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Oracoli e Sibille (*)
Benché esista una serie di tavolette cuneiformi datate al VII secolo ove
si descrivono oracoli assiri e vi sia l'ancor piu' antico oracolo di
Ammone a Tebe in Egitto, e' la Grecia che ci offre l'esempio migliore
dell' istituzione oracolare. Gli oracoli greci furono il più autorevole
metodo di decisione in situazioni importanti per un periodo di oltre un
millennio.
L'oracolo più famoso, quello di Apollo a Delfi, si trovava in
prossimita' di una bizzarra struttura di forma grosso modo conica detta
omphalos (ombelico) che si credeva segnasse il centro della Terra.
Fino a 35.000 persone al giorno approdavano da ogni parte del
Mediterraneo al porticciolo di Itea che abbraccia in un golfo la costa
ai piedi di Delfi. Esse si sottoponevano ai procedimenti di
purificazione alla fonte Castalia facendo offerte ad Apollo ed ad altri
dei mentre salivano per la Via Sacra. Negli ultimi secoli di esistenza
dell'oracolo, piu' di 4.000 statuette votive fiancheggiavano questi
duecento metri di salita lungo il monte Parnaso sino al tempio
dell'Oracolo. Qui presiedeva in certi giorni, o in alcuni secoli per
tutti i giorni dell'anno, una somma sacerdotessa, o a volte due o tre a
rotazione, la cui scelta, a quanto sappiamo, non obbediva ad alcun
requisito particolare (al tempo di Plutarco, nel I secolo a.C., essa era
la figlia di un povero contadino).
Costei prima si bagnava in una fonte sacra, bevendo alla sua acqua
limpida, e poi stabiliva il contatto col dio attraverso l'albero a lui
sacro, l'alloro, allo stesso modo in cui i re assiri coscienti sono
raffigurati mentre vengono imbrattati di resina con pigne tenute in mano
da genii. La sacerdotessa stabiliva comunque questo contatto o tenendo
in mano un ramo di alloro o inalando il fumo delle foglie bruciate (come
dice Plutarco) o forse masticandole (come sostiene Luciano). Le
risposte alle domande venivano date immediatamente, senza alcuna pausa
per la riflessione, e ininterrottamente.
Il modo esatto in cui la sacerdotessa dava i suoi responsi e' ancora
oggetto di discussione. Non sappiamo se era seduta su un tripode,
considerato il sedile rituale di Apollo, o stava semplicemente in piedi
all'ingresso della caverna. Tutti i riferimenti arcaici alla Pizia, dal V
secolo in poi, concordano con l'affermazione di Erodoto che essa
parlava "con la bocca delirante e con vari contorcimenti del corpo".
Essa era "entheos" ovvero, in latino, "plena deo" (posseduta dal dio).
Parlando attraverso la sua sacerdotessa, ma sempre in prima persona,
rispondendo alle domande di re o di uomini comuni impartiva ordini circa
i siti dove stabilire nuove colonie (come fece per l'attuale Istambul),
decretava quali nazioni fossero amiche, quali leggi imporre, quali
fossero le cause di epidemie o di carestie, quali fossero i nuovi culti o
le forme commerciali o musicali o artistiche migliori.
Noi conosciamo da cosi' gran tempo l'oracolo delfico grazie ai libri di
scuola, che finiamo per non prestare attenzione ai caratteri
straordinari che pur esso presenta. Com'era concepibile che semplici
ragazze di campagna potessero essere addestrate a entrare in uno stato
psicologico tale da poter prendere immediatamente decisioni che
influivano sul governo del mondo? Pensare ad una frode? Magari casi
isolati ci potranno essere stati ma e' impensabile che una frode cosi'
estesa abbia potuto protrarsi per circa un millennio intero, durante la
civilta' intellettuale piu' brillante che il mondo intero avesse mai
conosciuto.
Un'altra spiegazione e' quella biochimica: le trances sarebbero state
reali e indotte dai vapori che salivano da una sorta di solfatara al di
sotto del pavimento della caverna. Ma scavi francesi del 1903 ed altri
piu' recenti hanno dimostrato definitivamente che non esisteva alcuna
cosa del genere. Secondo un'altra ipotesi nell'alloro potrebbero essere
presenti sostanze allucinogene ma la cosa e' quanto mai controversa e
tutto sommato ancora assai oscura.
Oracoli simili, anche se meno importanti, erano diffusi nell'intero
mondo civilizzato del tempo. Lo stesso Apollo ne aveva altri: a Ptoa in
Beozia e a Branchide e Patara in Asia Minore. In quest'ultimo sito, la
profetessa, come parte dell'induzione alla profezia, veniva rinchiusa di
notte nel tempio perché potesse unirsi in connubio con il dio da lei
evocato nelle sue allucinazioni, allo scopo di poter meglio assolvere il
suo compito di medium. Il grande oracolo di Claros aveva come medium
sacerdoti alle cui frenesie assiste' Tacito nel I secolo d.C.
Pan aveva un oracolo ad Acacesio, che pero' cesso' di esistere gia' in epoca piuttosto antica.
L'oracolo aureo di Efeso, famoso per le sue ricchezze enormi, esprimeva i
vaticini della dea Artemide per bocca di eunuchi in trance (lo stile
dei loro abiti, per inciso, e' usato ancor oggi dalla Chiesa greca
ortodossa). E l'innaturale danza sulle punte delle ballerine moderne si
pensa derivi dalle danze eseguite dinanzi all'altare della dea.
La voce di Zeus a Dodona dev'essere stata uno fra gli oracoli più
antichi, dal momento che vi si reco' gia' Odisseo per sapere se far
ritorno a Itaca apertamente o in incognito. In epoca arcaica
quell'oracolo consisteva probabilmente solo in un'enorme quercia sacra e
la voce olimpica veniva sentita per allucinazione nel vento che
frusciava fra le sue foglie; viene da chiedersi se c'era qualcosa di
simile nel culto della quercia da parte dei druidi. Nel V secolo a.C.
Zeus non venne piu' udito direttamente, e Dodona ebbe da allora un
tempio e una sacerdotessa che parlava per il dio in trance inconscia.
Non solo le voci degli dei ma anche quelle dei re morti potevano essere
udite. Anfiarao, l'eroico principe di Argo, era morto in Beozia
precipitando in una voragine scavata, a quanto si tramanda, da un
fulmine di Zeus irritato contro di lui. La sua voce continuo' a essere "
udita" dalla voragine per secoli, in risposta alle domande che le
venivano rivolte. Col passare dei secoli la voce comincio' pero' a
essere udita in forma allucinatoria solo da certe sacerdotesse in trance
che vivevano in quel luogo, le quali pero' non rispondevano a domande,
ma si limitavano a interpretare i sogni di coloro che si recavano a
consultare la voce.
Il viaggiatore greco Pausania descrive invece l'Oracolo di Lebadea e la
complessa procedura di induzione che vi trovo' nel 150 d.C. Egli
racconta come, dopo giorni di attesa, di purificazione, di prodigi e di
speranza, una notte fu preso d'improvviso e lavato e unto da due giovani
sacri, bevve alla fonte del Lete per dimenticare chi era e fu poi
condotto a bere alla fonte di Mnemosyne per ricordare in seguito cio'
che doveva essergli rivelato (una sorta di suggestione postipnotica).
Poi gli fu fatta adorare un'immagine segreta, dovette indossare sacri
lini, cingere nastri consacrati e calzare scarpe speciali, e infine,
solo dopo altri segni che dovevano essere favorevoli, venne finalmente
fatto scendere con una scala nella sacra buca col suo torrente oscuro,
dove, senza l'intermediazione di medium o sacerdoti, ebbe la visione o
comunque la percezione di un "messaggio divino" che gli parve assai
chiaro e utile.
Un' interessante questione a parte nacque quando fecero qua e la' la
loro comparsa quelli che potremmo designare come oracoli dilettanti:
individui non addestrati e sprovvisti di qualsiasi veste istituzionale,
che si sentivano in modo spontaneo posseduti da un dio. Alcuni di essi,
probabilmente i piu', si limitavano ovviamente a dire assurdita'
schizofreniche. Altri avevano invece un'autenticita' tale da riuscire a
imporre la fede in cio' che dicevano. Fra questi c'erano le poche donne,
il cui numero esatto e' ignoto, che erano in possesso di doti
eccezionali e che sono note come sibille (dall'eolico sios "dio" e
boule' "consiglio").
Nel I secolo a.C. Varrone pote' contarne almeno dieci nel mondo
mediterraneo. Ce n'erano pero' certamente altre in regioni piu' remote.
Esse vivevano in solitudine, talvolta in venerati santuari di montagna
che erano stati costruiti appositamente per loro, o in caverne tufacee
sotterranee in prossimita' dell'urlo lamentoso del mare, come la grande
Sibilla Cumana. Virgilio si era recato probabilmente in visita all'antro
della Sibilla attorno al 40 a.C., quando descrisse la sua frenetica
possessione da parte di Apollo nel canto VI dell'Eneide.
Come agli oracoli, anche alle sibille veniva chiesto di prendere
decisioni su questioni di varia importanza, uso che continuo' sino al
III secolo d.C.
Le loro risposte erano cosi' pervase di fervore morale che persino i
primi Padri della Chiesa e gli ebrei ellenistici si inchinarono ad esse
come a profetesse di livello pari a quello dei profeti dell'Antico
Testamento. La Chiesa cristiana antica, in particolare, ne uso' le
profezie (spesso dei falsi) per dare un sostegno alla propria
autenticita' divina. Ancora un millennio dopo, in Vaticano, quattro
sibille furono dipinte in posizioni prominenti, sul soffitto della
Cappella Sistina, da Michelangelo.
L'Oracolo di Delfi fu quello che sopravvisse piu' a lungo ad onta che si
fosse sempre schierato con gli invasori della Grecia come Serse (V sec.
a. C.) e Filippo II (IV sec. a. C.).
Nel I secolo d. C. lo scetticismo aveva soppiantato la fede, tuttavia i
Romani lo consultavano spesso, affamati di tradizioni e cultura greca.
L'ultimo a consultarlo fu l'imperatore Giuliano l'Apostata che, nel
tentativo di ripristinare gli antichi dei, si provo' a far rivivere
Delfi nel 363 d. C., tre anni dopo che il santuario era stato
saccheggiato dalle truppe imperiali cristianizzate (secondo Jaynes agli
ordini di Costantino scrivendo, ahinoi, una panzana). Proprio allora,
attraverso la sua profetessa, Apollo annuncio' che non avrebbe
profetizzato mai piu'. Mantenne la promessa e l'ultimo vaticinio si
avvero'.
(*) Da "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" di Julian Jaynes.
Dal sito http://www.geocities.com/Vienna/2094/
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