La cosiddetta “Gnosi di Princeton” o
“Nuova Gnosi” è una corrente scientifico-filosofica sviluppatasi negli anni
Cinquanta e Sessanta negli Stati Uniti per opera di alcuni studiosi che
operavano nelle università di Princeton e Pasadena.
Tra questi studiosi
compaiono inizialmente cosmologi e fisici quali Edward Arthur Milne, Gustaf
Stromberg, Edmund Taylor Whittaker, Dennis William Sciama, Carl Friedrich
Weizsäcker e, in parte, Fred Hoyle. Secondo alcuni, precursori di tale corrente
di pensiero furono anche altri illustri scienziati quali Arthur Eddington,
Alfred North Whitehead e James Jeans. Ai fisici e ai cosmologi si unirono
successivamente anche biologi, studiosi di neuroscienze, antropologi,
psichiatri e psicologi.
La definizione “Gnosi di Princeton” o “Nuova
Gnosi” venne però introdotta solamente a partire dal 1969 quando altri
studiosi, estranei al movimento, individuarono alcune curiose analogie fra le
idee che lo caratterizzavano e quelle dell’antica setta gnostica, sorta tra il
primo e il secondo secolo d.C in medio-oriente, ad opera di autori quali
Valentino, Menandro e Marcione.
Un’efficace e sintetica descrizione delle
idee del movimento è ben delineata nel Dizionario Interdisciplinare di Scienza
e Fede, alla voce “Panteismo” (http://www.disf.org/Voci/92.asp), da cui traiamo
il seguente estratto (i riferimenti bibliografici citati nel testo, possono
essere trovati nel link precedente):
1. La Gnosi di Princeton ed il
neo-vitalismo cosmico. Si persegue oggi la ricerca di nuove interpretazioni del
reale che seguano principalmente due intuizioni: a) la necessità di
superare logiche di tipo "occidentale", generalmente basate sui
princìpi di identità e di non contraddizione, sull'opposizione dialettica e
l'irriducibilità degli opposti, in favore di logiche mutuate da filosofie
orientali, maggiormente aperte alla composizione degli opposti, alla
trasformazione delle identità e alla possibilità di sintesi inedite;
b) privilegiare la relazione e l'interazione come chiavi per comprendere
le proprietà del singolo, che cessano in realtà di essere proprietà del
singolare per divenire proprietà unicamente dell'insieme, la cui logica, ma
anche "vita" globali, determinano il comportamento e il significato
delle parti; in tal modo l'essere umano, sia come osservatore scientifico che
come vivente, non trascenderebbe l'ordine cosmico ma ne risulta in qualche modo
inglobato. Sviluppatesi storicamente in modo bizzarro e creativo partendo dalla
teoria dei giochi, poi divenuta teoria dei paradossi, queste forme di pensiero
- chiamate dai loro stessi avversari a Princeton e a Pasadena verso la
fine degli anni 1960 «Gnosi di Princeton», o anche «Nuova Gnosi» - hanno
trovato una prima applicazione nell'ambito della meccanica quantistica, per
diffondersi poi rapidamente - con un atteggiamento oscillante fra la
riservatezza e la segretezza - in biologia e in cosmologia, esponendosi a
numerose critiche, talvolta non troppo convinte, da parte della scienza
"ufficiale" (cfr. Ruyer, 1980).
La tesi fondamentale della Nuova Gnosi è
simile a quella di tutte le gnosi: il mondo è dominato dallo Spirito a cui si
contrappone la materia; ma lo Spirito, dicono gli gnostici di Princeton, non
trova nella materia un'opposizione, in quanto essa è vista piuttosto come una
sua creatura. I corpi materiali sono come il "sottoprodotto" dello
Spirito, sono la "stoffa" (stuff) che permette di contenere,
unito in tutte le parti del cosmo, lo Spirito. L'universo non è formato né di
entità materiali, né di energie, quanto piuttosto di "domini di
coscienza". L'universo consiste delle "forme coscienti di sé" e
delle interazioni che si stabiliscono tra queste forme grazie ad una loro mutua
informazione. Le "vere" informazioni sarebbero quelle presenti nella
"coscienza interiore" di ogni essere. L'osservazione scientifica
coglierebbe solitamente il "rovescio" di queste informazioni, cioè la
loro dimensione corporea e materiale, non il loro "diritto",
rappresentato dalla dimensione spirituale e relazionale. La Nuova Gnosi intende
superare questa barriera concettuale, nella quale resta intrappolata la scienza
convenzionale, per accedere invece alla dimensione più intima dell'oggetto: ma
per poterlo fare occorre riconoscere che ogni oggetto che osserviamo ha una sua
propria vita e una sua coscienza. Alcune entità, come gli esseri umani e gli
animali, sarebbero in grado di comunicare questa loro coscienza, questo loro
lato "diritto", mentre altri esseri non sarebbero capaci di fare
altrettanto, ma non per questo non dev'essere riconosciuta a questi ultimi una
loro dimensione più intima, un loro proprio "diritto". Solo le cose
artificiali o fortuite non avrebbero una dimensione cosciente, che possiedono,
invece, i singoli elementi e perfino le singole particelle elementari. Il vero
mondo è quello generato da tutti questi infiniti processi e relazioni,
ignorando i quali non si arriverebbe pertanto a conoscerlo in profondità,
perché si ignorerebbe la sua "anima".
Nasce così la visione di un vitalismo
cosmico, il cui largo impiego oltrepassa i confini degli "gnostici di Princeton",
dove autoregolazione, coordinamento ed omeostasi divengono vere e proprie
manifestazioni di vita (cfr. Lovelock, 1981): non solo i vari elementi
materiali e la biosfera avrebbero una propria vita, ma l'intero universo
risponderebbe in definitiva alla personalità di un vivente, capace di costruire
la propria storia (cfr. Smolin, 1998). La progressiva ed irreversibile crescita
dell'informazione nel cosmo assume nella mente di alcuni autori il ruolo di
un'Anima o di uno Spirito cosmici, cui viene affidato il compito non solo di
regolare i processi della materia trascendendola (o per lo meno
disaccoppiandosi da essa), ma anche di guidare l'intera evoluzione
dell'universo verso l'immortalità (cfr. Tipler, 1995).
È difficile formulare un giudizio complessivo
su tali visioni della natura, sia per l'eterogeneità (e talvolta l'ingenuità)
delle proposte, sia perché esse nascono da un'esigenza che non va
sottovalutata, quella di un superamento "post-moderno" di alcune
forme di razionalità "moderna" (come lo sono state ad esempio il
riduzionismo e il materialismo) rivelatesi oggi insufficienti. La ricerca di
nuovi paradigmi filosofici non è scevra, inoltre, da una certa ambiguità. Lo
mostra ad esempio il fatto che la maggiore importanza tributata all'evoluzione
"creativa" dei sistemi complessi (COMPLESSITÀ , IV) venga da alcuni
autori indicata come il necessario superamento di una visione teista che ci
liberi finalmente dall'idea di un Dio che regga le sorti del mondo (cfr.
Smolin, 1998, pp. 246-247, 382), mentre per altri sarebbe in sintonia con
l'esistenza di un progetto e dunque di un Creatore (cfr. Davies, 1989, p. 261;
Davies, 1993, pp. 5-7). Può essere invece più facile notare l'esistenza di
evidenti collegamenti fra molte concezioni neo-vitaliste ed alcuni elementi
caratteristici del New Age, di cui la "Gnosi di
Princeton" pare essere quasi una fedele applicazione in ambito scientifico
(NEW AGE, III-IV). Impliciti anche i legami con l'ermetismo e il vitalismo
rinascimentali (vedi supra, II.1) e l'emergentismo moderno, i cui
paradigmi scompaiono e ricompaiono sotto varie forme anche nelle riflessioni
della scienza, forse anche a dimostrazione del fatto che essi contengono
istanze significative, che la razionalità positivista moderna aveva ritenuto di
poter dirimere in modo forse troppo semplicistico. Tuttavia, riteniamo che il
superamento di approcci di tipo analitico, riduzionista ed essenzialista, in
favore di nuove visioni della natura caratterizzate da un approccio sintetico
ed olistico, maggiormente attento alle proprietà relazionali, alla sintesi e
all'armonia del tutto, non debba condurre al rifiuto di una "logica di
base" o di una "filosofia prima" che in fondo unisce sia il
pensiero filosofico occidentale che quello orientale, i quali non possono essere
visti in modo antagonista, pena la perdita d'identità dello stesso filosofare
e, in ultima analisi, dell'universale comunicabilità del pensiero scientifico.
Un ulteriore approfondimento sul pensiero
della “Gnosi di Princeton” può essere trovato nel seguente articolo
(sostanzialmente favorevole alle tesi del movimento):
Come giustamente ipotizza il lettore, le
idee che caratterizzano la “Gnosi di Princeton”, nonostante l’indubbio valore
di alcuni suoi esponenti, hanno il grave difetto di avere un inevitabile
contenuto metafisico. Mischiare metafisica e scienza è sempre piuttosto
rischioso e, come abbiamo avuto modo di vedere in una precedente risposta (http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=12615)
anche i fisici non sono immuni da tali pericoli.
Le idee metafisiche, per loro natura, sono
infalsificabili (http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=2816)
e, anche se talvolta possono dare utili suggerimenti allo sviluppo della
scienza, devono comunque condurre ad affermazioni che, per essere considerate
scientifiche, devono poter essere falsificabili. Molte delle affermazioni della
“Gnosi di Princeton” non soddisfano affatto tale requisito.
Lo stesso dicasi delle concezioni di
Jean-Émile Charon (1920-1998), citato dal lettore, la cui “Psicofisica”, non
solo sconfina nella metafisica, ma molto spesso nella pseudoscienza.
Affermazioni del tipo:
Quindi l’elettrone sarebbe il portatore, anzi il
portatore unico, dello Spirito nel mondo. È nello spazio particolare degli
elettroni che si effettuerebbe gradualmente ogni progresso spirituale
constatato nell’Universo (o più modestamente sulla nostra Terra) nel corso del
trascorrere della «durata». Insomma gli elettroni sarebbero i «motori» di tutta
l’evoluzione.
[tratto da: J.E. Charon, Morte, ecco la tua sconfitta. Il principio
eterno dello Spirito individuato nel mondo dalla fisica, Edizioni
Mediterranee, 2009]
non hanno alcun senso dal punto di vista
scientifico.
Più recentemente altri fisici si sono
fatti trasportare da derive metafisiche di questo tipo. Un esempio
particolarmente significativo è rappresentato da Frank Tipler (n. 1947),
docente di fisica matematica alla Tulane University di New Orleans, e ideatore
della controversa “Teoria del Punto Omega” e autore del libro La fisica
dell’immortalità. Sule pagine di Vialattea può essere letta un’interessante
intervista a Frank Tipler (intitolata “Arrivederci in Paradiso”) realizzata da
Piergiorgio Odifreddi (http://www.vialattea.net/odifreddi/tipler.pdf).
Silvano Fusco
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