domenica 22 marzo 2020

Quando Camilla Cederna scrisse --Casa Nostra--, un capitolo descriveva l'attività del mobile d'are nella Bassa Veronese l

 Risultato immagini per Camilla Cederna "Casa Nostra" parla di Bovolone
Prendo a prestito, come introduzione, le parlore di Ulisse Scavazzini, e su queste cerco di ragionarci.
Il titolo lo potremo fissare anche: quando a Bovolone e Cerea era diffusa la ricchezza attraverso il mobile d'arte.

Cosi inizia l'articolo di Ulisse Scavazzini edito nel 2015  https://centrostudiricerche.wordpress.com/2015/07/11/ce-ancora-uno-spazio-per-il-mobile-della-bassa/
--Vi ricordate quando nel 1983 è uscito il libro “Casa Nostra” di Camilla Cederna? Bovolone e paesi limitrofi ebbero un vero e proprio scossone, tutti eravamo indignati per come l’autorevole scrittrice in una decina di pagine aveva dipinto i nostri costruttori di mobili “moderni ma antichi”, per usare l’antitesi con la quale l’autrice aveva titolato il paragrafo che ci riguarda..........--  L'articolo continua e chi lo vuole legger integralmente sopra ho riportato il link.

Scavazzini  si dimentica di come ne uscì il sindaco di Bovolone sopratutto la figuraccia , ci fu anche uno strascico giudiziario che finì per dar ragione alla scrittrice. Certo la Cederna viveva raccontando le contraddizioni palesi, ma anche la ricchezza di queste "zone" democristiane sembrava le desse fastidio, raccontava delle sue banche piene di depositi di un certo peso, dell'intrallazzo, mossa anche  dall'accredini riuscì pero a raccontarci quello che noi che abitavamo in questi posti non riuscivamo a vedere o meglio ci faceva comodo non vedere. Ai mercatini delle pulci ne acquistai 4 copie, e quando mi capitava una persona dei dintorni leggevo la parte più fastidiosa: quelle poche righe dove l'autrice ci raccontava che i tarli nelle assi venivano fatti con i pallini del fucile da caccia, questo per anticare il materiale e dare al consumatore un mobile vicino all'antiquariato. Questa era una balla, una sciocchezza, ma però tutti, anche fuori di Verona, di quel capitolo ricordano solo questo passo.
Concludendo mi sembra che anche Scavazzini non abbia assolutamente colto il problema nella conclusione del suo articolo. Possiamo dire in tutta serenità, è finito un ciclo, ormai è arrivato il tempo delle vacche magre,.......

2 commenti:

Unknown ha detto...

Luigi, tu parli di "vacche magre" e poni l'accento sul versante economico, io concludo chiedendomi se è almeno possibile salvare l'arte dell'ebanista della Bassa.
Accanto a chi "antichizzava" la riproduzione dei mobili d'epoca, c'è stato anche chi ha maturato delle eccezionali competenze nell'intarsio, nell'intaglio, nel restauro... Considerando il ricchissimo patrimonio artistico italiano, queste sarebbero, a mio avviso, delle conoscenze da salvare e tramandare.
Un saluto.
Ulisse Scavazzini

gianoquadriforme ha detto...

I veri artisti erano pochissimi, la maggior parte dei primi artigiani si erano letteralmente buttati nell'artigianato. Certo qualcosa è maturato e forse è restato, ma personalmente ho assistito alla moria, anche, dei bravi artigiani, la crisi ha fatto tabula rasa, gli anni sessanta, caratterizzati dalle cambiali, hanno lasciato sopratutto macerie e danni gravi, basta che osservi Bovolone e la sua edilizia civile di quei anni e comprendi senza bisogno di parole. Facciamo tesoro dei nostri errori e cerchiamo che questo non accada più e sopratutto salviamo il salvabile.