lunedì 11 marzo 2019

Boschi sacri nell'Urbe


Il terreno su cui sorse Roma era molto boscoso e i sette colli erano distinti da diverse specie d’alberi, che talvolta diedero loro il nome. Il Celio veniva chiamato Querquetulanus dalla sua foresta di querce; il monte Oppio veniva detto Fagutalis dai suoi faggi e il Viminale era il colle delle canne (vimina). Gli allori dell’Aventino furono ricordati fino alla fine dell’Impero nelle strade dette Lauretum Maius e Lauretum Minus.
La valle fra l’Aventino e il Palatino sembra derivasse il suo appellativo di Murtia dal mirtillo che prosperava attorno al tabernacolo di Venere Murtea. La parte meridionale di Trastevere era detta campo Codetano dal suo equisetum arvense (codeta) o coda cavallina, una pianta erbacea perenne dalle spiccate proprietà medicinali. Man mano che la città cresceva, le foreste andavano sparendo, ma il loro ricordo era conservato da un gruppo di alberi, tenuti in grande venerazione, cui venivano offerti sacrifici.
Vista la natura silvestre del suolo romano, non deve stupire se una delle prime divinità venerate dagli abitanti dei sette colli fu proprio Fauno, che si credeva elargisse la sue profezie grazie a una misteriosa voce udibile solo nel silenzio dei boschi. In grande onore era tenuta anche la Bona Dea, considerata la sposa di Fauno.
Il protettore degli alberi e delle macchie, soprattutto di pini e di cipressi, era Silvano, chiamato anche Dendrophorus, il portatore di albero.
Famoso era il Bosco degli Arvali, i sacerdoti della Dea Dia, una divinità arcaica protettrice della terra e delle messi.
I boschi consacrati a una divinità si dicevano luci ed erano protetti da severe leggi che comminavano persino la pena capitale a chi osasse deturparli. Su una piccola altura alla Caffarella, di fronte alla chiesa di S. Urbano, si conservano ancora tre lecci, memoria del sacro bosco nei pressi della grotta della Ninfa Egeria, divinità connessa con le acque sorgive e il parto, che secondo la leggenda si incontrava qui con il re Numa Pompilio per dispensargli le sue grazie e i suoi consigli.
Agretti e Visconti, nel 1838, hanno disegnato una grande mappa dei boschi sacri dell’antica Roma, indicandone ben quarantotto, anche se l’esistenza di alcuni di loro non è ben documentata. Di certo, alla fine dell’Impero ne esistevano ancora venti o venticinque….

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