venerdì 23 dicembre 2016

Liberazione e danza "dionisiaca"

Massimo Centini

da Le bestie del diavolo


Risultati immagini per La liberazione con il ballo della tarantella


Quando l'"avvelenamento" è ormai iniziato, si provvede a "far danzare forzatamente il tarantolato al suono d'istrumenti, fino a farlo cadere in un profusissimo sudore e sonno profondo, risvegliatosi dal quale, egli è guarito. La musica che viene suonata innanzi al tarantolato, può essere eseguita con qualunque istrumento, ma deve avere un carattere speciale; ossia deve essere molto flebile per un certo periodo iniziale: e dopo questo deve, con un crescendo sempre mantenuto, prendere il carattere di danza vivace che di consueto si traduce nel nostro trescone, simile assai alla tarantella napoletana. Innanzi all'infermo sono, durante la danza, agitate pezzuole di alcuni colori determinati, la cui vista è ad esso gradita". [1]

I segni costituiti dalle pezzuole colorate, con la musica divenivano oggetti vivi, caricati con un'energia che assegnava loro un ruolo particolarmente importante nella dimensione rituale della danza. Va chiarito che il rapporto tra la base musicale e i segni cromatici - che avevano il ruolo di indurre una sorta di trance nel tarantolato - non si basava su uno schema definito, ma prendeva forma di volta in volta sulla base di caratteristiche specifiche dell'ammalato.

Dall'analisi delle fonti sembrerebbe di poter concludere che "inclinazioni o aborrimenti cromatici sono nel tarantismo in rapporto con i contenuti critici individuali che si riversano nel simbolo mitico-rituale in azione". [2] In sintesi, nel tarantismo il simbolismo cromatico, come quello coreutico e musicale, assolveva la funzione di stimolare il deflusso emotivo, creando precise rispondenze sul piano simbolico. Già il Kircher (XVII secolo) aveva osservato: "Altri tarantolati si mostrano irresistibilmente attratti dal colore verde, altri dal color giallo, altri dal rosso: appena vedono un oggetto che sia del colore che li attrae, si accendono a tal punto di brama per esso da lanciarsi come leoni famelici per morsicarlo ripetutamente, la bocca spalancata, le braccia aperte, gli occhi lacrimosi, il petto ansante, stringono infine in amoroso amplesso il panno colorato e sembrano fingere una ardentissima unione, per così dire una identificazione con esso". [3]

Il fenomeno del tarantismo era particolarmente diffuso, al punto tale che i suonatori erano professionisti che operavano nelle varie province dove si verificavano casi di persone punte dalla tarantola; nell'Ottocento in Puglia agivano ottimi musicisti girovaghi per tarantolati. A Taranto, nel XVII secolo, erano addirittura dipendenti statali, segno questo della grande quantità di interventi richiesti. [4]


Risultati immagini per La liberazione con il ballo della tarantella



È bene ricordare che le fonti sul rapporto tra la tarantola e la musica sono più antiche delle fonti sul tarantismo: ne abbiamo traccia nel Sertum papale de venenis attribuito a Guglielmo di Marra di Padova e probabilmente composto nel 1362. Nel capitolo dedicato al veleno della tarantola si fa riferimento ad una tradizione popolare secondo la quale la tarantola produce un effetto dopo un po' di tempo dal suo morso; quando poi il malato fosse stato sottoposto ad una musica che riecheggia il canto della tarantola, ne avrebbe ricevuto giovamento. 

In genere, il rito terapeutico della danza tendeva a placare per un certo tempo la sintomatologia, ma non ad eliminarla totalmente, in quanto, come abbiamo visto, essa riaffiorava stagionalmente. La crisi di fatto era l'occasione per far defluire forme di avvelenamento simbolico (traumi, frustrazioni, conflitti individuali ecc); inoltre, in determinate condizioni socio-economiche la crisi individuale, riplasmata nel tarantismo, poteva essere controllata ritualmente in seno alla cultura del gruppo. [...]

Le vittime del tarantismo furono le persone più suggestionabili ed isteriche che, vivendo in una situazione marginale, finirono per non resistere al peso delle frustrazioni indotte dalle carenze endemiche. In queste patologie furono convogliati atteggiamenti, istinti e ansie che non potevano trovare una soluzione sul piano della realtà. Ma accanto ad una situazione conflittuale che trovava nell'apparato simbolico del morso e del "ri-morso" una possibilità per rispondere ad istanze interne alla società, si ponevano residui di tradizioni più antiche, in cui il ballo e il rapporto con il soprannaturale erano strettamente connessi. Una connessione che, ancora oggi, conserva alcuni interrogativi senza risposta.

Risultati immagini per La liberazione con il ballo della tarantella

NOTE

1. Z. Zanetti, La medicina delle nostre donne, 1892, Rist. Anast. 1978, pag. 218
2. E. De Martino, La terra del rimorso, Milano 1961, pag. 153
3. A. Kircher, Magni sive de arte magnetica libri tres, 1641
4. E. De Martino, Op. Cit., 1961, pag. 155

Massimo Centini, Le bestie del diavolo (Rusconi, pag. 162 e seguenti)

Nessun commento: