Sovrano d'Ungheria dal 1458 al 1490, Mattia Corvino fu uno dei maggiori protagonisti storici dell'epoca, valoroso difensore del suo paese contro i Turchi Ottomani e gran mecenate artistico di livello europeo. Ma la sua eredità più importante - purtroppo dispersa nel corso dei secoli - resta la Biblioteca Corviniana, autentico paradiso di ogni bibliofilo rinascimentale.
Figlio secondogenito del condottiero romeno Giovanni Hunyadi e della nobile ungherese Erzsebet Szilagyi, Mattia Corvino nacque in Transilvania nel febbraio 1443, all’interno di una modesta casa di campagna. All’epoca il padre era infatti ancora un semplice vovoide (”conte”) della regione, al servizio di Ladislao V di Boemia (1410-1457) nella sua lotta contro l’avanzata ottomana nella penisola balcanica; un anno dopo la nascita del figlio egli venne persino catturato da Vlad II Dracul di Vallachia dopo la disastrosa battaglia di Varna, terminata con la disfatta di un’intera armata cristiana per mano dei Giannizzeri del sultano Murad II (1410-1451). Il fatto rappresentò solo una piccola diatriba feudale, risolta dall’intervento diretto di Ladislao, ma esso lasciò comunque pesanti strascichi tra la famiglia Hunyadi e quella Dracul, destinati a ripetersi con gravi conseguenze alcuni decenni più tardi.
Nel 1446, in virtù del coraggio dimostrato in battaglia, Hunyadi fu infine nominato reggente d’Ungheria, carica confermata anche da papa Niccolò V per evidenti motivi politico-militari. Forte di questa prestigiosa investitura, egli riuscì ad ottenere diverse spettacolari vittorie contro i Turchi, inclusa la liberazione di Belgrado nel luglio 1456; sfortunatamente tale impresa fu anche l’ultima della sua turbolenta carriera, perchè una violenta epidemia di peste se lo portò via poche settimane dopo il trionfo danubiano, lasciando il giovanissimo figlio in una posizione piuttosto precaria.
Allevato dall’umanista polacco Gregorio di Sanok, Mattia era infatti reduce dal brevissimo matrimonio fallimentare con la contessa Elisabetta di Celje, terminato con la morte della moglie nei primi mesi del 1455. Vedovo ad appena tredici anni, dunque, il ragazzo si lanciò con successo nella carriera militare, ottenendo il titolo di cavaliere proprio durante la vittoriosa campagna paterna in Serbia; ma la prematura scomparsa del celebre genitore finì per abbandonarlo alla mercé dei suoi rivali politici, che riuscirono a metterlo in cattiva luce presso il re Ladislao. Nel 1457 egli venne così addirittura condannato a morte per alto tradimento, ma la dipartita del sovrano lo salvò dal patibolo, catapuldandolo rocambolescamente verso il trono d’Ungheria. L’influenza dello zio materno Mihaily Szilagyi riuscì infatti a mobilitare la Dieta nazionale in suo favore, proclamandolo re di tutti i Magiari nel gennaio 1458.
Era la prima volta che un semplice voivode otteneva tale titolo, e Mattia dovette subito affrontare la minaccia dell’imperatore Federico III d’Asburgo e di Casimiro IV di Polonia, entrambi pretendenti del trono appena conquistato. Ma il solido legame con Giorgio Podebrady, nuovo sovrano di Boemia, gli consentì di sconfiggere facilmente l’offensiva diplomatico-militare dei rivali, dedicandosi poi alla persistente minaccia turca nei Balcani. Nel 1461 egli ristabilì formalmente l’autorità ungherese sulle terre di Serbia e Bosnia, guadagnandosi la gratitudine eterna di papa Piccolomini e umiliando nuovamente le pretese della casa d’Asburgo sul suo regno. Tre anni più tardi, una seconda campagna militare in Bosnia gli consegnò la Sacra Corona di Santo Stefano, riconoscendolo definitivamente come unico monarca legittimo d’Ungheria.
Gli anni successivi - relativamente tranquilli sotto il profilo internazionale - furono spesi nella riorganizzazione economica ed amministrativa del paese, con la promozione di un sistema giudiziario più equo nei confronti dei contadini. Da sempre innamorato della cultura classica, Mattia si dedicò inoltre alla diffusione delle arti e delle lettere nelle regioni più remote del regno ungherese, costituendo una rinomata università a Presburgo (oggi Bratislava) ed invitando numerosi umanisti italiani alla propria corte. Tra questi, i più importanti furono certamente Antonio Bonfini e Galeotto Marzio, che scrissero diverse opere storiche sull’Europa orientale del tempo. Celebre fu poi l’amicizia del sovrano con il poeta Janus Pannonius, allievo di Guarino da Verona a Ferrara, che lo sostenne nei momenti difficili dopo la morte della seconda moglie, Elisabetta Podebrady, avvenuta nel marzo 1464.
Ma questo periodo di pace e ristoro spirituale risultò assai breve, e Mattia si ritrovò ben presto al centro di numerosi intrighi europei, promossi dai suoi vecchi nemici di Germania e Polonia.
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