Festa
solstiziale del sole e della luna, San Giovanni è anche la la festa del
fuoco e dell'acqua. In questo capitolo tratteremo dell'accensione e del
significato dei falò. Antichissimi riti agrari, ancora oggi praticati
in molte parti d'Europa e nelle nostre valli alpine collegati ai tempi
della transumanza...
Quello dell'accensione dei falò al solstizio d'estate è un rito magico legato alla fertilità della terra, degli animali, degli uomini, ma anche un rito di purificazione e di protezione. Un uso così radicato nella cultura dell'Europa occidentale che lo vediamo rispuntare ovunque...
“Di lassù la vista era splendida. Sullo stretto picco roccioso erano almeno una ventina a fare un picnic intorno alle ceneri di un gigantesco braciere. Da qualche anno la tradizione del falò di San Giovanni era tornata in auge. Alcuni giorni prima della cerimonia i più coraggiosi portavano fino in cima ceppi, tronchi di vite e fascine di sarmenti. Li ammassavano a piramide, quasi a voler ulteriormente innalzare la montagna. La notte del 23 giugno la cima prendeva fuoco, e se le condizioni atmosferiche lo permettevano la flama del Canigò poteva essere vista in tutto il Roussillon”.
Siamo in presenza di riti antichissimi, risalenti almeno al Neolitico e alla grandiosa rivoluzione agraria che permise agli uomini, fino ad allora cacciatori e raccoglitori, di superare la fase del nomadismo e di costruire i primi insediamenti stabili. Riti che non escludevano sacrifici anche umani e che sono sopravvissuti per millenni nonostante le trasformazioni della società. Riti contadini secondo Frazer che per primo li studiò in modo sistematico:
“Da tempo immemorabile i contadini d'ogni parte d'Europa hanno usato accendere dei falò, i cosiddetti fuochi di gioia, in certi giorni dell'anno, ballarvi intorno e saltarvi sopra. Vi sono testimonianze storiche del Medioevo sull'esistenza di questi usi e forti prove intrinseche dimostrano che la loro origine si deve cercare in un periodo molto anteriore alla diffusione del Cristianesimo. Anzi le prime tracce o prove della loro esistenza nell'Europa settentrionale ci vengon date dai tentativi dei sinodi cristiani del secolo VIII di abolirli in quanto riti pagani. Non è raro che in questi fuochi si ardano dei fantocci o che si finga di ardervi una persona viva; e c'è ragione di credere che anticamente vi fossero davvero bruciati degli esseri umani.”
Con il passare del tempo il rito divenne meno cruento e al posto degli uomini vennero sacrificati animali. Secondo Frazer un uso ancora vivo nella Francia del XVII secolo tanto che “era l'uso nel passato, per i fuochi di S. Giovanni che si accendevano nella Place de Grève a Parigi, di bruciare un cesto, un barile, o un sacco pieno di gatti vivi sospeso da un'antenna in mezzo al falò: qualche volta si bruciava una volpe. Il popolo raccoglieva la cenere e la bragia del fuoco credendo che portassero fortuna e le conservava in casa. I re di Francia spesso assistevano allo spettacolo e talvolta accendevano il fuoco con le loro mani. Nel 1648 Luigi XIV, incoronato di rose e recandone in mano un mazzo, accese il falò, gli ballò intorno e prese parte al banchetto nel palazzo del Comune,”
Un atto per noi orribile, ma che si spiega con il carattere della festa. Abbiamo già visto come il solstizio rappresenti un punto di svolta dell'anno, segnato dal progressivo declino del sole sulla linea dell'orizzonte. L'astro sembra perdere forza e deperire. Un fenomeno percepito come potenzialmente pericoloso che deve essere contrastato con riti adeguati. I falò devono servire a sostenere l'astro, ad aiutarlo a mantenere la sua forza generativa, allontanando le forze avverse che ne minano la potenza. Un rito protettivo che tramite la magica forza del fuoco permette di espellere o tenere lontano tutto ciò che può essere dannoso a uomini, luoghi, piante, animali. Un rito di purificazione e di rigenerazione, di morte e rinascita e dunque di fertilità.
Con
Quello dell'accensione dei falò al solstizio d'estate è un rito magico legato alla fertilità della terra, degli animali, degli uomini, ma anche un rito di purificazione e di protezione. Un uso così radicato nella cultura dell'Europa occidentale che lo vediamo rispuntare ovunque...
“Di lassù la vista era splendida. Sullo stretto picco roccioso erano almeno una ventina a fare un picnic intorno alle ceneri di un gigantesco braciere. Da qualche anno la tradizione del falò di San Giovanni era tornata in auge. Alcuni giorni prima della cerimonia i più coraggiosi portavano fino in cima ceppi, tronchi di vite e fascine di sarmenti. Li ammassavano a piramide, quasi a voler ulteriormente innalzare la montagna. La notte del 23 giugno la cima prendeva fuoco, e se le condizioni atmosferiche lo permettevano la flama del Canigò poteva essere vista in tutto il Roussillon”.
Siamo in presenza di riti antichissimi, risalenti almeno al Neolitico e alla grandiosa rivoluzione agraria che permise agli uomini, fino ad allora cacciatori e raccoglitori, di superare la fase del nomadismo e di costruire i primi insediamenti stabili. Riti che non escludevano sacrifici anche umani e che sono sopravvissuti per millenni nonostante le trasformazioni della società. Riti contadini secondo Frazer che per primo li studiò in modo sistematico:
“Da tempo immemorabile i contadini d'ogni parte d'Europa hanno usato accendere dei falò, i cosiddetti fuochi di gioia, in certi giorni dell'anno, ballarvi intorno e saltarvi sopra. Vi sono testimonianze storiche del Medioevo sull'esistenza di questi usi e forti prove intrinseche dimostrano che la loro origine si deve cercare in un periodo molto anteriore alla diffusione del Cristianesimo. Anzi le prime tracce o prove della loro esistenza nell'Europa settentrionale ci vengon date dai tentativi dei sinodi cristiani del secolo VIII di abolirli in quanto riti pagani. Non è raro che in questi fuochi si ardano dei fantocci o che si finga di ardervi una persona viva; e c'è ragione di credere che anticamente vi fossero davvero bruciati degli esseri umani.”
Con il passare del tempo il rito divenne meno cruento e al posto degli uomini vennero sacrificati animali. Secondo Frazer un uso ancora vivo nella Francia del XVII secolo tanto che “era l'uso nel passato, per i fuochi di S. Giovanni che si accendevano nella Place de Grève a Parigi, di bruciare un cesto, un barile, o un sacco pieno di gatti vivi sospeso da un'antenna in mezzo al falò: qualche volta si bruciava una volpe. Il popolo raccoglieva la cenere e la bragia del fuoco credendo che portassero fortuna e le conservava in casa. I re di Francia spesso assistevano allo spettacolo e talvolta accendevano il fuoco con le loro mani. Nel 1648 Luigi XIV, incoronato di rose e recandone in mano un mazzo, accese il falò, gli ballò intorno e prese parte al banchetto nel palazzo del Comune,”
Un atto per noi orribile, ma che si spiega con il carattere della festa. Abbiamo già visto come il solstizio rappresenti un punto di svolta dell'anno, segnato dal progressivo declino del sole sulla linea dell'orizzonte. L'astro sembra perdere forza e deperire. Un fenomeno percepito come potenzialmente pericoloso che deve essere contrastato con riti adeguati. I falò devono servire a sostenere l'astro, ad aiutarlo a mantenere la sua forza generativa, allontanando le forze avverse che ne minano la potenza. Un rito protettivo che tramite la magica forza del fuoco permette di espellere o tenere lontano tutto ciò che può essere dannoso a uomini, luoghi, piante, animali. Un rito di purificazione e di rigenerazione, di morte e rinascita e dunque di fertilità.
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