di Guido Dalla Casa
Premesse
I movimenti che si ispirano a idee ecologiste più profonde di quelle
usuali dei mezzi di comunicazione e delle Associazioni ambientaliste
(risorse, rifiuti, pulizia, inquinamento, parchi, ecc.) si stanno
fortunatamente moltiplicando. Come esempi: l’Ecologia Profonda, La
Decrescita Felice, l’Ecopsicologia, il Bioregionalismo, lo studio
delle culture native, la critica alla civiltà, la spiritualità al di
fuori delle religioni organizzate, e altri.
Alcuni di questi movimenti non riescono a liberarsi completamente da
un sottofondo di pensiero che per la civiltà occidentale è più che
millenario: l’antropocentrismo. Tutto viene riferito all’uomo come
unico depositario di valori. A mio parere, se non ci si libera da
questa idea di base, l’azione ecologista è destinata a fallire.
Dei movimenti sopra citati, l’Ecologia Profonda ha come sottofondo
l’ecocentrismo: l’abbandono dell’idea antropocentrica è la sua
premessa fondamentale. Degli altri, qualcuno non si occupa in modo
particolare del problema o non manifesta una piena consapevolezza
dell’aspetto negativo dell’antropocentrismo.
Secondo la critica alla civiltà, l’umanità dei
raccoglitori-cacciatori si vedeva spontaneamente in una rete
interconnessa di viventi, con spazio per gli altri esseri senzienti
pari a quello umano. Per quanto riguarda l’ecopsicologia, l’inconscio
ecologico comprende l’umanità e la pone all’interno della comunità dei
Viventi.
Questi due movimenti sono quindi consapevoli della necessità di una
critica profonda all’antropocentrismo corrente.
Se ci riferiamo a istituzioni, documenti ufficiali o istanze di tipo
politico, l’antropocentrismo è sempre presente, anzi è considerato
ovvio.
Come esempio, diamo un’occhiata al testo della Commissione Europea
L’economia degli ecosistemi e della biodiversità, che pure è un
documento con le migliori intenzioni. Il linguaggio è strettamente
economico. Alcuni esempi: “nostro stock di capitale naturale”,
“capitale naturale della terra”, “ampliare il nostro concetto di
capitale fino a includere il capitale umano, sociale e naturale”. Il
concetto di capitale è ripetuto più volte, anche quello di capitale
“naturale”!
L’idea sempre presente è la collocazione degli umani al di fuori del
mondo della Natura: questa è un’assurdità da tutti i punti di vista.
L’essere umano appare come un elemento estraneo, al di sopra di tutto:
è lo scopo e l’utente finale di tutti i servizi.
Anche in documenti con intenzioni filo-ecologiste, si parla di
“patrimonio dell’umanità”, non soltanto per qualcosa come le piramidi
d’Egitto o un’opera d’arte, ma per le Dolomiti o il Grand Canyon del
Colorado, che sono lì da centinaia di milioni di anni, mentre la
nostra specie ha soltanto due o tre milioni di anni! Anche tenere in
buono stato il mondo “per le generazioni future” è un’espressione
fortemente antropocentrica.
La scienza
E’ ormai noto alla scienza, fin dai tempi di Lamarck, cioè da un
paio di secoli, che l’uomo è una specie animale a tutti gli effetti,
anche facilmente classificabile: Classe Mammiferi, Ordine Primati. La
nostra specie partecipa completamente della vita del complesso
ecosistemico, le nostre funzioni cellulari e fisiologiche sono le
stesse degli altri mammiferi, anche il comportamento non presenta
particolari eccezionalità qualitative. Gli altri animali, in
particolare Mammiferi e Uccelli, soffrono, amano, ragionano, curano la
prole, hanno una vita sociale strutturata, trasmettono cultura.
Quindi due secoli sono passati invano.
Le differenze genetiche fra un umano e uno scimpanzé bonobo sono
dell’ordine dell’1%. Tuttavia la scienza “ufficiale”
riduzionista-meccanicista-mate
stesse conoscenze: per non dover parlare di rispetto per la Vita ed
evitare le conseguenze sull’etica, ha sostituito il precedente
“diritto divino” con una specie di “merito selettivo” ed ha non solo
legittimato e continuato l’opera di sfruttamento del mondo naturale e
di sterminio dei viventi, ma anche giustificato “esperimenti” che
comportano terribili sofferenze a tanti esseri senzienti.
Recentemente è stato pubblicato in italiano un libro di uno
scienziato olandese (R.Corbey – Metafisiche delle scimmie – Bollati
Boringhieri, 2008), in cui, oltre ad altre considerazioni, si ricerca
quali possano essere le caratteristiche che dividono l’umano
dall’animale. In un recente passato si è sempre dovuto spostare questo
confine, man mano che si accumulavano nuove scoperte e nuovi studi, ma
infine il tentativo di mantenere comunque una divisione è fallito: il
confine non esiste. Gli altri animali giocano, soffrono, amano, hanno
emozioni profonde, tengono un comportamento del tutto paragonabile a
quello umano. L’antropocentrismo è privo di qualunque base
scientifico-filosofica.
Gli altri animali comunicano certamente fra loro. Se il criterio di
divisione fosse la scrittura, dovremmo relegare “dall’altra parte”
quasi tutte le culture umane, in cui le conoscenze sono trasmesse
oralmente: ma oralità e scrittura sono solo modalità diverse di
trasmissione, non c’è alcun “progresso” da una all’altra. Altrimenti
saremmo costretti a descrivere la “storia” entro il solito paradigma
che porta all’Occidente e poi alla civiltà industriale come al vertice
del “progresso”, cosa ormai superata da tutti i punti di vista.
Ricordo benissimo di aver letto, una trentina di anni orsono, che
uno scienziato aveva condotto un esperimento di fecondazione “in
vitro” che interessava due gameti, di cui uno umano e l’altro di
scimpanzé. In uno dei tentativi la fecondazione era riuscita e si era
sviluppato un embrione in vitro, in fase molto iniziale. Non ho alcuna
garanzia sulla veridicità del fatto, ma non mi sembrerebbe una cosa
tanto strana. Comunque la civiltà occidentale non poteva sopportare
una notizia simile: così non se ne è più sentito parlare. Era
un’evidenza in più della nostra completa appartenenza alla Natura, se
pure ce ne fosse stato bisogno.
Il tutto alla faccia del metodo scientifico, dell’illuminismo e
della ragione.
Studi recenti
I brani che seguono sono riportati dall’articolo “Minds of their
Own – Animals are smarter than you think” (La loro mente – Gli animali
sono più intelligenti di quanto crediate) di Virginia Morell,
pubblicato sul numero di marzo 2008 del National Geographic.
L’articolo è una sintesi dei risultati di trent’anni di studi sulla
mente, sul comportamento e sulle capacità di apprendimento di molti
esseri senzienti non-umani da parte di Irene Pepperberg e altri
scienziati. La Pepperberg iniziò il suo progetto nel 1977: si portò in
laboratorio un pappagallo di nome Alex con l’intento di insegnargli la
lingua inglese. Ma leggiamo qualche brano dell’articolo:
“Alex contava, riconosceva colori, forme e dimensioni, aveva
un’elementare nozione del concetto di zero”.
“Gli scimpanzé, i bonobo e i gorilla sono capaci di apprendere il
linguaggio dei segni e di utilizzare simboli per comunicare con noi.
Il bonobo Kanzi porta con sé una lavagna piena di simboli che gli
permette di “parlare” ai ricercatori, e ha inventato, per esprimersi,
nuove combinazioni simboliche”.
“Azy (un orango) ha una ricca vita interiore. Oltre a comunicare i
suoi pensieri con i simboli di una tastiera, Azy mostra anche una
“teoria della mente” (cioè comprende il punto di vista di un altro), e
fa scelte logiche che dimostrano una notevole flessibilità mentale”.
“Oggi un ampio numero di studi indica che l’intelligenza è una dote
flessibile, e le sue radici nel mondo animale sono estese e profonde”.
“Non siamo i soli a saper inventare, a pianificare le nostre azioni,
ad avere un’immagine di noi stessi; e neppure i soli a mentire e
ingannare”.
“L’intelligenza è un albero dalle mille ramificazioni: non ha un
tronco unico che punta solo nella nostra direzione”.
“Dotati di un grosso cervello e agili tentacoli, i polpi sanno
bloccare le loro tane con delle rocce, e si divertono sparando acqua a
bersagli come bottiglie di plastica o ai ricercatori”.
“Kanzi, un bonobo, da piccolo ha imparato a comunicare spontaneamente
osservando gli scienziati che addestravano sua madre. A 27 anni,
questo bonobo “parla” grazie a più di 360 simboli di tastiera, e
capisce il significato di migliaia di parole dette a voce. Kanzi sa
formulare delle frasi, eseguire nuove istruzioni, e fabbricare
strumenti di pietra, cambiando tecnica a seconda della durezza del
materiale. Crea strumenti come quelli dei primi umani”.
“Le ghiandaie sanno ragionare: sapendo di essere ladre, spostano le
provviste di cibo se un’altra ghiandaia le osserva; pianificano i
pasti futuri, e nel fare provviste tengono conto dei bisogni futuri
piuttosto che della fame del momento”.
“I delfini hanno ottima memoria, estro creativo e capacità
linguistiche; sono versatili, sia dal punto di vista cognitivo che
comportamentale. Hanno un grande cervello generalista, proprio come
noi. Modificano il proprio mondo per rendere possibili nuove cose”.
E’ anche evidente che si ragiona sulle medie: il più intelligente
dei bonobo ha (o è😉più mente-psiche-spirito del meno dotato degli
umani.
Un altro ottimo articolo di Mary Roach (Almost Human: National
Geographic, aprile 2008), riporta frasi come “Yet it is impossible to
spend any time with chimpanzees and not be struck by how similar they
are to us” (E’ impossibile trascorrere qualche tempo con gli scimpanzé
e non restare colpiti dalla constatazione di quanto sono simili a
noi): vi sono interessanti considerazioni sulle diverse culture degli
scimpanzé, anche in un’area limitata, a seconda dell’habitat in cui si
trovano a vivere.
Ancora dal National Geographic, ottobre 2010, ecco un’affermazione
di Jane Goodall: “You cannot share your life with any animal with a
well-developed brain and not realize that animals have personalities”
(E’ impossibile vivere insieme a qualsiasi animale con un cervello
sviluppato senza rendersi conto che ogni animale ha una personalità😉
Se poi ci avventuriamo a studiare la mente di un termitaio o il
comportamento degli esseri collettivi, ci accorgiamo ancora di più
dell’assurdità delle concezioni meccanicistiche correnti.
L’ambiente
Viene usato assai spesso, quando si tratta di problemi collegati
all’ecologia, la parola ambiente, termine fuorviante, perché trasmette
l’idea che si tratti di un’entità inerte, “non viva”.
Si usa chiamare “ambiente” un complesso di:
- oltre venti milioni di specie di esseri senzienti;
- tutti gli ecosistemi che, secondo recenti teorie
scientifico-filosofiche, si possono considerare pure esseri
senzienti;
- sostanze in continuo scambio e movimento;
- relazioni fra tutti gli elementi e le entità interne al complesso.
Il termine deriva dall’idea di ambiente dell’uomo, cioè è
impregnato dal fortissimo antropocentrismo della cultura occidentale.
L’uomo resta l’unico punto di riferimento. In sostanza si usa chiamare
“ambiente” un Organismo Totale vivente-senziente, come se fosse un
“contorno” di alcune sue cellule (la nostra specie).
La Terra non è “il nostro ambiente” o “la nostra casa”, ma è
l’Organismo di cui facciamo parte: siamo un suo tessuto, siamo come un
tipo di cellule integrate in un organismo biologico, e che dipendono
in modo totale dalle sue possibilità di omeostasi, cioè dalla capacità
del Pianeta di autocorreggersi mantenendosi in condizioni stazionarie.
Le tradizioni religiose nate nel Medio Oriente
Riporto dalla versione cattolica della Bibbia pubblicata da Marietti nel 1970:
Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra
somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare e sui volatili del
cielo, sul bestiame, su tutte le fiere della terra e su tutti i
rettili che strisciano sulla terra” (Genesi, 1/26).
...e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite
la terra e soggiogatela e abbiate dominio sui pesci del mare e sui
volatili del cielo, sul bestiame e su tutte le fiere che strisciano
sulla terra”. (Genesi, 1/28).
Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Siate fecondi,
moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore di voi e il terrore di
voi sia in tutte le fiere della terra e in tutto il bestiame e in
tutti i volatili del cielo. Per quanto concerne ciò che striscia sul
suolo e tutti i pesci del mare, essi sono messi in vostro potere”.
(Genesi, 9/1-2).
Qui non c’è l’idea di “custodia” affidata al bravo
amministratore, che sarebbe già una posizione fortemente
antropocentrica, c’è ben di peggio.
Forse qualche istituzione vorrebbe ancora far credere che un
pitecantropo, o un australopiteco, si è svegliato una mattina e si è
accorto di avere qualcosa che prima non aveva (l’”anima&rdquo😉 oppure che
un cucciolo di questi viventi sia improvvisamente nato “umano”. E il
Neanderthal, che ha vissuto con il Sapiens in Europa per decine di
migliaia di anni, “aveva” o “non aveva” l’anima? Spero che non si
raccontino più simili amenità, neppure ai bambini! Forse è più facile
pensare che tutti questi esseri senzienti sono sempre stati immersi
nell’Anima del mondo, per usare un’espressione dello psichiatra
junghiano James Hillmann.
Ma qualche idea diversa c’era in alcune culture umane, come
dimostrano questi pensieri, tratti da antichi testi indiani: “Ogni
anima va rispettata e per anima si intende ogni ordine, ogni vitalità
che la sostanza possa assumere: il vento è un’anima che si imprime
nell’aria, il fiume un’anima che prende l’acqua, la fiaccola un’anima
nel fuoco, tutto questo non si deve turbare”. In uno dei sutra si loda
chi non reca male al vento perché mostra di conoscere il dolore delle
cose viventi e si aggiunge che far danno alla terra è come colpire e
mutilare un vivente.
Il valore intrinseco della Natura
Le autorità, i governi, “le persone che contano” hanno tutti lo
stesso dio: lo sviluppo, l’aumento indefinito dei beni materiali, che
comporta l’aggressione al resto della Natura, considerata al nostro
servizio e senza alcun valore “in sé”. Tutto in funzione umana, come
cosa ovvia! Finché non ci liberiamo da questo sottofondo, ogni azione
alla lunga sarà inutile.
Anche dire che la Natura (o un’entità naturale) è “patrimonio di
tutti” o costituisce una risorsa sottintende una concezione fortemente
antropocentrica; così pure dire di voler salvare un “ambiente
naturale” per poterlo trasmettere “alle generazioni future”. Sono
tutte espressioni che considerano la centralità dell’uomo come ovvia.
Secondo un tipo di pensiero degno di ogni considerazione anche se
assai raro in Occidente, i valori non esistono solo nell'uomo, ma pure
negli altri animali e nelle piante. Il punto di partenza più naturale
per trovare i valori è di cercarli negli altri animali, che certamente
hanno emozioni e sentimenti, oltre alla capacità di soffrire.
Per un lupo, l'alce ha un valore strumentale, come preda che
sostiene la vita e il benessere del lupo. Lo stesso lupo può
considerare i membri del proprio branco come esseri con un valore
intrinseco, e non li tratta solo come strumenti. Gli altri esseri
creano valori indipendentemente da ciò che l'essere umano pensa di
loro.
Ci sono anche i valori delle piante. Tutti gli organismi hanno la
propria “mente”: l'essere umano può sia promuovere che danneggiare
questa qualità, che però rimane indipendente dall'uomo. Che una pianta
di casa cresca rigogliosa o meno può dipendere dagli umani, però il
suo benessere o malessere è una qualità propria della pianta. Il
problema nasce dall'affermazione della mancanza d'identità nelle
piante, affermazione priva di ogni fondamento.
Ci dobbiamo poi domandare se i sistemi, o gli “esseri collettivi”,
possono avere valori non riconducibili ai singoli individui. La
tradizione lega i valori agli individui e perciò non comprende che una
montagna possa avere un valore intrinseco. Ci dobbiamo anche chiedere
se la Natura come un tutto possa essere un soggetto con una mente, e
se una montagna o un fiume possano provare esperienza. Le ricerche
attuali sulla coscienza e sull'intelligenza artificiale potrebbero
gettare nuova luce su questi problemi.
Sugli argomenti sopra accennati sono assai interessanti gli scritti
e le considerazioni della studiosa finlandese Leena Vilkka, docente di
filosofia all’Università di Helsinki.
Noi siamo la Terra
Siamo immersi nell’Anima del Mondo o, se preferite, nell’Inconscio
collettivo, nell’Inconscio ecologico, la Mente della Terra: noi siamo
la Terra! Questo è uno degli approcci soprattutto dell’ecopsicologia.
Siamo la parte più “cosciente” della Terra, non c’è alcun distacco
uomo-Natura. La repressione dell’inconscio ecologico è la radice
profonda del male insito nella società industriale. Ritrovare
l’accesso verso l’inconscio ecologico vuol dire ritrovare la via verso
la salute psicofisica dell’individuo, della società e dell’ecosistema.
E’ necessario emancipare l’ecologia da semplice branca della
biologia dalla quale è nata a una scienza delle relazioni e
dell’insieme.
Siamo parte integrante del mondo in cui viviamo tanto quanto i fiumi
e gli alberi, intessuti dello stesso intricato flusso di
materia-energia e mente.
Il sentimento religioso è una prerogativa umana?
Lascio la parola a Jane Goodall, che ha trascorso 40 anni fra gli scimpanzé:
Nel profondo della foresta di Gombe c’è una spettacolare cascata.
Talvolta, mentre gli scimpanzé si avvicinano e il rombo dell’acqua che
cade si fa più intenso, il loro passo si affretta, i peli si rizzano
dall’eccitazione. Quando raggiungono il corso d’acqua mettono in atto
scene magnifiche, alzandosi in piedi, ondeggiando ritmicamente da un
piede all’altro, sbattendo le zampe nell’acqua bassa e in corsa,
raccogliendo e lanciando grosse pietre. A volte salgono sulle liane
che penzolano dall’alto e fanno l’altalena fra gli spruzzi dell’acqua
che cade. Questa “danza della cascata” può durare dieci o quindici
minuti, dopodiché può accadere che uno scimpanzé si sieda su una
roccia, con gli occhi che seguono il percorso dell’acqua. Che cos’è,
quest’acqua? Continua ad arrivare, continua ad allontanarsi, eppure
c’è sempre.
Probabilmente gli scimpanzé provano un’emozione simile a una
meraviglia o ad un riverente rispetto. Se hanno un linguaggio parlato,
se possono discutere delle emozioni che innescano queste magnifiche
scene, ciò significa che hanno una religione animistica “primitiva”.
La cascata è sempre stato il luogo più spirituale di Gombe, e ora
sappiamo che era considerata un luogo sacro dal popolo che vi viveva
un tempo, un luogo in cui gli uomini-medicina eseguivano cerimonie una
volta all’anno. Mi chiedo se non abbiano mai osservato, come rapiti,
le danze selvagge degli scimpanzé.
Jane Goodall
Conclusioni
Se non usciamo dall’antropocentrismo, così radicato nella cultura
occidentale e nella filosofia di fondo del pensiero di derivazione
giudaico-cristiana-islamica, tutti i tentativi di reintegrazione nel
mondo naturale sono destinati a fallire: sarà ben difficile ottenere
la fine del mito della crescita e la salvezza della Terra continuando
a pensare che tutto è fatto per l’uomo. Se insisteremo in quell’idea
di fondo, sarà l’Ecosistema totale a provvedere a un ridimensionamento
della nostra specie, probabilmente con un transitorio poco piacevole.
Dobbiamo perseguire il benessere dell’Ecosistema, perché se
continuiamo nell’illusione del cosiddetto benessere dell’uomo senza
tenere conto della Totalità ci comportiamo come cellule patologiche di
un Organismo.
La visione ideologica che ci fa credere unici e inconfondibili fra
tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, è solo un delirio di
grandezza.
(Guido Dalla Casa)
Gennaio 2011
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