La rappresentazione della Madonna, la dicotomia del femmineo- sacro e profano.
Puttana ha nella nostra lingua un significato gravemente offensivo. ma che significa davvero?
Puttana ha nella nostra lingua un significato gravemente offensivo. ma che significa davvero?
la parola deriva dal latino puteus che significa pozzo, buca. il termine puteus si accosta al principio di ricezione e contenimento, ossia alla simbolizzazione della vagina, dell’utero, del grembo. e i puticuli, intesi come grembi ipogei, indicavano in origine una cavità naturale o un buco scavato apposta per seppellire i morti. il ritorno alla madre.
nel testo sacro del zoroastrismo, l’avesta, la parola putika indica invece un lago mistico di acqua rigenerante. una sorta di cocoon, insomma. una piscina miracolosa dove l’acqua (elemento associato al femmineo) è in grado di guarire dalla più terribile delle malattie: l’invecchiamento.
in molti dialetti italiani, putein puto puta putìn indicano il fanciullo o la fanciulla, ossia uno stato giovane puro beato dell’essere umano. analogamente lo spagnolo puta e il francese pute alludevano a ciò che è puro o santo. viceversa la parola ebraica kaddosh, che vuol dire sacro, è associata alla kaddeshà che indica la figura un tempo definita come “prostituta sacra”. sono stati il tempo e una buona dose di misoginia a conferire alla radice sanscrita puta tutt’altro senso.
dunque, puta ha etimologicamente insito il principio di sacralità. ma la sessuofobia e la misoginia dei patriarchi hanno efficacemente associato alla sessualità, e in particolare al corpo della donna, l’idea di peccato, creando uno dei paradossi più scomodi della storia del cattolicesimo: il paradosso puttana/madonna.
nel testo sacro del zoroastrismo, l’avesta, la parola putika indica invece un lago mistico di acqua rigenerante. una sorta di cocoon, insomma. una piscina miracolosa dove l’acqua (elemento associato al femmineo) è in grado di guarire dalla più terribile delle malattie: l’invecchiamento.
in molti dialetti italiani, putein puto puta putìn indicano il fanciullo o la fanciulla, ossia uno stato giovane puro beato dell’essere umano. analogamente lo spagnolo puta e il francese pute alludevano a ciò che è puro o santo. viceversa la parola ebraica kaddosh, che vuol dire sacro, è associata alla kaddeshà che indica la figura un tempo definita come “prostituta sacra”. sono stati il tempo e una buona dose di misoginia a conferire alla radice sanscrita puta tutt’altro senso.
dunque, puta ha etimologicamente insito il principio di sacralità. ma la sessuofobia e la misoginia dei patriarchi hanno efficacemente associato alla sessualità, e in particolare al corpo della donna, l’idea di peccato, creando uno dei paradossi più scomodi della storia del cattolicesimo: il paradosso puttana/madonna.
anticamente il sesso era una forma liturgica, un atto mistico che permetteva all’essere umano di trascendere i propri sensi comuni per entrare nella dimensione spirituale. sexus in latino vuol dire scisso. la solenne festa misterica delle nozze sacre riuniva pertanto le due polarità scisse (maschile e femminile) in una sola carne. era un rituale di passaggio, del mondo e delle sue creature, e di trasformazione interiore. e la ierodula, la sacerdotessa-amante, era chiamata prostituta sacra, assumendo l’epiteto della dea al cui servizio era addetta: ishtar.
il corpo della donna era, impensabile per il nostro mondo occidentale contemporaneo, la via per entrare in “rapporto” con il divino. per i pagani, le donne erano naturalmente in contatto con il divino, mentre gli uomini da soli non potevano raggiungere l’obiettivo. di questo percorso mistico resta un residuo ribaltato nelle scuole di buddismo definito piccolo veicolo (hinayana, diffuso in sud-est asiatico), secondo il quale per raggiungere l’illuminazione le donne devono prima reincarnarsi nel corpo di un uomo; e anche nella nostra cultura patriarcale con la figura della “prostituta madre”, la donna grande amata dagli uomini e tollerata dalle donne che inizia i giovani maschi all’estasi sessuale.
ma qualcosa sotto sopravvive. un proverbio sufi, la religione pre-islam di cui maometto è un esponente in quanto sacerdote di fatma (una delle manifestazioni della grande madre trina, ridotta a sorella di maometto durante l’islamizzazione), recita: “la cura è nella vagina della donna”. mentre la prodigiosa capacità della sua saliva, che appartiene alla tradizione medicinale matriarcale (una tavoletta d’argilla proveniente dall’antica ninive attesta che le malattie oftalmiche erano curate con latte misto allo sputo delle prostitute sacre) sopravvive nel vangelo di marco. d’altronde, è il gesto più antico del mondo da parte delle madri leccare le ferite dei bambini per lenirne il dolore ed evitare infezioni..
le prostitute sacre erano dette anche vergini sacre (parthénoi ièrai). tra le incombenze a loro affidate, oltre all’offerta della “divina grazia celeste” (maria madre, gratia plena), c’erano la guarigione dalle malattie attraverso lo sputo medicinale e le secrezioni della vagina (medea da mèdomai: io guarisco), la profezia (cassandra), la danza sacra (arianna e la danza delle gru), le lamentazioni funebri (le prefiche).
la loro verginità però non è legata all’imene, ma allo stato di donna nubile (libera dal matrimonio). pertanto le ierodule erano vergini, perché non vincolate a legame matrimoniale, e sante perché esercitavano la funzione sacerdotale come incarnazione terrena della dea madre. ai figli generati dalle sacerdotesse sacre si conferiva un epiteto che dovrebbe ricordarci qualcosa: “nato da vergine”.
e a proposito di sorgenti nascoste nella nostra cultura pesantemente fallocratica, sperare nella provvidenza (ossia nella divina assistenza) significa in realtà affidarsi alla magia divinatoria e profetica del femminile. il verbo latino provideo vuol dire prevedere, vaticinare. per cui la divina provvidenza è incarnazione delle capacità mantiche del femmineo; le antiche matriarche infatti erano in grado di gestire i beni agricoli necessari alla comunità perché sapevano prevedere il movimento degli astri e i cambi di stagione. dio vede e provvede, ma sua madre lo faceva da molto prima.
il corpo della donna era, impensabile per il nostro mondo occidentale contemporaneo, la via per entrare in “rapporto” con il divino. per i pagani, le donne erano naturalmente in contatto con il divino, mentre gli uomini da soli non potevano raggiungere l’obiettivo. di questo percorso mistico resta un residuo ribaltato nelle scuole di buddismo definito piccolo veicolo (hinayana, diffuso in sud-est asiatico), secondo il quale per raggiungere l’illuminazione le donne devono prima reincarnarsi nel corpo di un uomo; e anche nella nostra cultura patriarcale con la figura della “prostituta madre”, la donna grande amata dagli uomini e tollerata dalle donne che inizia i giovani maschi all’estasi sessuale.
ma qualcosa sotto sopravvive. un proverbio sufi, la religione pre-islam di cui maometto è un esponente in quanto sacerdote di fatma (una delle manifestazioni della grande madre trina, ridotta a sorella di maometto durante l’islamizzazione), recita: “la cura è nella vagina della donna”. mentre la prodigiosa capacità della sua saliva, che appartiene alla tradizione medicinale matriarcale (una tavoletta d’argilla proveniente dall’antica ninive attesta che le malattie oftalmiche erano curate con latte misto allo sputo delle prostitute sacre) sopravvive nel vangelo di marco. d’altronde, è il gesto più antico del mondo da parte delle madri leccare le ferite dei bambini per lenirne il dolore ed evitare infezioni..
le prostitute sacre erano dette anche vergini sacre (parthénoi ièrai). tra le incombenze a loro affidate, oltre all’offerta della “divina grazia celeste” (maria madre, gratia plena), c’erano la guarigione dalle malattie attraverso lo sputo medicinale e le secrezioni della vagina (medea da mèdomai: io guarisco), la profezia (cassandra), la danza sacra (arianna e la danza delle gru), le lamentazioni funebri (le prefiche).
la loro verginità però non è legata all’imene, ma allo stato di donna nubile (libera dal matrimonio). pertanto le ierodule erano vergini, perché non vincolate a legame matrimoniale, e sante perché esercitavano la funzione sacerdotale come incarnazione terrena della dea madre. ai figli generati dalle sacerdotesse sacre si conferiva un epiteto che dovrebbe ricordarci qualcosa: “nato da vergine”.
e a proposito di sorgenti nascoste nella nostra cultura pesantemente fallocratica, sperare nella provvidenza (ossia nella divina assistenza) significa in realtà affidarsi alla magia divinatoria e profetica del femminile. il verbo latino provideo vuol dire prevedere, vaticinare. per cui la divina provvidenza è incarnazione delle capacità mantiche del femmineo; le antiche matriarche infatti erano in grado di gestire i beni agricoli necessari alla comunità perché sapevano prevedere il movimento degli astri e i cambi di stagione. dio vede e provvede, ma sua madre lo faceva da molto prima.
chi è invece la madonna? che significa madonna? “semplicemente” la mia signora.
madonna è un titolo onorifico che si usa rivolgendosi a una donna o parlando di essa. in alcuni luoghi dell’abruzzo è il titolo che le nuore rivolgono per rispetto alle suocere entrando nella casa della matriarca. ossia la madre dello sposo.
la sua rappresentazione non origina con il cristianesimo, ma è di molto antecedente. poco studiata dagli autori dei vangeli cristiani, che la proiettano nel corpo della giovane vergine miriam (maria), la donna più famosa di tutta la storia del mondo è generata dal buio. dai vangeli nulla trapela, pare una donna senza passato. nonostante il mistero che la circonda da sempre, la madonna è in ogni angolo del pianeta e la devozione nei suoi confronti è sconfinata. essa è infatti madre di dio e regina del cielo.
le sue manifestazioni sono innumerevoli, come le sue forme. sono essenzialmente la stessa dea e incarnano l’aspetto della madre divina. i cristiani hanno distrutto i suoi templi e ucciso i suoi devoti, ma essa sopravvive dentro di loro con il nome di maria. chiunque abbia dimestichezza con la cultura pagana è in grado di cogliere le similitudini tra la vergine maria e la dea madre: la mater(ia), dunque il cosmo.
il catechismo cattolico afferma che dio stesso sia stato creato da maria.
madonna è un titolo onorifico che si usa rivolgendosi a una donna o parlando di essa. in alcuni luoghi dell’abruzzo è il titolo che le nuore rivolgono per rispetto alle suocere entrando nella casa della matriarca. ossia la madre dello sposo.
la sua rappresentazione non origina con il cristianesimo, ma è di molto antecedente. poco studiata dagli autori dei vangeli cristiani, che la proiettano nel corpo della giovane vergine miriam (maria), la donna più famosa di tutta la storia del mondo è generata dal buio. dai vangeli nulla trapela, pare una donna senza passato. nonostante il mistero che la circonda da sempre, la madonna è in ogni angolo del pianeta e la devozione nei suoi confronti è sconfinata. essa è infatti madre di dio e regina del cielo.
le sue manifestazioni sono innumerevoli, come le sue forme. sono essenzialmente la stessa dea e incarnano l’aspetto della madre divina. i cristiani hanno distrutto i suoi templi e ucciso i suoi devoti, ma essa sopravvive dentro di loro con il nome di maria. chiunque abbia dimestichezza con la cultura pagana è in grado di cogliere le similitudini tra la vergine maria e la dea madre: la mater(ia), dunque il cosmo.
il catechismo cattolico afferma che dio stesso sia stato creato da maria.
alcuni oggetti di culto che la rappresentano sono sopravvissuti attraverso i secoli persino nelle religioni monoteiste ferocemente patriarcali, quali l’islam e il cristianesimo giudaico-romano.
• il rosario rappresenta la ciclicità del corpo del mondo e della donna e, al contempo, è strumento estatico attraverso la respirazione circolare e la ripetizione mantrica dei nomi divini.
• ha il manto blu trapunto di stelle sul capo e il mondo in mano, giacché essa è regina del cielo e della terra.
• in alcune sue manifestazioni è nera e il colore nero non sta a simboleggiare solo la tenebra, ma anche la terra scura e fangosa della fertilità. per l’iniziato, la madonna nera è madre terra.
• in altre, e la presenza è molto forte in abruzzo, è rappresentata con collane di corallo rosso, il cui colore rammenta il ciclo mestruale.
• in epoche antecedenti il cristianesimo, la vergine celeste (la dea madre natura) è raffigurata con il neonato dio sole tra le braccia. è il bambin gesù, che nasce con il solstizio d’inverno e muore con l’equinozio di primavera.
• il giallo dorato del nimbus ovale, la particolare ellissi che molto spesso circonda alcune rappresentazioni mariane, si dipana in raggi solari che emanano in ogni direzione.
• ha la corona di stelle, dodici come i mesi, come i simboli dello zodiaco che punteggiano l’anno solare, come le tribù di israele discendenti dai figli di giacobbe.
• l’aureola sulla testa è il cerchio, il simbolo della presenza del divino. si tratta di un simbolo dalla storia antichissimo, tramandato nel mondo cattolico con il nome di halo. l’aureola è regina del simbolismo magico degli antichi egizi e può essere considerata l’equivalente di un piccolo sole da cui scaturisce la luce.
• la falce di luna è il simbolo cornuto della potenza generatrice, come la labrys di arianna.
• la colomba è simbolo zoomorfo di afrodite. nelle culture pagane infatti la colomba è animale sacro alla dea dell’amore.
• la veste azzurra è il mare (regina delle acque) e il mare rappresenta la fonte di tutta la creazione. afrodite nasce dall’acqua e ἀφρός significa schiuma del mare. il nome miriam, secondo alcune fonti, significa goccia di mare. e probabilmente, dal latino mare-maris, è proprio questo il significato del nome maria.
• il rosario rappresenta la ciclicità del corpo del mondo e della donna e, al contempo, è strumento estatico attraverso la respirazione circolare e la ripetizione mantrica dei nomi divini.
• ha il manto blu trapunto di stelle sul capo e il mondo in mano, giacché essa è regina del cielo e della terra.
• in alcune sue manifestazioni è nera e il colore nero non sta a simboleggiare solo la tenebra, ma anche la terra scura e fangosa della fertilità. per l’iniziato, la madonna nera è madre terra.
• in altre, e la presenza è molto forte in abruzzo, è rappresentata con collane di corallo rosso, il cui colore rammenta il ciclo mestruale.
• in epoche antecedenti il cristianesimo, la vergine celeste (la dea madre natura) è raffigurata con il neonato dio sole tra le braccia. è il bambin gesù, che nasce con il solstizio d’inverno e muore con l’equinozio di primavera.
• il giallo dorato del nimbus ovale, la particolare ellissi che molto spesso circonda alcune rappresentazioni mariane, si dipana in raggi solari che emanano in ogni direzione.
• ha la corona di stelle, dodici come i mesi, come i simboli dello zodiaco che punteggiano l’anno solare, come le tribù di israele discendenti dai figli di giacobbe.
• l’aureola sulla testa è il cerchio, il simbolo della presenza del divino. si tratta di un simbolo dalla storia antichissimo, tramandato nel mondo cattolico con il nome di halo. l’aureola è regina del simbolismo magico degli antichi egizi e può essere considerata l’equivalente di un piccolo sole da cui scaturisce la luce.
• la falce di luna è il simbolo cornuto della potenza generatrice, come la labrys di arianna.
• la colomba è simbolo zoomorfo di afrodite. nelle culture pagane infatti la colomba è animale sacro alla dea dell’amore.
• la veste azzurra è il mare (regina delle acque) e il mare rappresenta la fonte di tutta la creazione. afrodite nasce dall’acqua e ἀφρός significa schiuma del mare. il nome miriam, secondo alcune fonti, significa goccia di mare. e probabilmente, dal latino mare-maris, è proprio questo il significato del nome maria.
nb. una delle fonti fondamentali di questo post è il libro “il femminile magico e la nascita prodigiosa” del ricercatore abruzzese marco rosario olivieri.
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