lunedì 24 giugno 2019

L'orco della memoria etrusca

Figura a sinistra:
Pittura parietale etrusca (375 - 350 a.C.) dalla Tomba dell’Orco di Tarquinia,Viterbo. L’immagine rappresenta un demone infernale, alato, con naso a forma di becco, barbuto e con capelli scarmigliati, armato di ascia o martello. Il termine demone deriva dal greco daimon, che indicava talora una singola divinità o, più frequentemente, un potere divino, oppure un essere spirituale di statuto semidivino, e che con il tempo venne impiegato soprattutto per indicare gli spiriti malevoli o quelli inferi, legati al mondo dei morti. Gli Etruschi avevano elaborato una ricca demonologia di cui rimane testimonianza soprattutto nell’arte funeraria. Tra le diverse figure di demoni si trovano quelle di giovani donne, a volte alate, tra le quali compare con frequenza quella denominata Vanth, probabilmente all’origine una dea che determinava i destini umani. Fra i demoni maschili aveva un ruolo predominante Charun, personificazione della morte, guardiano delle porte d’accesso al mondo degli inferi, rappresentato con il corpo grigio-verde, il naso adunco, capelli simili a serpenti e un mazzuolo in mano. Il suo nome deriva dal Caronte greco (il nocchiero che faceva transitare attraverso i fiumi infernali, gli spiriti dei morti), ma il suo aspetto e le sue funzioni sono diverse. Un altro demone spesso rappresentato nelle tombe è Tuchulcha, un essere zoo-antropomorfo con becco e zampe da uccello rapace, lunghe orecchie appuntite, capelli serpentiformi e grandi ali.
Figura a destra:
Affresco sulla parete della Tomba dell’Orco di Tarquinia (375 - 350 a.C.) che raffigura la divinità etrusca Aita, corrispondente al greco Ade, signore dei morti. Presso i Latini il dio Ade era identificato con Plutone, che talora veniva chiamato anche Orco:da cui il nome con il quale è convenzionalmente chiamata la tomba. Nel mondo greco Ade, il signore del mondo sotterraneo il cui nome era interpretato come “l’invisibile” e a cui erano consacrate le grotte e le cavità sotterranee, aveva come attributo uno speciale copricapo che aveva appunto la qualità di rendere invisibili. Nell’arte greca non vi sono raffigurazioni di tale oggetto sacro, che questa immagine etrusca identifica con una pelle di lupo. L’impiego di maschere e costumi animali attraverso i quali si “presentificavano” i morti ricomparirà nelle cerimonie popolari dal Medioevo fino all’epoca contemporanea.

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