La chiesa di San Fermo a Verona sede dell'inquisizione
Fra il 1181 e il 1185
il papa Lucio III (Il papa che “ribattezza
e ricicla” l’area del Ninfeo di Santa Maria in stelle benedendo e girando l’ara
riciclata come altare) , al secolo Ubaldo degli Allucingoli, pose a Verona la
sua sede, dopo la fuga dalla turbolenta e pericolosa Roma e nel 1184 vi aprì un
Concilio, dove parteciparono anche il Gran Maestro dei Templari e l’Imperatore
del S.R.I. Federico Barbarossa
Il problema stava nel
trovare i limiti tra potere spirituale e temporale.
A Verona, nell’autunno del 1184, nella basilica di San Zeno sedeva accanto, al Papa il Barbarossa, all’apertura del Concilio, sotto lo sguardo soddisfatto dell’allora vescovo di Verona Ognibene. La vicinanza tra papa e imperatore era segno, almeno in quell’occasione di una ritrovata (e alquanto precaria) concordia.
A Verona, nell’autunno del 1184, nella basilica di San Zeno sedeva accanto, al Papa il Barbarossa, all’apertura del Concilio, sotto lo sguardo soddisfatto dell’allora vescovo di Verona Ognibene. La vicinanza tra papa e imperatore era segno, almeno in quell’occasione di una ritrovata (e alquanto precaria) concordia.
In sostanza quel concilio (che qualcuno chiama
anche sinodo) era la risposta contro le numerose comunità eretiche costituite
in prevalenza da patarini e catari.
Nel decretale “Ad
abolendam diversarum haeresium pravitatem”, si stabilirono le premesse
dell’inquisizione: si decretò la condanna di eresia e quindi la scomunica per
chi nei gesti e nelle parole manifestasse un costume religioso non conforme
alla dottrina cattolica. I vescovi ricevevano inoltre l’ordine di ricercare gli
eretici.
A Verona si attesta non
solo la presenza di Catari e Patarini, ma è probabile che fossero presenti
anche dei Valdesi. Per gli inquisitori gli eretici erano «rustici et
illetterati, idiotae e sine litteris», parole,
sciocche scaturite, dalla presunzione di superiorità da parte dei teologi
cristiani romani.
Fra gli inquisitori di rilevo legati agli eretici, ricordo in
particolare . il
domenicano Pietro da Verona, celebre
predicatore e inquisitore, massacrato nel 1252 a colpi di falcastro da sicari
eretici in agguato nella boscaglia di Seveso, è in realtà figlio di catari.
Tolto ai genitori sarà indotto a convertirsi a Bologna durante
gli anni di studio. Per il suo martirio sarà santificato a tempo
record da Innocenzo IV quale simbolo della lotta contro l’eretica pravità. Un
santo mai amato dai veronesi: la chiesa a lui dedicata, San Pietro Martire
davanti a Santa Anastasia, da sempre il popolo la chiama San Giorgieto sintomo
preciso che nessuno a mai voluto accettare il santo inquisitore. Napoleone adibirà
la casa di Pietro l’inquisitore, posta fra Santo Stefano e San Giorgio in
Braida a postribolo.
.
C’è da stupirsi, a
questo punto, che l’inquisizione il suo atto di fondazione l’abbia avuto
proprio a Verona durante l’incontro, nell’ottobre del 1184, tra Lucio III e
Federico Barbarossa? Il primo atto ufficiale di criminalizzazione del dissenso:
la chiesa cambia marcia e regole d’ingaggio, restringe i confini
dell’ortodossia e abbozza, affidandola (per ora) ai vescovi, una prima versione
dell’inquisizione ecclesiastica. Basterà poi solo qualche altro decennio per
calibrare definitivamente un apparato e una procedura di micidiale efficacia
Che macinerà morte e paura.
Verona era anche un
luogo “strategico” data la sua posizione geografica posta fra due vie d’acqua fondamentali: il Po e posta
sull’Adige. Inoltre punto di incontro di due assi stradali che si intersecano:
la strada che unisce il nord Europa a Roma, usata degli Imperatori del S.R.I.
per essere sopratutto incoronati dal potere spirituale e l’antica Postumia che andava
da Genova ad Aquileia (Venezia) mettendo in comunicazione le due Grandi
Repubbliche Marinare collegando le città e tutto il grande entroterra del nord
Italia!
Eppure,
specie negli anni di Ezzelino da Romano (l’amico
prediletto del demonio, lo definirà Salimbene de Adam) e Oberto Pallavicino, la
pianura padana era zona franca per il catarismo occidentale, e il territorio
veronese una sorta di Eden. Fovea haereticorum, la tana di tutti i ‘dissidenti’ religiosi. Luogo di
passaggio e d’arrivo dei fuoriusciti occitani dopo i massacri della crociata
albigese bandita da Innocenzo III e l’implacabile durezza dell’inquisizione. Le
fonti parlano di una domus di Spata nei pressi di piazza Erbe e di una chiesa catara
attiva in contrada san Nicolò; ma è soprattutto sulle sponde del Garda che gli
eretici si compattano.
Sarà proprio
a Sirmione che il 12 novembre 1276, si scatenerà la repressione antiereticale.
Una vera spedizione armata, con largo impiego di cavalieri e fanti. Guidata dal
vescovo di Verona Timideo, dall’inquisitore francescano Filippo Bonacolsi
affiancato dal padre Pinamonte (capitano generale di Mantova), e da Alberto
della Scala, fratello di Mastino signore di Verona. Sarà una caccia
aperta all’eretico, come registra Ubertino de Romano, testimone più che attendibile
in quanto vicinissimo al potere scaligero, che finirà con 166 arresti. Due anni
dopo, il 13 febbraio 1278, circa
duecento patarini, segno che l’operazione di cattura è nel frattempo
proseguita, saranno legati su una catasta di legna al centro dell’Arena e
bruciati vivi. Come a Montségur una trentina d’anni prima.
Ovviamente
c’è anche molta politica dietro l’annientamento della devianza religiosa. I
della Scala, che parteciperanno attivamente alla cattura e al massacro degli
eretici sono ghibellini, però Verona è sotto scomunica e interdetto per
l’ospitalità e l’aiuto accordati nel 1267 a Corradino di Svevia e agli
imperiali, l’azione contro i catari serve a pacificarsi con il papa. E tra
l’altro, a conferma di quanto stretti siano al tempo i legami tra politica e
religione (e di come dunque spesso prevalga un uso politico dell’accusa di
eresia), vale un precedente. A Verona, infatti, c’era già stata un’esecuzione
pubblica esemplare. Nel 1233, nell’anno
del movimento dell’Alleluia guidato dal ‘paciere’ fra’ Giovanni da Vicenza, il
21 luglio per tre giorni furono arsi sessanta dei ‘migliori’ cittadini.
Donne e uomini. Giustiziati, come scrive il cronista Parisio da Cerea, in foro et glara, non in Arena (come pure qualcuno sostiene) ma in piazza
Erbe e forse in piazza Bra o in un campo vicino. Dettagli, resta il fatto che
l’eresia trova fertile terreno nelle famiglie ghibelline. E si diffonde al
punto che il domenicano Pietro da Verona, il celebre predicatore e inquisitore
ricordiamo ancora, massacrato nel 1252 a colpi di falcastro da sicari eretici
in agguato nella boscaglia di Seveso, è in realtà figlio di catari.
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