Poiano,
speleologi
scoprono vasche
e sorgenti antiche
scoprono vasche
e sorgenti antiche
Le grotte a Poiano: luoghi di
culto? (SCAPINIA)
Marco Cerpelloni. 09.07.2016
Cercano un mondo perduto e «inciampano»
nella storia. Un gruppo di appassionati dell'Unione speleologica veronese
cercando la terra gialla in miniere dimenticate ha riportato alla luce nella
zona di Poiano una sorgente sotterranea con alcune vasche e canalizzazioni.
«Sembrano opere molto antiche. Forse, addirittura romane», commenta il geologo
Guido Gonzato che ha partecipato alle esplorazioni e ha scritto i dettagli
della scoperta nel nuovo quaderno culturale «La Lessinia. Ieri, oggi e domani»
(2016), Gianni Bussinelli editore.
Un inquadramento storico preciso del
ritrovamento sarà compito di archeologi e storici, intanto la sorgente che si
trova a 257 metri di quota e all'interno di una piccola incisione valliva non è
presente in alcuna cartografia, sebbene sia nota al proprietario del terreno.
«Alla sorgente», continua Gonzato, «si accede da una stretta trincea ricavata
nella roccia. La galleria artificiale che segue è alta circa tre metri e per un
metro è ricolma d'acqua».
A sostenere la tesi che l'opera possa
essere romana o quanto meno medioevale sono le concrezioni all’interno. «Così
estese e spesse», spiega il geologo, «si possono creare solo dopo molti secoli.
Per avere, però, una datazione precisa serve un'analisi radiometrica». Gonzato
ha eseguito il rilievo della sorgente assieme al collega Paolo Biasi e
l'esplorazione ha messo in luce uno sviluppo totale di 107 metri. Dal cunicolo
è emersa anche una sorpresa: una cavità dalla forma ad «Y» che il gruppo ha
battezzato come il Tempio. È un antro, dice Gonzato, «molto curioso e che
rimanda ai Romani che erano soliti costruire piccoli luoghi di culto nelle
vicinanze delle sorgenti».
L’origine romana è solo una possibile
ipotesi ma di sicuro resta un qualcosa di affascinante in questo ritrovamento
tutto da scoprire e con molte curiosità. Come la presenza di altri scavi che
seppur meno estesi restituiscono un lavoro di ricerca portato avanti con
precisione e conoscenza delle rocce.
Le Torricelle, dice Gonzato, «sono formate
da due diversi tipi di rocce con una netta prevalenza di rocce calcaree
organogene di origine marina, che risalgono all'Eocene medio-superiore. In
altre parole, sono composte in gran parte di frammenti di organismi fossili,
antichi molluschi, protozoi con guscio, coralli ed alghe. Ci sono anche rocce
molto diverse. Sono i basalti e i tufidi di origine vulcanica che hanno la
caratteristica di trattenere l’acqua. È a questo tipo di rocce che si deve la
presenza del prezioso liquido laddove diversamente non dovrebbe esserci, perché
nelle rocce calcaree l'acqua tende a scendere nel sottosuolo».
Più a salire s’incontra il percorso della salute dove
Gonzato e Biasi hanno ritrovato alcune cave che non sembrano recenti. Anzi,
potrebbero essere molto antiche. «Non si vedono», dice Gonzato, «tracce di
mine, mentre si nota l'erosione delle piogge. Possiamo dire che sono vecchie
quanto basta per presentare fenomeni di carsismo». L'esplorazione degli antri
delle Torricelle, formatisi nel Prioboniano, 35 milioni di anni fa, è condotta
dal gruppo di appassionati speleologi dal 2012 e ha documentato il patrimonio
scientifico e culturale che custodiscono. Gonzato con Roberto Chignola e Marco
Frigo è sceso nelle cavità dove sono stati trovati la vertebra di un delfino e
le tracce dell’antica corrente marina. Con i reperti sono emerse anche numerose
storie di vita vissuta ed alcune leggende come quella che vuole nascosto in
qualche grotta un vitello d’oro dell’epoca di re Teodorico.
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