COSE MAI VISTE
Il patrimonio archeologico dei Latini
Il poeta Virgilio, duemila anni fa, aveva fatto un appello all’umanità invitando le future generazioni a “non ignorare i Latini” (Eneide, VII, 202). La sfortuna degli antichi Latini è stata quella di essere confusi con i Romani ed ancora oggi sono ignorati e sconosciuti. A Roma, periodicamente, si organizzano mostre sugli Etruschi, mentre sugli antichi Latini c’è la “damnatio memoriae” per evitare di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica locale, nazionale ed internazionale sull’esistenza di uno straordinario patrimonio archeologico appena fuori dal centro storico della capitale d’Italia. Nel raggio di 20, 30, 40 chilometri a sud di Roma c’è, infatti, una realtà archeologica chiusa, occultata, “protetta” da qualsiasi sguardo come se fosse una vergogna da nascondere. I responsabili di questa situazione o non sanno o si vergognano che si sappia la verità su tutto quello che avrebbero dovuto fare nell’interesse generale e non hanno fatto. L’unica cosa che sanno fare bene è tanta, ma propria tanta retorica sul beni culturali e sulla loro tutela e valorizzazione: un mare di chiacchiere inutili!!! Per scavare e “valorizzare” il patrimonio archeologico dei Latini, come ad esempio quello esistente nel territorio dei comuni di Pomezia e di Ardea, sono stati spesi decine di milioni di euro senza riuscire a portare un solo turista in queste zone archeologiche appena fuori Roma. Nel corso degli anni, per “giustificare” i soldi spesi, è stata fatta qualche inaugurazione di apertura con tanto di taglio del nastro e benedizione religiosa, ma un mese dopo era tutto chiuso, abbandonato ed invaso dalle erbacce.I casi più clamorosi, tra i tanti, sono quelli del santuario federale dei Latini a Pratica di mare (antica Lavinium) con i tredici altari e dell’Afrodision di Ardea (Castrum Inui) con la scoperta di quattro templi a poche centinaia di metri dalla riva del mare....Solo queste aree archeologiche, se aperte al pubblico, farebbero la fortuna di qualsiasi comunità civile non solo da un punto di vista sociale e culturale, ma anche turistico ed economico. Quello che si fa, invece, è questo: si scava, si riporta alla luce e si abbandona tutto venendo meno a qualsiasi codice etico e deontologico. Qualche tempo dopo, anche in seguito alle giuste denunce dei cittadini, i responsabili di questi misfatti archeologici tornano su quel sito archeologico con altri soldi pubblici per ricominciare tutto da capo: si ri/scava, si restaura qualcosa e si abbandona tutto. E le cose, nel Lazio virgiliano, vanno così da anni senza arrivare mai ad una valorizzazione di questo patrimonio collettivo che è un bene di tutti.La professoressa Andreina Ricci, docente all’università di Tor Vergata, ha scritto un libro- denuncia nel 2006, con il titolo “Attorno alla nuda pietra”, per spiegare la causa di tutto questo: “Oggi è consentito conferire incarichi per dirigere un cantiere di scavo, direttamente sulla fiducia, anche al di fuori di qualsiasi graduatoria di merito, di qualsiasi titolo professionale o curriculum che garantisca le competenze e renda trasparenti le scelte adottate. Per non parlare del caso, ormai ben noto, delle ”ditte di fiducia” alle quali vengono affidati lavori cantieristici in aree considerate di interesse archeologico. In sintesi occorre riflettere sul fatto che quello dei beni archeologici del territorio è un “ unicum”: l’unico caso in cui uno stesso soggetto può legittimamente imporre, eseguire e collaudare una qualsiasi opera”. E’ necessario dare atto e rendere onore a tutti quei cittadini che a Pomezia e ad Ardea (e, più in generale, nel Lazio virgiliano) hanno avuto ed hanno ancora il coraggio di denunciare queste situazioni nonostante intimidazioni ed emarginazioni. Grazie a questi cittadini, radicati nel territorio ed animati da un forte senso di appartenenza, è stato possibile fare e documentare preziose esperienze di cittadinanza attiva con progetti educativi e proposte di itinerari per assicurare un futuro al patrimonio archeologico dei Latini. Prima o poi si raccoglieranno i frutti di tanto impegno civico per il bene comune “se la Giustizia (come scriveva Virgilio) è ancora tra noi”.
Il patrimonio archeologico dei Latini
Il poeta Virgilio, duemila anni fa, aveva fatto un appello all’umanità invitando le future generazioni a “non ignorare i Latini” (Eneide, VII, 202). La sfortuna degli antichi Latini è stata quella di essere confusi con i Romani ed ancora oggi sono ignorati e sconosciuti. A Roma, periodicamente, si organizzano mostre sugli Etruschi, mentre sugli antichi Latini c’è la “damnatio memoriae” per evitare di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica locale, nazionale ed internazionale sull’esistenza di uno straordinario patrimonio archeologico appena fuori dal centro storico della capitale d’Italia. Nel raggio di 20, 30, 40 chilometri a sud di Roma c’è, infatti, una realtà archeologica chiusa, occultata, “protetta” da qualsiasi sguardo come se fosse una vergogna da nascondere. I responsabili di questa situazione o non sanno o si vergognano che si sappia la verità su tutto quello che avrebbero dovuto fare nell’interesse generale e non hanno fatto. L’unica cosa che sanno fare bene è tanta, ma propria tanta retorica sul beni culturali e sulla loro tutela e valorizzazione: un mare di chiacchiere inutili!!! Per scavare e “valorizzare” il patrimonio archeologico dei Latini, come ad esempio quello esistente nel territorio dei comuni di Pomezia e di Ardea, sono stati spesi decine di milioni di euro senza riuscire a portare un solo turista in queste zone archeologiche appena fuori Roma. Nel corso degli anni, per “giustificare” i soldi spesi, è stata fatta qualche inaugurazione di apertura con tanto di taglio del nastro e benedizione religiosa, ma un mese dopo era tutto chiuso, abbandonato ed invaso dalle erbacce.I casi più clamorosi, tra i tanti, sono quelli del santuario federale dei Latini a Pratica di mare (antica Lavinium) con i tredici altari e dell’Afrodision di Ardea (Castrum Inui) con la scoperta di quattro templi a poche centinaia di metri dalla riva del mare....Solo queste aree archeologiche, se aperte al pubblico, farebbero la fortuna di qualsiasi comunità civile non solo da un punto di vista sociale e culturale, ma anche turistico ed economico. Quello che si fa, invece, è questo: si scava, si riporta alla luce e si abbandona tutto venendo meno a qualsiasi codice etico e deontologico. Qualche tempo dopo, anche in seguito alle giuste denunce dei cittadini, i responsabili di questi misfatti archeologici tornano su quel sito archeologico con altri soldi pubblici per ricominciare tutto da capo: si ri/scava, si restaura qualcosa e si abbandona tutto. E le cose, nel Lazio virgiliano, vanno così da anni senza arrivare mai ad una valorizzazione di questo patrimonio collettivo che è un bene di tutti.La professoressa Andreina Ricci, docente all’università di Tor Vergata, ha scritto un libro- denuncia nel 2006, con il titolo “Attorno alla nuda pietra”, per spiegare la causa di tutto questo: “Oggi è consentito conferire incarichi per dirigere un cantiere di scavo, direttamente sulla fiducia, anche al di fuori di qualsiasi graduatoria di merito, di qualsiasi titolo professionale o curriculum che garantisca le competenze e renda trasparenti le scelte adottate. Per non parlare del caso, ormai ben noto, delle ”ditte di fiducia” alle quali vengono affidati lavori cantieristici in aree considerate di interesse archeologico. In sintesi occorre riflettere sul fatto che quello dei beni archeologici del territorio è un “ unicum”: l’unico caso in cui uno stesso soggetto può legittimamente imporre, eseguire e collaudare una qualsiasi opera”. E’ necessario dare atto e rendere onore a tutti quei cittadini che a Pomezia e ad Ardea (e, più in generale, nel Lazio virgiliano) hanno avuto ed hanno ancora il coraggio di denunciare queste situazioni nonostante intimidazioni ed emarginazioni. Grazie a questi cittadini, radicati nel territorio ed animati da un forte senso di appartenenza, è stato possibile fare e documentare preziose esperienze di cittadinanza attiva con progetti educativi e proposte di itinerari per assicurare un futuro al patrimonio archeologico dei Latini. Prima o poi si raccoglieranno i frutti di tanto impegno civico per il bene comune “se la Giustizia (come scriveva Virgilio) è ancora tra noi”.
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