Da -Il Manifesto-
“Il Terzo Tempio
preme sulle moschee
di Gerusalemme”
Reportage. All'Istituto per il Tempio progettano la ricostruzione
dell'edificio più sacro dell'Ebraismo dove da 1300 anni è situata la Cupola
della Roccia islamica. Quelle che erano le idee bizzarre di pochi ora sono
sostenute da ministri e deputati. Crescono le proteste palestinesi, si rischia
una escalation di scontri.
© Michele
Giorgio
EDIZIONE DEL08.08.2015
PUBBLICATO7.8.2015,
23:59
Batsheva è la guida del nostro un gruppo: sette-otto
europei e un paio di immancabili giapponesi. Ebrea sudafricana, giovane, ci
tiene a presentarsi subito come la moglie di uno dei principali rabbini che
dirigono l’Istituto del Tempio (https://www.templeinstitute.org/main.htm) che
da quasi trent’anni progetta la ricostruzione del Tempio ebraico a Gerusalemme.
Il terzo dopo i due distrutti rispettivamente dai Babilonesi e dai Romani. Con
fare sciolto e qualche battuta scherzosa, prova a darsi un’immagine di donna
semplice ma in grado di presentare bene un argomento tanto delicato. Ci spiega
che l’istituto – situato in un edificio di Via Misgav Ladach nel quartiere
ebraico della città vecchia di Gerusalemme – sta ricreando e conservando vasi,
oggetti, strutture rituali di legno e altri elementi propri del Tempio biblico
che un giorno andranno ad arredare il Terzo Tempio. «Chi desiderava costruire
il Tempio ma fu costretto a rinunciare perchè era un comandante militare?»,
domanda Batsheva ai presenti con tono da maestra. Un mano si alza alle nostre
spalle. «Re Davide» risponde una signora. «Bravissima», replica Batsheva.
Nella prima sala dell’Istituto domina il plastico del
Secondo Tempio e dipinti di profeti. Nella seconda ci sono riproduzioni di
abiti tradizionali di sacerdoti e una struttura rituale in legno. Batsheva
parla come un torrente in piena, poi chiede ai presenti di fare domande. Ha un
paio di secondi di esitazione quando una partecipante al tour chiede se nel
Terzo Tempio saranno sacrificati animali. Dopo averci pensato su risponde che
la questione è dibattuta da lungo tempo e con conclusioni discordanti. Il pezzo
forte è nella terza sala. Batsheva con gesti solenni apre una tenda per
mostrarci una riproduzione a grandezza reale (si presume) dell’Arca
dell’Alleanza. Siamo alla conclusione del giro e facciamo una domanda alla
nostra guida: «Questo istituto intende ricostruire il Tempio ma nel sito che
voi indicate qui a Gerusalemme ci sono da 1300 anni le moschee di al Aqsa e
della Roccia, il terzo luogo santo dell’Islam. Che fine farebbero?». Batsheva,
a nostro avviso, evita di dare sfogo alla voce del cuore. Sceglie il linguaggio
della diplomazia. «Non so dare una risposta. Posso dire soltanto che ci
dobbiamo preparare a ricostruire il Tempio, è un nostro dovere come ebrei. Come
e quando avverrà non lo sappiamo», ci dice. Poi aggiunge parole, a nostro
avviso, illuminanti: «Un tempo pochissimi (ebrei) parlavano della costruzione
del Terzo Tempio, oggi sono tanti, sempre di più. E con noi abbiamo anche 12
deputati della Knesset (il Parlamento)».
Ha ragione Batsheva. Quelli che fino a qualche anno fa
apparivano come propositi bizzarri di un gruppetto di fedeli abbagliati dalle
sacre scritture, oggi sono la base ideologica di un movimento articolato, non
solo religioso ortodosso, con ranghi sempre più folti, che riceve sostegno da
alcuni ministri del governo Netanyahu nonchè aiuti e finanziamenti dall’estero,
anche da organizzazioni cristiane sioniste. Milioni di americani, ad esempio,
sognano la ricostruzione del Tempio ebraico al posto delle moschee perchè
credono che innescherà conflitti apocalittici, la venuta dell’Anticristo e la
vittoria finale del “Regno di Dio”. Non sorprende perciò che la campagna di
finanzimento lanciata dal rabbino Chaim Richman, dell’Istituto del Tempio, per
allevare in Israele una “giovenca rossa perfetta”
(https://www.youtube.com/watch?v=nHnjOiagh-g) abbia già visto 415 persone
donare in meno di un mese 31.150 dollari, sui 125 mila necessari per realizzare
il progetto (le ceneri della “giovenca rossa perfetta” saranno utilizzate in un
rituale di purificazione del Tempio. L’animale introdurrà l’avvento del
Messia).
Sulla strada della costruzione del Terzo Tempio c’è
tuttavia la sgradita presenza della Cupola della Roccia e di al Aqsa e gli
appelli che i più estremisti lanciano per l’eliminazione delle due moschee,
gettano nello sgomento i palestinesi musulmani e infiammano l’intero mondo
islamico. La tensione nella città vecchia ormai è costante. Gli scontri tra
dimostranti palestinesi e polizia si ripetono ad ogni tentativo da parte di
militanti del movimento per la (ri)conquista del Monte del Tempio di entrare
sulla Spianata delle moschee. E la stampa, soprattutto quella occidentale,
offre il suo contributo descrivendo in gran parte dei casi gli attivisti del
Tempio come semplici religiosi ebrei desiderosi di pregare nel luogo santo e i
palestinesi musulmani come dei fanatici violenti. Anche gli stranieri danno il
loro aiuto. Qualche giorno fa un francese ha sventolato la bandiera di Israele
sulla Spianata delle moschee prima di essere cacciato via e ferito leggermente
dai fedeli musulmani. Cosa accadrebbe se i palestinesi chiedessero di pregare
regolarmente al Muro del Pianto (ugualmente sacro all’Islam) sventolando ogni
volta la loro bandiera nel sito religioso più importante per l’Ebraismo? I
media internazionali non sembrano porsi questo interrogativo quando raccontano
delle “violente reazioni palestinesi”.
Gli ebrei ortodossi e le autorità rabbiniche credono
che la ricostruzione del Tempio debba avvenire nell’epoca del Messia e per mano
della Divina Provvidenza. E per questa ragione agli ebrei non è consentito
entrare sulla Spianata delle moschee. Ma oggi per motivi soprattutto politici,
non è più una minoranza esigua, insignificante, la parte che afferma che gli
ebrei sono chiamati a ricostruirlo quanto prima. Riconquistare il Monte del
Tempio è divenuto un imperativo per buona parte della destra nazionalista,
religiosa e laica, che intende imporre la piena sovranità di Israele sul sito
“incautamente” lasciato al controllo del Waqf islamico dopo l’occupazione della
città vecchia e di Gerusalemme Est nel 1967. Tre ministri del partito Casa
ebraica – Uri Ariel, Ayelet Shaked e Naftali Bennett – ed esponenti di primo
piano del Likud come la ministra della cultura Miri Regev e la vice ministra
degli esteri Tzipi Hotoveli, sostengono apertamente il “ripristino” della
totale sovranità ebraica sulla Spianata di al Aqsa. Posizione che offre una
copertura politica ai rappresentanti della destra estrema religiosa come Yehuda
Glick (leader di Diritti Umani per il Monte del Tempio, ferito gravemente quasi
un anno da un palestinese a Gerusalemme), agli ex deputati Moshe Fleigin, Aryeh
Eldad e Michael Ben Ari per portare avanti la loro campagna. E non mancano i
tifosi del Terzo Tempio anche in Campo Sionista (laburisti), il deputato Hilik
Bar ad esempio.
Decisivo per la crescita del movimento negli ultimi
due-tre anni è stato il gruppo “Studenti per il Monte del Tempio”, formato da
Im Tirzu (i giovani di Casa ebraica), che ha allargato il discorso della
sovranità israeliana sulla Spianata delle moschee alle nuove generazioni. Tutte
queste forze, ai vertici della politica o alla base della società, hanno come
primo obiettivo l’introduzione sulla Spianata di al Aqsa del sistema adottato
da Israele dopo il massacro compiuto da un colono (febbraio 1994) di 29
palestinesi alla Tomba dei Patriarchi di Hebron: la spartizione del sito
religioso, con due sezioni, una palestinese e una ebraica. E girano voci di
contatti segreti tra Tel Aviv e Amman, con il favore degli Usa, per strappare
al Waqf palestinese l’amministrazione delle Moschee di Gerusalemme per passarla
al ministero degli affari religiosi della Giordania. Al resto naturalmente ci
penserà la Divina Provvidenza. Intanto nessuno sembra dare peso ad un punto
centrale: toccare le moschee di Gerusalemme significherebbe innescare rivolte
palestinesi e islamiche gigantesche e dalle conseguenze inimmaginabili, nella
regione e non solo.
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