giovedì 30 giugno 2022

Margherita mi da una grande fiducia

Questa donna che si definisce: non credente, mi da una grande fiducia etica morale non escludendo anche la spirituale, mi da più fiducia del Papa, anche perché quest'ultimo è un capo di stato e ha dei forti interessi economici da difendere. SEI GRANDE MARGHERITA' E LA TUA ONESTA' INTELLETTUALE TI ACCRESCE IL FASCINO E LA FIDUCIA VERSO LE NUOVE GENERAZIONI

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "Margherita Hack a Dio, crede La spiritualità, per uno come me che non ll'anima, all'aldilà, sta nella capacità di amare e comprendere gli altri- uomini e animali- "di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te"."

domenica 26 giugno 2022

La cattiveria non ha mai fine

Il presunto omicida che apparteneva alla sua guardia personale e lo uccise a tradimento, dal cristianesimo fu fatto santo: San Mercurio, aldilà se la storia fosse vera o falsa rimane la cattiveria di fondo

Potrebbe essere un'immagine raffigurante monumento e il seguente testo "BOO ACCADEVAOGG 26 GIUGNO 363 D.C. CADE IN BATTAGLIA GIULIANO L'APOSTATA"

venerdì 17 giugno 2022

Morire ad occhi aperti nella consapevolezza

Noi uomini di questa società abbiamo un grande paura della morte, il morire è rimosso, si muore fuori dagli affetti familiari spesso in case di riposo o in ospedali nell'abbandono e nella sofferenza, segni di un degrado incipiente


Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo ""Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni". Alce Nero 1890"

domenica 12 giugno 2022

Questi prodotti seguono o provengono da un cammino tradizionale così da riallacciarsi all'alchimia...

che può lavarsi i denti con olio di cocco, idratare la pelle solo con banane, miele o con qualche goccia di olio d'oliva.
Che non esiste uno shampoo come il bicarbonato di sodio, un districante migliore dell'aceto, un disinfettante migliore del sapone fatto in casa....
Che l'acqua di edera lascia i capelli morbidi e lucenti, l'acqua del decotto di ortica rimuove la forfora e i problemi del cuoio capelluto e l'acqua di rosmarino rinforza i capelli e ne previene la caduta, e non esiste un bagno di crema come il tuorlo d'uovo....
Che puoi schiarire i capelli con la camomilla, scurirli con i gusci di noci, coprire i capelli bianchi con l'acqua della buccia di patata, schiarire alcune sfumature di marrone con una maschera di cannella, limone e miele...
Che puoi lavare piatti, pavimenti e cristalli con acqua di scorze di agrumi...
Che è molto facile non consumare rifiuti di plastica.
Che c'è sempre un posto dove seppellire il biologico.
Che una miscela di alcol, perossido di idrogeno e aceto sia un potente antimicotico, così come l'olio di origano, bicarbonato, aglio o olio di cocco.
Che con aglio, aceto e miele si possa preparare un antibiotico...
Che per vivere bene, infatti, basta davvero poco!
Che uscire dal sistema non è combattere nessuno, ma ricordare chi siamo e da dove veniamo.
Puoi creare un mondo con poco... solo rendendoti conto che NOI scegliamo il come.
Ricorda le nostre radici, recupera la nostra memoria.
Fonte Il Sussurro Della Magia
ALCHIMIA E SALUTE, PARACELSO (2 di 4) - Visione Alchemica
Prima che si coricasse, i dottori le avevano detto che la fine era prossima, chiedendole se voleva ricevere i Sacramenti.
Lei però, elegante come sempre a dispetto persino della malattia che la stava divorando, per tutta risposta aveva esclamato : “Vi dirò io quando sono pronta! Ho ancora qualche ora da vivere”.
Così, soltanto la mattina seguente accettò di ricevere il prete che le portava il Viatico, ma anziché ascoltarne la predica, fu lei che ne fece una a lui, abituata com’era a parlare senza ascoltare le risposte degli altri, ma anche senza attendersi che gli altri stessero a sentire lei.
Chiamò poi il notaio per dettargli il testamento e tale operazione richiese parecchio tempo, perché i parenti erano numerosi. Ce ne fu per tutti, fuorché per il marito Camillo, col quale i rapporti s’erano guastati da tempo e che solo per uno scrupolo di coscienza era accorso al suo capezzale.
Dopo essersi congedata dai domestici e aver impartito le istruzioni per la sua imbalsamazione, chiese infine uno specchio per verificare il proprio aspetto, timorosa di non essere in ordine per l’appuntamento supremo, e solo quando ebbe sistemato tutto, all’una pomeridiana del 9 giugno 1825, chiuse finalmente gli occhi per sempre, all’età di soli 45 anni.
Questa fu la fine della principessa Paolina Borghese Bonaparte, detta “la Venere dell’Impero”, che con le sue arti ammaliatrici aveva fatto impazzire la Parigi napoleonica, per poi diventare la regina della Roma papalina d’inizio Ottocento.
Sbarcata tredicenne a Tolone dalla nativa Corsica nel 1793 al seguito della madre Maria Letizia Ramolino, si trasformò presto in preziosa merce di scambio nella mani del sempre più potente fratello Napoleone, diventato in rapida serie generale dell’Armata Repubblicana, primo console della Repubblica Francese ed infine imperatore dei Francesi.
Giovanissima, fu da lui concessa in sposa all’amico generale Léclerc, comandante in capo dell’Armata d’Italia, del quale Paolina si innamorò, ma non abbastanza da riservagli l’uso esclusivo di quelli che lei pudicamente definiva “i vantaggi concessimi dalla natura”, ossia il più bel corpo muliebre della Parigi di quei tempi, famoso per la sua carnagione bianchissima curata con frequenti bagni nel latte d’asina.
Paolina iniziò a coltivare numerose relazioni extraconiugali, che sarebbero poi state una costante della sua vita. Attori, pittori, musicisti, generali ed ussari avrebbero via via frequentato la sua alcova, equamente suddivisi fra francesi, italiani e stranieri di passaggio.
Lo scandalo non tardò a scoppiare, per lo scorno del povero Léclerc al quale ad un certo punto Napoleone impose di partire per l’isola di Santo Domingo, con la moglie e il figlioletto Dermide al seguito, per sedarvi la ribellione indigena capeggiata dall’ex schiavo Toussaint Louverture, ma al fine recondito di coprire lo scandalo e far chetare le acque.
Nell’isola caraibica le preponderanti forze militari francesi non tardarono ad avere la meglio sui rivoltosi, a costo d’ingenti perdite di vite umane fra cui quella dello stesso Léclerc, morto sul finire del 1802 per un attacco di febbre gialla. La sua non inconsolabile vedova già sulla via del ritorno in patria trovò conforto fra le braccia del generale Humbert, mentre la salma del marito viaggiava sottocoperta rinchiusa in una bara di legno chiaro.
Rientrata a Parigi, Paolina riprese la vita spensierata di sempre, incontrando sul suo cammino Camillo Borghese, giovane principe appartenente ad una delle più nobili e facoltose Casate romane. Bello, elegante, ricchissimo e fascinoso nei suoi tratti mediterranei, il principe aveva tutte le doti per piacere alle signore della Parigi bene, a patto però che non aprisse bocca. Era allora infatti che la sua scarsa istruzione, unita ad un’intelligenza men che mediocre, si manifestava facendolo apparire alla stregua di un grullo, facile preda dei tanti più furbi di lui.
Allettato dalla prospettiva di vedere la sua famiglia imparentata con quella di un aristocratico di così alto lignaggio, Napoleone acconsentì di buon grado alle nozze della sorella col Borghese, raccomandandole di seguirlo a Roma e di rispettarlo “come marito e come uomo”. Parole al vento perché, appena giunta nell’Urbe, Paolina iniziò ad annoiarsi cercando sollievo ancora una volta negli amanti.
La prematura morte per un attacco malarico del figlioletto Dermide, di cui Paolina incolpò il coniuge perché l’aveva convinta a mandare il bambino a trascorrere l’estate nella calura di Frascati, a casa dello zio Luciano Bonaparte, guastò irreparabilmente i loro rapporti di coppia.
A nulla valse nemmeno lo splendido regalo fattole da Camillo, che nel 1804 incaricò il celeberrimo scultore Antonio Canova d’immortalare la moglie, seminuda in posa da “Venere vincitrice”, in una meravigliosa statua di marmo bianchissimo che all’epoca destò grande scandalo per il suo realismo.
Dal 1810 la separazione fra i due fu anche fisica, con Paolina impegnata ad seguire il fratello Napoleone in tutta Europa e persino in esilio all’Elba, e Camillo a rifarsi una vita accanto alla duchessa Lante della Rovere, nel suo palazzo di Firenze.
Una parvenza di riconciliazione fra i due ci fu solo “in articulo mortis”, appena in tempo per assicurare a Paolina una degna sepoltura nella Cappella Borghese, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.
Nella cripta di famiglia la “Venere dell’Impero”, che in vita sua dai preti aveva sempre cercato di tenersi lontana tanto quanto lo aveva fatto col marito, riposa paradossalmente accanto ai prelati di famiglia, fra cui Papa Paolo V e il Card. Scipione Borghese, oltreché al coniuge che là sotto la raggiunse sette anni dopo, nel simulacro di un ricongiungimento fuori tempo massimo.
Accompagna questo scritto "Paolina Bonaparte come Venere vincintrice", di Antonio Canova, 1804-1808. Galleria Borghese, Roma.
(Testo di Anselmo Pagani)
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I geroglifici fantastici di Athanasius Kircher

Diremo che era convinto di averli decifrati, ma in sostanza non aveva compreso nulla. Però aveva messo assieme una raccolta di gemme gnostiche fantastica e la gran parte a tutt'oggi non si sa che fine abbiano fatto, probabilmente finite in raccolte private. Era coevo di Bruno e anche lui espresse delle idee decisamente eretiche, non fu mai inquisito probabilmente per la sua appartenenza all'ordine dei gesuiti.

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giovedì 9 giugno 2022

Doppia Erma di Dioniso- II sec d. C .Museo di Nemi-

Per il Frazer ci sarebbe uno stretto rapporto tra l'albero sacro del bosco di Diana e il ramo d'oro che consente ad Enea di compiere la discesa agli inferi. Si racconta di un re sacerdote del bosco di Nemi,custode di un albero sacro,venerato forse come epifania di un antico genio del bosco. In questo culto,in questa venerazione è riposto il dramma del Rex Nemorensis che, regna in un bosco sacro a Diana, fino a che qualcuno non lo ucciderà in duello dopo aver strappato a un albero sacro una delle sue fronde
Il culto dell'albero ,come epifania della divinità,sembra aver avuto una notevole consistenza nella protostoria del Lazio.Ce lo testimoniano le deposizioni di corpi nei tronchi d'albero.Ce lo tramanda Tito Livio a proposito del culto di Giove Feretrio,venerato sotto la forma di una grande quercia sul Saturnius Mons .Servio dal canto suo, specifica che il ramo d'oro va colto ritualmente e che scendere agli inferi vuol dire accedere ai Misteri di Proserpina.Ma il bosco di Nemi ci porta anche verso il mistero inquietante ed enigmatico di Diana Aricina


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mercoledì 8 giugno 2022

Eros l'antidoto contro la morte

La pittura funeraria etrusca.
Tarquinia - Tomba dei tori (VI sec a.C.)
Necropoli di Monterozzi
Frontone della parete di fondo della cella principale.
L’altra scena del fregio, sopra l'architrave dell'apertura di sinistra, rappresenta una delle più famose immagini erotiche della necropoli di Tarquinia, una delle più scabrose, un gruppo erotico formato da due uomini nudi e una donna anch'essa nuda, con le carni bianche, collegati tra loro in un complicato gioco sessuale. Alcuni studiosi ipotizzano che al gruppo manchi l’immagine di una seconda donna, cancellata dal tempo.
Vicino al gruppo c’è un toro, questa volta in atteggiamento rilassato.
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martedì 7 giugno 2022

La chiesa della Colònia Güell

Il luogo trasporta, qualcuno si ostina a classificarlo come stile neo-gotico, è stile trascendente, dove la preghiera viene spinta verso il cielo, Gaudì prima che grandioso architetto era un mistico.Potrebbe essere un'immagine raffigurante spazio al chiuso

Gli altri mondi di Jung

LE PAROLE DI JUNG: "OMBRA" | www.psychiatryonline.it


🔷Nell'anniversario della sua morte, condivido una lettera di Jung, del '45, sulla sua esperienza pre-morte (da brividi):

🖋️«Lei sa che l’angelo della morte ha prostrato anche me ed è mancato poco che mi cancellasse dalla sua lavagna. […]

Tutto sommato la malattia è stata per me un’esperienza molto significativa: mi ha offerto l’occasione preziosa di gettare un’occhiata dietro il velo.

L’unica difficoltà sta nel liberarsi dal corpo, nello spogliarsi del mondo e della volontà dell’Io.

Quando si riesce a rinunciare alla forsennata volontà di vivere e succede come di cadere in una vaga nebbia, inizia allora la vera vita con tutto quello che si era pensato e non si era mai raggiunto. È un’esperienza di ineffabile grandezza.

Ero libero, completamente libero, e integro come prima non mi ero mai sentito. Ero lontano dalla terra 1500 chilometri e la vedevo come un’enorme sfera avvolta in una splendida luce azzurrina.

Mi trovavo sospeso in un punto preciso sopra l’estremità meridionale dell’India che brillava di una luce azzurra-argentea e Ceylon pareva un opale scintillante nel profondo mare azzurro.

Ero nell’universo, su un enorme blocco di pietra in cui era costruito un tempio. Ne scorgevo l’ingresso illuminato da mille piccole fiammelle, alimentate da olio di cocco, e sapevo di dover entrare nel tempio, dove avrei raggiunto la conoscenza totale.

Ma proprio in quell’istante appariva un messaggero dal mio mondo (che fino allora costituiva un angolino del tutto insignificante dell’universo) e diceva che io non potevo abbandonarlo; e proprio allora la visione svanì.

Da quel momento dormii per tre settimane di seguito [di giorno], ma ogni notte mi svegliavo nell’universo, rivivendo tutta la mia visione.

Non ero io ad essere congiunto a qualcuno o a qualcosa, ma era la congiunzione stessa, era il hieròs gámos, l’agnello mistico.

Era una festa, una festa silente e invisibile, pervasa da un sentimento incomparabile, ineffabile di eterna beatitudine; mai avrei pensato che un sentimento del genere potesse far parte dell’esperienza umana.

Osservata dall’esterno e finché si rimane fuori, la morte appare enormemente crudele. Ma appena vi si è dentro, si prova un sentimento così intenso di compiutezza, di pace, di soddisfazione che non si vorrebbe più tornare indietro.»

(C.G. Jung, in una lettera alla dottoressa Kristine Mann, il 1 febbraio 1945)



Miracolo ed emozioni positive

Un articolo apparso sulla stampa, nulla di nuovo e forse non si dovrebbe parlare di miracolo dato che esiste un testo:"I re taumaturghi di Marc Bloch"attraverso questo studio riuscite a comprendere il meccanismo della guarigione legato all'emozione !

Qui riporto l'indirizzo dell'artico: https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2013/09/03/news/benedetto-xvi-mi-ha-guarito-da-un-tumore-1.359753

Libro usato I re taumaturghi. Di Marc Bloch. | eBay

giovedì 2 giugno 2022

il santuario pagano di Torre Maggiore

Potrebbe essere un'immagine raffigurante albero e natura
Il luogo ove oggi sorge Cesi era già abitato da popolazioni di origine umbro-sabina già cinque secoli prima di Cristo, e ospitava sulla vetta di Torre Maggiore un santuario; nel 295 a.C. con la battaglia di Sentino, Roma sconfisse le popolazioni umbre, anche dopo la conquista Romana l’area di culto di monte Torre Maggiore continuò ad avere un ruolo di primo piano nella centralità dei riti religiosi dell’Umbria meridionale, tanto che era collegato da una strada di grande importanza conosciuta come “Carre Sale“.
Dell’antica Clusiolum rimangono imponenti testimonianze.
Appena sotto l’attuale abitato, lungo strada della Pittura, si trova un tratto consistente di mura costituite da grandi massi tenuti insieme senza materiale cementizio.Su uno di essi è scolpito un fallo, ritenuto simbolo della fertilità.All’interno dell’attuale abitato di Cesi sono presenti resti di mura poligonali, il più imponente funge oggi da terrazzamento per la soprastante chiesa di Santa Maria Assunta.
Di notevole interesse archeologico è il sito di Sant’Erasmo, a 890 m s.l.m., qui rimangono resti di gigantesche mura poligonali, che
Questo luogo ha nel tempo ospitato la rocca medievale di Cesi e successivamente la Chiesa di Sant’Erasmo.
Ma il ricordo più importante degli Umbri si trova sulla vetta, a 1121 m .. ove rimangono i resti di due santuari di Torre Maggiore.
Furono i più importanti centri di culto dell’Umbria meridionale.
Il loro culto fu attivo, con probabilità, fino agli inizi del IV secolo d.C..Il tempio principale del santuario è il più antico.
Dell’impianto primitivo, attestato essenzialmente da materiali votivi rimane una fossa pressoché circolare in cui si immette un canaletto; ambedue sono scavati nella roccia e risultano in parte sottostanti alla successiva struttura templare.
I resti del podio del tempio principale e più antico si elevano al centro del complesso.Era orientato secondo l’asse Est-Ovest e preceduto da un pozzetto votivo, in cui sono stati rinvenuti soprattutto bronzetti schematici di figure umane virili.
La grande costruzione è perfettamente rettangolare, di dimensioni approssimative 13,50 x 8,30 m, costituita da grandi massi di blocchi di pietra calcarea in opera quadrata, caratterizzati da un elevato grado di lavorazione.Tutt’intorno, una serie di locali per il ricovero dei pellegrini, i laboratori per la produzione di ceramiche ed ex voto, e altri locali di servizio.
L’altro tempio, di dimensioni analoghe al principale, ma non in asse con esso, presumibilmente riferibile all’età repubblicana.
Il luogo subì un progressivo e lento abbandono, con persistenza del culto pagano anche dopo l’affermazione del Cristianesimo; infatti, il materiale di scavo attesta la frequentazione del tempio almeno fino all’inizio del IV secolo d.C..
In prossimità del solstizio d’estate, nella notte del 24 giugno, la costellazione dell’Orsa Maggiore cade a perpendicolo sulla cima del Torre Maggiore, che rispetto al ciclo delle stagioni segnalava l’affermarsi dell’estate e dava inizio ai rituali propiziatori di fertilità, così importanti per l’antica civiltà umbra, basata essenzialmente sull’agricoltura e sulla pastorizia. Da questo santuario principale, tramite l’accensione di un grande fuoco, si trasmetteva il segnale del passaggio di stagione a tutta la Bassa Umbria e alla vicina Sabina, tramite gli altri santuari minori posti sulle alture circostanti, come quello di monte San Pancrazio a Calvi. Il panorama spazia infatti a 360° dalla valle spoletina, alla catena dei monti Martani, alle colline verso Todi e Amelia, alla conca ternana, fino ai monti Sabini e oltre.
Poi, l’Illuminismo e i moti rivoluzionari che seguirono, a parte i danni subiti dalla Chiesa, diedero un colpo di grazia ai culti agrari dell’antico paganesimo, che nell’arco di pochi decenni degenerò, soprattutto per merito della persecuzione ecclesiastica, in superstizione e stregoneria popolare.
Chiudiamo, al di là delle ricostruzioni storiche più o meno condivisibili, con un suggestivo racconto, rivelatore forse del più autentico Genius Loci di queste montagne: “Qualcuno mi ha confessato che quando il giorno si sente alquanto depresso per motivi a lui ignoti e quindi inspiegabili, nella notte si reca sulla montagna di S. Erasmo e sale sopra un leccio per sedersi al primo incrocio di rami. Il che avviene tutto automaticamente come per predisposizione. Da qui guarda a lungo la Valle con tutte le sue luci sparse, piccole come tenui lucciole, poi comincia a fissar lo sguardo nel cielo, sia esso limpido o nuvoloso, finché non si sente assorbito in esso perdendo ogni sensazione del corpo. Dopo molto … ha un recupero di sensibilità fisica e scende dall’albero. Per un lungo periodo di tempo si sentirà sempre ‘in forma’ e vigorosamente rigenerato. … Che su queste montagne si ricevano sensazioni di benessere e rinvigorimento dovute agli astri in cielo che vi proiettano i loro influssi positivi, è indubbio per questi giovani. Il ‘che’ accettano con convinzione senza troppo scavare col ragionamento.” (M. Farinacci, Mentalità Ternana Celto Pagana, Terni 1991, p. 12).