Fino al V secolo la chiesa di Siria, Cappadocia e Palestina non inserirono il libro di Rivelazione nel Canone Cristiano, il che significa che, almeno nelle Chiese di Oriente non tutti erano d’accordo sulla attribuzione del libro a Giovanni di Zebedeo.
Quando
l’Agnello sciolse il Primo
La prima
opinione discorde risulta quella di Gaio, presbitero e scrittore romano,
vissuto fra il II eil III secolo. Egli scrisse un’opera contro il montanista
Proclo e considerò non giovannei il Quarto Vangelo e l’Apocalisse,
attribuendoli all’eretico Cerinto. Scrive Eusebio: «Sappiamo che in questo
tempo sorse l’autore di una nuova eresia, Cerinto. Gaio, da noi sopra già
citato, così scrive di lui nella sua Ricerca: “Cerinto, per mezzo
di rivelazioni (apokalypseon) come scritte da un grande apostolo,
mentendo ci racconta cose strabilianti come se gli fossero state manifestate da
angeli. Sostiene che dopo la risurrezione ci sarà il regno terrestre di Cristo
e che gli uomini, redivivi nei loro corpi, soggiorneranno a Gerusalemme,
schiavi delle passioni e delle voluttà. E in aperta opposizione con le divine
Scritture, con la volontà di ingannare, aggiunge che ci sarà un millennio di
feste nuziali”» (St.Eccl., III, 28,1-2).
Secondo Eusebio, che non riporta la notizia dell’opposizione al Quarto Vangelo, Gaio fu ortodosso; secondo Dionigi invece fu un eretico. Dionigi, infatti, conserva anche alcuni brani di uno scritto di Ippolito (Capitoli contro Gaio), in cui si chiarisce che le obiezioni di Gaio all’Apocalisse riguardavano presunte contraddizioni di questa rispetto agli scritti paolini. A Gaio, inoltre, vengono abitualmente accostati quelli che Epifanio (Panarion 51) chiama gli Alogi, ovvero gli irragionevoli avversari del Logos, che si opponevano alle opere giovannee in toto e le attribuivano anch’essi a Cerinto.
Sulla stessa linea si colloca Dionigi, vescovo di Alessandria (248-265)che però non attribuì Rivelazione a Cerinto. Secondo notizie riportate da Eusebio, egli compose l’opera Sulle Promesse, per confutare l’insegnamento di Nepote vescovo di Arsinoe che aveva provocato uno scisma in Egitto: la questione riguardava l’interpretazione letterale del millennio e l’Apocalisse ne era il fondamento biblico. Dionigi, dunque, affrontò lo studio dell’Apocalisse in chiave polemica ed Eusebio dedica un intero capitolo per presentare la sua opinione al riguardo: «Più avanti, così parla dell’Apocalisse di Giovanni: “Alcuni di coloro che ci precedettero rigettarono e ripudiarono senz’altro questo libro; lo confutarono capitolo per capitolo, lo dichiararono inintelligibile e sconnesso e con un titolo menzognero. Dicono che non ne è Giovanni l’autore, che non si tratta di una rivelazione, perché questa è celata sotto un velo di ignoranza spesso e oscuro; che non deriva da alcuno degli apostoli né da un santo, né da un membro della Chiesa, ma da Cerinto, il quale ha originato un’eresia che da lui si denomina; ha voluto quindi attribuire la sua invenzione a un nome che le desse credito”» (St.Eccl., VII, 25,1-2).
Forse fa riferimento a Gaio e ai suoi seguaci; in ogni caso li ritiene esagerati e egli invece preferisce seguire una via più moderata. Non rifiuta il valore ispirato del libro e la sua canonicità; ma lo analizza con attenzione, applicando l’acuta critica letteraria della scuola alessandrina. Prosegue infatti: «Io non oso rigettare questo libro, tanto più che molti fratelli ne sono entusiasti. Ben trovo che il pensiero in esso contenuto trascende la forza della mia intelligenza. Ma ciò mi fa congetturare che in ciascuna sua parte sia latente un senso arcano e ammirabile. Del resto, se non comprendo, suppongo che nelle parole ci sia un significato molto profondo» (St.Eccl., VII, 25,4-5).Egli rimarcava lo stile differente dal Vangelo e la mancanza, diciamo cosi,”innaturale” dell’affermazione di Giovanni dell’Apocalisse di essere un apostolo. Dionigi, che aveva studiato sotto Origene, negava anche l’insegnamento letterale del Millennio. L’insegnamento del Millennio era basato sulla interpretazione letterale di Rivelazione (Ap 20:1-7). La scuola Alessandrina, affermando il simbolismo scritturale e l’interpretazione allegorica ,rigettando l’interpretazione letterale del Millennio di Rivelazione., mettendo in forse la paternità di Giovanni l’Apostolo ,rinforzava le sue idee antimillennio .
Secondo Eusebio, che non riporta la notizia dell’opposizione al Quarto Vangelo, Gaio fu ortodosso; secondo Dionigi invece fu un eretico. Dionigi, infatti, conserva anche alcuni brani di uno scritto di Ippolito (Capitoli contro Gaio), in cui si chiarisce che le obiezioni di Gaio all’Apocalisse riguardavano presunte contraddizioni di questa rispetto agli scritti paolini. A Gaio, inoltre, vengono abitualmente accostati quelli che Epifanio (Panarion 51) chiama gli Alogi, ovvero gli irragionevoli avversari del Logos, che si opponevano alle opere giovannee in toto e le attribuivano anch’essi a Cerinto.
Sulla stessa linea si colloca Dionigi, vescovo di Alessandria (248-265)che però non attribuì Rivelazione a Cerinto. Secondo notizie riportate da Eusebio, egli compose l’opera Sulle Promesse, per confutare l’insegnamento di Nepote vescovo di Arsinoe che aveva provocato uno scisma in Egitto: la questione riguardava l’interpretazione letterale del millennio e l’Apocalisse ne era il fondamento biblico. Dionigi, dunque, affrontò lo studio dell’Apocalisse in chiave polemica ed Eusebio dedica un intero capitolo per presentare la sua opinione al riguardo: «Più avanti, così parla dell’Apocalisse di Giovanni: “Alcuni di coloro che ci precedettero rigettarono e ripudiarono senz’altro questo libro; lo confutarono capitolo per capitolo, lo dichiararono inintelligibile e sconnesso e con un titolo menzognero. Dicono che non ne è Giovanni l’autore, che non si tratta di una rivelazione, perché questa è celata sotto un velo di ignoranza spesso e oscuro; che non deriva da alcuno degli apostoli né da un santo, né da un membro della Chiesa, ma da Cerinto, il quale ha originato un’eresia che da lui si denomina; ha voluto quindi attribuire la sua invenzione a un nome che le desse credito”» (St.Eccl., VII, 25,1-2).
Forse fa riferimento a Gaio e ai suoi seguaci; in ogni caso li ritiene esagerati e egli invece preferisce seguire una via più moderata. Non rifiuta il valore ispirato del libro e la sua canonicità; ma lo analizza con attenzione, applicando l’acuta critica letteraria della scuola alessandrina. Prosegue infatti: «Io non oso rigettare questo libro, tanto più che molti fratelli ne sono entusiasti. Ben trovo che il pensiero in esso contenuto trascende la forza della mia intelligenza. Ma ciò mi fa congetturare che in ciascuna sua parte sia latente un senso arcano e ammirabile. Del resto, se non comprendo, suppongo che nelle parole ci sia un significato molto profondo» (St.Eccl., VII, 25,4-5).Egli rimarcava lo stile differente dal Vangelo e la mancanza, diciamo cosi,”innaturale” dell’affermazione di Giovanni dell’Apocalisse di essere un apostolo. Dionigi, che aveva studiato sotto Origene, negava anche l’insegnamento letterale del Millennio. L’insegnamento del Millennio era basato sulla interpretazione letterale di Rivelazione (Ap 20:1-7). La scuola Alessandrina, affermando il simbolismo scritturale e l’interpretazione allegorica ,rigettando l’interpretazione letterale del Millennio di Rivelazione., mettendo in forse la paternità di Giovanni l’Apostolo ,rinforzava le sue idee antimillennio .
È
chiaro,allora, l’atteggiamento, finemente critico, di chi si oppone a una
lettura superficiale e letterale; Dionigi pensava anche ai fondamentalisti del
suo tempo che tanti problemi causavano alla sua Chiesa, e voleva invitarli a
uno studio serio e approfondito, per poter cogliere il senso profondo e
simbolico dell’Apocalisse.
Nella citazione frammentaria del libro Sulle Promesse l’attenzione di Eusebio si concentra poi sulla questione dell’autore dell’Apocalisse e riporta diffusamente l’analisi critica di Dionigi, il quale non nega che l’autore si chiami Giovanni( e come poteva negarlo?) tuttavia trova difficile identificarlo con l’apostolo, autore del Quarto Vangelo e dell’epistola cattolica.la prima Egli afferma espressamente di pensare che non si tratti di uno stesso autore dal carattere dei tre scritti, dalla forma della dizione e dal piano di organizzazione dell’opera.Dice infatti:
Nella citazione frammentaria del libro Sulle Promesse l’attenzione di Eusebio si concentra poi sulla questione dell’autore dell’Apocalisse e riporta diffusamente l’analisi critica di Dionigi, il quale non nega che l’autore si chiami Giovanni( e come poteva negarlo?) tuttavia trova difficile identificarlo con l’apostolo, autore del Quarto Vangelo e dell’epistola cattolica.la prima Egli afferma espressamente di pensare che non si tratti di uno stesso autore dal carattere dei tre scritti, dalla forma della dizione e dal piano di organizzazione dell’opera.Dice infatti:
“Per
riassumere, chiunque esamini le loro caratteristiche generali vedrà
inevitabilmente che Vangelo e Epistola hanno un solo e lo stesso colore. Ma non
c’è somiglianza o similitudine alcuna tra di loro e l’Apocalisse; non c’è alcun
collegamento, nessuna relazione con essi; difficilmente ha una sillaba in
comune con loro. Né troveremo alcuna menzione o nozione dell’Apocalisse
nell’Epistola (tanto meno nel Vangelo), o dell’Epistola nell’Apocalisse.”
Nessuna
notizia storica e nessun dato tradizionale viene citato da Dionigi per
accreditare la propria opinione: si tratta, dunque, di un semplice ragionamento
ipotetico da studioso, basato su criteri letterari di somiglianza e differenza.
Anche la notizia sui due Giovanni sepolti a Efeso è riferita per sentito dire;
per inciso gli scavi archeologici finora hanno restituito un’unica tomba.
Dionigi non parla di Giovanni il Presbitero; ipotizza semplicemente un altro
Giovanni, persona diversa dal Giovanni Apostolo.e.evangelista.
Lo storico Eusebio (265-340) è testimone di qualche incertezza esistente nell’ambiente ecclesiastico,nell’accoglienza dell’Apocalisse come canonica. Quando presenta l’elenco dei libri canonici neotestamentari, fra quelli universalmente riconosciuti (homologoúmena) inserisce l’interessante nota: «Credendolo opportuno si può aggiungere anche l’Apocalisse di Giovanni, su cui si sono pronunciati giudizi diversi»; ma fa lo stesso anche per l’elenco dei libri contestati (nótha):«...e, se si vuole, anche l’Apocalisse di Giovanni, della quale sopra si è osservato che, mentre alcuni la rigettano, altri l’aggiudicano tra gli scritti di riconosciuta canonicità» (Soria Ecclesiastica, III, 25,2.4). Eusebio non sembra però né convinto.né favorevole a questo libro dice infatti . “Alcuni dei nostri predecessori hanno rigettato il libro e lo fecero a pezzi completamente, criticandolo capitolo per capitolo, dichiarandolo inintelligibile e illogico, e il titolo falso. Essi dicono che non è di Giovanni e non è affatto una rivelazione, poiché è pesantemente velato dalla sua spessa cortina di incomprensibilità: così lontano dall’essere uno degli apostoli, l’autore del libro non era neppure uno dei santi, o un membro della Chiesa, ma Cerinto, il fondatore della setta chiamata Cerinzia dal suo nome…
Lo storico Eusebio (265-340) è testimone di qualche incertezza esistente nell’ambiente ecclesiastico,nell’accoglienza dell’Apocalisse come canonica. Quando presenta l’elenco dei libri canonici neotestamentari, fra quelli universalmente riconosciuti (homologoúmena) inserisce l’interessante nota: «Credendolo opportuno si può aggiungere anche l’Apocalisse di Giovanni, su cui si sono pronunciati giudizi diversi»; ma fa lo stesso anche per l’elenco dei libri contestati (nótha):«...e, se si vuole, anche l’Apocalisse di Giovanni, della quale sopra si è osservato che, mentre alcuni la rigettano, altri l’aggiudicano tra gli scritti di riconosciuta canonicità» (Soria Ecclesiastica, III, 25,2.4). Eusebio non sembra però né convinto.né favorevole a questo libro dice infatti . “Alcuni dei nostri predecessori hanno rigettato il libro e lo fecero a pezzi completamente, criticandolo capitolo per capitolo, dichiarandolo inintelligibile e illogico, e il titolo falso. Essi dicono che non è di Giovanni e non è affatto una rivelazione, poiché è pesantemente velato dalla sua spessa cortina di incomprensibilità: così lontano dall’essere uno degli apostoli, l’autore del libro non era neppure uno dei santi, o un membro della Chiesa, ma Cerinto, il fondatore della setta chiamata Cerinzia dal suo nome…
La lettura
dell’opera di Dionigi d’Alessandria deve,inoltre, avergli offerto lo spunto per
togliere valore e credibilità all’Apocalisse. Egli poi trova conferma
all’ipotesi di Dionigi, negli antichi scritti di Papia di Gerapoli,un uomo
antico.come lo chiamava Ireneo, che intorno al 100, scriveva un’opera in cinque
libri,oggi perduta, dal titoloSpiegazioni degli Oracoli del Signore.
In alcune sue ambigue espressioni Eusebio è convinto, infatti, di poter
identificare la figura di un Giovanni il Presbitero: «Così ha conferma quanto
sostengono alcuni, che nell’Asia ci furono due personaggi omonimi; esistono
tuttora a Efeso due tombe col nome di Giovanni. È necessario por mente a questo
particolare, perché, qualora si voglia escludere il primo (Giovanni l’apostolo),
è verosimile che fu il secondo (Giovanni il presbitero) ad avere le visioni
dell’Apocalisse, attribuite come ispirate, appunto.a Giovanni»(St.Eccl.III,39,6).
L’affermazione è dovuta solamente a Papia,che però era stato compagno di Policarpo che,.a sua volta, era stato discepolo di Giovanni l’Apostolo, ma è presentata come una comoda ipotesi. Se nell’antichità non ebbe fortuna, fu invece accolta favorevolmente da molti critici moderni che danno fiducia alla tradizione antica solo quando fa a loro comodo. Solo pregiudizi dottrinali e questioni letterarie avevano portato,allora, alcuni studiosi antichi a dubitare della paternità apostolica dell’Apocalisse; essi erano circoscritti alla scuola di Antiochia e alla Chiesa di Siria; tutte le altre comunità cristiane, secondo la generale testimonianza dei Padri, greci e latini, attribuivano più o meno pacificamente, l’Apocalisse all’apostolo Giovanni, autore del Quarto Vangelo.Però questo dibattito sull’Apocalisse è un tema piuttosto ricorrente negli scritti Cristiani dopo il III secolo, nei quali un certo numero di padri e dottori ad un certo punto o in un altro esprimono i loro dubbi riguardo all’autenticità non solo dell’Apocalisse ma virtualmente anche di altri testi nel canone
L’affermazione è dovuta solamente a Papia,che però era stato compagno di Policarpo che,.a sua volta, era stato discepolo di Giovanni l’Apostolo, ma è presentata come una comoda ipotesi. Se nell’antichità non ebbe fortuna, fu invece accolta favorevolmente da molti critici moderni che danno fiducia alla tradizione antica solo quando fa a loro comodo. Solo pregiudizi dottrinali e questioni letterarie avevano portato,allora, alcuni studiosi antichi a dubitare della paternità apostolica dell’Apocalisse; essi erano circoscritti alla scuola di Antiochia e alla Chiesa di Siria; tutte le altre comunità cristiane, secondo la generale testimonianza dei Padri, greci e latini, attribuivano più o meno pacificamente, l’Apocalisse all’apostolo Giovanni, autore del Quarto Vangelo.Però questo dibattito sull’Apocalisse è un tema piuttosto ricorrente negli scritti Cristiani dopo il III secolo, nei quali un certo numero di padri e dottori ad un certo punto o in un altro esprimono i loro dubbi riguardo all’autenticità non solo dell’Apocalisse ma virtualmente anche di altri testi nel canone
S. Cirillo di Gerusalemme non nomina l’Apocalisse fra i libri
canonici Catechesi IV.33-36 il libro non e
nemmeno è menzionato nella lista del Sinodo di Laodicea, o in quella di
Gregorio Nuzianzo. Ma forse il più forte argomento contro la sua paternità
Apostolica è dato dalla sua esclusione dalla traduzione Siriana Peshito,..
Il libro
dell’Apocalisse fu allora rifiutato da un certo numero di chiese,
particolarmente quelle orientali, perché esse dicevano che era un manoscritto
spurio compilato da testi molto più antichi. Ma in Occidente la chiesa continuò
nella sua tradizione della paternità Apostolica, solamente Girolamo, fu forse
influenzato dai dubbi delle chiese Orientali.per quanto in De Viris Illustribus
Cap IX attribuisca a Giovanni Evangelista il libro di Rivelazione.
3 Conclusioni
sull’Autore
Vidi sette
candelabri d’oro
Cosa si può
concludere allo stato attuale dei fatti sulla paternità del libro di
Rivelazione?
In effetti è
difficile arrivare ad una conclusione certa su questo argomento per quanto
l’evidenza punti nella direzione di Giovanni l’Apostolo . Il problema maggiore
per questa ipotesi sono le profonde differenze stilistiche fra il Quarto
Vangelo e le lettere di Giovanni rispetto al testo di Apocalisse .
Ma se non si
attribuisce Rivelazione all’Apostolo, chi potrebbe esserne l’autore.
Non prendendo
in considerazione un ipotetico Giovanni di Patmos di cui nessuno ha mai sentito
parlare e che esiste solamente nella fantasia di qualche moderno, il
personaggio di cui abbiamo qualche traccia e che potrebbe avere una minima
probabilità di realtà è quello suggerito da Eusebio attraverso Papia, cioè il
così chiamato Giovanni il presbitero
Come una
possible alternative alla paternità di Giovanni l’Apostolo. Eusebio suggerisce
che un altro uomo chiamato Giovanni ,anche lui residente in Efeso forse scrisse
il libro di Rivelazione e perché aveva lo stesso nome e visse allo stesso tempo
dell’Apostolo Giovanni , a quest’ultimo fu erroneamente accreditata la
composizione del libro dell’Apocalisse . Eusebio appoggia la sua ipotesi
su due evidenze .
. Papia aveva
rammentato due Giovanni uno dei quali era elencato con gli Apostoli , mentre
l’altro era chiamato Giovanni il Presbitero ed era elencato fra i discepoli del
Signore Ai giorni di Eusebio vi erano due tombe in Efeso ambedue identificate
come di Giovanni Nel pensiero di Eusebio questo portava alla conclusione che vi
furono due uomini in Efeso con il nome Giovanni: l’Apostolo e il Presbitero
(vedi anche Dionigi che conosceva la tradizione delle due tombe di Giovanni e
pensava che vi fossero stati due uomini con lo stesso nome [S.E.7.25.15-16]).Eusebio
aveva concluso , "Questo richiama l’attenzione che sia probabile che il
secondo ( a meno che non si preferisca il primo) vedesse la
Rivelazione che passa sotto il nome
di Giovanni " (S.E.3.39.6).
Riportiamo per
maggior chiarezza l’intero scritto di Eusebio
4. Che se in
qualche luogo m’imbattevo in qualcuno che avesse convissuto con i presbiteri,
io cercavo di conoscere i discorsi dei presbiteri: che cosa disse Andrea o che
cosa Pietro o che cosa Filippo o che cosa Tommaso o Giacomo o che cosa Giovanni
o Matteo o alcun altro dei discepoli del Signore; e ciò che dicono Aristione ed
il presbitero Giovanni , discepoli del Signore.
Poiché io ero
persuaso che ciò che potevo ricavare dai libri non mi avrebbe giovato tanto,
quanto quello che udivo dalla viva voce ancora superstite .
5. E qui
conviene osservare che Papia pone due volte il nome di Giovanni: il primo
[Giovanni] lo annovera con Pietro, Giacomo e Matteo e gli altri Apostoli, ed è
evidente che vuole indicare l’Evangelista. Egli poi distingue nella sua
esposizione, e colloca il secondo Giovanni tra gli altri che sono fuori del
numero degli Apostoli , anteponendo a lui Aristione;
6. e lo chiama
espressamente presbitero. Resterebbe quindi confermata l’asserzione di coloro
che sostengono che in Asia ci furono due personaggi che portavano questo stesso
nome e che in Efeso vi sono due tombe chiamate ambedue ancora oggi di Giovanni.
Bisogna fare attenzione a costoro: perché se si esclude il primo, è verosimile
che il secondo abbia avuto la rivelazione (Apocalisse), che ci fu tramandata
sotto il nome di Giovanni
L’ipotesi di
Eusebio appare allora possibile ma non molto probabile senza una ulteriore
evidenza .L’ipotesi di Giovanni l’Apostolo resta quindi la più probabile.
4 La
Data di Composizione
Una Bestia che
aveva dieci corna
4.1. Evidenza
interna
Non vi è una
esplicita,diretta od indiretta, evidenza interna che possa aiutare la datazione
del libro di Rivelazione. L’uso del testo come evidenza interna è reso ancor
più problematico in quanto i vari passaggi possono contare come evidenza in un
senso o nell’altro a seconda di come vengano interpretati.
Al tempo della
composizione del libro dell’Apocalisse , le chiese di Asia erano sottoposte ad
una persecuzione,Se si riesce a determinare storicamente questa persecuzione,
sarebbe allora facile potere avere un punto fisso per la datazione del libro o
perlomeno della scrittura delle lettere alle sette chiese Ap 1:9,2:13,3:10..
Se si adotta
un approccio preteristico all’interpretazione del libro di Rivelazione, certi
passaggi possono essere presi come chiavi per datare il libro stesso.
A. in Ap
17:9-10: vi è una referenza a sette colli sui quali è adagiata la donna (
Roma)e a sette re dei quali cinque son già passati e il sesto regna .Allora il
sesto re.contando da Giulio Cesare risulterebbe Nerone ,contando da Augusto
risulterebbe Galba (68).oppure, trascurando i tre imperatori che si erano
succeduti in un solo anno, Vespasiano a cui poi sarebbe succeduto Tito, il
settimo che sarebbe durato poco
Il settimo che
sarebbe durato poco si addice però più a Nerone a cui succedette Galba che in
effetti durò solamente sei mesi!
B. Ap 13:8: Il
marchio della bestia 666, è la somma dei valori numerici delle lettere Ebraiche
usate per la traslitterazione di “ Nerone Cesare (In Ebraico le lettere
significano anche numeri)
C. Ap 13:4,
15-16; 14:9-11; 15:2; 16:2; 19:20; 20:4: Che la bestia richieda adorazione e
sia adorata dal genere umano sembrerebbe adattarsi a Domiziano infatti sotto il
suo regno il culto dell’imperatore Romano fu portato all’estremo"
D Ap 11:2 Il
versetto è ambiguo, sembrerebbe riferirsi a prima della distruzione del Tempio
di Gerusalemme, ma potrebbe essere anche il contrario.
E Ap 10:11 Qui
si dice che chi aveva avuto la visione doveva profetizzare anche su molti
popoli,nazioni e lingue e re. Questo si additerebbe poco ad un uomo molto
vecchio come sarebbe stato Giovanni l’Apostolo al tempo della fine del regno di
Domiziano( questo potrebbe,però, essere anche una evidenza contro la paternità
di Giovanni l’Apostolo)
Sembra
abbastanza sicuro che la città che è il centro della distruzione descritta nel
libro di Rivelazione ,Babilonia, sia in effetti ,l’antica città di Gerusalemme
.Infatti.
Giovanni ripetutamente si riferisce a Babilonia come alla “grande città” vedi Ap 14:8; 16:19; 17:5, 18; 18:2, 10, 16, 18, 19 e 21. Inoltre Rivelazione 11:8 identifica "la grande città" come il posto dove nostro Signore fu crocifisso In Geremia 22:8, Gerusalemme è anche chiamata la “grande città”
Giovanni ripetutamente si riferisce a Babilonia come alla “grande città” vedi Ap 14:8; 16:19; 17:5, 18; 18:2, 10, 16, 18, 19 e 21. Inoltre Rivelazione 11:8 identifica "la grande città" come il posto dove nostro Signore fu crocifisso In Geremia 22:8, Gerusalemme è anche chiamata la “grande città”
In senso
generale il testo riflette una situazione Cristiana ancora profondamente legata
al giudaismo,una situazione che poco o nulla si addice ad un’epoca dopo la
distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 CE.Anche il mito del Nerone
redivivo che sembra trasudare da alcuni capitoli di Rivelazione e che viene
portato molte volte,a prova di una datazione del tempo di Domiziano, sembra che
fosse già ben stabilito nel 69 CE.
4.2.Evidenza
Esterna
I primi
scrittori Cristiani datarono la composizione del libro differentemente. Molti
lo pongono nel regno di Domiziano (81-96). Ireneo ,il più antico ed
affidabile di questi,datò il libro di Rivelazione "verso la fine del regno
di Domiziano" (Adv. Haer. 5.30.3) ma lo datò cosi
attraverso i discorsi che aveva sentito da giovane, quando
stava in Asia,
da Policarpo,Inoltre Ireneo, come dice John Robinson in “ Redating the New
Testament “ ha fatto tre affermazioni:
1. che l’autore di Apocalisse e del quarto Vangelo sono la stessa
persona;
2. che questa persona è l’Apostolo Giovanni; e
3. che l’Apocalisse fu vista alla fine del regno di Domiziano
Ora risulta
difficile accettare in blocco le tre affermazioni ,perché se le prime due sono
evidenze forti, la terza è debole e viceversa.In quanto la scrittura di un
libro vigoroso come Rivelazione da parte di un ultranonagenario appare poco
probabile ,d’altra parte se l’autore aveva alla fine del regno di Domiziano,
non più di sessanta-settanta anni, questi non era Giovanni Evangelista.
Le evidenze
di; Eusebio, S.E. 3.18, 20; Clemente di Alessandria, Quis
div salv?. 42; Origene, Matt.16.6;
Girolamo, De vir. ill. 9) sono comprensibilmente influenzate da Ireneo,anzi
Eusebio dice esplicitamente che egli riporta notizie da Ireneo.In particolare,
per l’evidenza di Clemente si nota che lui, in effetti, rammenta solamente “il
tiranno” come l’imperatore che esiliò Giovanni, lo stesso fa Origene che lo
chiama il Re dei Romani ed è Eusebio che attribuisce a questo tiranno o a
questo Re ,il nome di Domiziano,invece Vittorino [In Apoc. 10.11.], che
antedata Eusebius, dice che Giovanni fu condannato alle miniere in Patmos da
Domiziano Cesare,dove vide la sua Apocalisse,che egli pubblicò dopo che fu
rilasciato alla morte dell’imperatore.Risulta però difficile pensare un uomo di
circa 95 anni (tale doveva essere l’età di Giovanni negli ultimi tempi di
Domiziano ) che lavori nelle miniere sotto la sferza degli aguzzini!Sopravviva
e scriva l’Apocalisse !
Vi sono
tuttavia anche alcune evidenze esterne per la data del regno di Nerone (54-68)
Nel lavoro in Siriano Storia di Giovanni figlio di Zebedeo viene detto
chiaramente che Giovanni fu bandito a Patos da Nerone Sono esistenti un certo
numero di traduzioni in Siriaco del libro di Rivelazione che hanno la seguente
iscrizione : "La
Rivelazione che fu fatta da Dio a
Giovanni Evangelista ,nell’isola di Patmos,, nella quale era stato esiliato da
Nerone Imperatore." .Del resto Ireneo stesso, in un’altra parte. Dice:”
Come queste cose sono così,e il suo numero [666] è trovato in tutte
le copie antiche approvate." L’età di Domiziano poteva
difficilmente essere considerata “antica” per Ireneo Inoltre, nel codice
Muratoriano che attribuisce,come si è visto, a Giovanni l’Apostolo il libro di
Rivelazione, vi è una frase molto ambigua che suona così "Paolo, seguendo
l’ordine del proprio predecessore Giovanni, scrive a non più di sette chiese
per nome." Le sette chiese a cui Paolo scrisse erano;Roma,Corinto,Galazia
,Efeso ,Filippi,Colossi e Tessalonica. Giovanni nei suoi messaggi scrisse alle
sette Chiese come indicate da Rivelazione 1:4. La implicazione di questa
affermazione del Codice Muratoriano, potrebbe essere che Giovanni abbia scritto
il suo libro PRIMA del completamento delle lettere di Paolo alla sue sette
Chiese . Paolo morì durante la persecuzione di Nerone il cui regno terminò nel
68 CE.Vi è anche una interessante affermazione di Clemente di Alessandria in
Stromata 7:19 : "Perché l’insegnamento del Signore alla Sua
venuta,cominciando con Augusto e Tiberio fu completato nel mezzo del tempo di
Tiberio.E quello degli Apostoli abbracciando il ministero di Paolo,finì con
Nerone
Quindi
Clemente sembra indicare che egli credeva che le Scritture fossero completate
al tempo di Nerone. Epifanio, un contemporaneo di Gerolamo,si riferisce
all’esilio di Giovanni e alla profezia come essendo avvenuti sotto Claudio
Cesare [Haer. 51.12 and 33.] – per quanto sembri
implicare che Claudio era imperatore quando Giovanni era molto vecchio!
Qualsiasi cosa avesse inteso dire Epifanio, è stato credibilmente argomentato
che la sua fonte intendesse Nerone il cui primo nome era appunto Claudio
L’autore del
Pastore di Erma sembra aver conosciuto l’Apocalisse, perché nelle sue visioni
vi sono molte similarità con quelle dell’Apocalisse. Attualmente vi è una forte
convinzione che il Pastore sia stato scritto intorno agli anni ottanta . Quindi
la sua conoscenza di Rivelazione è una notevole evidenza per una sua datazione
prima del 70 CE .
Tertulliano
nel suo Esclusione degli Eretici.suggerisce fortemente che il bando
di Giovanni avvenne nello stesso tempo del martirio di Pietro e di Paolo Nel
suo Contro Gioviano Gerolamo sembra aver letto la frase di
Tertulliano che affermava che l’esilio di Giovanni era stato comandato da
Nerone .Lo stesso Eusebio inDimostrazione Evangelica (3:5) raggruppa in
una sola frase che Pietro fu crocifisso a testa in giù,Paolo decapitato e
Giovanni bandito in una isola.Nel testo apocrifo gli Atti di Giovanni sembra
che Giovanni abbia subito due deportazioni, una sotto Nerone e poi scritto
l’Apocalisse ed una sotto Domiziano che però lo bandì solamente e non lo
condannò alle miniere,
Aretas di
Cesarea,un pupillo di Fozio,scrisse un commentario sull’Apocamisse in cui lui
attribuiva al sesto sigillo il significato della distruzione di Gerusalemme e
del Tempio da parte dei Romani
.
Vi è evidenza
che i Cristiani furono perseguitati sia durante il regno di Nerone che in
quello di Domiziano (Domiziano: S.E. 3.17-20; S.E. 4.27.9
[Melito di Sardi]; Nerone: Tacitus Ann. 15.44; 1 Clem. 6.1;
Tertulliano, Apol. 5.3; Sulpicius Severus, Chronic. 2.29.3);
ma quanto estese siano state queste persecuzioni e, soprattutto, se si siano
estese alla provincia di Asia ,è incerto.Inoltre vi è attualmente un notevole
consenso a che la persecuzione dei Cristiani di Domiziano sia stata
notevolmente esagerata soprattutto da Melito di Sardi per giustificare la sua
argomentazione che solamente i cattivi imperatori erano autori di persecuzioni
contro i Cristiani.Quindi la vera e terribile persecuzione fu solamente quella
di Nerone. Infatti non è che fino ad Orosio,uno storico Cristiano del V secolo,
che noi vediamo parlare di una crudelissima persecuzione attraverso tutto il
mondo . [Hist. adv. pag. 7. 10.1.] Tertulliano
è molto più contenuto:
Amche
Domiziano,con una crudeltà condivisa con Nerone,aveva tentato in una occasione
di fare lo stesso di Nerone. Ma essendo,come mi immagino,possessore di una
certa intelligenza ,egli cessò molto presto e anche richiamò quelli che aveva
esiliato .[Apol.5, come citata da Eusebio , SE3.20.7.
Nell’originale Tertulliano ha 'perché egli aveva una certa umanità' (qua et
homo).]
Del resto la
stesso Eusebio ci racconta che Domiziano, dopo averli interrogati,mando liberi
i discendenti di Giuda il fratello del Signore,non riconoscendoli colpevoli di
niente.SE 3,20
.
5 Conclusione
Finale
Da quanto
abbiamo visto e dai dati interni ed esterni riportati, possiamo concludere con
le seguenti affermazioni,almeno nella interpretazione di che scrive che non è
certamente un biblista ma un semplice dilettante appassionato dell’argomento:
Lo scrittore
di Rivelazione è l’Apostolo Giovanni ma come un uomo intorno ai 55¸60 anni e
ancora nel pieno vigore delle sue forze
Il luogo di
scrittura e la sua data sono probabilmente Efeso,dopo la morte di Nerone ma
prima della distruzione di Gerusalemme ,cioè prima del 70 CE
Tutti gli
eventi predetti come imminenti nel libro dell’Apocalisse confluiscono nella
distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio.e si adempiono con queste.
Gli stessi
dati ed evidenze riportati possono forse condurre ad una interpretazione
differente, che, però, esula dalla mia comprensione.
-Before Jerusalem fell Kennet
L.Gentry Jr ThD 1989 Dominion Press Publishers
-Redating the
New Testanwzt, by John A. T. Robinson ‘SCM Press Ltd.
1976.
Published in the U.S.A. by
The Westminster Press.
.
-l 771z
Book of Revelation, by Robert Mounce 01977 by Wm. B. Eerdmans
Publishing Co.
Published in the U.S.A. by
Wm. B. Eerdmans. .
- ThE
Revelata”on of St.
John , by
Leon Morris Q 1969 by The Tyndale Press.
Published in
the U.S.A. by
Wm. B. Eerdmans.
- T/w
Old Testament Pseua@igrapha, by James H. Charlesworth. Copyright
G 1983, 1985
by James H. Charlesworth. .
- New
Testamt Histq, by F. F. Bruce. Copyright 01969 by F. F. Bruce.
Dell
Publishing Group, Inc.
-“ Tb Birth of
the New i%tament by C. F. D. Moule. Copyright Q 1981 by
Charles
Francis Digby Moule.
.- Bauckhman
R., La teologia dell'Apocalisse, Paideia, Brescia, 1994
- Bidermann
H., Enciclopedia dei simboli, Garzanti, Milano, 1991
- Bruce
F:F., Gesù visto dai contemporanei, Claudiana, Torino, 1989
- Centini
M., Il ritorno dell'Anticristo, Piemme, Casale Monferrato, 1996
- Charlesworth
J.H., Gesù nel giudaismo del suo tempo, Claudiana, Torino, 1994
Corsani
B., L'Apocalisse, guida alla lettura, Claudiana, Torino, 1987
Foglia
S., I simboli del sogno, Newton, Roma, 1998
- Gunkel
H., I profeti, Sansoni, Firenze, 1967
- Lohse
E., L'Apocalisse di Giovanni, Paideia, Brescia, 1974
- Mateos
J.-Barreto J., Dizionario teologico del vangelo di Giovanni,
Cittadella, Assisi, 1982
- Prigent
P., Il messaggio dell'Apocalisse, Borla, Roma, 1982
- Vanni
U., Apocalisse - Un'assemblea liturgica interpreta la storia,
Queriniana, Brescia, 1999
Nessun commento:
Posta un commento