità di denaro nelle scuole della Ivy League. Oggi, le scuole Ivy League sono considerate lo standard rispetto al quale si misurano tutte le altre università in America, e gli ultimi quattro presidenti degli Stati Uniti sono stati educati in scuole della Ivy League. L’élite esercita un’enorme influenza anche attraverso varie società segrete (Skull and Bones, massoneria, ecc), alcuni think tank molto potenti e centri sociali (il Council on Foreign Relations, la Commissione Trilaterale, il Gruppo Bilderberg, il Bohemian Grove, Chatham House, ecc), e attraverso una vasta rete di associazioni di beneficenza e organizzazioni non governative (la fondazione Rockefeller, la Fondazione Ford, il World Wildlife Fund, ecc.) Ma per un attimo, voglio concentrarmi sul potere che l’élite ha sui media. In un precedente articolo, ho descritto il modo in cui solo sei giganti monolitici aziendali controllano la maggior parte di quello che guardiamo, sentiamo e leggiamo ogni giorno. Queste società gigantesche possiedono reti televisive, canali via cavo, studi cinematografici, giornali, riviste, case editrici, etichette musicali e anche molti dei nostri siti web preferiti. Considerando il fatto che l’Americano medio guarda 153 ore di televisione al mese, l’influenza di queste sei società per azioni giganti non deve essere sottovalutata. Quelle che seguono sono solo alcune delle società mediatiche possedute da queste gigantesche multinazionali---- 1) Time Warner che controlla : ---- Home Box Office (HBO)---- Time Inc.---- Turner Broadcasting System, Inc.---- Warner Bros. Entertainment Inc.---- CW Network (partial ownership)---- TMZ---- New Line Cinema---- Time Warner Cable---- Cinemax---- Cartoon Network---- TBS---- TNT---- America Online---- MapQuest---- Moviefone---- Castle Rock---- Sports Illustrated---- Fortune---- Marie Claire---- People Magazine---- 2) Walt Disney che controlla: ---- ABC Television Network---- Disney Publishing ESPN Inc. Disney Channel SOAPnet A&E Lifetime Buena Vista Home Entertainment Buena Vista Theatrical Productions Buena Vista Records Disney Records Hollywood Records Miramax Films Touchstone Pictures Walt Disney Pictures Pixar Animation Studios Buena Vista Games Hyperion Books 3) Viacom che controlla : ---- Paramount Pictures Paramount Home Entertainment Black Entertainment Television (BET) Comedy Central Country Music Television (CMT) Logo MTV MTV Canada MTV2 Nick Magazine Nick at Nite Nick Jr. Nickelodeon Noggin Spike TV The Movie Channel TV Land VH1 4) News Corporation che controlla : ---- Dow Jones & Company, Inc. Fox Television Stations The New York Post Fox Searchlight Pictures Beliefnet Fox Business Network Fox Kids Europe Fox News Channel Fox Sports Net Fox Television Network FX My Network TV MySpace News Limited News Phoenix InfoNews Channel Phoenix Movies Channel Sky PerfecTV Speed Channel STAR TV India STAR TV Taiwan STAR World Times Higher Education Supplement Magazine Times Literary Supplement Magazine Times of London 20th Century Fox Home Entertainment 20th Century Fox International 20th Century Fox Studios 20th Century Fox Television BSkyB DIRECTV The Wall Street Journal Fox Broadcasting Company Fox Interactive Media FOXTEL HarperCollins Publishers The National Geographic Channel National Rugby League News Interactive News Outdoor Radio Veronica ReganBooks Sky Italia Sky Radio Denmark Sky Radio Germany Sky Radio Netherlands STAR Zondervan 5) CBS Corporation che controlla : ---- CBS News CBS Sports CBS Television Network CNET Showtime TV.com CBS Radio Inc. (130 stations) CBS Consumer Products CBS Outdoor CW Network (50% ownership) Infinity Broadcasting Simon & Schuster (Pocket Books, Scribner) Westwood One Radio Network 6) NBC Universal che controlla : ---- Bravo CNBC NBC News MSNBC NBC Sports NBC Television Network Oxygen SciFi Magazine Syfy (Sci Fi Channel) Telemundo USA Network Weather Channel Focus Features NBC Universal Television Distribution NBC Universal Television Studio Paxson Communications (partial ownership) Trio Universal Parks & Resorts Universal Pictures Universal Studio Home Video E, naturalmente, l’élite possiede anche la maggior parte dei nostri politici. Quella che segue è una citazione del giornalista Lewis Lapham … “La formazione della volontà del Congresso e la scelta del presidente americano sono diventate un privilegio riservato alle classi equestri del paese, alias il 20% della popolazione che detiene il 93% della ricchezza, i pochi felici che gestiscono le imprese e la banche, possiedono e gestiscono le notizie e i mezzi di intrattenimento, scrivono le leggi e governano le università, controllano le fondazioni filantropiche, gli istituti di politica, i casinò e le arene sportive.” Vi siete mai chiesti perché le cose sembrano non cambiare mai a Washington DC, non importa chi votiamo? Beh, è ​​perché entrambe le parti sono di proprietà dell’establishment. Sarebbe bello pensare che gli americani hanno il controllo su chi gestisce le cose negli Stati Uniti, ma non è così che funziona nel mondo reale. Nel mondo reale, il politico che raccoglie più soldi più di 80 volte su cento vince nelle competizioni a livello nazionale. I nostri politici non sono stupidi – saranno molto buoni con le persone che possono dare loro le enormi quantità di denaro di cui hanno bisogno per le loro campagne. E le persone che possono farlo sono gli ultra-ricchi e le società per azioni giganti che gli ultra-ricchi controllano. Iniziate a farvi un quadro generale? C’è un motivo per cui gli ultra-ricchi vengono chiamati “l’establishment”. Essi hanno creato un sistema che li avvantaggia molto e che permette loro di tirare le fila. Allora, chi gestisce il mondo? Lo fanno loro. A dire il vero lo ammettono anche. David Rockefeller ha scritto quanto segue nel suo libro del 2003 dal titolo “Memorie” … “Per più di un secolo, gli estremisti ideologici ai due estremi dello spettro politico hanno sfruttato eventi ben pubblicizzati come il mio incontro con Castro per attaccare la famiglia Rockefeller per l’influenza eccessiva che secondo loro esercitiamo sulle istituzioni politiche ed economiche americane. Alcuni ritenendo che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti, definiscono me e la mia famiglia come ‘internazionalisti’ e ci accusano di cospirare con altri nel mondo per costruire una struttura globale politica ed economica più integrata – un solo mondo, se si vuole. Se questa è l’accusa, mi dichiaro colpevole, e sono fiero di esserlo.” C’è molto altro che si potrebbe dire su tutto questo. In realtà, un’intera biblioteca di libri potrebbe essere scritta sul potere e sull’influenza dei banchieri internazionali ultra-ricchi che governano il mondo. Ma speriamo che questo sia sufficiente almeno per iniziare una discussione. Allora, cosa ne pensate di tutto questo? Non esitate a lasciare un commento qui sotto con le vostre opinioni … Fonte: The Economic Collapse 29 Gennaio 2013 Traduzione: Anna Moffa per ilupidieinstein.blogspot.com http://ilupidieinstein.blogspot.it/2013/02/chi-governa-il-mondo-la-prova.html

mercoledì 15 maggio 2013

Alla ricerca di un centro ..... permanente

G.I. Gurdjieff: Incontro con un uomo straordinario di Walter Catalano - 23/05/2008 Fonte: storiadellereligioni.info “Vi lascio in un bel casino!” (ultime parole attribuite a Gurdjieff in punto di morte) Nell’agosto del 1944 un vecchio signore dall’aspetto vagamente orientale uscì dal suo appartamento al numero 6 di Rue des Colonels-Renard ed attraversò le vie concitate di una Parigi in cui gli occupanti tedeschi si preparavano a fare i bagagli. Era diretto alla camera d’ospedale dove un giovane di poco più di trent’anni stava morendo per le conseguenze dell’ infezione ad una ferita procuratagli da un bombardamento americano. Il giovane si chiamava Luc Dietrich, aveva scritto due romanzi (1) ed era indubbiamente un allievo molto dotato; il vecchio signore si chiamava Georgi Ivanovitch Gurdjieff e sotto molti aspetti lo si sarebbe potuto dire un maestro. Maestro e allievo si guardarono senza parlare: non c’era molto da dire. Poi il maestro depose nelle mani tremanti dell’agonizzante il dono che aveva portato con sé: un’arancia. Molti uomini intelligenti, come lo scrittore, utopista e filosofo Lanza Del Vasto, amico di Dietrich, che si autoinvestì del ruolo di testimone dell’incontro, volendo troppo capire non compresero un gesto semplice e riferirono scandalizzati dell’atteggiamento meschino ed insensibile che quel gesto esprimeva. In realtà un gesto è uno specchio: sugli specchi Gurdjieff aveva costruito il suo apostolato. “Per via della sua reputazione - ha scritto Fritz Peters(2) - le persone raramente venivano a contatto con un individuo chiamato Gurdjieff; esse incontravano piuttosto, l’immagine che si erano precedentemente create nella loro mente”. E perché questa immagine infrangesse sempre e comunque le aspettative più ovvie, perché l’incauto postulante non si trovasse di fronte un cliché ma un essere autentico, capace di dare o di togliere ma soprattutto di disseminare conoscenza, Gurdjieff fu costretto ad indossare spesso una maschera di apparente fraudolenza per percorrere una via aspra e difficile, quella che i sufi chiamano la “via di malamat”: la via del biasimo. “Per esempio - testimonia Henri Tracol(3) - non ha mai esitato a far sorgere dubbi su sé stesso con il tipo di linguaggio che usava, con le sue contraddizioni calcolate e col suo comportamento, ad un punto tale che la gente intorno a lui, in particolare chi aveva la tendenza ad idolatrarlo ciecamente, fosse finalmente costretta ad aprire gli occhi sul caos delle sue reazioni”. Da qui la necessità di confondere le acque, di camuffarsi, di barare su tutto quello che riguardava la sua identità personale: quasi a ricordare che quel che davvero contava non era la sua persona, ma l’insegnamento di cui era portatore. Dice un motto zen: se qualcuno vi indica la luna dovete guardare la luna, non il dito puntato ad indicarla. Nato nel Caucaso in una data imprecisata, compresa fra il 1866 ed il 1877(3bbis), e morto a Parigi nel 1949, quest’uomo inafferrabile e multiforme potrebbe puntualmente venire incluso nella compagnia, ormai piuttosto affollata, dei maestri giunti in Occidente per rivelare insegnamenti perduti o per ricondurre un’élite di seguaci sulla via della Tradizione; ma l’implicazione, per quanto non impropria, risulterebbe insufficiente. Fin troppi pretesi esegeti hanno cercato di classificare le idee di questo Dioniso dal volto di Taras Bulba e di inserirlo in qualche categoria: emissario dei sufi in Occidente; esoterista cristiano; buddista tantrico sotto mentite spoglie; da parte sua egli si definì solo un “maestro di danza”. Fin dagli anni ‘20, quando costituì nel castello del Prieuré di Avon a Fontainbleu l’“Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo”, fece largo uso della provocazione e dello scandalo come strumento di risveglio interiore (con metodi non dissimili da quelli di certi maestri zen o dei sufi della cosiddetta malamattya) incantando le avanguardie e quell’intellighentsia che proponeva l’ “epatér le burgeois” come primo passo verso un possibile altrove. Per gli stessi motivi naturalmente, il mistagogo caucasico, fu temuto o spregiato da chi, in un modo o nell’altro, restava nel novero dei bempensanti(3bbbis). Gurdjieff elaborò un sistema di crescita e sviluppo interiore che nasceva dalla compassione per la condizione umana e dall’esigenza di contribuire ad alleviarne le sofferenze. E proprio nell’“uso” costruttivo e consapevole dell’inevitabile sofferenza, egli individuò il nutrimento che avrebbe potuto restituire l’uomo alla sua dignità: “il più piccolo scopo per un uomo è quello di non morire come un cane” diceva spesso. Henry Miller lo definì “un incrocio fra uno gnostico ed un dadaista”. Frank Lloyd Wright lo commemorò, parafrasando l’antitesi di Kipling, come l’uomo nel cui pensiero “l’Occidente incontra veramente l’Oriente”. André Breton avrebbe voluto includere nell’ultima edizione della sua “Antologia dello Humour Nero” il primo capitolo de “I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote”, opera monumentale e rabelaisiana in cui Gurdjieff si proponeva di “Estirpare dal pensiero e dal sentimento del lettore... le credenze e le opinioni... riguardanti tutto ciò che esiste al mondo(3bis)”. In realtà, il baffuto ierofante, non cercò mai di compiacere artisti ed intellettuali che, di solito, apostrofava con l’appellativo di “vagabondi” e considerava inadatti a qualsiasi forma di disciplina interiore. Eppure, fra i suoi seguaci più fedeli, i vagabondi furono in maggioranza: basti ricordare, fra i molti, la scrittrice neozelandese Katherine Mansfield; Alfred Richard Orage, alfiere delle avanguardie storiche, del corporativismo e del credito sociale in Inghilterra; René Daumal, reduce dalle sperimentazioni patafisiche e parasurrealiste del “Grand Jeu” e studioso di sanscrito. Proprio Daumal scriverà le pagine più belle e illuminanti su questo insegnamento: dall’alpinismo trascendentale del “Monte Analogo”, al fulminante poema in prosa “La Guerra Santa”, alla rievocazione visionaria dell’agapè alcolica gurdjieffiana di “La Gran Bevuta. Attraverso Daumal, Antonin Artaud concepirà l’utopia del Teatro della Crudeltà. Dai Movimenti Sacri in cui sensazione, sentimento e pensiero si equilibrano - le danze dervisce di Gurdjieff che tanto scalpore fecero a Parigi ed a New York nel 1924 - al tentativo di riappropriazione del sacro da parte di certe avanguardie teatrali che non dimenticarono mai la lezione del “maestro di danza”. Attraverso Artaud, fino a Jerzy Grotowsky, a Peter Brook, ad Alejandro Jodorowsky(3tris). In altri ambienti meno flamboyants di quelli artistici, l’insegnamento di Gurdjieff ha ricevuto forse un’accoglienza più tiepida: per esempio, il cattolico e gandhiano Lanza del Vasto, riconobbe il valore del metodo ma non quello dell’uomo; René Guénon che lo detestava, lo incluse, in compagnia di Aleister Crowley, Giuliano Kremmerz e Schwaller de Lubicz, nel numero dei più pericolosi esponenti della controiniziazione; al contrario, per le ben note differenze di prospettiva fra i due pensatori tradizionalisti, Julius Evola lo citò in termini sostanzialmente positivi in “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo”, in “Cavalcare la tigre” ed in un articolo specifico degli ultimi anni(3quatris). Chiunque sia stato quindi questo personaggio certamente straordinario - autore di libri senza essere scrittore, di musiche senza essere musicista, ‘maestro di danza’ per vocazione, cuoco raffinato, attore situazionista se mai ve ne fu uno, esseno, tantrista, sufi - poco importa in fondo. Esiste un insegnamento, preciso e raggiungibile, e questo è un dato di fatto. “Gli uomini non sono uomini”, dice in sostanza Gurdjieff, e quando si riferisce all’uomo “così com’è” mette sempre la parola fra virgolette. Il problema essenziale si riduce a questo: uscire dalle virgolette. Il primo ostacolo, quello fondamentale, è la nostra stessa illusione: illusione di essere, di avere un io unico, di poter fare. “Tutto accade. Tutto ciò che sopravviene nella vita di un uomo, tutto ciò che si fa attraverso di lui, tutto ciò che viene da lui, tutto questo accade...L’uomo è una macchina. Tutto quello che fa, tutte le sue azioni, le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze esteriori... movimenti popolari, guerre, rivoluzioni, cambiamenti di governi, tutto accade... L’uomo non ama, non desidera, non odia - tutto accade.(4)” Per poter fare bisogna prima essere e per poter essere bisogna prima aver preso coscienza della propria fondamentale inesistenza. La dichiarazione può suonare sostanzialmente scandalosa ad un orecchio occidentale, ed ecco sollevarsi comode accuse, da parte di molti, a denunciare una dottrina inumana e crudele, laddove si dovrebbe parlare piuttosto di “obbiettiva imparzialità”. In Gurdjieff il concetto di benevolenza e di misericordia non si associa con quello di dolcezza: qualcuno giustamente lo disse “uomo di spietata compassione”. Un altro uomo venuto a portare non la pace, ma una spada. D’altronde l’unica cosa simile ad una definizione che Gurdjieff abbia mai dato di sè, oltre a “maestro di danza”, è stata quella di “esoterista cristiano”; ma prontamente aggiungeva: ”Il Cristianesimo dice esattamente questo, amare tutti gli uomini. Impossibile. Allo stesso tempo è assolutamente vero che è necessario amare. Ma prima bisogna essere, solo dopo si può amare. Sfortunatamente, col passare del tempo, i moderni Cristiani hanno adottato la seconda metà, amare, ed hanno perso di vista la prima, la religione che avrebbe dovuto precederla. Sarebbe stupido da parte di Dio chiedere all’uomo ciò che questi non può dare(5).” La nostra vita, così com’è, è solo reazione meccanica a stimoli esterni: quello che chiamiamo io è un groviglio confuso di piccoli io in perenne conflitto fra loro. Non c’è unità in noi: “l’uomo è plurale. Il nome dell’uomo è legione(6)”. Da qui la necessità di costruirsi un Centro di Gravità, o Centro Magnetico, costituito dall’Insegnamento, intorno al quale agglutinare un certo numero di io e procedere dalla molteplicità verso l’unità. La via è data dallo sforzo cosciente e dalla sofferenza volontaria. Lo sforzo cosciente è attenzione, presenza, ricordo di sé; la sofferenza volontaria è invece l’abbandono delle proprie certezze, delle proprie opinioni, della propria affermazione meccanica di sé stessi, del desiderio di rassicurazione, del conforto intellettuale del proprio senso di sé con le sue pretese di importanza e di onniscienza. Lo sforzo consiste anche nello smascheramento delle emozioni negative - ansia, rabbia, autocommiserazione, vanità, amor proprio, ecc. - dell’ “immaginazione”, cioè il credersi ciò che non si è, e dell’ “identificazione”, concetto non dissimile da quello che i Buddhisti chiamano “attaccament”’. I fini di questo sforzo non sono morali o moralistici: si può parlare con freddezza ed efficacia di controllo della dispersione energetica nel contesto generale della “macchina” umana. Viene dichiarata interiormente quella che René Daumal chiama la Guerra Santa: la nostra “essenza” - ciò che è innato e ‘naturale’ in noi - cresce nutrendosi della “personalità” - ciò che è indotto, acquisito dall’esterno - che normalmente la soffoca. In questa guerra - e non si può non pensare a Krishna ritto sul cocchio accanto ad Arjuna - sono abbattute spietatamente tutte le illusioni: prima fra queste, l’assai poco utile convinzione di avere “in dono” un’anima. Niente è in dono, tutto si paga: se una tale possibilità esiste, anche questa va pagata ed il prezzo è alto. ”Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico.... Se in un uomo vi è qualche cosa, questo qualcosa può sopravvivere; ma se non vi è niente, allora niente può sopravvivere.(7) ” La condizione umana reale e consapevole è il riconoscimento di quello che Gurdjieff chiama “l’orrore della situazione”, ma la maggioranza degli uomini preferisce essere blandita e proseguire indisturbata il suo sonno. Frasi come “beato chi ha un’anima, beato chi non l’ha, ma sventura e dolore a chi ne ha solo l’embrione(8)” raggelano i facili entusiasmi degli apologeti del New Age, disturbano i dispensatori di balsami consolatori ed i confezionatori di manuali su “come ottenere l’Illuminazione in 20 lezioni”. Così come suona sgradevole al sentimentalismo del tipico uomo religioso, il concetto che “Per essere capaci di aiutare gli altri, occorre innanzi tutto imparare ad aiutare sé stessi... Quando un uomo si vede realmente quale è, non gli viene in mente di aiutare gli altri - si vergognerebbe di questo pensiero... ...Soltanto un egoista cosciente può aiutare gli altri(9).” Né il sentimentalismo, né il moralismo appartengono all’insegnamento: “Ciò che è necessario è la coscienza. Noi non insegniamo la morale. Insegniamo come si può trovare la coscienza. Alla gente non piace sentirselo dire. Dicono che non abbiamo amore, solo perché non incoraggiamo la debolezza e l’ ipocrisia ma, al contrario, rimuoviamo tutte le maschere. Chi desidera la verità non parlerà mai di amore o di cristianesimo, perché sa quanto ne è lontano(10).” La via di Gurdjieff è una via religiosa nel senso più propriamente etimologico del termine: re-ligare, cioè riconnettersi, ricollegarsi. Negli ambienti gurdjieffiani l’applicazione dell’insegnamento viene chiamata “il Lavoro”. La scelta del nome chiarisce la natura del processo che si vuole mettere in atto. Ouspensky, il divulgatore più noto delle idee di Gurdjieff, chiama questo percorso “Quarta Via”, contrapposta alla via del “fakiro”, che lavora solo sul corpo; del “monaco”, che lavora solo sulle emozioni; e dello “yogi”, che lavora solo sulla mente. Queste vie sbilanciate possono produrre solo “stupidi santi” (che sono in grado di fare tutto ma non sanno cosa fare) o “deboli yogi” (che sanno cosa fare ma non possono farlo). La Quarta Via invece è la “Via dell’Uomo Astuto”, quella che equilibra il lavoro delle prime tre, sviluppando armonicamente tutti gli aspetti dell’essere e permettendo al praticante di non abbandonare la sua vita ordinaria per rinchiudersi in un monastero, ma , come dicono i sufi, di “essere nel mondo ma non del mondo”. Negli scritti di Gurdjieff in realtà non viene mai menzionata una Quarta Via, si parla piuttosto, nei “Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote”, di antiche vie basate su “fede”,”speranza” e “amore”, impulsi di origine divina ma ormai talmente distorti e sviliti dall’uomo attuale, da essere inservibili. L’immaginario profeta Ashiata Shiemash scopre una nuova via basata sulla “coscienza morale obbiettiva”, anch’essa di origine divina ma così rara nel mondo da essersi preservata incorrotta ed essere quindi ancora ‘attiva’: tale coscienza è divenuta inconscia e deve quindi essere risvegliata. L’uomo è un essere tricentrico o “tricerebrale”; i tre centri o “cervelli” devono funzionare in modo armonico e non sbilanciato come di norma. Stomaco (e tutto quel che si trova al di sotto di questo), cuore e testa o, se si preferisce, corpo, emozioni e intelletto, devono equilibrare le loro funzioni e non interferire fra loro. Non bisogna quindi sacrificare o mortificare nessuna delle parti dell’uomo, ma bilanciarle e restituirle alla sfera appropriata: “Meriterà il nome di uomo e potrà contare su ciò che è stato preparato per lui dall’Alto, solo colui che avrà saputo acquisire i dati necessari per conservare indenni sia il lupo sia l’agnello che gli sono stati affidati(11).” Se tipi diversi di uomini, guidati solo da uno dei loro centri - l’intellettuale, l’emozionale, il sensitivo-motore - sono imprigionati in uno schema prestabilito, il quarto tipo di uomo, che ha equilibrato i tre centri, può cominciare ad assaporare i primi barlumi di libertà. Un’idea fondamentale collegata con questa è la differenza fra conoscenza e comprensione: la prima è fondata su un solo centro, abitualmente il centro intellettuale; la seconda è tricentrica, passa cioè per tutte le facoltà. Ciò che è compreso, cioè contemporaneamente capito, sentito e percepito, ci appartiene davvero; la semplice conoscenza è invece del tutto strumentale e aleatoria. Da qui la scarsa considerazione di Gurdjieff per l’uso puramente intellettuale, teorico delle idee dell’Insegnamento: senza la comprensione e quindi la pratica, non si può che fraintendere. Per tentare di controllare la macchina però, bisogna prima studiarne il funzionamento. Tutto comincia da un’osservazione “obbiettivamente imparziale” di sé stessi. Per usare le parole di Margaret Anderson: “I primi passi verso la libertà sono l’autosservazione ed il ‘conosci te stesso’. Il sistema di Gurdjieff inizia con l’osservazione scientifica neutrale di se stessi - con l’esame del proprio corpo in modo scientifico: inizialmente, basandosi sul centro fisico; più tardi, facendo osservazioni sul centro mentale e sul centro emotivo. ...il corpo è l’unico strumento col quale lavorare. Fatene un buono strumento. Non tollerate che sia esso a controllarvi. ...I nostri corpi sono dei ‘fertilizzanti’ per l’anima.(12)” Come in ogni disciplina tradizionale, anche nell’insegnamento di Gurdjieff, l’idea di base è quella dell’identità fra il micro ed il macrocosmo: l’uomo è l’immagine dell’universo e segue le stesse leggi. Alla complessa psicologia, la sola aperta alle nostre possibilità esplorative, che abbiamo appena tratteggiato, si connette una ancor più complessa cosmologia. Uno storico delle religioni, in termini tecnici, la etichetterebbe probabilmente come “emanazionista” e “gnostica”. A fondamento della manifestazione vi sono due leggi cosmiche universali: la Legge del Tre (Triade) e la legge del Sette (Ottava). La prima legge postula come ogni fenomeno risulti dall’incontro di tre differenti forze: il pensiero scientifico osserva invece solo la presenza di due forze (positivo e negativo magnetici; cellula maschio e femmina, ecc.), ma è ignaro della terza. Gurdjieff chiama queste forze: 1) Santa-Affermazione 2)Santa-Negazione 3)Santa-Riconciliazione oppure 1) forza attiva o positiva 2) forza passiva o negativa 3) forza neutralizzante Le tre forze sono osservabili all’esterno ed all’interno di noi, ma non è affatto facile riconoscerle, specialmente la terza forza. In termini più ordinari si potrebbe parlare anche di impulso, resistenza e conciliazione. Le triadi si succedono in ‘catene’ in cui “il maggiore si fonde con il minore per realizzare il medio e così diviene o maggiore per il precedente minore o minore per il successivo maggiore(13)”. Inutile dilungarsi sulle analogie con altre tradizioni: la Trinità cristiana di Padre, Figlio e Spirito Santo in cui, non a caso, quest’ultimo è il Paraclito, l’intercessore; la Trimurti indù di Brahma, Shiva e Vishnu; i tre Gunas del Sankhya, Rajas il principio dinamico, Tamas il principio statico e Sattva l’equilibrio; il Sale, Zolfo e Mercurio dell’Alchimia ; lo Yin e lo Yang unificati nel Tao; i Tre Triangoli della Quabbalah; ecc. La legge del Sette, invece, fornisce la sistematizzazione del corso dei movimenti di una forza nello svolgere il processo di completamento di un qualsiasi fenomeno: lo sviluppo della frequenza delle vibrazioni, ascendente o discendente, della forza passa attraverso sette gradi, fasi o “note” disposte lungo una scala armonica, con due prevedibili punti di stallo (proprio dove mancano i semitoni tra mi-fa si-do nella scala maggiore mi, re, do, si, la, sol, fa, mi). Questa legge si può chiamare “legge della discontinuità delle vibrazioni”. Nell’universo tutto è vibrazione, ma in ogni scala di trasmissione di queste, ci sono sempre due punti dove le vibrazioni rallentano e richiedono uno shock esterno per poter continuare nella stessa direzione. Senza shock esterno il percorso deraglia e cambia traiettoria: questo accade all’inizio (mi-fa) ed alla fine (si-do) dell’ottava. In tal modo si spiegano, per esempio, il rilassamento dello sforzo e le deviazioni dallo scopo originale in ogni impresa umana: una stessa perversa transizione porta dal Sermone della Montagna all’Inquisizione o dalla ‘libertà, fratellanza ed uguaglianza’ rivoluzionarie a Napoleone e a Stalin. Se “ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, anche questa legge si applica sia all’esterno che all’interno di noi: sul piano cosmico l’ottava discendente del cosiddetto “Raggio di Creazione”, che dall’Assoluto porta allo sviluppo progressivo dei mondi, colma il primo intervallo do-si con il ‘Fiat’ divino ed il secondo fa-mi con la funzione della vita organica sulla Terra, vero e proprio organo di percezione del pianeta(14); analogamente sul piano della realizzazione umana, l’ottava ascendente che porta l’uomo dal sonno meccanico all’essere reale, colma i due intervalli con lo sforzo consapevole e la sofferenza volontaria proposti dal Lavoro. Nello spazio compreso fra queste due ottave è racchiuso il destino dell’uomo: essere una pedina nell’ottava discendente, svolgere passivamente il proprio ruolo di trasformatore di energia, con tutte le creature viventi, e venire riassorbito a suo tempo nel substrato indifferenziato come parte dell’ecologia cosmica; oppure entrare di forza nell’ottava ascendente, partecipare di un compito più alto, essere attivo. “Nell’universo tutto è materiale e per questo motivo la Grande Conoscenza è più materialista del materialismo....(14bis)”. In questo modo il cerchio si chiude, niente è casuale in questo sistema in cui ognuno può scegliere se seguire la corrente generale, manifestando un’esistenza semiconscia e generando un grado di energie rudimentali che vengono usate dal cosmo ad un solo livello; o invece cercare di “essere”, di evolversi consapevolmente, e, applicando il principio alchemico della separazione dello spesso dal sottile, muoversi verso la capacità di ricevere e generare energie più raffinate, svolgendo un servizio più alto per le forze della creazione. In entrambi i casi niente viene sprecato: tutto in natura è “cibo” per qualcosa; tutto viene utilizzato. L’azione universale e coordinata delle due leggi è esemplificata dal simbolo dell’Enneagramma: un cerchio che include un triangolo equilatero intrecciato con un’altra figura a sei lati. Dei nove lati che lo compongono, sei sono ottenuti da 1 diviso per 7 (che produce un numero infinito in cui non compare mai il 3, il 6 e il 9), gli altri da 1 diviso per 3 (che produce una serie infinita di 3, di 6 e di 9). I punti in cui i lati toccano il cerchio sono numerati da uno a nove. Il cerchio simbolizza lo zero, il serpente ermetico che si morde la coda: in realtà non si tratta di un cerchio ma di una spirale, perché il simbolo non è statico ma dinamico. L’Enneagramma rappresenta ogni processo che si mantiene da solo per autorinnovamento: per esempio la vita. Per questo, secondo Gurdjieff, è “il moto perpetuo ed anche la pietra filosofale degli alchimisti(14tris)”. Tutto questo una volta detto lo si può anche dimenticare: si tratta adesso di riscoprirlo, non perché ci viene spiegato o lo leggiamo da qualche parte, ma perché lo verifichiamo con la nostra esperienza. L’insegnamento in realtà è soltanto pratico e viene trasmesso esclusivamente per via orale o tramite esempi diretti che evitano anche la parola. Tutto ciò che Gurdjieff ha scritto è terribilmente preciso, ma così analogico che solo la personale comprensione, nata dall’esperienza, può condurre il cercatore al cuore dell’insegnamento. Chi si limita ai libri otterrà ben poco. “Se non sei dotato di uno spirito critico, la tua presenza qui è inutile(15)”, in altre parole dobbiamo trovare il modo di esercitare il nostro buon senso nell’attrito effettivo con la vita e non riferendoci a schemi e concetti astratti. Per quanto abbia spesso interpretato con divertimento e con innegabile immedesimazione, specialmente nel suo iniziale periodo russo, il ruolo del ‘mago’ e dello ‘sciamano’, Gurdjieff ha sempre manifestato una certa annoiata diffidenza verso gli occultisti e “gli iniziati di nuova emissione”, come li apostrofava beffardamente; la ‘magia’ non gli interessava: il vero problema è svegliarsi, non rendere più confortevole il sonno. La sua posizione ricorda piuttosto lo spoglio rigore e la ruvida purezza di certi insegnamenti zen. A questo proposito Fritz Peters ricorda: ”Molti anni fa, Aleister Crowley, che si era fatto un nome in Inghilterra come “mago” e che si vantava, tra le altre cose, di aver appeso per i pollici la moglie gravida nel tentativo di generare un essere mostruoso, si presentò a Fontainebleau senza essere invitato. Crowley era visibilmente convinto che Gurdjieff fosse un “mago nero” e lo scopo manifesto della sua visita era di sfidarlo in una specie di duello di magia. L’incontro si rivelò una delusione poiché Gurdjieff, sebbene non negasse di conoscere certi poteri che potevano essere definiti “magici”, si rifiutò di fare qualsiasi dimostrazione. A sua volta, anche il signor Crowley si rifiutò di “rivelare” i suoi poteri; perciò, con grande disappunto dei presenti, non si poté assistere a nessuna impresa soprannaturale. Per giunta, il signor Crowley se ne andò con l’impressione che Gurdjieff fosse un ciarlatano o uno stregone di mezza tacca.(16)” Non si cerca quindi niente di arcano, ma piuttosto una diversa attenzione per ciò che, ad uno sguardo superficiale, può apparire banale: “Io insegno che quando piove i marciapiedi si bagnano”, ripeteva sempre il maestro e, con la stessa tipica ironia, “Ho dell’ottimo cuoio da vendere a quelli che vogliono farsi delle scarpe”. Per di più, secondo Gurdjieff, la ricerca individuale non era fruttuosa. Il marchio distintivo del suo metodo fu ‘il gruppo’: “Un uomo da solo non può fare nulla... Siete in prigione. tutto quello che desiderate, se siete intelligenti, è fuggire. Ma come fuggire? E’ necessario scavare un tunnel sotto il muro, ma un uomo da solo non può fare nulla; supponiamo però che ci siano dieci o venti uomini: se lavorano a turno e si coprono a vicenda, possono completare il tunnel e scappare(17)”. Per questo il Lavoro si è tramandato attraverso gruppi di allievi che, dalla sintonia e dal coflitto delle proprie diverse personalità, hanno saputo trarre la linfa per far crescere il loro singolo ramo di uno stesso albero. I gruppi, nella tradizione “ortodossa”, che deriva immutata direttamente dagli appuntamenti di Rue des Colonels-Renard, si ritrovano con periodicità regolare. Il conduttore del gruppo assegna gli esercizi interiori della settimana, i membri possono fare domande o riferire sulle loro esperienze dei giorni precedenti e vengono letti e commentati brani dei testi più importanti di Gurdjieff o dei suoi allievi diretti(18). Generalmente l’incontro inizia con un breve momento di silenzio, chiamato “rappel”, cioè richiamo a sé stessi, che è la ripetizione collettiva della “meditazione seduta” (svolta con posizione e modalità pressoché analoghe alla classica seduta di Zazen) che ogni membro del gruppo pratica individualmente ogni mattina. Altre attività possono essere costituite dallo studio dei Movimenti o Danze Sacre, dall’ascolto delle composizioni musicali di Gurdjieff e dal lavoro manuale silenzioso, di solito secondo discipline artigianali classiche, come la tessitura, la ceramica, la falegnameria, il giardinaggio, ecc. Alcuni rituali troppo strettamente legati alla figura del maestro, come il “Brindisi agli Idioti”, tenuto durante le riunioni conviviali, con abbondanti libagioni alcoliche, sono stati del tutto abbandonati dopo la morte di Gurdjieff(19). Per tradizione “ortodossa” intendiamo quella trasmessa dallo stesso Gurdjieff ai suoi allievi, riunitisi, dopo la sua morte, sotto la direzione organizzativa di Madame Jeanne de Salzmann, nella “Fondazione Gurdjieff”, che ha le sue sedi principali a Parigi, Londra e New York. Solo questa linea assicura la fedeltà all’insegnamento originario. Le altre, dai seguaci di Ouspensky dopo il suo allontanamento dal maestro, ai fin troppo numerosi gruppuscoli, gurdjieffiani di nome ma non di fatto, hanno distorto le idee in modo sempre più grave, giungendo talvolta a creare dei veri e propri “culti” sul tipo di Scientology, pericolosi per la salute e per il portafoglio dell’incauto cercatore. Come avvertimento possiamo solo dire che, se si cerca un contatto con un gruppo serio, l’unico modo di entrare è conoscere qualcuno che è già dentro. Nessun gruppo veramente esoterico metterebbe inserzioni sui giornali o segnalibri, stampati in carta molto raffinata, dentro le edizioni gurdjieffiane in commercio. Si pensi sempre a questo dettaglio non secondario, e si ricordi il consiglio degli antichi: caveat emptor! Per concludere questa breve e necessariamente incompleta introduzione, torniamo alla stessa immagine con cui abbiamo aperto: torniamo alla stanza in cui agonizza Luc Dietrich, in cui due uomini si guardano negli occhi. Se cerchiamo miracoli forse possiamo trovarli a Lourdes, ma non qui. Niente miracoli. Solo una semplice presenza: qualcuno che in silenzio entra nella nostra camera ed in silenzio ci porge un’arancia. Note 1) Luc Dietrich (1913-1944), scrittore, poeta, fotografo, amico intimo di René Daumal e di Lanza del Vasto. Dal 1938 partecipò ai gruppi organizzati da Jeanne de Salzmann per conto di Gurdjieff. I suoi due romanzi pubblicati sono: Le Bonheur des tristes e L’Apprentissage de la Ville. La famosa foto che ritrae Daumal emaciato e barbuto, pochi giorni prima della morte, fu scattata da lui. Dietrich restò così sconvolto dalla scomparsa dell’amico che abbandonò tutto e si ritirò in Normandia a studiare il comportamento dei pazzi in un manicomio. Il villaggio in cui risiedeva fu bombardato dagli Alleati durante lo sbarco. La ferita alla testa riportata da Luc produsse un ascesso cerebrale che lo condusse alla morte dopo tre giorni di agonia. 2) Fritz Peters, La mia fanciullezza con Gurdjieff, Milano, SE, 1992, pag. 200 3) Henri Tracol, The Taste for Things That Are True, Shaftesbury, Element Books Limited, 1994, pag.113. 3bbis) Sebbene esistano un passaporto ed un’autobiografia, il primo (che reca l’anno di nascita 1877) è quasi sicuramente falso, la seconda - Incontri con uomini straordinari, Milano, Adelphi, 1977 – è troppo vera e perfetta in senso allegorico, simbolico e mitico per esserlo anche in quello banalmente storico. I biografi principali di Gurdjieff concordano sostanzialmente nel ritenere il 1866 l’anno più probabile della sua nascita. Il luogo invece è certo Alexandropol, per i turchi Gumru, città di confine contesa fra i due imperi e, a secondo della data, ancora appartenente a quello Ottomano o già a quello Russo. Il nome Gurdjieff è la versione russa del greco Georgiades, in armeno Gurdjian. La somiglianza del cognome con quello del Lama Agwhan Dorjieff, precettore del tredicesimo Dalai Lama, e la dubbia testimonianza di un avventuriero che aveva combattuto con gli inglesi nella guerra anglo-tibetana, fu la causa di una persistente leggenda che identificherebbe i due personaggi. Il testimone, certo Nadir Khan, incontrò Gurdjieff a New York negli anni ’20 e lo scambiò per Dorjieff: i due parlarono per un po’ in tagico ricordando vecchie battaglie su fronti opposti. “Siete davvero Dorjieff ?”- chiese Nadir Khan. Gurdjieff gli stizzò l’occhio. In realtà, come attestato, fra gli altri, da Alexandra David-Neel che lo conobbe, Dorjieff aveva almeno vent’anni più del suo presunto alter ego ed era un mongolo buriato: i tratti somatici di Gurdjieff erano invece decisamente caucasici. Più sensata l’ipotesi di James Webb che identifica Gurdjieff con un collaboratore di Dorjieff, Ushe Narzunoff, coetaneo di Gurdjieff e che scompare senza lasciare traccia dal panorama storico, più o meno negli stessi anni in cui questi fa le sue prime apparizioni a Mosca. Narzunoff avrebbe avuto una moglie tibetana e due figli, uno dei quali divenuto abate in un monastero buddista. Secondo numerose testimonianze anche Gurdjieff avrebbe ricordato spesso, nei suoi anni tardi, la moglie lasciata in Tibet e i due figli, uno dei quali monaco. Cfr. James Moore, G.I. Gurdjieff: Anatomia di un mito, Vicenza, Il Punto d’Incontro, 1993, pagg. 385 e seg.; James Webb, The Harmonious Circle: The Lives and Work of G.I. Gurdjieff, P.D. Ouspensky and Their Followers, Boston, Shambhala, 1987, pagg. 25 e seg. riguardo alla data di nascita; pagg. 59-73, riguardo al caso Dorjieff/Narzunoff. 3bbbis) A questo proposito molti sono gli aspetti ambigui o apertamente denigratori evidenziati da certi autori. In particolare Louis Pauwels, reduce da una bruciante esperienza personale nei gruppi gurdjieffiani, ha cercato di screditare il mistagogo caucasico in vari scritti salvo più tardi “pentirsi” e fare marcia indietro. Se il suo libro Monsieur Gurdjieff, Roma, Mediterranee, 1972, costituisce una miscellanea di testimonianze pro e soprattutto contro Gurdjieff, tendenziosa ma comunque interessante; il celeberrimo Il mattino dei maghi, Milano, Mondadori, 1963, scritto in collaborazione con Jacques Bergier, cade nella faciloneria e nella pura affabulazione: da quel testo nascono le fantasie riguardanti i pretesi contatti fra Gurdjieff ed il nazismo. Dal momento che il “maestro di danza” visse sia l’occupazione che la liberazione di Parigi, se avesse avuto anche solo qualche responsabilità minore, o gli fosse stato attribuito concretamente il minimo sospetto di collaborazionismo, difficilmente sarebbe sfuggito alla vendetta dei liberatori che non ebbero certo la mano leggera in quei giorni. La sua unica conseguenza giudiziaria dopo la l’arrivo degli Alleati, fu un fermo di pochi giorni per ‘traffico di valuta estera’, reato candidamente confessato dallo stesso Gurdjieff a Fritz Peters con queste parole: “A me non interessa chi vince la guerra. Non ho patriottismo nè grandi ideali di pace. Gli americani, con gli ideali, uccidono milioni di tedeschi; i tedeschi, con gli ideali, uccidono inglesi, francesi, russi...Tutti hanno ideali...tutti uccidono. Io ho un solo scopo: l’esistenza per me stesso, per gli allievi e per la mia famiglia - anche questa grande famiglia...Perciò...tratto con i tedeschi, con i gendarmi, con tutti questi esemplari pieni di ideali che fanno ‘mercato nero’. Risultato: mangio bene...e posso aiutare anche tante persone”. Da: Fritz Peters, I miei anni con Gurdjieff, Milano, Adea, 1994, pag. 90. Un'altra maldicenza ricorrente, questa volta meno fumosa, è quella che riguarda i costumi sessuali di Gurdjieff. In generale i gurdjieffiani preferiscono sorvolare sulla natura esplicitamente tantrica delle relazioni avute dal maestro almeno con alcune delle sue allieve. E’ raro che, sull’argomento, si raggiunga l’obbiettività di John Bennett, unico memorialista gurdjieffiano ad ammettere: “Certe volte conduceva una vita rigorosa, pressochè ascetica, senza avere alcun rapporto con le donne. Altre volte, sembrava che la sua vita sessuale si sfrenasse e bisogna dire che i suoi periodi di scatenamento erano più frequenti di quelli ascetici....Non poche donne sue allieve gli partorirono dei bambini...”. Da: John G. Bennett, Gurdjieff: Un nuovo mondo , Roma, Ubaldini, 1996, pag. 237-238. 3bis) Georges Gurdjieff, I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, Milano, L’Ottava, 1988, vol. I, pag. 2. 3tris) Su queste relazioni si può leggere il libro di Franco Ruffini, I teatri di Artaud: Crudeltà, corpo-mente, Bologna, Il Mulino, 1996. 3quatrisIl Signor Gurdjieff, incluso in Julius Evola, Ultimi Scritti, Napoli, Controcorrente, 1977. Le altre citazioni di Evola sono rispettivamente in: Julius Evola, Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Roma, Mediterranee, 1971, pag. 190 e seg. - 196 e seg.; Julius Evola, Cavalcare la tigre Milano, Vanni Scheiwiller, 1971, pag. 62. Sul giudizio di Lanza del Vasto su Gurdjieff, cfr. Lanza del Vasto, L’arca aveva una vigna per vela, Milano, Jaca Book, 1980, pag. 40-46. Per quanto riguarda René Guénon, la sua famosa dichiarazione di “sfuggire Gurdjieff come la peste” è riportata in Webb, The Harmonious Circle, cit., pag. 467. Inoltre in Moore, Gurdjieff: Anatomia di un mito, cit. pag. 228, “quest’uomo di origine greca non è un puro e semplice ciarlatano, ma questo lo rende ancora più pericoloso…”. In seguito pare che Guénon abbia accettato di incontrare Jeanne de Salzmann, l’erede di Gurdjieff, che era appositamente venuta al Cairo, dove il pensatore tradizionalista viveva, per incontrarlo. Secondo la testimonianza di Jack, il fratello di René Daumal, Guénon avrebbe rettificato in parte la sua opinione negativa, mantenendo però varie riserve fra cui l’accusa a Gurdjieff di “non dare adeguato spazio alla celebrazione di rituali religiosi e sacramenti per la purificazione e la disposizione dell’anima”: cfr. Kathleen Ferrick Rosenblatt, René Daumal: The Life and Work of a Mystic Guide, New York, State University of New York Press, 1999, pag. 138-139. L’avversione di Guénon per Gurdjieff resta comunque un fatto inspiegato e singolare, dal momento che anche le idee del caucasico, per quanto formulate in termini “scandalosi”, anticonformisti ed eterodossi, potrebbero tranquillamente venire accostate ad una visione del mondo “tradizionalista” che avversava l’occultismo e le correnti moderne verso il “sovrasensibile”. A questo proposito cfr. Bennett, cit., pag. 65: “Invariabilmente accenna all’antroposofia in termini irriguardosi, come fosse un’aberrazione del medesimo livello della teosofia e dello spiritismo”. 4) Piotr Demianovic Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Roma, Astrolabio, 1976, pag. 27 e segg. 5) Jacob Needleman, Lost Christianity, New York, Doubelday, 1980, pag.169. 6) Ouspensky, cit., pag. 69. 7) Ouspensky, cit., pag. 39. 8) Aforisma n. 29 in: G.I. Gurdjieff, Vedute sul mondo reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi, Milano, L’Ottava, 1985, pag. 262. 9) Ouspensky, cit., pag. 116. 10) Ouspensky, cit., pag.175 11) Georges Ivanovic Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, cit., pag. 30 12) Margaret Anderson, L’inconoscibile Gurdjieff, Roma, Gremese, 1989, pag. 39. 13) Georges Ivanovic Gurdjieff, I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, cit. , vol. II, pag. 192 e seg. 14) In questo senso si può dire che Gurdjieff anticipa, con la sua formulazione “La vita organica forma qualcosa di simile ad una pellicola sensibile che ricopre tutto il globo della terra…” e con la sua idea di Trogoautoegocratic (qualcosa di simile a “mangiando me stesso, mi mantengo”), il concetto di Biosfera enunciato dal geochimico russo Vernadsky ed ormai abusato negli ambienti ecologisti insieme a quello di Gaia elaborato da Lovelock. 14bis) Georges Ivanovic Gurdjieff, Bagliori di Verità in Vedute sul Mondo Reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi, cit., pag. 31 e seg. 14tris) Ouspensky, cit., pag. 327. Attualmente l’Enneagramma gode di una certa fama negli ambienti new age e perfino in quelli cattolici, come schema di riferimento psicologico e fisiognomico per il riconoscimento dei nove tipi umani di base. Questa semplificazione è stata elaborata, in anni abbastanza recenti, soprattutto da Oscar Ichazo e Claudio Naranjo, personaggi che poco hanno a che vedere con l’autentico insegnamento di Gurdieff. Per quanto non del tutto priva di qualche interesse, questa formulazione resta assai lontana dalla complessità del simbolo utilizzato correttamente. A questo proposito si rimanda più avanti al saggio specifico Enneagramma: la ricettazione di un simbolo. 15) Gurdjieff, Aforismi in Vedute sul Mondo Reale, cit., pag. 262. 16) Fritz Peters, I miei anni con Gurdjieff, Milano, Adea, 1994, pag. 67. Sulla questione dell’incontro, o degli incontri, fra Gurdjieff ed il mago inglese Aleister Crowley (1875-1947), esistono almeno tre versioni diverse. Crowley, da poco espulso dall’Italia, dove aveva costituito a Cefalù, l’Abbazia di Thelema, in cui praticava i suoi riti di magia sessuale, dopo un periodo passato in Tunisia giunge a Parigi, cercando di riassestare le sue finanze e di disintossicarsi dall’eroina. Visita il Prieuré, la cui fama è giunta fino a lui, probabilmente due volte, ma solo la seconda Gurdjieff è presente. www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_artico