Essere in Via Pellicciai a Verona o al Piloton sopra Montorio,
come in corso Palladio a Vicenza ad aspettare il sole che nasca il giorno del
solstizio si rivive la stessa emozione che si può provare a Stonehenge o dentro
le gallerie delle grandi piramidi d’Egitto all’alba del giorno più lungo, come
a Kainua (Marzabotto), l’antica città fondata dagli etruschi. Si rivive
l’antico mistero della magia della notte più lunga, dove secondo le grandi
tradizioni mediterranee il cielo apre le sue porte e si mette in comunicazione
con la terra, gli eroi scendono e gli uomini possono salire, tutto nella “notte
di mezza estate” portata in scena dal grande William Shakespeare.
Verona e Vicenza sono due città ri-fondate entrambe dai
romani che hanno mantenuto ancora oggi il sistema ortogonale imposto
dall’urbanistica romana, costituto dal cardo e dal decumano, entrambe inoltre,
mantengono il medesimo angolo rispetto al nord geografico del reticolo dove il
cardo è orientato sul solstizio d’estate.
A Verona la notte più lunga si viveva coralmente, con una
grande festa notturna, nel quartiere di San Giovanni in Valle, dove con canti,
balli, cibi e libagioni si attendeva la nascita del sole raccoglieva la rugiada
o le erbe medicinali nel loro massimo turgore, si facevano abluzioni
terapeutiche alla Fontana del Fero, luogo legato alla divinità ctonia Feronia preposta
alla salvaguardia degli schiavi ed invocata, da questi, per l’affrancamento
affinché potessero diventare uomini liberi.
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