Anche
gli alberi si sposano. Succede ad Accettura in provincia di Matera
dove da secoli, nel solco di antichi riti pagani, un faggio e un
agrifoglio si amano, in piazza..
Lui è un gigantesco faggio e lei un affusolato agrifoglio e sono i protagonisti di un suggestivo quanto particolare “matrimonio”. Un ancestrale rito arboreo che si perpetua da secoli nel cuore della Basilicata più segreta e che riporta alla mente antichi riti propiziatori celtici legati alla fecondità della terra. Si tratta, infatti, di un rituale di origine pagana cui sono stati aggiunti nei secoli significati e simboli religiosi. A fare da scenario a questa suggestivi sima tradizione il Parco regionale di Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane, straordinario concentrato di lussureggianti foreste e formazioni rocciose dalle fantasiose forme..
tutto ha inizio la mattina del 19 maggio, quando due nutriti gruppi di vigorosi uomini danno vita ad altrettante spedizioni nelle foreste che circondano il borgo. I “cimaioli” sono in genere i giovani più gagliardi della comunità e, giunti nella foresta di Gallipoli Cognato, abbattono la “Cima” (la sposa), l’agrifoglio più bello e con la chioma più folta, simbolo di fertilità.A questo punto la prediletta viene trasportata con estrema cura a spalla in paese affinché non si danneggi e possa arrivare alle nozze dell’indomani in tutto il suo splendore. I “maggiaioli”, dal canto loro, si portano nel bosco di Montepiano, dove si trova, invece, il prescelto, il faggio dal fusto più regolare, alto e robusto, un gigante che può raggiungere oltre venti metri di altezza, abbattuto per tradizione il giorno dell’Ascensione.
Da qui comincia il suo spettacolare viaggio verso la sposa, trascinato nei boschi e fino al centro del paese con l’aiuto di numerose coppie di buoi di razza podolica bardate a festa con fiori, ginestre e immagini sacre. Il sottobosco risuona dei muggiti delle bestie e delle urla di incitamento della folla: un incredibile, raro, disarmante tuffo nel passato! Il giorno successivo, il lunedì, l’intero paese partecipa alla preparazione delle nozze: i due “sposi” vengono ripuliti, sfrondati per bene e sottoposti a una lunga lavorazione, pronti per essere innestati l’uno all’altro, al martedì, sotto gli occhi compiacenti di San Giuliano, patrono della cittadina, e quelli della gente in tripudio. Il totem arboreo, che può raggiungere anche i 40 metri di altezza, viene innalzato grazie a corde e forcelle di legno, a suggellare il compimento di questo spettacolare sposalizio allegorico che, congiungendo la terra al cielo, l’uomo al cosmo, diventa un inno alla fecondità, al benessere del paese e dei suoi abitanti per l’anno a seguire. I giovani più impavidi e agili possono a questo punto finalmente cimentarsi nell’attesa quanto ardua scalata del “Maggio” sotto gli occhi increduli della folla ammutolita. Raggiunta la chioma della sposa, le loro spericolate acrobazie lasciano, infatti, letteralmente col fiato sospeso, come d’altronde tutta questa magnifica tradizione che ha la capacità, rara al giorno d’oggi, di catapultare in un mondo ormai perduto e veramente magico....
Lui è un gigantesco faggio e lei un affusolato agrifoglio e sono i protagonisti di un suggestivo quanto particolare “matrimonio”. Un ancestrale rito arboreo che si perpetua da secoli nel cuore della Basilicata più segreta e che riporta alla mente antichi riti propiziatori celtici legati alla fecondità della terra. Si tratta, infatti, di un rituale di origine pagana cui sono stati aggiunti nei secoli significati e simboli religiosi. A fare da scenario a questa suggestivi sima tradizione il Parco regionale di Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane, straordinario concentrato di lussureggianti foreste e formazioni rocciose dalle fantasiose forme..
tutto ha inizio la mattina del 19 maggio, quando due nutriti gruppi di vigorosi uomini danno vita ad altrettante spedizioni nelle foreste che circondano il borgo. I “cimaioli” sono in genere i giovani più gagliardi della comunità e, giunti nella foresta di Gallipoli Cognato, abbattono la “Cima” (la sposa), l’agrifoglio più bello e con la chioma più folta, simbolo di fertilità.A questo punto la prediletta viene trasportata con estrema cura a spalla in paese affinché non si danneggi e possa arrivare alle nozze dell’indomani in tutto il suo splendore. I “maggiaioli”, dal canto loro, si portano nel bosco di Montepiano, dove si trova, invece, il prescelto, il faggio dal fusto più regolare, alto e robusto, un gigante che può raggiungere oltre venti metri di altezza, abbattuto per tradizione il giorno dell’Ascensione.
Da qui comincia il suo spettacolare viaggio verso la sposa, trascinato nei boschi e fino al centro del paese con l’aiuto di numerose coppie di buoi di razza podolica bardate a festa con fiori, ginestre e immagini sacre. Il sottobosco risuona dei muggiti delle bestie e delle urla di incitamento della folla: un incredibile, raro, disarmante tuffo nel passato! Il giorno successivo, il lunedì, l’intero paese partecipa alla preparazione delle nozze: i due “sposi” vengono ripuliti, sfrondati per bene e sottoposti a una lunga lavorazione, pronti per essere innestati l’uno all’altro, al martedì, sotto gli occhi compiacenti di San Giuliano, patrono della cittadina, e quelli della gente in tripudio. Il totem arboreo, che può raggiungere anche i 40 metri di altezza, viene innalzato grazie a corde e forcelle di legno, a suggellare il compimento di questo spettacolare sposalizio allegorico che, congiungendo la terra al cielo, l’uomo al cosmo, diventa un inno alla fecondità, al benessere del paese e dei suoi abitanti per l’anno a seguire. I giovani più impavidi e agili possono a questo punto finalmente cimentarsi nell’attesa quanto ardua scalata del “Maggio” sotto gli occhi increduli della folla ammutolita. Raggiunta la chioma della sposa, le loro spericolate acrobazie lasciano, infatti, letteralmente col fiato sospeso, come d’altronde tutta questa magnifica tradizione che ha la capacità, rara al giorno d’oggi, di catapultare in un mondo ormai perduto e veramente magico....
1 commento:
Il rito che ha descritto, di cui non ero a conoscenza è molto interessante. Mi ricorda qualcosa di parzialmente analogo di cui avevo letto tempo addietro e che si svolgeva (credo non più ai giorni) nelle zone attorno a Stonhenge o comunque nell'Inghilterra meridionale: la "danza del palo", probabilmente un antico rito di fertilità. Certo non vi erano innesti o pratiche così articolate ma credo che la matrice possa essere comune. Interessante l'analogia con alcune ritualistiche celtiche da lei ricordata. Mi domandavo se, data anche la locazione lucana decisamente al di fuori del mondo celtico, l'origine del rito possa risalire a qualche civiltà più antica e di più ampia diffusione, magari del primo periodo indoeuropeo o forse addirittura precedente. Che ne pensa?
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