Nell’affollatissimo tessuto urbano del quartiere Tuscolano, abbondantemente soffocato dal traffico e dal degrado, esiste un monumento poco conosciuto ma indubbiamente dal grande fascino, nascosto sotto una collinetta di alberi di olivo nel parco pubblico di piazza dei Tribuni. Sto parlando del cosiddetto “Monte del Grano” o Mausoleo di Alessandro Severo.
Si tratta di una tomba a tholos di rilevante importanza: infatti, dopo il Mausoleo di Augusto (87 metri circa di diametro) e il Mausoleo di Adriano, con i suoi 40 metri di diametro e i 15 metri di altezza, ci troviamo di fronte alla terza tomba a tumulo più grande di Roma.
Chi potesse essere sepolto in un mausoleo così imponente ad oggi rimane un mistero. Infatti, dal momento che non ci è pervenuta alcuna iscrizione relativa a questo sito, non conosciamo il nome originario del monumento che, in passato, è stato messo in connessione con la figura dell’imperatore Alessandro Severo (222 – 235) il quale, a detta delle fonti, dopo la morte violenta in Gallia, sarebbe stato sepolto a Roma in un grandioso mausoleo. Questa tesi prese maggiore consistenza durante il XVI secolo quando, all’interno del monumento,secondo l’umanista e scultore Flaminio Vacca, fu rinvenuto un meraviglioso sarcofago, oggi conservato ai Musei Capitolini, in cui sono raffigurati episodi dell’Iliade oltre a due personaggi, un uomo e una donna, scolpiti sul coperchio. Dopo alcune indagini basate sullo studio peculiare dei tratti somatici delle due figure scolpite, il sarcofago, nel Cinquecento, venne riconosciuto come quello dell’imperatore Alessandro Severo e della madre Giulia Mamea.
Successivamente questa tesi venne messa fortemente in dubbio, quando, al termine di alcune indagini svolte sui mattoni del sepolcro, gli archeologi riconobbero i bolli come risalenti all’età di Adriano (117-138) e la tipologia di muratura addirittura alla seconda metà del II secolo d.C., dati quindi cronologicamente incompatibili con la figura di Alessandro Severo. Anche per quanto riguarda il sarcofago tramontò la prima ipotesi dal momento che le due figure rappresentate vennero identificate successivamente con due privati vissuti all’epoca dell’imperatore Gallieno (253-268).
Veniamo alla descrizione del mausoleo: il portale d’ingresso è stato completamente rifatto ma il dromos (corridoio), lungo 21 metri, è ancora quello originale con la volta in opera cementizia. Il monumento, sia internamente che esternamente, doveva essere comunque rivestito in travertino. Infatti, durante le indagini archeologiche effettuate nel corso del XX secolo, furono ritrovati i blocchi marmorei che facevano parte del basamento. Non è chiaro quale fosse l'aspetto esterno del sepolcro. Esso doveva essere sicuramente delimitato da un tamburo circolare costituito da blocchi di travertino di cui un filare è venuto alla luce durante scavi per la sistemazione del parco di Monte del Grano. Il tamburo probabilmente sosteneva un tumulo troncoconico, ricoperto forse da vegetazione, secondo una consuetudine di derivazione ellenistica, il cui esempio più noto è il mausoleo di Augusto.
L’interno presenta una struttura a pianta circolare con cupola intonacata. La camera era divisa in due piani da una volta oggi crollata. L'areazione e l'illuminazione del sepolcro erano garantite da due lucernari obliqui. Attraverso uno dei due lucernari, secondo il Flacca, sarebbe stato estratto il sarcofago oggi conservato ai Capitolini. Con molta probabilità, la cameretta presente prima di entrare nella camera vera e propria doveva avere una funzione meramente strutturale. Giovanni Battista Piranesi, nel XVIII, vide e disegnò una sezione del mausoleo: sulla sua pianta è evidenziato un corridoio anulare collegato ad altri due corridoi di accesso e una scala che doveva condurre ad una stanza sotterranea. Saggi di scavo effettuati nel 1991 non hanno però confermato tale ipotesi e anche questo aspetto legato al monumento rimane alquanto avvolto nel mistero.
Il mausoleo conobbe nel corso dei secoli diversi passaggi di proprietà che probabilmente ne alterarono l’aspetto originario. Caduto nell’oblio durante il Medioevo, fu inglobato in una vasta tenuta, chiamata Casale delle Forme per la vicinanza agli acquedotti (formae nel latino medioevale). Successivamente venne venduto nel XIV secolo dal monastero di S. Maria Nova a Niccolò Valentini del Rione Monti. Questi, nel 1387 stipulò un contratto con Giovanni Branca, “calcarario” del Rione Pigna, per fargli rompere e asportare i blocchi di travertino dei rivestimenti interni ed esterni del Mons Grani per farne calce. All’interno della camera si possono vedere ancora oggi i marmi cavati. Un'iscrizione, ora perduta, ricordava la costruzione sul monte, nel 1505, di una torre che rovinò nel gennaio del 1900 in seguito ad una bufera di vento. Perché il mausoleo è detto Monte del Grano? Il nome Monte del Grano derivava probabilmente dalla corruzione dell'antico nome modius grani (moggio di grano), dovuto alla forma che aveva assunto la collinetta dopo l'asportazione dei blocchi di travertino, avvenuta nel 1387 per ricavarne calce.
Anche se probabilmente non rivestì la funzione di ultima dimora dell’imperatore Alessandro Severo, considerate le dimensioni comunque imponenti, si è pensato fosse luogo di sepoltura di personaggi comunque importanti, strettamente legati con la famiglia imperiale.
Non è da escludere, anche cronologicamente, un rapporto con le numerose ville signorili che nel II secolo d.C. erano presenti nella zona. Parte della critica ha messo in connessione il mausoleo con la non lontana villa delle Vignacce (i cui resti si trovano nel Parco degli Acquedotti).
Il mistero rimane però ancora molto fitto ma il fascino di questo stupendo sito è fuori da ogni discussione….
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