L’obelisco è ancora lì, nel bel mezzo di Piazza San Pietro, da quando
fu issato nel 1586. Sì, quello portato a Roma per ordine di Caligola nel
37, l’unico rimasto in piedi da quei tempi, che si ergeva di fianco
alla chiesa di Santa Maria della Febbre e fu portato dove adesso si
trova per realizzare il folle progetto di Sisto V e del suo architetto
di fiducia, Domenico Fontana. L’Obelisco Vaticano doveva infatti servire
per ben altro che abbellire il centro della cristianità.
Papa autoritario e inviso a molti, in soli cinque anni di pontificato (1585-1590), Sisto V cambiò il volto fisico e morale di Roma, costruendo grandiosi edifici, sventrando strade, sterminando i briganti e risanando le finanze vaticane con imposte odiose. Tuttavia, come molti grandi sovrani cui le contingenze hanno fornito poteri quasi assoluti, era percorso da una vena di ambizione smisurata e, dopo essere stato uno zelante e feroce inquisitore, da un certo delirio di onnipotenza. Era convinto che, sotto la sua guida, la cristianità avrebbe potuto annientare il Turco e voleva trasportare il Santo Sepolcro in Italia, come avevano fatto gli Angeli con la Casa di Maria portata in volo a Loreto, nelle sue Marche.
Il ticinese Domenico Fontana era l’artefice preferito di Sisto V da ben prima che questi diventasse papa e lo nominasse architetto di San Pietro, insignendolo dello Speron d’Oro. Grande ingegnere civile, sapeva organizzare i cantieri con metodo ed efficienza, risolveva con soluzioni geniali i problemi di statica e di idraulica, ma le sue numerose opere architettoniche sono piuttosto ripetitive perché, una volta trovata una soluzione, tendeva ad applicarla ovunque lo ritenesse necessario. Lo si direbbe persona di grande razionalità, se non si conoscesse il seguito.
Entrambi questi uomini avevano una passione nascosta, che li avvicinò sempre più e che fu la radice del loro folle progetto: guardare il cielo notturno. L’astronomia era l’ossessione del cardinal Montalto, il futuro papa Sisto, che nella contemplazione delle meraviglie del creato trovava un mezzo per l’elevazione spirituale. Possedeva una copia dell’Almagesto di Tolomeo e sapeva calcolare le posizioni dei pianeti per mezzo dei loro epicicli. Anche Fontana era un osservatore del cielo, soltanto che egli quelle meraviglie voleva cambiare, lasciando un segno dell’umano ingegno nello schema celeste voluto dall’Onnipotente. Ne parlavano tutte le volte che si incontravano, tra un progetto e l’altro, tra un comando e un resoconto. Fontana sapeva come solleticare la vanità del potente cardinale, e un giorno gli propose di intitolare una stella a suo nome. Ottenne un diniego, ma sapeva che la modestia nasconde spesso ambizioni ancor più elevate. Dopo qualche mese, si era alla vigilia del conclave, parlarono finalmente del progetto, insieme folle e spudorato: far nascere una nuova stella, perforando la sfera delle stelle fisse e creare una nuova luce nel firmamento.
Una volta divenuto Vicario di Cristo, secondo solo a Lui sulla Terra, Sisto V poté finalmente tentare di realizzare il suo sogno, che nel frattempo il Fontana aveva studiato nei minimi dettagli. La sfera più esterna dell’Universo Mondo è perforata da buchi attraverso i quali può penetrare un po’ di luce dell’Empireo. Sono questi buchi le stelle fisse, così dette perché, al contrario di quelle dello zodiaco, non cambiano mai posizione durante l’anno. Nel corso della millenaria vicenda umana, Iddio si è compiaciuto di variare il suo schema primigenio: nuove stelle sono comparse sulla sfera, spesso con bagliori tanto intensi da essere visibili per qualche tempo anche di giorno. Evidentemente la sfera superiore non è inattaccabile: un corpo sufficientemente grande, lanciato con moto sufficientemente elevato, può perforarla liberando la luce divina.
Il problema, se teoricamente è risolvibile, è per l’uomo praticamente irrealizzabile: nessun proietto lanciato dall’uomo, neanche con un potente cannone, potrà mai aver la forza sufficiente per raggiungere tale distantissimo obiettivo. L’uomo da solo non potrà mai, ma Dio volendo… e come può Dio volere se non attraverso la preghiera del Papa? Il proietto sarebbe stato mosso dalla forza spirituale della preghiera congiunta del Papa e dei cardinali presenti a Roma. Il proietto ideale, che doveva perforare come un chiodo la parete dell’ultima sfera celeste, fu individuato dal Fontana nell’obelisco, che avrebbe dovuto essere portato davanti a san Pietro per essere più vicino alla fonte stessa della misericordia e della preghiera: la tomba dell'Apostolo.
I colossali lavori di trasporto e di innalzamento in posizione verticale dell’enorme obelisco in granito rosso sono noti a tutti e sono rimasti nell’immaginario del popolo romano. Lo stesso artefice ne ha fatto un’accurata relazione, corredata da bellissime incisioni, in Della trasportazione dell'obelisco vaticano et delle fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V fatte dal Cavallier Domenico Fontana architetto di Sua Santità, libro primo, Domenico Basa, Roma 1590. Le immagini rendono l’idea assai più delle parole. Da solo, il castello di legno che doveva servire da rampa di lancio è un’opera ingegneristica che ancor oggi suscita ammirazione.
L’opera fu completata il 10 settembre del 1586, quando l’obelisco fu issato con l’ausilio di un gigantesco sistema di argani. Il lancio, inizialmente previsto per la ricorrenza della Madonna del Rosario, il 7 ottobre, fu rinviato per una leggera indisposizione del pontefice. La data celebrava la vittoria del 1571 ottenuta contro il Turco nella Battaglia di Lepanto, quando Papa Pio V chiese alla cristianità di pregare con il rosario per chiedere la vittoria della flotta cristiana, che infatti avvenne, grazie all'intercessione della Vergine Maria. Si decise allora di dare corso all’ambito sogno pontificio alla mezzanotte del successivo 25 dicembre, quando una nuova luce nel cielo, la Stella Sistina, avrebbe celebrato la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo come una novella cometa. Senza rivelarne il vero motivo, si ordinò che in tutte le chiese di Roma fosse recitato il Santo Rosario a partire da un’ora prima della mezzanotte fino allo scoccare del dodicesimo tocco. Il Papa, i Cardinali e i diaconi si riunirono in preghiera sulla tomba del Santo. Solo Sisto e il Fontana conoscevano la miracolosa sorpresa che avevano intenzione di fare all’ecclesia cristiana, talmente grande da poter riportare i luterani nell’ovile di Cristo, e forse gli stessi mussulmani.
Carichi di tensione, i due attesero il momento programmato. C’è chi giura di aver sentito Domenico Fontana accompagnare gli ultimi rintocchi contando alla rovescia: “Quattro, tre, due, uno, Alleluia!”. Ma nulla accadde. Il Papa scambiò tristemente gli auguri natalizi con i cardinali, avviandosi a celebrare la Messa di Natale. Il Fontana si diresse verso la propria residenza, chiedendosi che cosa fosse andato storto, giungendo persino a dubitare della reale santità di Sisto.
L'obelisco è rimasto dov'era, mancato missile del Papa.
Papa autoritario e inviso a molti, in soli cinque anni di pontificato (1585-1590), Sisto V cambiò il volto fisico e morale di Roma, costruendo grandiosi edifici, sventrando strade, sterminando i briganti e risanando le finanze vaticane con imposte odiose. Tuttavia, come molti grandi sovrani cui le contingenze hanno fornito poteri quasi assoluti, era percorso da una vena di ambizione smisurata e, dopo essere stato uno zelante e feroce inquisitore, da un certo delirio di onnipotenza. Era convinto che, sotto la sua guida, la cristianità avrebbe potuto annientare il Turco e voleva trasportare il Santo Sepolcro in Italia, come avevano fatto gli Angeli con la Casa di Maria portata in volo a Loreto, nelle sue Marche.
Il ticinese Domenico Fontana era l’artefice preferito di Sisto V da ben prima che questi diventasse papa e lo nominasse architetto di San Pietro, insignendolo dello Speron d’Oro. Grande ingegnere civile, sapeva organizzare i cantieri con metodo ed efficienza, risolveva con soluzioni geniali i problemi di statica e di idraulica, ma le sue numerose opere architettoniche sono piuttosto ripetitive perché, una volta trovata una soluzione, tendeva ad applicarla ovunque lo ritenesse necessario. Lo si direbbe persona di grande razionalità, se non si conoscesse il seguito.
Entrambi questi uomini avevano una passione nascosta, che li avvicinò sempre più e che fu la radice del loro folle progetto: guardare il cielo notturno. L’astronomia era l’ossessione del cardinal Montalto, il futuro papa Sisto, che nella contemplazione delle meraviglie del creato trovava un mezzo per l’elevazione spirituale. Possedeva una copia dell’Almagesto di Tolomeo e sapeva calcolare le posizioni dei pianeti per mezzo dei loro epicicli. Anche Fontana era un osservatore del cielo, soltanto che egli quelle meraviglie voleva cambiare, lasciando un segno dell’umano ingegno nello schema celeste voluto dall’Onnipotente. Ne parlavano tutte le volte che si incontravano, tra un progetto e l’altro, tra un comando e un resoconto. Fontana sapeva come solleticare la vanità del potente cardinale, e un giorno gli propose di intitolare una stella a suo nome. Ottenne un diniego, ma sapeva che la modestia nasconde spesso ambizioni ancor più elevate. Dopo qualche mese, si era alla vigilia del conclave, parlarono finalmente del progetto, insieme folle e spudorato: far nascere una nuova stella, perforando la sfera delle stelle fisse e creare una nuova luce nel firmamento.
Una volta divenuto Vicario di Cristo, secondo solo a Lui sulla Terra, Sisto V poté finalmente tentare di realizzare il suo sogno, che nel frattempo il Fontana aveva studiato nei minimi dettagli. La sfera più esterna dell’Universo Mondo è perforata da buchi attraverso i quali può penetrare un po’ di luce dell’Empireo. Sono questi buchi le stelle fisse, così dette perché, al contrario di quelle dello zodiaco, non cambiano mai posizione durante l’anno. Nel corso della millenaria vicenda umana, Iddio si è compiaciuto di variare il suo schema primigenio: nuove stelle sono comparse sulla sfera, spesso con bagliori tanto intensi da essere visibili per qualche tempo anche di giorno. Evidentemente la sfera superiore non è inattaccabile: un corpo sufficientemente grande, lanciato con moto sufficientemente elevato, può perforarla liberando la luce divina.
Il problema, se teoricamente è risolvibile, è per l’uomo praticamente irrealizzabile: nessun proietto lanciato dall’uomo, neanche con un potente cannone, potrà mai aver la forza sufficiente per raggiungere tale distantissimo obiettivo. L’uomo da solo non potrà mai, ma Dio volendo… e come può Dio volere se non attraverso la preghiera del Papa? Il proietto sarebbe stato mosso dalla forza spirituale della preghiera congiunta del Papa e dei cardinali presenti a Roma. Il proietto ideale, che doveva perforare come un chiodo la parete dell’ultima sfera celeste, fu individuato dal Fontana nell’obelisco, che avrebbe dovuto essere portato davanti a san Pietro per essere più vicino alla fonte stessa della misericordia e della preghiera: la tomba dell'Apostolo.
I colossali lavori di trasporto e di innalzamento in posizione verticale dell’enorme obelisco in granito rosso sono noti a tutti e sono rimasti nell’immaginario del popolo romano. Lo stesso artefice ne ha fatto un’accurata relazione, corredata da bellissime incisioni, in Della trasportazione dell'obelisco vaticano et delle fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V fatte dal Cavallier Domenico Fontana architetto di Sua Santità, libro primo, Domenico Basa, Roma 1590. Le immagini rendono l’idea assai più delle parole. Da solo, il castello di legno che doveva servire da rampa di lancio è un’opera ingegneristica che ancor oggi suscita ammirazione.
L’opera fu completata il 10 settembre del 1586, quando l’obelisco fu issato con l’ausilio di un gigantesco sistema di argani. Il lancio, inizialmente previsto per la ricorrenza della Madonna del Rosario, il 7 ottobre, fu rinviato per una leggera indisposizione del pontefice. La data celebrava la vittoria del 1571 ottenuta contro il Turco nella Battaglia di Lepanto, quando Papa Pio V chiese alla cristianità di pregare con il rosario per chiedere la vittoria della flotta cristiana, che infatti avvenne, grazie all'intercessione della Vergine Maria. Si decise allora di dare corso all’ambito sogno pontificio alla mezzanotte del successivo 25 dicembre, quando una nuova luce nel cielo, la Stella Sistina, avrebbe celebrato la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo come una novella cometa. Senza rivelarne il vero motivo, si ordinò che in tutte le chiese di Roma fosse recitato il Santo Rosario a partire da un’ora prima della mezzanotte fino allo scoccare del dodicesimo tocco. Il Papa, i Cardinali e i diaconi si riunirono in preghiera sulla tomba del Santo. Solo Sisto e il Fontana conoscevano la miracolosa sorpresa che avevano intenzione di fare all’ecclesia cristiana, talmente grande da poter riportare i luterani nell’ovile di Cristo, e forse gli stessi mussulmani.
Carichi di tensione, i due attesero il momento programmato. C’è chi giura di aver sentito Domenico Fontana accompagnare gli ultimi rintocchi contando alla rovescia: “Quattro, tre, due, uno, Alleluia!”. Ma nulla accadde. Il Papa scambiò tristemente gli auguri natalizi con i cardinali, avviandosi a celebrare la Messa di Natale. Il Fontana si diresse verso la propria residenza, chiedendosi che cosa fosse andato storto, giungendo persino a dubitare della reale santità di Sisto.
L'obelisco è rimasto dov'era, mancato missile del Papa.
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