La
notte tra il 23 e il 24 giugno è la notte di San Giovanni, una notte
magica, una notte in cui è possibile incontrare le streghe e in cui gli
spiriti sono liberi nell'aria. Secondo una credenza popolare in questa
notte i fantasmi di Erodiade e di Salomè, responsabili dell'uccisione di
San Giovanni Battista e per questo condannate a vagare per il mondo su
una scopa, chiamavano a raccolta tutte le streghe sui prati del
Laterano.
Per scongiurare questo rischio ecco che tutta la piazza si riempiva di falò accesi e da tutti i Rioni si concentravano i Romani per pregare, vedere le streghe e mangiare le lumache. Le corna delle lumache simboleggiano infatti le discordie e le preoccupazioni, e mangiarle significa mettere pace, cancellare tutto in questa notte magica e dare il via d un nuovo inizio fatto di pace e prosperità.
Chi non si fidava dello spurgo garantito dagli osti preferiva magari comprare le lumache dai lumacari e cucinarle a casa portandole poi alla festa in un pentolino al tavolo dell'osteria dove, ordinando da bere, le mangiava in compagnia degli altri famigliari.
Era inoltre molto importante far rumore con le trombe, con i campanacci, tamburelli e petardi. Solo con i rumori assordanti e con la luce si poteva infatti impedire alle streghe di cogliere certe erbe che, raccolte in questa notte speciale, sarebbero state alla base dei loro incantesimi.
Ed era importante munirsi d'aglio e usare alcuni accorgimenti prima di uscire di casa, per impedire alle streghe di entrare: era necessario rovesciare davanti alla porta di casa una manciata di sale grosso e una scopetta di saggina. Le streghe si sarebbero fermate incuriosite sull'uscio per contare i grani del sale e i fili di saggina e perdendo spesso il conto avrebbero dovuto ricominciare fino all'alba, quando il sole le avrebbe fatte scappare via.
La festa terminava all'alba quando il papa si recava a San Giovanni per celebrare la messa.
Dal 1891 venne organizzato annualmente un festival della canzone romana. Si racconta che proprio la prima edizione fu caratterizzata da un incidente che ne posticipò addirittura di una settimana lo svolgimento. Il palco del concerto rischiò infatti di crollare sotto il peso dell'orchestra. Tutti pensarono al malocchio e la rassegna si tenne la settimana successiva. La canzone che vinse si intitolava “le Streghe”, di Leopoldo Fregoli.
Giggi Zannazzo così ci descrive questa notte:
La viggija de San Giuvanni, s’aùsa la notte d’annà’, ccome sapete, a San Giuvanni Latterano a ppregà’ er Santo e a mmagnà le lumache in de ll’osterie e in de le bbaracche che sse fanno appostatamente pe’ quela notte. For de la Porta, verso la salita de li Spiriti, c’era parecchi anni fa, ll’osteria de le Streghe, indove quela notte ce s’annava a ccéna. A ttempo mio, veramente, non se faceva tutta ’sta gran babbilogna che sse fa adesso. Ce s’annava co’ le torcie accese o cco’ le lenterne, perchè era scuro scuro allora, ppe’ divuzzione davero, e ppe’ vvedè’ le streghe.
Come se faceva pe’ vvedelle? Uno se portava un bastone fatto in cima a forcina, e quanno stava sur posto, metteva er barbozzo drento a la furcina, e in quer modo poteva vede’ bbenissimo tutte le streghe che ppassàveno llaggiù vverso Santa Croce in Gerusalemme, e vverso la salita de li Spiriti.
Pe’ scongiuralle, bbastava de tienè’ in mano uno scopijo, un capodajo e la spighetta cor garofoletto. S’intenne che pprima d’uscì’ dda casa, de fôra de la porta, ce se metteva la scopa e er barattolo der sale. Accusì si una strega ce voleva entrà’ nu’ lo poteva, si pprima che sonassi mezzanotte nun contava tutti li zzeppi de la scopa e ttutte le vaghe der sale. Cosa che bbenanche strega, nu’ je poteva ariuscì’; perchè, si sse sbajava a ccontà’ aveva d’arincomincià’ dda capo.
Pe’ non faccele poi avvicinà’ ppe’ gnente, bbastava a mmette su la porta de casa du’ scope messe in croce. Come la strega vedeva la croce, er fugge je serviva pe’ ccompanatico! Presempio, chi aveva pavura che la strega j’entrassi a ccasa da la cappa der cammino, metteva le molle e la paletta in croce puro llà, oppuramente l’atturava cor setaccio.
Per scongiurare questo rischio ecco che tutta la piazza si riempiva di falò accesi e da tutti i Rioni si concentravano i Romani per pregare, vedere le streghe e mangiare le lumache. Le corna delle lumache simboleggiano infatti le discordie e le preoccupazioni, e mangiarle significa mettere pace, cancellare tutto in questa notte magica e dare il via d un nuovo inizio fatto di pace e prosperità.
Chi non si fidava dello spurgo garantito dagli osti preferiva magari comprare le lumache dai lumacari e cucinarle a casa portandole poi alla festa in un pentolino al tavolo dell'osteria dove, ordinando da bere, le mangiava in compagnia degli altri famigliari.
Era inoltre molto importante far rumore con le trombe, con i campanacci, tamburelli e petardi. Solo con i rumori assordanti e con la luce si poteva infatti impedire alle streghe di cogliere certe erbe che, raccolte in questa notte speciale, sarebbero state alla base dei loro incantesimi.
Ed era importante munirsi d'aglio e usare alcuni accorgimenti prima di uscire di casa, per impedire alle streghe di entrare: era necessario rovesciare davanti alla porta di casa una manciata di sale grosso e una scopetta di saggina. Le streghe si sarebbero fermate incuriosite sull'uscio per contare i grani del sale e i fili di saggina e perdendo spesso il conto avrebbero dovuto ricominciare fino all'alba, quando il sole le avrebbe fatte scappare via.
La festa terminava all'alba quando il papa si recava a San Giovanni per celebrare la messa.
Dal 1891 venne organizzato annualmente un festival della canzone romana. Si racconta che proprio la prima edizione fu caratterizzata da un incidente che ne posticipò addirittura di una settimana lo svolgimento. Il palco del concerto rischiò infatti di crollare sotto il peso dell'orchestra. Tutti pensarono al malocchio e la rassegna si tenne la settimana successiva. La canzone che vinse si intitolava “le Streghe”, di Leopoldo Fregoli.
Giggi Zannazzo così ci descrive questa notte:
La viggija de San Giuvanni, s’aùsa la notte d’annà’, ccome sapete, a San Giuvanni Latterano a ppregà’ er Santo e a mmagnà le lumache in de ll’osterie e in de le bbaracche che sse fanno appostatamente pe’ quela notte. For de la Porta, verso la salita de li Spiriti, c’era parecchi anni fa, ll’osteria de le Streghe, indove quela notte ce s’annava a ccéna. A ttempo mio, veramente, non se faceva tutta ’sta gran babbilogna che sse fa adesso. Ce s’annava co’ le torcie accese o cco’ le lenterne, perchè era scuro scuro allora, ppe’ divuzzione davero, e ppe’ vvedè’ le streghe.
Come se faceva pe’ vvedelle? Uno se portava un bastone fatto in cima a forcina, e quanno stava sur posto, metteva er barbozzo drento a la furcina, e in quer modo poteva vede’ bbenissimo tutte le streghe che ppassàveno llaggiù vverso Santa Croce in Gerusalemme, e vverso la salita de li Spiriti.
Pe’ scongiuralle, bbastava de tienè’ in mano uno scopijo, un capodajo e la spighetta cor garofoletto. S’intenne che pprima d’uscì’ dda casa, de fôra de la porta, ce se metteva la scopa e er barattolo der sale. Accusì si una strega ce voleva entrà’ nu’ lo poteva, si pprima che sonassi mezzanotte nun contava tutti li zzeppi de la scopa e ttutte le vaghe der sale. Cosa che bbenanche strega, nu’ je poteva ariuscì’; perchè, si sse sbajava a ccontà’ aveva d’arincomincià’ dda capo.
Pe’ non faccele poi avvicinà’ ppe’ gnente, bbastava a mmette su la porta de casa du’ scope messe in croce. Come la strega vedeva la croce, er fugge je serviva pe’ ccompanatico! Presempio, chi aveva pavura che la strega j’entrassi a ccasa da la cappa der cammino, metteva le molle e la paletta in croce puro llà, oppuramente l’atturava cor setaccio.
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