La storia di Guglielma o Blažena Vilemína è la storia di un’eresia
tutta al femminile.. La leggenda vuole che appartenesse alla casa
imperiale boema e che fosse nata nel 1210 da Costanza d’Ungheria, moglie
del re di Boemia Premislao I e che fosse sorella di santa Agnese,
corrispondente di santa Chiara d’Assisi e cugina di santa Elisabetta da
Turingia. Si narra che, abbandonando le agiatezze della corte, fosse
scappata con un figlio, di cui non si ha alcuna notizia e si fosse
rifugiata a Milano tra il 1260 e il 1270, probabilmente nel 1262. Visse
in questa città per quasi vent’anni fino alla sua morte conducendo una
vita semplice e umile senza mai dichiarare le sue origini regali;
portava, infatti, abiti tradizionali di colore scuro, de bruna moreta,
che diventarono un riconoscimento per la sua congregazione, tanto che
molti di quelli che la frequentarono non seppero mai della sua
discendenza. A Milano visse in numerose abitazioni, ma il luogo a cui fu
più legata è sicuramente l’abbazia di Chiaravalle. In questo luogo fu
infine sepolta in una cappella appositamente adibita come suo sepolcro.
Le poche informazioni che abbiamo su questa donna ci vengono dagli atti
del processo che nel 1300 subirono i suoi seguaci. Guglielma, infatti,
nonostante fosse una donna, riunì presto attorno a sé una cerchia di
fedeli devoti che rimasero tali anche dopo la sua morte e che presto
furono soprannominati “guglielmiti” o i “Figli dello Spirito Santo”.
Guglielma rivestì, per i molti anni che visse a Milano, il ruolo di
predicatrice e di maestra per un gran numero di persone appartenenti a
tutte le età e a tutti gli strati della società. La sua vicenda diventò
famosa a tal punto che intervenne la Santa Inquisizione, perché i suoi
seguaci cominciarono a credere che fosse l’incarnazione dello Spirito
santo. Non abbiamo nessun documento scritto dal pugno di Guglielma, ma
solo gli atti del processo avvenuto nel 1300, anno santo del Giubileo,
contro i suoi seguaci, che dopo 20 anni dalla sua morte ancora
diffondevano i suoi insegnamenti. Guglielma non apparteneva ad una
scuola o ad una comunità religiosa, non aveva una identità certa e il
suo stato sociale non corrispondeva a nessuno stereotipo dell’epoca: non
era monaca, non era moglie e nemmeno vedova. Lo svantaggio sociale del
suo sesso e la mancata appartenenza ad un contesto istituzionale, le
diedero la possibilità di esercitare a pieno il suo desiderio spirituale
di povertà, comunione con la sofferenza e imitatio Christi. Cominciò
quindi a fare quello che molte donne a lei contemporanee non potevono
fare: predicava, commentava i Vangeli, conduceva una vita umile,
impartiva insegnamenti e comunicava un messaggio morale. Ben presto le
sue azioni e le sue parole conquistarono un folto gruppo di persone
appartenenti a diversi ceti sociali, compresi gli stessi monaci
dell’abbazia di Chiaravalle. Non possiamo sapere quali fossero i suoi
insegnamenti, ma possiamo affidarci a quello che fu il loro effetto su
coloro che la conobbero e che vissero con lei: l’immediato paragone che
suscitano le risposte dei verbali del processo è quello cristologico. Se
il secolo XI è stato il periodo di maggiore rinnovamento spirituale per
il mondo femminile, i secoli XII e XIII hanno sviluppato le linee guida
della cultura devozionale consolidando quelle che già si erano
affermate come caratteristiche dell’esperienza religiosa femminile:
stretta povertà, adesione alla vita ascetica più che a quella secondo
una regola monacale, penitenza, mortificazione del corpo, digiuni,
impegno personale, preghiera assidua che conduce all’esperienza mistica,
vita comunitaria, ricerca di valori del cristianesimo delle origini. Si
sviluppano pertanto due linee parallele di spiritualità femminile: una
aderente agli ordini esistenti ed una autonoma che tenta di realizzare
l’ideale di vita esemplare cristiana al di fuori della regola e
Guglielma con le sue seguaci propenderanno per la seconda via. Ancora
durante la sua esistenza, ma principalmente dopo la sua morte, i suoi
discepoli cominciarono a credere che Guglielma fosse l’incarnazione
dello Spirito santo nel corpo di donna e che portasse un messaggio
escatologico della stessa portata di quello del Figlio di Dio. Questo
scatenò, ovviamente, i provvedimenti dell’Inquisizione che sfociarono in
un processo per eresia che finì nella condanna a morte sul rogo per i
due maggiori seguaci di Guglielma: Maifreda da Pirovano e Andrea
Saramita. Insieme ai loro corpi vennero bruciate anche le ceneri della
santa riesumate dalla tomba di Chiaravalle per scongiurare la diffusione
di reliquie. Le ultime sue parole in punto di morte furono: “restate
uniti, amatevi e onoratevi a vicenda”. Da queste parole riportate dai
suoi devoti e da altre frasi attribuite a lei presenti nei verbali del
santo ufficio si possono trarre i suoi fondamentali insegnamenti.
Guglielma “faceva cose simili a quelle di Cristo”
come Cristo nel corso dell’ultima cena esortò i suoi figli ad amarsi e rispettarsi al di là delle convenzioni sociali; alla sua mensa, infatti, sedevano persone appartenenti a ceti diversi e a sessi diversi: uomini e donne sedevano alla stessa tavola, il falegname pranzava con il mercante e la vedova. Il pranzo rappresentava per il gruppo dei devoti un momento fondamentale in cui ascoltare gli insegnamenti di Guglielma, che spezzava il pane e distribuiva il vino alla maniera di Cristo. A lei furono anche attribuiti miracoli di guarigione di infermi e la comparsa delle cinque piaghe della crocefissione, nella migliore tradizione della santità. Fu, infatti, principalmente come santa che fu venerata in vita e post mortem, specialmente dai monaci dell’abbazia. Il suo culto prese una direzione diversa a seguito di “un incidente” dottrinale che ebbe luogo durante un pranzo in casa del medico Giacomo da Freno tra il 1290 e il 1293 durante il quale Maifreda dichiarò: “Nostra Signora mi è apparsa e mi ha detto di dirvi che essa è lo Spirito Santo”. A queste parole una delle donne devote presenti si alzò e disse: “Io credo che Guglielma sia della stessa carne che è nata dalla Beata Vergine e che fu crocefissa nella persona di Cristo”. Subito il marito della donna insorse contro la moglie e la rimproverò aspramente e con lui altri uomini devoti che sedevano alla tavola. Le donne invece, come le donne del Vangelo che credono subito alla resurrezione di Cristo, ma non vengono credute da Tommaso, non dubitarono mai delle parole di Maifreda. Anche per questo motivo, forse, il culto di Guglielma era prevalentemente femminile, oltre che a causa di una maggiore identificazione delle donne devote, che si associavano in una “communio sanctarum” in piena solidarietà con la “santa”. Questa straordinaria idea dell’incarnazione femminile dello Spirito santo diventa il principio di tutta l’eresia guglielmita, nonostante Guglielma avesse sempre rinnegato questa convinzione . La credenza cominciò ad insinuarsi tra i devoti, soprattutto ad opera di Andrea Saramita e Maifreda, quando la donna era ancora in vita, ma fu dopo la sua morte che si fece dottrina…..
Guglielma la boema. seppellita a Chiaravalle, e sapete chi è sepolto oggi in quella tomba?
come Cristo nel corso dell’ultima cena esortò i suoi figli ad amarsi e rispettarsi al di là delle convenzioni sociali; alla sua mensa, infatti, sedevano persone appartenenti a ceti diversi e a sessi diversi: uomini e donne sedevano alla stessa tavola, il falegname pranzava con il mercante e la vedova. Il pranzo rappresentava per il gruppo dei devoti un momento fondamentale in cui ascoltare gli insegnamenti di Guglielma, che spezzava il pane e distribuiva il vino alla maniera di Cristo. A lei furono anche attribuiti miracoli di guarigione di infermi e la comparsa delle cinque piaghe della crocefissione, nella migliore tradizione della santità. Fu, infatti, principalmente come santa che fu venerata in vita e post mortem, specialmente dai monaci dell’abbazia. Il suo culto prese una direzione diversa a seguito di “un incidente” dottrinale che ebbe luogo durante un pranzo in casa del medico Giacomo da Freno tra il 1290 e il 1293 durante il quale Maifreda dichiarò: “Nostra Signora mi è apparsa e mi ha detto di dirvi che essa è lo Spirito Santo”. A queste parole una delle donne devote presenti si alzò e disse: “Io credo che Guglielma sia della stessa carne che è nata dalla Beata Vergine e che fu crocefissa nella persona di Cristo”. Subito il marito della donna insorse contro la moglie e la rimproverò aspramente e con lui altri uomini devoti che sedevano alla tavola. Le donne invece, come le donne del Vangelo che credono subito alla resurrezione di Cristo, ma non vengono credute da Tommaso, non dubitarono mai delle parole di Maifreda. Anche per questo motivo, forse, il culto di Guglielma era prevalentemente femminile, oltre che a causa di una maggiore identificazione delle donne devote, che si associavano in una “communio sanctarum” in piena solidarietà con la “santa”. Questa straordinaria idea dell’incarnazione femminile dello Spirito santo diventa il principio di tutta l’eresia guglielmita, nonostante Guglielma avesse sempre rinnegato questa convinzione . La credenza cominciò ad insinuarsi tra i devoti, soprattutto ad opera di Andrea Saramita e Maifreda, quando la donna era ancora in vita, ma fu dopo la sua morte che si fece dottrina…..
Guglielma la boema. seppellita a Chiaravalle, e sapete chi è sepolto oggi in quella tomba?
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