Se i rapporti fra l’Egitto e l’Italia,
sia per via diretta sia per via intermedia attraverso la Grecia,
risalgono agli ultimi secoli a.C. (coincidenti cioè con l’età
ellenistica), altrettanto può dirsi per i culti religiosi che con questa
terra orientale si identificano.
E quando si parla di culti egizi in terra italica si parla principalmente di riti legati alla figura di Iside, coniugata in età tolemaica a Serapide, e al loro divino fanciullo, Arpocrate.
Il Pantheon
egizio di età greco-romana è assai più semplificato rispetto a quello
affollatissimo dell’età faraonica. La triade mistica nazionale (Osiride,
Iside, Horus) prevale sulla miriade di divinità del glorioso passato
menfita o tebano e viene adattata alla mentalità degli alessandrini
macedoni e grecizzanti. La stessa onomastica riflette questa simbiosi
cultuale e culturale. Serapide altri non è che l’ibrido di Osiris Api,
declinato secondo la dizione greca. E Arpocrate (Harpokrates) è la
traslitterazione di Hor(us)-Pa-khred, che in caratteri geroglifici
indica Horus bambino. Anche l’iconografia si ellenizza e Serapide ha tutto l’aspetto di un barbuto Zeus che abbia fatto il bagno nel Nilo.
Una piccola
comunità egizia pare fosse presente nella Sicilia orientale greca già
nel III secolo a.C. (la parte occidentale orbitò più a lungo sotto la
sfera d’influenza punica) e si ha notizia di un tempio a Serapide nella
città di Tauromenium (l’odierna Taormina) i cui resti sono stati inglobati nella chiesa di San Pancrazio.
Blocchi del basamento originario sono visibili all’esterno. Qui fu
rinvenuta la statua di sacerdotessa di Iside conservata al Museo
Archeologico di Palermo, con panneggio, posa e fattezze caratteristiche
dell’arte romana.
E’ Cicerone (che fu a Siracusa nel 75 a.C.) a menzionare nelle Verrine (In Verrem, II, 2,160) un Serapeion – loco celeberrimo ac religiosissimo
– nelle vicinanze del Foro di quella città. Altri santuari dedicati a
Serapide dovettero sorgere in altre città dell’isola, come a Catania,
Messina e forse Centuripe.
I contatti
fra Siracusa e Alessandria datano al matrimonio organizzato da Tolomeo I
Sotèr fra la principessa macedone Teòxena e il tiranno Agatocle. La
politica filo-alessandrina prosegue con Gerone II del quale si conoscono
fitti traffici con il Delta. Il sovrano siracusano fece dono a Tolomeo
III della Syracusia, nave conosciuta come la più imponente del suo tempo, progettata da Archimede.
Altro luogo che testimonia contatti fra i mercanti egiziani di stanza a Delo e la Campania Felix è Pompei,
nell’area vesuviana, dove quell’etnia trovò ospitalità e portò con sé i
riti isiaci. Tra le costruzioni scampate alla catastrofe prodotta
dall’eruzione del vulcano, che con la sua pioggia di lava e fuoco nel
79 d.C. sommerse la città campana, c’è infatti proprio un monumentale Iseion.
Affreschi, stucchi, arredi, i reperti venuti alla luce (sistri,
bronzetti, ex voto, statuette etc.) durante gli scavi settecenteschi e
durante le prospezioni archeologiche di epoca più recente, sono esposti
nelle splendide, luminose sale del Museo Nazionale di Napoli. L’Iseion
di Pompei si trova nella VIII Regio della città, all’incrocio tra la via
dell’abbondanza ed il cardo, dove questo volge alla porta
meridionale di Stabia. Il complesso sacro fu costruito alla fine del II
secolo a.C. ma dopo il terremoto del 62 d.C. fu ampiamente rimaneggiato.
Le belle
statue policrome di Iside presenti nel Museo di Napoli provengono invece
da Roma in quanto facenti parte dalla raccolta Farnese che da qui fu
traslocata nella città partenopea nel XVIII secolo quando, estintosi il
ramo maschile del casato papalino, la collezione passò in eredità a
Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese.
A Pozzuoli,
l’antica Puteoli, zona ben nota agli studiosi per i fenomeni
bradisismici che la interessano, nel recinto archeologico al centro di
questo disordinato comune del Napoletano, durante gli scavi del
Settecento fu trovata una imponente e severa statua di Serapide in trono. Per questo a lungo si ritenne che il sito fosse un Serapeo. Oggi si è accertato trattarsi di un macellum (o mercato) del II sec. d.C. nell’ambito dell’area commerciale dell’antico porto.
Risalendo il Tirreno arriviamo ad Ostia,
l’antico porto dell’Urbe, dove anche qui è documentata la presenza di
adepti al culto della dea protettrice dei faraoni, con un sacello di
Iside ad Ostia ed un altro a Porto. Un Serapeion e il
contiguo cosiddetto caseggiato del Serapide sono stati individuati nel
tessuto archeologico ostiense, che era l’avamposto marittimo dei Romani.
Le dea, in onore della quale in primavera veniva celebrata la cerimonia
del navigium non poteva non essere invocata da genti che con barche, navigazioni e traffici per mare aveva giocoforza a che fare.
Il Serapeo ostiense è databile al primo quarto del II secolo, inaugurato in occasione del genetliaco di Adriano nel 127 d.C.
E siamo così arrivati a Roma,
l’onnivora Capitale dell’Impero che nel suo alveo culturale era
disposta ad accogliere e far proprie le istanze religiose di quasi tutti
i popoli conquistati. Per questo già dalla fine del II secolo a.C. la
ritualità egizia aveva fatto breccia nelle classi elevate della società
romana.
Nel ciceroniano De Divinatione (I, 132) si citano gli Isiacos Coniectores
(profeti di Iside) come se fossero già noti ad Ennio e fossero presenti
nell’Urbe già nel secolo precedente. Si ha comunque nozione
dell’esistenza a Roma, sin dai tempi di Silla (inizi del I sec. a.C.) di un collegio di pastophoroi
. Si tratta di sacerdoti di Iside il cui compito era quello di portare
in giro per la città una piccola edicola sacra con l’immagine della dea.
Si deduce pertanto che dovesse anche esserci in santuario adibito alle
riunioni religiose.
Tanto che nel
64 a.C. il senato, preoccupato per la diffusione del culto egizio fra
la gioventù romana a discapito della tradizionale sacralità degli avi, e
temendo che potesse infiacchirne i costumi, si espresse ufficialmente
contro il dilagare di queste mode orientaleggianti.
Il soggiorno romano di Cleopatra, allorché la regina di Alessandria era ospite di Giulio Cesare,
da cui aveva avuto il figlio Cesarione, sicuramente diede un nuovo
impulso allo stile di vita secondo gli influssi egittizzanti. E con esso
si ebbe sicuramente un interesse per le divinità di quelle terre
esotiche. Anche la piramide di Caio Cestio, che il latino si fece
costruire come proprio mausoleo, testimonia questa tendenza al passo con
i tempi.
IN
ALTO: Venere Esquilina (Musei Capitolini) in cui si è voluto
riconoscere Cleopatra per via dell’aspide che avvolge nelle sue spire il
vaso al fianco della figura femminile
La conquista
dell’Egitto ad opera di Ottaviano Augusto nel 30 a.C. costituisce una
data cardine: la ricca, colta e raffinata regione africana diviene una
provincia dell’impero. Le relazioni si infittiscono e nei secoli a
venire l’Urbe conquistatrice, così come era avvenuto con la Grecia, si
trasforma in amante sedotta e conquistata. Si può dire che l’egittomania
risale a quei secoli imperiali.
Da Caligola a
Caracalla, passando per Adriano, il fascino che l’Egitto e i suoi dei
hanno esercitato sui rudi Romani è inequivocabile. La scoperta di una Aula Isiaca al Palatino, al di sotto della domus Flavia,
risalente alla fine del I sec. a.C., dimostra che il culto della dea
era diffuso sin nella corte imperiale. Gli affreschi parietali, ormai
poco leggibili, sono ben documentati dalle restituzioni grafiche
eseguite nel Settecento al tempo del rinvenimento di quegli ambienti
sotterranei.
Fra gli Isei sparsi nella Capitale forse il più antico è il cosiddetto Iseum Metellinum che si deve a P. Cecilio Metello Pio e risale agli anni fra il 72 ed il 64 a.C. Si trovava al Celio ed è stata
ipotizzata l’identificazione con l’Iseo della Regio III, scoperto nei
pressi della chiesa di SS. Marcellino e Pietro a via Labicana. E’
individuato dai resti delle sostruzioni in opus coementicium e latericium in via Iside (toponimo che rievoca gli antichi fasti).
Tra i più noti e grandi: l’Iseo Campense che, come indica l’appellativo, si trovava al Campo Marzio. Si sa anche dell’esistenza di un Iseo Capitolino costruito (o ricostruito) nel I sec. d. C. alle pendici del Campidoglio; di un Iseo all’Aventino nonché di un tempio ad Iside e Serapide nei pressi di S. Maria Sopra Minerva; e di altri in quasi ognuna delle XIV Regiones in cui era suddivisa l’Urbe. Notevole doveva essere il Serapeo al Quirinale, che gli archeologi ipotizzano si trovasse tra la piazza del Quirinale e villa Colonna.
Da tutti
questi luoghi, durante le campagne di scavo sono affiorate le infinità
di statue di soggetto egiziano che oggi si trovano conservate in vari
musei della nostra città.La statua popolarmente nota come Madama
Lucrezia, posta in un angolo di piazza Venezia, assai probabilmente
raffigura Iside stessa, in versione romana, ormai corrosa dall’incuria e
dal tempo.
La tavola votiva in bronzo ageminato in argento, conosciuta come Mensa Isiaca,
che oggi si trova al Museo Egizio di Torino, è un reperto di
provenienza romana. Se ne ha conoscenza dal XVI secolo quando comparve
sul mercato antiquario di Roma (ne era entrato in possesso per vie non
molto chiare Pietro Bembo). Passata di mano attraverso eredi ed altri
acquirenti, pervenne a Torino ai Savoia nel Settecento, i quali ne
fecero poi dono alla istituenda collezione che costituì il primo nucleo
museale di antichità egizie della città piemontese. Di età tarda, forse
tolemaica o presumibilmente una copia realizzata nella stessa Roma
imperiale, suscitò molto interesse fra gli esoteristi romani del
Rinascimento, primo fra tutti il Kircher.
IN ALTO: Mensa Isiaca nella restituzione grafica ad illustrazione di un testo dell’erudito Athanasius Kircher
Anche a Villa Adriana, a pochi chilometri da Roma presso Tivoli, nell’immenso complesso imperiale di Adriano, oltre al viale di Canopo,
chiaro ed evidente omaggio del munifico sovrano al celebre quartiere
alessandrino, sono emersi i resti archeologici che testimoniano di un
sacrario dedicato al culto di Iside e Serapide di cui si aveva sempre
avuto notizia.
IN ALTO: viale di Canopo e Serapeo (Villa Adriana, Tivoli)
IN ALTO: statua di Horus (alta un metro c.) di recente rinvenuta nella c.d. palestra di Villa Adriana esposta nell’antiquarium
Anche il celebre mosaico di ambiente nilotico nel santuario della Fortuna Primigenia di Palestrina
testimonia che in epoca romana ci fu una sorta di assimilazione fra la
dea italica Fortuna e l’Iside Tyche alessandrina. Probabilmente in
alcuni settori del santuario stesso ci furono ambienti dove i laziali
veneravano anche la dea egizia e il suo paredro Serapide.
Nell’Italia romanizzata il culto isiaco si diffuse lungo tutta la penisola, da Lecce
sino alla Toscana e al Settentrione. Nella città salentina, l’antica
Lupiae, gli archeologi hanno individuato un sacrario della dea, voluto
dal romano Tiberinus, proprio nei sotterranei di palazzo Castromediano-Vernazza.
Come si ha notizia di un tempio ad Iside che doveva esistere nella colonia romana di Firenze,
dal momento che anche qui sono venuti alla luce reperti di epoca tarda
che documentano la diffusione di questa religione mistica importata in
riva all’Arno dal lontano Egitto. Si trovava presso l’attuale convento
di S. Firenze, oltre le mura orientali.
Concluidiamo il nostro excursus ai piedi delle Alpi, in Piemonte, dove a poca distanza da Torino, a Monteu de Po, piccolo comune a 36 chilometri dal capoluogo, sorto sul sito dell’antica colonia romana di Industria,
gli scavi archeologici hanno portato alla luce un tempio dedicato ad
Iside del I secolo d.C.. I reperti ivi raccolti (statuette votive,
bronzetti, sistri etc.) hanno permesso di identificare il luogo come un Iseo.
Arch. Renato Santoro – Roma, gennaio 2017
IN COPERTINA: Iside accoglie Io trasportata dal Nilo, affresco dal tempio di Iside a Pompei
Bibliografia di base
Sarolla A. Takàcs, Isis and Serapis in the Roman World, Brill, Leiden 1995
B. De Rachewiltz, A. M. Partini, Roma egizia, Mediterranee, Roma 1999
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