mercoledì 11 settembre 2019

Oracoli e Sibille (*)



Benché esista una serie di tavolette cuneiformi datate al VII secolo ove si descrivono oracoli assiri e vi sia l'ancor piu' antico oracolo di Ammone a Tebe in Egitto, e' la Grecia che ci offre l'esempio migliore dell' istituzione oracolare. Gli oracoli greci furono il più autorevole metodo di decisione in situazioni importanti per un periodo di oltre un millennio.
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L'oracolo più famoso, quello di Apollo a Delfi, si trovava in prossimita' di una bizzarra struttura di forma grosso modo conica detta omphalos (ombelico) che si credeva segnasse il centro della Terra.

Fino a 35.000 persone al giorno approdavano da ogni parte del Mediterraneo al porticciolo di Itea che abbraccia in un golfo la costa ai piedi di Delfi. Esse si sottoponevano ai procedimenti di purificazione alla fonte Castalia facendo offerte ad Apollo ed ad altri dei mentre salivano per la Via Sacra. Negli ultimi secoli di esistenza dell'oracolo, piu' di 4.000 statuette votive fiancheggiavano questi duecento metri di salita lungo il monte Parnaso sino al tempio dell'Oracolo. Qui presiedeva in certi giorni, o in alcuni secoli per tutti i giorni dell'anno, una somma sacerdotessa, o a volte due o tre a rotazione, la cui scelta, a quanto sappiamo, non obbediva ad alcun requisito particolare (al tempo di Plutarco, nel I secolo a.C., essa era la figlia di un povero contadino).

Costei prima si bagnava in una fonte sacra, bevendo alla sua acqua limpida, e poi stabiliva il contatto col dio attraverso l'albero a lui sacro, l'alloro, allo stesso modo in cui i re assiri coscienti sono raffigurati mentre vengono imbrattati di resina con pigne tenute in mano da genii. La sacerdotessa stabiliva comunque questo contatto o tenendo in mano un ramo di alloro o inalando il fumo delle foglie bruciate (come dice Plutarco) o forse masticandole (come sostiene Luciano). Le risposte alle domande venivano date immediatamente, senza alcuna pausa per la riflessione, e ininterrottamente.
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Il modo esatto in cui la sacerdotessa dava i suoi responsi e' ancora oggetto di discussione. Non sappiamo se era seduta su un tripode, considerato il sedile rituale di Apollo, o stava semplicemente in piedi all'ingresso della caverna. Tutti i riferimenti arcaici alla Pizia, dal V secolo in poi, concordano con l'affermazione di Erodoto che essa parlava "con la bocca delirante e con vari contorcimenti del corpo". Essa era "entheos" ovvero, in latino, "plena deo" (posseduta dal dio). Parlando attraverso la sua sacerdotessa, ma sempre in prima persona, rispondendo alle domande di re o di uomini comuni impartiva ordini circa i siti dove stabilire nuove colonie (come fece per l'attuale Istambul), decretava quali nazioni fossero amiche, quali leggi imporre, quali fossero le cause di epidemie o di carestie, quali fossero i nuovi culti o le forme commerciali o musicali o artistiche migliori.

Noi conosciamo da cosi' gran tempo l'oracolo delfico grazie ai libri di scuola, che finiamo per non prestare attenzione ai caratteri straordinari che pur esso presenta. Com'era concepibile che semplici ragazze di campagna potessero essere addestrate a entrare in uno stato psicologico tale da poter prendere immediatamente decisioni che influivano sul governo del mondo? Pensare ad una frode? Magari casi isolati ci potranno essere stati ma e' impensabile che una frode cosi' estesa abbia potuto protrarsi per circa un millennio intero, durante la civilta' intellettuale piu' brillante che il mondo intero avesse mai conosciuto.

Un'altra spiegazione e' quella biochimica: le trances sarebbero state reali e indotte dai vapori che salivano da una sorta di solfatara al di sotto del pavimento della caverna. Ma scavi francesi del 1903 ed altri piu' recenti hanno dimostrato definitivamente che non esisteva alcuna cosa del genere. Secondo un'altra ipotesi nell'alloro potrebbero essere presenti sostanze allucinogene ma la cosa e' quanto mai controversa e tutto sommato ancora assai oscura.

Oracoli simili, anche se meno importanti, erano diffusi nell'intero mondo civilizzato del tempo. Lo stesso Apollo ne aveva altri: a Ptoa in Beozia e a Branchide e Patara in Asia Minore. In quest'ultimo sito, la profetessa, come parte dell'induzione alla profezia, veniva rinchiusa di notte nel tempio perché potesse unirsi in connubio con il dio da lei evocato nelle sue allucinazioni, allo scopo di poter meglio assolvere il suo compito di medium. Il grande oracolo di Claros aveva come medium sacerdoti alle cui frenesie assiste' Tacito nel I secolo d.C.
Pan aveva un oracolo ad Acacesio, che pero' cesso' di esistere gia' in epoca piuttosto antica.

L'oracolo aureo di Efeso, famoso per le sue ricchezze enormi, esprimeva i vaticini della dea Artemide per bocca di eunuchi in trance (lo stile dei loro abiti, per inciso, e' usato ancor oggi dalla Chiesa greca ortodossa). E l'innaturale danza sulle punte delle ballerine moderne si pensa derivi dalle danze eseguite dinanzi all'altare della dea.




La voce di Zeus a Dodona dev'essere stata uno fra gli oracoli più antichi, dal momento che vi si reco' gia' Odisseo per sapere se far ritorno a Itaca apertamente o in incognito. In epoca arcaica quell'oracolo consisteva probabilmente solo in un'enorme quercia sacra e la voce olimpica veniva sentita per allucinazione nel vento che frusciava fra le sue foglie; viene da chiedersi se c'era qualcosa di simile nel culto della quercia da parte dei druidi. Nel V secolo a.C. Zeus non venne piu' udito direttamente, e Dodona ebbe da allora un tempio e una sacerdotessa che parlava per il dio in trance inconscia.

Non solo le voci degli dei ma anche quelle dei re morti potevano essere udite. Anfiarao, l'eroico principe di Argo, era morto in Beozia precipitando in una voragine scavata, a quanto si tramanda, da un fulmine di Zeus irritato contro di lui. La sua voce continuo' a essere " udita" dalla voragine per secoli, in risposta alle domande che le venivano rivolte. Col passare dei secoli la voce comincio' pero' a essere udita in forma allucinatoria solo da certe sacerdotesse in trance che vivevano in quel luogo, le quali pero' non rispondevano a domande, ma si limitavano a interpretare i sogni di coloro che si recavano a consultare la voce.

Il viaggiatore greco Pausania descrive invece l'Oracolo di Lebadea e la complessa procedura di induzione che vi trovo' nel 150 d.C. Egli racconta come, dopo giorni di attesa, di purificazione, di prodigi e di speranza, una notte fu preso d'improvviso e lavato e unto da due giovani sacri, bevve alla fonte del Lete per dimenticare chi era e fu poi condotto a bere alla fonte di Mnemosyne per ricordare in seguito cio' che doveva essergli rivelato (una sorta di suggestione postipnotica). Poi gli fu fatta adorare un'immagine segreta, dovette indossare sacri lini, cingere nastri consacrati e calzare scarpe speciali, e infine, solo dopo altri segni che dovevano essere favorevoli, venne finalmente fatto scendere con una scala nella sacra buca col suo torrente oscuro, dove, senza l'intermediazione di medium o sacerdoti, ebbe la visione o comunque la percezione di un "messaggio divino" che gli parve assai chiaro e utile.

Un' interessante questione a parte nacque quando fecero qua e la' la loro comparsa quelli che potremmo designare come oracoli dilettanti: individui non addestrati e sprovvisti di qualsiasi veste istituzionale, che si sentivano in modo spontaneo posseduti da un dio. Alcuni di essi, probabilmente i piu', si limitavano ovviamente a dire assurdita' schizofreniche. Altri avevano invece un'autenticita' tale da riuscire a imporre la fede in cio' che dicevano. Fra questi c'erano le poche donne, il cui numero esatto e' ignoto, che erano in possesso di doti eccezionali e che sono note come sibille (dall'eolico sios "dio" e boule' "consiglio").

Nel I secolo a.C. Varrone pote' contarne almeno dieci nel mondo mediterraneo. Ce n'erano pero' certamente altre in regioni piu' remote. Esse vivevano in solitudine, talvolta in venerati santuari di montagna che erano stati costruiti appositamente per loro, o in caverne tufacee sotterranee in prossimita' dell'urlo lamentoso del mare, come la grande Sibilla Cumana. Virgilio si era recato probabilmente in visita all'antro della Sibilla attorno al 40 a.C., quando descrisse la sua frenetica possessione da parte di Apollo nel canto VI dell'Eneide.
Come agli oracoli, anche alle sibille veniva chiesto di prendere decisioni su questioni di varia importanza, uso che continuo' sino al III secolo d.C.

Le loro risposte erano cosi' pervase di fervore morale che persino i primi Padri della Chiesa e gli ebrei ellenistici si inchinarono ad esse come a profetesse di livello pari a quello dei profeti dell'Antico Testamento. La Chiesa cristiana antica, in particolare, ne uso' le profezie (spesso dei falsi) per dare un sostegno alla propria autenticita' divina. Ancora un millennio dopo, in Vaticano, quattro sibille furono dipinte in posizioni prominenti, sul soffitto della Cappella Sistina, da Michelangelo.

L'Oracolo di Delfi fu quello che sopravvisse piu' a lungo ad onta che si fosse sempre schierato con gli invasori della Grecia come Serse (V sec. a. C.) e Filippo II (IV sec. a. C.).

Nel I secolo d. C. lo scetticismo aveva soppiantato la fede, tuttavia i Romani lo consultavano spesso, affamati di tradizioni e cultura greca. L'ultimo a consultarlo fu l'imperatore Giuliano l'Apostata che, nel tentativo di ripristinare gli antichi dei, si provo' a far rivivere Delfi nel 363 d. C., tre anni dopo che il santuario era stato saccheggiato dalle truppe imperiali cristianizzate (secondo Jaynes agli ordini di Costantino scrivendo, ahinoi, una panzana). Proprio allora, attraverso la sua profetessa, Apollo annuncio' che non avrebbe profetizzato mai piu'. Mantenne la promessa e l'ultimo vaticinio si avvero'.

(*) Da "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" di Julian Jaynes.

Dal sito http://www.geocities.com/Vienna/2094/

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