Quando mi sono occupato di Giordano Bruno sono dovuto entrare nel “suo” Universo. Che bellissima esperienza! Se si potessero prestare le emozioni, vorrei tanto farvi provare quelle che ho provato con “Lui”.
Com’era il suo mondo?
Il suo mondo era un luogo nel quale le stelle si chiamavano “ANIMALI” perché dotate di un’ANIMA. Un luogo in cui un pianeta come la Terra aveva un’etica e un’intelligenza superiore a quella umana. Un luogo infinito in cui esistono infiniti mondi e sistemi planetari come il “nostro” spesso abitati da intelligenze superiori a quella umana, dove il Tutto è solo un riflesso dell’UNO.
Di quell’UNO in grado di essere ovunque, di essere materia in tutte le sue forme, di essere vita in modi per noi ancora tutti da capire.
In un simile contesto Giordano Bruno spiegava che DIO, per calarsi nella materia, deve necessariamente subire una serie di trasformazioni prima di diventare erba, minerale, atomo o pietra. Quindi, per forza di cose, sdoppiandosi all’infinito, ha avuto modo e tempo di divenire …DEI.
Quegli stessi Dei ospitati nel Pantheon di tutto il mondo.
Per Bruno, soprattutto la Natura è il luogo cardine deputato ad ospitare “Deus Loci”, che da ragazzo aveva avuto modo di osservare personalmente, presso i boschi nolani.
Insomma Bruno è stato uno degli ultimi illustri assertori del Panteismo Animistico, inserito in un tipo di cosmogonia nella quale la vera energia è la LUCE.
Spesso le sue massime facevano riferimento a questo elemento(la luce), che paragonava all’anima umana, come ai suoi atti mentali e mentre si sforzava, per se stesso e per chi era in grado di seguirlo, di ritornare alla LUCE PRIMA, cioè quella divina, parlava con chiarezza di una triplice matrice creativa.
Secondo il suo punto di vista esisteva un solo modo per ritornare alla LUCE : la Memoria, facendo riferimento alla memoria archetipica del simbolo e del sigillo, unico mezzo in grado di risvegliare in noi la nostra vera appartenenza divina.
Ritengo sia stato l’ultimo vero interprete dell’Immanentismo, l’erede di immensi pensatori che, caparbiamente, fino all’ultimo lottarono per non fare dimenticare all’uomo la sua vera radice, una radice che oggi definiamo con leggerezza e ignoranza : SOTTILE.
Alla luce di tutto questo secondo me Giordano Bruno era, senza saperlo, uno Scintoista. Oppure potremmo dire che la ex religione nazionale Giapponese, potrebbe essere riassunta dalla filosofia e dalla metafisica Bruniana.
Lo Scintoismo è essenzialmente una “religione” che riconosce l’esistenza di un numero piuttosto elevato di Divinità, Entità e Spiriti Guardiani, spesso in grado di identificarsi con luoghi, eventi e componenti del nostro mondo (Sole, Luna, Foreste, Fiumi, Sentieri, Eroi, ecc. ecc.) Questi spiriti sono chiamati Kami e uno dei Kami più importanti, se non il maggiore, è Amaterasu o Dea del Sole.
Lo Scintoismo considera sacra la Natura, non ha dogmi interpretativi o templi più importanti di altri dove poter essere grati all’Universo, attraverso i suoi spiriti per essere “qui in questo preciso istante”. […] E’ una religione pura, basata sulla sincerità, l’amore verso il prossimo e verso un mondo si per sé reputato divino. Una religione per la quale un origami è ritenuto offerta sacra, in cui la purezza mentale e fisica rappresentano l’essenza di vivere, e l’immortalità di ogni anima è cosa certa.
A questo punto, ditemi : che differenza può esserci tra gli Yaoyorozu No Kami giapponesi e il sigillo dei sigilli Bruniano, Mente o Apollo, più di altri utile a ritornare all’infinito mondo delle Idee Divine? Non sono forse la stessa cosa: Divinità, Entità Divine, Simboli e Sigilli?
Non sono forse strade in grado di portarci all’Ottava?
[…] A questo punto, anche se potrebbe sembrarvi un argomento non pertinente, vorrei raccontarvi che nel 1300 Bonifacio VIII, alla ricerca del miglior ritrattista esistente, inviò un suo legato a Firenze, nella bottega di un certo Giotto da Bondone, diventato famoso per i suoi affreschi nel duomo di Assisi. Il suo inviato chiese a Giotto il migliore dipinto da mostrare al Papa,e, contrariamente ad ogni aspettativa, il pittore prese una piccola tela e dipinse, con un sol gesto, un unico e magnifico cerchio diventato famoso come “O” di Giotto. Il legato, seccato, quasi offeso, volle insistere dicendo che ben misera cosa era quella “O” per un Papa. Ma l’artista, irremovibile, dise che quella era la sua migliore opera. Bonifacio VIII, vide, comprese, e scelse Giotto per il suo ritratto.
Dovete sapere che ogni giorno in Giappone un artista, per capire che tipo di uomo è diventato a livello spirituale, prende un pennello e traccia l’Enso.
Che cos’è l’Enso?
E’ il simbolo per eccellenza del Buddhismo Zen, il simbolo dell’Illuminazione, della Forza e dell’Universo. E’ un cerchio, o una “O”, come quella di messer Bondone.
Un cerchio in grado di rappresentare il cuore metafisico di una “religione” che pone, nella vacuità più completa del nostro intendere, e nell'”hic et nunc” (qui e adesso) di ogni nostra azione, il mezzo con il quale, solo per un attimo-ma sufficiente per tutta la vita- poter capire come la realtà non abbia leggi…semplicemente è.
Un attimo di puro intuito chiamato Satori, in grado di farci capire che l’esistenza del buddhismo può essere nostra solo se, come uno specchio, durante la nostra vita, ci limiteremo a RIFLETTERE la realtà, non ad interpretarla. Quindi lo Zazen (stare seduti mentre si medita), è uno dei modi migliori per iniziare a camminare la strada del Buddha.
Conclusioni non ce ne sono.
Posso io concludere qualcosa che in millenni di storia, non si è mai risolto?
Un sapere senza tempo è sicuramente “qui” e con esso potremmo persino ricominciare la”nostra storia”.
Il mio proposito è quello di traghettare questo sapere verso una sponda umana affamata di vita nuova e non solo di “cose” nuove.
Non so come andrà a finire, ma credetemi se vi dico che l’OTTAVA troverà la sua strada, con o senza di me, la troverà.
Michele Proclamato
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