sabato 28 settembre 2019

Previsioni bibliche dell'Armageddon

TEL MEGIDDO ...
In questo luogo, dicono le Scritture (Apocalisse 16, 14-16), si svolgerà la battaglia finale tra Bene e Male e si compirà il destino della specie umana e della sua civiltà. Tell Megiddo si trova in territorio israeliano, a metà strada tra la costa mediterranea e il Giordano, sul confine tra la Galilea a Nord e la Samaria a Sud. Si fregia del termine biblico “har”, che significa monte, ma si presenta da lontano al visitatore come una modesta collina, con le pendici coperte da una rada vegetazione, pochi alberi che offrono scarsa ombra a chi si inerpica per vedere il sito archeologico. Gli scavi presentano il tracciato di varie costruzioni, tra cui si pensa di aver individuato le fondamenta della residenza di Salomone. Nel Libro III dei Re (Cap. IX,15) al sovrano viene attribuita la fortificazione delle mura e dei grandi portali della città fortezza: «Tanto spese il re Salomone nella fabbrica della Casa del Signore e della casa sua e di Mello e nelle mura di Gerusalemme e di Heser e di Mageddo e di Gazer…». Nel complesso urbanistico portato alla luce, oltre ai resti del palazzo reale, ben definiti appaiono gli edifici delle scuderie, gli alloggiamenti della guarnigione e le cisterne, che venivano alimentate da un ingegnoso sistema di approvvigionamento idrico che consentiva agli occupanti la città fortezza di poter resistere per mesi a eventuali assedi. Il luogo si porta addosso infatti un karma che lo ha reso nel tempo scenario di conflitti e battaglie. Partendo dal neolitico, strati geologici evidenti in una profonda fenditura della collina dimostrano che Megiddo ha sopportato in vari periodi eventi di distruzione e incendi. Di questo pedigree conflittuale la storia ricorda in particolare lo scontro che avvenne in quest’area nel 1150 a.C. tra le armate del faraone Ramsete III e le compagini disperate dei sopravvissuti ai cataclismi che avevano colpito le isole dell’Egeo e la stessa Creta. Quei profughi, coalizzati per necessità in un’orda numerosa ma scoordinata, furono letteralmente annientati dall’esercito del sovrano egizio. A quel tempo il luogo aveva nome Magadil, e i derelitti che vi erano sbarcati alla rinfusa provenienti da ogni dove della Grecia e dall’area minoica vennero genericamente denominati col termine della componente piú numerosa di origine cretese: i Pulasati. Il faraone non volle infierire e permise che i sopravvissuti si stabilissero nella regione, che prese quindi il nome di Palestina. Alcune sette apocalittiche ritengono imminente in quest’area un evento distruttivo che giustificherà il ruolo di Armageddon assegnato a Megiddo. Una sorta di esplosione, da cui si sprigionerà una grande luce, seguita da un fuoco catartico che porrà fine all’attuale civiltà. Poco piú a Nord di Megiddo si erge il Monte Tabor, quello dove il Cristo venne trasfigurato da una luce che testimoniava la sua divinità. Noi tutti ci auguriamo che l’odierna Megiddo, al centro di un teatro di conflitti insanabili, possa sprigionare dalle sue rovine non il bagliore di un’ennesima distruzione umana, ma la radianza che illumina le anime e le menti, la luce taborica della salvezza, il fulgore sonoro che Giovanni sperimentò nell’estasi di Patmos: il Verbo che promette all’uomo di buona volontà, attraverso la pratica del perdono e della fratellanza, una vera pace e la finale redenzione…..

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