domenica 2 dicembre 2018

Il figlio più coraggioso di D'annunzio


Il figlio soldato e poeta che D'Annunzio non riconobbe
Risultati immagini per il figlio del poeta d'annunzio: Gabriele Cruillas
Nato da una nobile che il Vate abbandonò, scrittore e combattente ardito come voleva papà, sognò di prendere il posto del duce. Storia di Gabriele jr., il discendente più simile al genitore
di Paola Sorge
Gabriele Cruillas, il quinto figlio di Gabriele d'Annunzio: quasi quasi più ardito e più ardente d'amor patrio del padre, più immaginifico e prolifico, più ambizioso e orgoglioso di sé. E decisamente più sventurato. Entrò nel mondo letterario, militare e politico del suo Paese come un ciclone: le sue gesta da cavaliere antico divennero presto leggendarie; le sue opere di poesia, narrativa e saggistica, circa una ventina, vennero elogiate da critici di fama per originalità e vivacità intellettuale; combatté da eroe nelle due guerre mondiali e a Fiume, e ogni volta fu ferito anche gravemente; nel '43 fondò le Camicie Verdi e l'anno dopo osò l'inosabile sfidando non solo i tedeschi, ma nientedimenoche la Quinta armata americana e l'Ottava Armata inglese. Roba da far impallidire gli altri quattro figli del Vate, legittimi e non, che condussero una vita decisamente scialba a ridosso del padre.

Eppure, questo «spavaldo patrizio di spada e di penna», che gran parte dei suoi contemporanei illustri, tra cui il re e Mussolini, considerarono sempre figlio del Vate, che al padre somigliava anche fisicamente, fu dai posteri negletto, bistrattato, dimenticato. Anche dalle numerose biografie del poeta uscite fino a oggi in cui su di lui si trova un'unica, risibile notizia riferita da Guglielmo Gatti nel '60 e ripresa poi, senz'ombra di sospetto, da tutte le biografie successive: il padre del secondo figlio avuto dalla principessa Maria Gravina Cruillas di Ramacca durante la sua convivenza con D'Annunzio, era il mesto e non certo affascinante stalliere e domestico della principessa, Rocco Pesce (nulla a che vedere con quello di Lady Chatterley!).
In realtà, quando Gabriele Cruillas nacque nel 1897 a Francavilla, D'Annunzio non lo riconobbe ufficialmente. Lo fece probabilmente per ragioni di convenienza. Deciso a lasciare la pressoché folle Maria Gravina, che da sei anni gli rendeva la vita impossibile e gli impediva di lavorare, non intendeva andare incontro ad altri guai sia finanziari che penali, visto che lui e la sua aristocratica amante erano già stati condannati a sei mesi di carcere (poi condonati), dopo che il marito di lei, il conte Anguissola, li aveva denunciati per adulterio.

Il Vate non indicò mai il nome del presunto padre di Gabriele, si limitò a dire che il bambino della Gravina non era suo. Poi però, quando il figlio misconosciuto lo raggiunse nel 1920 a Fiume e divenne legionario d'assalto, scrisse una dichiarazione di suo pugno in cui lo definì «il figlio segretamente diletto che oggi la mia speranza consacra erede di tutte le mie sovranità effimere e perenni».

Ma chi era veramente Gabriele Cruillas? Ce lo racconta ora, per la prima volta, l'infaticabile storico e studioso Franco Di Tizio in un libro, Gabriele Cruillas. Il figlio non riconosciuto di Gabriele d'Annunzio (Ianieri, pp. 330, euro 18), ricco di documenti che fugano ogni dubbio su ciò che nel titolo è annunciato. Che Bebe, così Gabriele era chiamato in famiglia, fosse figlio del poeta è tra l'altro confermato da Renata, l'altra figlia della Gravina, che nelle lettere a lui indirizzate, parla sempre di «nostro padre». La Sirenetta volle andare a vivere con il padre quando l'altezzosa principessa, che da tempo frequentava gente losca, si mise addirittura a gestire una casa di tolleranza prima a Firenze, poi a Roma. Quasi una telenovela.

Gabriele junior, nonostante tutto, fu sempre molto legato alla madre. A sedici anni pubblicò una novella, La Maliarda; nel 1914 fondò il Gruppo Giovanile Nazionalista, nel ‘16 andò volontario in guerra e combatté al fronte franco-belga, nel '29 fu proclamato campione di spada da combattimento; per aver salvato da un incidente mortale quattro operai, divenne quasi cieco e fu riconosciuto, nel '38, Grande Mutilato del Lavoro. In tutto questo non cessò mai di scrivere: per un suo poema, il Cantico d'Italia, fu definito «forte novissimo poeta»; seguirono due romanzi, le novelle in francese scritte per il cinema e vari saggi, tra cui l'Estetica generale della cinegrafia sonora. Tutto scritto in uno stile impeccabile anche se ridondante, com'era allora di moda.

Ma veniamo al periodo più turbinoso e intrigante della sua vita: quello della seconda guerra mondiale. Come il padre, Gabriele Cruillas odiava i tedeschi: nel '43, con le sue Camicie Verdi, li combatté strenuamente, collaborò con il Fronte clandestino della Resistenza, creò un servizio di controspionaggio; dopo una coraggiosa controffensiva antitedesca nei pressi di Roma, venne chiamato il Leone dell'Aniene; nel maggio del '44 Mussolini, tramite un emissario, pregò lui, «il figlio del suo vecchio compagno», di difendere i fascisti a lui fedeli, ma incolpevoli, dalle rappresaglie degli alleati.

Il 4 giugno, quando Roma fu liberata, il Principe Cruillas, alla testa di cinquemila soldati, otto generali e trenta colonnelli, tentò di attaccare il Comitato di Liberazione Nazionale e di opporsi alla Quinta Armata americana. Voleva cacciare dall'Italia tutti gli stranieri, anche gli americani «bombardatori sfrenati» e i «comunisti russofili»; voleva unire utopisticamente antifascisti e fascisti «incolpevoli» in un solo grande movimento. Il suo vero obiettivo? Quello di prendere il posto del duce, diventare quello che il padre non era riuscito a essere. Naturalmente gli andò male: il giorno dopo, 5 giugno, il suo quartier generale fu circondato dai soldati americani che gli puntarono contro i mitra, fu imprigionato e condannato a morte; ma il 14 luglio i servizi segreti inglesi, dopo, pare, una telefonata di Churchill, più diplomaticamente lo fecero uscire di prigione.

Dopo la guerra Gabriele Cruillas fondò il Partito Nazionale Italiano dei Proletari e dei Combattenti. Per tutta la sua esistenza, fino alla morte, avvenuta nel 1978 a Roma, dove si era sposato e aveva avuto due figli, l'ultimo figlio del Vate fu a suo modo, ininterrottamente, un mattatore fiero delle sue antichissime origini nobiliari (mantenne il titolo di principe anche quando ci fu la Repubblica) e orgoglioso di essere un italiano. Per i servizi segreti inglesi fu «l'ultimo dei romantici fuori tempo».

(1 aprile 2016)
Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non riceviamo finanziamenti pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a Rep:. Se vi interessa continuare ad ascoltare un'altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione.
Mario Calabresi

Nessun commento: