"A proposito dell'eterno ritorno, ne condivido la tesi. Ma la mia mente e' affascinata da altre immagini. Purché si intenda, voglio dire, che ciò che ritorna, ritorna ogni volta meno di prima. Come se ogni volta ne diminuissero la vitalità e il vigore e vi fosse infine un definitivo ritorno che equivalesse all'immobilità. Attraverso il ritorno, tedioso e malinconico, le cose perderebbero a poco a poco ciò che la prima volta le contraddistinse, ne conserverebbero tutti i caratteri quasi rattrappiti ma non la vita. Come se un'essere, un'opera, si ripetessero ogni volta perdendo qualcosa, pur negli immutati stampi. E in ultimo tutto. In ciò vediamo abbozzarsi un'altra teoria del ritorno, più credibile. A simiglianza del giro di una roulette, esso si fermerebbe. Le cose si ripeterebbero, ogni volta sempre di meno - s'intende nell'energia che le aveva animate - pur rimanendone uguali i tratti sempre più fissi. Per giri concentrici, sempre più stanche. Poi crollerebbero di colpo, tutto si fermerebbe. C'è il ritorno, si', ma non è eterno."
(M. Sgalambro, Dell'indifferenza in maniera di società)
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