L’antichissimo monastero silvestre di San Benedetto in Val Perlana fu citato per la prima volta nel diploma del 1031 con cui Litigerio, vescovo di Como, istituì sul sacro suolo della storica Isola Comacina la chiesa di Sant’Eufemia, di cui ancora oggi sopravvivono i pregevolissimi ruderi.
Secondo l’uomo di chiesa in questi luoghi selvaggi, dove la religione cristiana sarebbe caduta nell’oblio in favore di “un ritorno ai riti pagani”, era necessario intraprendere al più presto la costruzione di più edifici di culto: consueto pretesto, a quei tempi, per rivendicare le decime spettanti alla diocesi comasca di Sant’Abbondio, ivi dominante fin dal lontanissimo V secolo. Non per nulla, Litigerio minacciò di sanzioni morali e pecuniarie quanti avessero continuato a usurpare dei beni a lui spettanti.
Il complesso monastico di San Benedetto, immerso nel paesaggio selvaggio e tutto da scoprire della poco nota val Perlana, si raggiunge attraverso due vie: lasciato il pregevole paese rivierasco di Lenno, la prima strada si diparte dai posteggi dell’abbazia dell’Acquafredda; la seconda è uno stretto sentiero che ha inizio dal pregevole Sacro Monte d’Ossuccio e che impegnerà il viaggiatore in una lunga e impegnativa ascensione di due ore nella pace dei boschi della Val Perlana. Le due vie si collegano in un percorso “ad anello”.La struttura, oggi isolata, fu fondata dai monaci dell’ordine benedettino verso la metà dell’XI secolo, in prossimità di una sorgente che permetteva di coltivare i terreni terrazzati sui fianchi dei monti. Dall’alto poteva controllare i paesaggi sulle vie lungo la costa, garantendo ai cenobiti la tanto agognata solitudine.Pregevole esempio di romanico maturo, fu edificata con uso di conci squadrati in roccia calcarea locale, detta “pietra di Moltrasio”, secondo le tecniche che per tradizione sono state attribuite alla nota cerchia dei “maestri comacini”.Non troppo tardi il monastero fu considerato a ragione un luogo scomodo da raggiungere: già nel XIII secolo l’abate di San Benedetto aveva trasferito la sua sede di fatto a Sala Comacina; in seguito il monastero romanico fu annesso alla vicina Abbazia dell’Acquafredda (la quale esiste ancora oggi, ma in forme barocche); i corpi di fabbrica annessi furono abbandonati e in parte distrutti. La sala capitolare, un tempo affrescata, fu riadattata dai contadini a stalla per le capre fino alla metà del ‘900. Alcune interessanti foto d’epoca ritrovate tra gli archivi parrocchiali dell’archivio di Lenno mostrano come il monastero di San Benedetto in Val Perlana non fosse mai stato abbandonato dalla memoria collettiva dei paesani, che qui si recavano in pellegrinaggio fino agli inizi del ‘900.
Diverse campagne di restauro hanno permesso di recuperare chiesa e parte del monastero: oggi san Benedetto si presenta nella sua veste originale. di chiesa monastica:
L’edificio a tre piani annessi alla basilica, cuore della vita comunitaria dei monaci nel medioevo, con la sala Capitolare ( e perfino l’essiccatoio per le castagne, fu ristrutturato per usi agricoli nel corso dei secoli; il chiostro è sparito. Attualmente il complesso soffre ingiustamente di un grave stato di degrado.
La chiesa di San Benedetto, invece è integra: normalmente inaccessibile al pubblico poi visitabile la prima e l’ultima domenica del mese, grazie alla presenza dell’”Associazione san Benedetto in Val Perlana” che sfortunatamente si è sciolta nel 2011, lasciando San Benedetto in stato di chiusura perenne.
Il paese sottostante di Lenno, oltre che per la sua posizione idilliaca sul lago, è famoso per altre sopravvivenze romaniche di gran pregio come il battistero ottagonale del XII secolo, la cripta dell’XI secolo. e la pieve campestre a due navate della frazione Casanova Lanza (XII secolo): molte testimonianze medievali su cui indagare ancora.
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