“L’anima,
per sua natura, è innamorata dell’Uno e desidera unirsi a Lui come una
vergine ama nobilmente il suo nobile padre; ma se, entrata nel mondo del
divenire, si lascia sedurre dalla brama di pretendenti e passa, per la
lontananza del padre, ad altro amore terreno, cade nel disonore; ma poi,
disprezzando le violenze del mondo, essa si purifica da ogni cosa
terrestre e, pronta a tornare al padre suo, ritrova la sua gioia.
Allora essa non vorrebbe nient’altro in cambio, nemmeno
le si donasse il cielo intero, poichè sa che non c’è nulla di migliore
nè un bene maggiore: essa infatti non può salire più in alto e tutte le
altre cose, per quanto elevate, la costringerebbero a discendere, perchè
è tornata ad essere quello che era una volta.
Tutto ciò di cui prima godeva, vale a dire cariche, potere, ricchezza,
bellezza e scienza, ora lo disprezza e riconosce che non avrebbe potuto
chiamarli “beni” se non avesse incontrato qualcosa di migliore. Essa non
teme alcuna sofferenza, finchè è in sua presenza, tutta presa dalla sua
contemplazione. E se pure ogni cosa perisse intorno a lei, ben
volentieri l’accetterebbe, pur d’essere da sola a solo di fronte a Lui; a
tal punto giunge la sua gioia. Infatti, il vivere quaggiù fra le cose
terrene, è “caduta”, “esilio” e “perdita delle ali”. Se l’uomo ignora
questa esperienza, rifletta su questi amori terreni e si chieda che cosa
voglia dire raggiungere ciò che si ama più di tutto il mondo, pensando
che questi sono amori di creature, mortali e caduchi, amori di fantasmi,
poichè non sono ciò che è veramente amabile, nè sono il nostro bene, nè
quello che andiamo cercando."
(Plotino, Enneadi)
(Plotino, Enneadi)
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