giovedì 16 gennaio 2020

Diana Nemorense

Diana e la connessione con Nemi....
Il fiume Incastro si alimenta direttamente dal lago di Nemi, luogo fra i più venerati del Lazio antico e sede di un culto arcaico della dea madre, acquatica, regina del bosco sacro, onnipotente divinità della natura, della vita e della fertilità. Il suo santuario sulle rive del lago aveva una dimensione impressionante, estendendosi per circa 5000 mq, ma in realtà tutto il bosco circostante le acque era un enorme tempio naturale. Si ritiene che nella sua forma più antica la dea di Nemi fosse una divinità solare, associata con la luna e la caccia solo in una fase più recente del culto. Catone il Censore nelle Origines, ricorda che il dittatore tusculano Manio Egerio Bebio officiò una cerimonia comunitaria nel nemus aricinum insieme ai rappresentanti delle altre principali comunità latine dell’epoca, l’elenco è interessante: “Tusculanus, Aricinus, Lanuvinus, Laurens, Coranus, Tiburtis, Pometinus, Ardeatis, Rutulus.”
In tempi remoti la sacerdotessa che rappresentava la dea incarnata era anche la regina. Simili rituali sono comuni in tutte le società matriarcali e altrettanto diffuse solo le celebrazioni dell’unione magica fra la sacerdotessa con il sacerdote finalizzate ad assicurare la fertilità della natura stessa. Nell’area del Santuario cresceva un albero le cui fronde ove fossero state strappate da uno schiavo fuggitivo conferivano a lui il diritto di battersi con il sacerdote in carica se lo avesse ucciso gli sarebbe succeduto in tale carica .. Il rituale della trasmissione del potere nel Sacro Bosco era molto importante simbolicamente per il patto comunitario fra le città latine perché il bosco era di tutti ed il Re del Bosco non avrebbe mai potuto trasmettere ad eredi il suo potere, come un vero Re.
La dea di Nemi è denominata Diana Nemorense, dai romani assimilata ad Artemide. Nella sua forma più antica Diana era Iana, la controparte di Iano o Diano. Jana è presente in tutto il Mediterraneo. In questa forma più antica si tratta di un culto della fertilità della natura, del ciclo eterno di morte e rinascita del sole, dell’unione fra il sole e la luna. Jana-Jano sono i custodi delle porte e quindi i garanti dell’equilibrio e del passaggio fra vita e morte.
Il lago ha un emissario artificiale che ne regola il livello, costruito presumibilmente nel VI secolo a.C.; In realtà l’opera di altissima e straordinaria ingegneria idraulica non è databile in modo certo, ma si desume, datando le strutture antiche che resterebbero sommerse in sua assenza, un possibile periodo nel quale inquadrare la sua realizzazione. L’emissario è un cunicolo lungo 1.635 metri e largo 80 cm, scavato nella roccia, congiunge il lago a Vallericcia, di là del cratere. Ha una camera d’ingresso in opera quadrata di peperino e un sistema di chiuse sorprendentemente efficace. Uscite dal condotto, le acque della dea si riversano in un canale superficiale lungo 2 km, quindi in un nuovo canale sotterraneo di 15 km che le conduce direttamente ad Ardea, dove confluiscono nell’Incastro e quindi si riversano nel mare.
Facile quindi immaginare la grande sacralità che poteva avere, agli occhi degli antichi, il luogo dove le acque della dea Diana, si congiungevano con quelle della dea del mare e della fertilità, Afrodite, e questo punto di incontro era proprio la foce dell’Incastro. Secondo alcuni studiosi l’emissario di Nemi non aveva solo una funzione di ordine pratico, ciò di regolare il livello massimo delle acque del lago, ma aveva uno scopo rituale, un profondo significato religioso, se tale ipotesi si rivelasse corretta, la sacralità dell’Incastro risulterebbe ancora più ragguardevo .
Dunque gli antichi abitanti di Ardea potevano avere un gran numero di motivi per venerare la foce dell’Incastro e ritenerla un sito magico e divino, una specie di Lourdes di quei tempi: punto di incontro tra due grandi dee della fertilità, luogo di rimescolamento di acque sacre, luogo di congiunzione fra lago, fiume e mare, approdo di Danae e zona della sua unione con Pilumno, e, probabilmente, luogo dell’approdo di Enea. Possiamo immaginare che i rituali celebrati a Castrum Inui fossero plausibilmente incentrati sulla fertilità, sull’acqua e la guarigione, e che, col passare dei secoli, oltre alla grande dea, vi siano stati venerati molti numi riconducibili ai gemelli divini , alla fertilità dei campi , alla nascita, al mare, alla navigazione, alla fondazione , all’età dell’oro e agli antenati divini . Un luogo così sacro, e anche strategicamente e commercialmente significativo, doveva essere ritenuto un grande tesoro da proteggere, e probabilmente questo è il senso della fortificazione realizzata dai romani. ...

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