giovedì 8 dicembre 2016

Arlecchino: Dio, Demone e Re




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Arlecchino: Dio, Demone e Re
Origini Sciamaniche di un Culto Arcaico
di 
Editore: Libreria Editrice Aseq
Prezzo: € 22,00

Informazioni: 
pp. 248, nn. ill. b/n, Roma
Stampato: 2016-11-01
Codice: 8162
 Le radici sciamaniche di un demone portatore di luce:
"La maschera di Arlecchino da Bergamo la cui 
valenza infera è già notoriamente evocata nel 
demoniaco Alichino dantesco (XXI Canto dell’Inferno)
 affonda, in realtà, le sue origini in un ambito 
primordiale estremamente articolato, rinviante alla 
sfera sacra degli spiriti degli antenati, dei 
fenomeni naturali, della fertilità, del calendario e dei 
riti stagionali. Si tratta di un vero e proprio fiume 
sotterraneo, sapienziale, alimentato da archetipiche 
forme di religiosità, da tradizioni ancestrali velate 
poi, dietro le storie ironiche e divertenti che, 
veicolate da guitti e attori vaganti, sfoceranno nella 
Commedia dell’Arte.
L’indagine sull’ambiguo personaggio di Arlecchino 
stupisce per la ricchezza delle implicazioni simboliche 
emergenti via via.
L’abito a losanghe colorate pare evocare, ad esempio, 
«quei tipi buffi degli antichi Galli che facevano ridere i 
Quiriti girando con abiti fatti di pezze variopinte» simili 
all’arcobaleno. Tale peculiarità è particolarmente 
intrigante perché parrebbe sottolineare un’affinità con i 
tessuti tartans tipici dell’ambito celtico, che celavano il 
mistero dell’alfabeto sacro: i fili multicolori simboleggiavano, 
infatti, l’appartenenza ad una stirpe solare come le 
cordicelle colorate dei quipu incaici.
Analoghe «stoffe variegate» come l’arcobaleno, emblema 
del collegamento tra cielo-terra-inferi, si offrivano al 
terribile dio dei morti della tradizione sciamanica: 
Erlik Khan-Ärlik Qan, vero e proprio antenato clanico 
– un tempo celeste, poi demonizzato come Lucifero – 
la cui relazione etimologica e semantica con Arlecchino è 
già stata ipotizzata.
L’affinità del dio con l’Arcangelo “caduto” non può che 
sorprenderci perché l’indagine sul nostro demoniaco 
personaggio conferma in questo, non solo le confuse 
reminiscenze dei cerimoniali del transito annuale, fase 
liminale ritenuta pericolosissima in tutta l’antropologia 
religiosa, ma anche il retaggio dell’infrazione originaria.
L’allusione al “geminus Giano” dio delle Porte dell’Anno, 
pare fondersi nello Zani (= “Giovannino”) al dualismo di 
Venere-Lucifero, il «terrificante serpente dalla veste 
“tinta di colori”» che, mettendo fine ad una paradisiaca 
era di perfezione causò una scissione nell’integrità del 
Tempo.
La sovrapposizione simbolica viene suffragata dal 
mistero della Chasse Allequin, Caccia Selvaggia di cui 
Re dai molti nomi, paredro di Diana Signora del sabba, è, 
ancora, Lucifero-Herlequin, altra manifestazione infera del 
poliedrico Arlecchino.
Il costante riproporsi di queste relazioni suggerisce l’affiorare 
di un substrato religioso molto arcaico, gravitante 
intorno al mistero di una trasgressione cosmica che avrebbe 
compromesso l’armonia primordiale. Ma altri aspetti 
significativi emergono nel corso dell’indagine quasi a 
dimostrazione dell’intricato, perenne riattivarsi delle 
strutture archetipiche dell’immaginario.
Il costume composto di “pezze” variopinte della maschera 
bergamasca rinvia non solo alla tradizione dei Fool ritenuti 
“servi di Venere”, ma ricorda ancora un’altra espressione 
del dualismo primordiale: i Buffoni del Sole. Tra queste figure 
gemellari, ritualmente in lotta per riscattare la primavera 
dall’inverno, risaltano i Clowns cecoslovacchi, portatori di 
fecondità, a cui le donne strappavano brani della veste 
colorata. Le “pezze”, poste sotto le galline, avrebbero favorito 
la produzione di uova, simbolo di rinascita."

Emanuela Chiavarelli, studiosa del sacro, ricerca nelle 
attestazioni dei riti, dei miti, delle fiabe, delle tradizioni 
popolari il retaggio di eventi realmente accaduti che ispirarono 
i cerimoniali, i Misteri e la religiosità dei diversi popoli. Autrice 
di saggi antropologici, come Sulle tracce della scarpina perduta 
(Roma, Il Calamaio 2005-6), o Il dio Asino: il mistero di 
un’antica divinità (Roma, Tiellemedia 2006), ha già pubblicato, 
per Bulzoni, Diana, Arlecchino e gli spiriti  volanti. Dallo 
sciamanismo alla “caccia selvaggia” (2007); Intarsi: momenti di 
Antropologia (2009); La maschera e il Graal. Indagine sull’archetipo 
della “coppa” (2012). Scrive e ha scritto per le riviste “Tema”, 
“Psicoanalisi Forense”, “Psicoanalisi corporea”, “Studi sull’Oriente 
Cristiano” e “Arthos”.
Ha collaborato con la Cattedra di Antropologia Culturale presso 
la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma, 
La Sapienza.

Luigi Pellini, allievo devoto di Igor Istomin, insieme con il maestro 
ha approfondito il sacro nelle religioni, con particolare attenzione 
per lo sciamanesimo europeo e orientale.

Il volume è disponibile
Libreria ASEQ - Via dei Sediari, 10 • 00186 Roma - Email: info@aseq.it - Tel. 06 6868400



1 commento:

Piero Favero ha detto...

Sicuramente è una delle maschere più antiche, nel medioevo si mascheravano in modo semplice usando scarti di stoffa di vari colori. La maschera nera sul viso invece a me ricorda Pelope "faccia nera", il primo re dei veneti.