di Luigi Gallo - 02/11/2006
Nel 1976 scrisse "Nemesi medica", in cui contestava la medicina ufficiale e l'estensione del suo potere sulla società. Il saggio si apre con un'affermazione forte e provocatoria: "La corporazione medica è diventata una grande minaccia per la salute". Per Illich la medicina provoca non solo essa stessa la malattia (iatrogenesi) ma diventa una macchina per creare consumatori incapaci di avere consapevolezza e saper autogestire la propria salute.
Essa
infatti produce di continuo nuovi bisogni terapeutici e via via che
l’offerta di sanità aumenta si generano nuovi problemi e malattie.
Illich si batté contro il sistema ospedaliero (famosa la statistica con
cui mostrò che , in seguito a uno sciopero ospedaliero in Francia, senza
medici c’era stata una sensibile diminuzione di decessi) e l’ossessione
della salute perfetta. Per Illich ci sono tre tipi di iatrogenesi:
quella clinica, quella sociale e quella culturale.
Nella
prima egli sottolinea come l'applicazione di cure mediche, lungi dal
guarire l'individuo dalla malattia, funzionano a loro volta da agenti
patogeni. Spesso, infatti, sono farmaci, medici e
ospedali a causare malattie di vario tipo, ancora più di batteri, virus o
altre cause note. La seconda si manifesta attraverso i sintomi di supermedicalizzazione
sociale, quando la cura della salute si tramuta in un articolo
standardizzato, come se fosse un prodotto industriale, stabilendo
inoltre che cosa è "deviante" rispetto al concetto di salute.
Questa definizione non è mai priva di connotazioni politiche poiché, attraverso l'imperialismo diagnostico
(il quale scompone la vita, nei suoi vari periodi, si in una serie di
segmenti di rischio, che devono sempre essere sottoposti a supervisione
medica), serve a privare gli individui della capacità di intervenire nel
mondo e modificare ciò che gli provoca disagio (per esempio,
un'organizzazione disumana del lavoro).
A
questo proposito Illich afferma che le cure mediche essenziali possono
essere prestate anche da persone non specializzate, sono facili da
apprendere e costano poco, mentre l'iperspecializzazione
ha un costo altissimo e, inizialmente destinata a pochi, si pretende
che venga estesa a sempre più gente, senza che ve ne sia reale
necessità, provocando, appunto, una progressiva medicalizzazione dei
bilanci statali.
La
iatrogenesi culturale infine "distrugge nella gente la volontà di
soffrire la propria condizione reale". La civiltà medica ha ridotto il
dolore a problema tecnico e lo ha privato del significato personale,
trattandolo allo stesso modo per tutti. Invece il dolore è il sintomo di
un confronto con la realtà e non può essere "oggettivamente
misurabile". L'uomo occidentale, secondo Illich, ha perso anche il
diritto di presiedere all'atto di morire e viene espropriato della
libertà di scelta su di sé e sulla propria salute.
Illich auspica invece che "nessuna
assistenza dovrà essere imposta a un individuo contro la sua volontà:
nessuna persona, senza il suo consenso, potrà essere presa, rinchiusa,
ricoverata, curata o comunque molestata in nome della salute". La riflessione di Illich resta ancora attuale.
I
problemi e i limiti della medicina occidentale che egli aveva
individuato si esplicano oggi nella grande manipolazione operata dalle
multinazionali farmaceutiche che crea non solo nuovi ammalati, ma con la
complicità del potere politico mira ad escludere del tutto la
possibilità di una reale prevenzione e la libertà di scelta terapeutica.
Senza una presa di coscienza profonda e un rifiuto che parta da
noi stessi che siamo oggetto di questa manipolazione, la realtà oggi
rischia di essere ancora peggiore di quanto Illich avesse potuto
prevedere.
Luigi Gallo. Un sito italiano recente su Ivan Illich: www.altraofficina.it/ivanillich
Nessun commento:
Posta un commento