Lucignano sta in Val di Chiana, e visto da fuori, è simile a tanti
altri paesi della Toscana, che sorgono sui colli ed in cui emergono le
torri, i campanili ed i palazzi del Medioevo e del Rinascimento.
Ma basta osservare una fotografia presa dall'alto per cogliere la differenza, la sua specificità: le strade che, seguendo un percorso ellittico infine confluiscono alla piazza storica. Si parla anche di una triplice cerchia di mura, ma è un vero e proprio sistema viario costruito come un labirinto di facile soluzione.
Se la litigarono per secoli Firenze, Arezzo, Siena e Perugia, ed il suo vivace stendardo lo attesta. Fu anche venduta per migliaia di fiorini da Siena a Firenze.
Ma è l'Albero della Vita l'unicum di Lucignano. E' il Lignum Vitae di Bonaventura, Santo francescano, la rappresentazione simbolica della Croce, vista come un albero vivente.
Una opera di oreficeria grande anche come dimensioni (alta 2m e 60cm). Due orafi insigni: prima Ugolino da Vieri nel 1350 e poi Gabriello D'Antonio nel 1471. Anche se gli smalti traslucidi, i coralli, i cristalli di rocca e le miniature sono in gran parte spariti attraverso i secoli, quello che rimane è un esempio unico. Oggi opportunamente conservato in una colossale teca di vetro. I simboli sono tanti, a partire dal corallo, che è il sangue di Cristo.
Ed il pellicano che si becca il petto, sopra il crocifisso in cima all'albero, secondo la leggenda si ferisce per nutrire i figli. Ancora un simbolo di Cristo.
Qualche volonteroso animatore ha introdotto piccole leggende di altro tipo: porta fortuna alle neospose, mettere i fiori vicino all'albero.
Oggi Lucignano, e non per queste lievi storie, è sempre più nota, pur essendo fuori dai percorsi più frequentati. Il fascino del suo enorme gioiello è sempre più sentito.
Elemire Zolla, nel suo "Verità segrete esposte in evidenza", dice che è un incomparabile inno alla gioia ed alla luce, ed il luogo dove è conservato lo chiama "camera delle meraviglie", "stanza fatata". Gli vengono in mente i versi di Yeats, che traduce così:
"Guardati dentro al cuore o cara,
Dove l'albero sacro cresce.
Dalla gioia spuntano i rami
Con la loro messe di fiori
E le tante tinte dei frutti
Dànno alle stelle la luce,
Mentre la sua occulta radice
Pianta nella notte la quiete".
Ma basta osservare una fotografia presa dall'alto per cogliere la differenza, la sua specificità: le strade che, seguendo un percorso ellittico infine confluiscono alla piazza storica. Si parla anche di una triplice cerchia di mura, ma è un vero e proprio sistema viario costruito come un labirinto di facile soluzione.
Se la litigarono per secoli Firenze, Arezzo, Siena e Perugia, ed il suo vivace stendardo lo attesta. Fu anche venduta per migliaia di fiorini da Siena a Firenze.
Ma è l'Albero della Vita l'unicum di Lucignano. E' il Lignum Vitae di Bonaventura, Santo francescano, la rappresentazione simbolica della Croce, vista come un albero vivente.
Una opera di oreficeria grande anche come dimensioni (alta 2m e 60cm). Due orafi insigni: prima Ugolino da Vieri nel 1350 e poi Gabriello D'Antonio nel 1471. Anche se gli smalti traslucidi, i coralli, i cristalli di rocca e le miniature sono in gran parte spariti attraverso i secoli, quello che rimane è un esempio unico. Oggi opportunamente conservato in una colossale teca di vetro. I simboli sono tanti, a partire dal corallo, che è il sangue di Cristo.
Ed il pellicano che si becca il petto, sopra il crocifisso in cima all'albero, secondo la leggenda si ferisce per nutrire i figli. Ancora un simbolo di Cristo.
Qualche volonteroso animatore ha introdotto piccole leggende di altro tipo: porta fortuna alle neospose, mettere i fiori vicino all'albero.
Oggi Lucignano, e non per queste lievi storie, è sempre più nota, pur essendo fuori dai percorsi più frequentati. Il fascino del suo enorme gioiello è sempre più sentito.
Elemire Zolla, nel suo "Verità segrete esposte in evidenza", dice che è un incomparabile inno alla gioia ed alla luce, ed il luogo dove è conservato lo chiama "camera delle meraviglie", "stanza fatata". Gli vengono in mente i versi di Yeats, che traduce così:
"Guardati dentro al cuore o cara,
Dove l'albero sacro cresce.
Dalla gioia spuntano i rami
Con la loro messe di fiori
E le tante tinte dei frutti
Dànno alle stelle la luce,
Mentre la sua occulta radice
Pianta nella notte la quiete".
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