ALEXAMENOS SEBETE THEON
'Alexamenos adora Dio' o 'Graffito di Alexamenos' è una delle prime testimonianze di invettive spontanee contro i cristiani nel mondo tardo-antico da parte dei pagani. Risalente probabilmente al III secolo e ritrovata a Roma sul Palatino, riporta un'iscrizione in greco, esattamente:
"ΑλΕΞΑΜΕΝΟς CЄΒΕΤΕ ΘΕΩN"
La grafia testimonia diverse anomalie e irregolarità: l'uso contemporaneo di lettere maiuscole e minuscole, la mancanza di accenti e il sigma lunato ad inizio parola (C) che normalmente non ha varianti anche a fine parola, mentre lo scrivente fa terminare il nominativo Alexamenos con la versione ς terminale, non richiesta da chi usa la grafia con il sigma lunato. Probabilmente l'autore aveva una preparazione grammaticale approssimativa, anche se era alfabetizzato e conosceva il greco, il che ne faceva una persona di cultura medio-alta.
Il testo contiene anche un errore grammaticale marchiano ( l'accusativo "theòn" scritto con l'omega Ω, anziché con l'omicron come nella forma corretta) e una irregolarità fonetica: il verbo sebete (σέβετε) dovrebbe essere la terza persona di σέβομαι ( = "io venero"), cioè σέβεται, di cui forse rappresenta una variante fonetica non attestata (anche se potrebbe dare indicazioni su quale fosse la pronuncia usuale, trascritta in modo naturale dall'ingenuo scriba. In questo caso fornirebbe anche una interessante indicazione glottologica).
La vignetta è composta da due disegni: il corpo di un uomo crocifisso con la testa di un animale (con ogni probabilità un asino o un mulo) e un uomo in adorazione, che la didascalia ci dice essere Alessameno.
Interessante dal punto di vista della scienza sacra osservare come questa rappresentazione simbolica sia tutt'altro che ingenua e contenga elementi degni di riflessione.
L'invettiva pagana contro i cristiani riguardava il fatto che il cristianesimo era accusato di varie nefandezze, di essere sovversivo (tecnicamente tale accusa non era neppure infondata visto che negava la legittimità del culto di Stato, spezzando così la pax religiosa su cui si fondava il sistema romano). Se si doveva accusare qualcuno di praticare un culto maligno, la scelta del simbolo animale così scelto non era affatto peregrina. Si può infatti dire che l'accusa di "onolatria" o adorazione dell'asino fosse un'elaborazione popolare o volgarizzata di una conoscenza tradizionale che vedeva universalmente nell'asino una figura simbolicamente connessa con forze caotiche o demoniache. Il dio dalla testa di asino era, nella teologia egizia, Seth, l'avversario di Osiride e Horus (anche se la questione dell' "animale di Seth" non è del tutto chiarita, essendo più che probabile che tale animale fosse originariamente identificato con l''oritteropo africano). Ad ogni modo è con tale stesso significato che nella simbologia evangelica Gesù entra in Gerusalemme cavalcando un asino, segno in questo caso di vittoria e di sottomissione sulle forze tenebrose e caotiche. Del resto nella letteratura ispirata ai Misteri (come nell'opera di Apuleio) l'asino era simbolo dello stato profano e dell'ignoranza.
Altra possibile spiegazione di questo uso polemico o caricaturale del simbolo potrebbe implicare un collegamento con la figura ideale dell' 'Asinus portans mysteria'.
Un elemento che solitamente sfugge a tutti i commentatori è la Y sopra e sinistra dell'immagine crocifissa, che è un simbolo collegato alle religioni misteriche antiche e in particolare al Pitagorismo - con cui, forse tramite la figura di Orfeo-Dioniso, il cristianesimo delle origini potrebbe aver avuto degli strani e mai troppo considerati collegamenti. La Y contiene in nuce svariati gruppi simbolici legati a insegnamenti sapienziali. Rappresenta il passaggio dall'unità alla dualità, ma anche la lotta di schemi contrapposti sul piano morale, la lotta fra virtù e vizio nel mito di Eracle, che poi è il significato occulto della lama VI dei Tarocchi, 'Gli amanti'). Con questo significato il simbolo della Y è stato associato agli insegnamenti esoterici. Esso è anche l' "«Uomo cosmico» con le «braccia alzate», simbolo di resurrezione." (come ricorda Evola nell'introduzione alla Tradizione Ermetica). Un'incisione dell' 'Atalanta fugiens' di Michael Maier rappresenta Alberto Magno mentre indica l'Androgino che tiene in mano questa Y. Simbolo pitagorico essa passò nel corpus di dottrine ermetiche che sopravvisse in area italica (fra l'altro il rione napoletano di Forcella testimonia questa sopravvivenza nell' area partenopea, che fu una delle centrali di conservazione della tradizione ermetico-mediterranea: "forcella" che è appunto la Y dei misteri greci). Forse la runa Algiza è un'evoluzione di questo grafema.
La presenza della Y nella blasfema rappresentazione anti-cristiana è forse una conferma spontanea e involontaria del polemista circa la conservazione di una vena misterica nel cristianesimo delle origini.
L'immagine è un'opera dell'artista spagnolo Jose Gabriel Alegría Sabogal, che reinterpreta l'Alexamenos del graffito come un soldato romano armato di lancia, nudo, spogliatosi di elmo e corazza, che forse ricorda il centurione Longino della leggenda.
'Alexamenos adora Dio' o 'Graffito di Alexamenos' è una delle prime testimonianze di invettive spontanee contro i cristiani nel mondo tardo-antico da parte dei pagani. Risalente probabilmente al III secolo e ritrovata a Roma sul Palatino, riporta un'iscrizione in greco, esattamente:
"ΑλΕΞΑΜΕΝΟς CЄΒΕΤΕ ΘΕΩN"
La grafia testimonia diverse anomalie e irregolarità: l'uso contemporaneo di lettere maiuscole e minuscole, la mancanza di accenti e il sigma lunato ad inizio parola (C) che normalmente non ha varianti anche a fine parola, mentre lo scrivente fa terminare il nominativo Alexamenos con la versione ς terminale, non richiesta da chi usa la grafia con il sigma lunato. Probabilmente l'autore aveva una preparazione grammaticale approssimativa, anche se era alfabetizzato e conosceva il greco, il che ne faceva una persona di cultura medio-alta.
Il testo contiene anche un errore grammaticale marchiano ( l'accusativo "theòn" scritto con l'omega Ω, anziché con l'omicron come nella forma corretta) e una irregolarità fonetica: il verbo sebete (σέβετε) dovrebbe essere la terza persona di σέβομαι ( = "io venero"), cioè σέβεται, di cui forse rappresenta una variante fonetica non attestata (anche se potrebbe dare indicazioni su quale fosse la pronuncia usuale, trascritta in modo naturale dall'ingenuo scriba. In questo caso fornirebbe anche una interessante indicazione glottologica).
La vignetta è composta da due disegni: il corpo di un uomo crocifisso con la testa di un animale (con ogni probabilità un asino o un mulo) e un uomo in adorazione, che la didascalia ci dice essere Alessameno.
Interessante dal punto di vista della scienza sacra osservare come questa rappresentazione simbolica sia tutt'altro che ingenua e contenga elementi degni di riflessione.
L'invettiva pagana contro i cristiani riguardava il fatto che il cristianesimo era accusato di varie nefandezze, di essere sovversivo (tecnicamente tale accusa non era neppure infondata visto che negava la legittimità del culto di Stato, spezzando così la pax religiosa su cui si fondava il sistema romano). Se si doveva accusare qualcuno di praticare un culto maligno, la scelta del simbolo animale così scelto non era affatto peregrina. Si può infatti dire che l'accusa di "onolatria" o adorazione dell'asino fosse un'elaborazione popolare o volgarizzata di una conoscenza tradizionale che vedeva universalmente nell'asino una figura simbolicamente connessa con forze caotiche o demoniache. Il dio dalla testa di asino era, nella teologia egizia, Seth, l'avversario di Osiride e Horus (anche se la questione dell' "animale di Seth" non è del tutto chiarita, essendo più che probabile che tale animale fosse originariamente identificato con l''oritteropo africano). Ad ogni modo è con tale stesso significato che nella simbologia evangelica Gesù entra in Gerusalemme cavalcando un asino, segno in questo caso di vittoria e di sottomissione sulle forze tenebrose e caotiche. Del resto nella letteratura ispirata ai Misteri (come nell'opera di Apuleio) l'asino era simbolo dello stato profano e dell'ignoranza.
Altra possibile spiegazione di questo uso polemico o caricaturale del simbolo potrebbe implicare un collegamento con la figura ideale dell' 'Asinus portans mysteria'.
Un elemento che solitamente sfugge a tutti i commentatori è la Y sopra e sinistra dell'immagine crocifissa, che è un simbolo collegato alle religioni misteriche antiche e in particolare al Pitagorismo - con cui, forse tramite la figura di Orfeo-Dioniso, il cristianesimo delle origini potrebbe aver avuto degli strani e mai troppo considerati collegamenti. La Y contiene in nuce svariati gruppi simbolici legati a insegnamenti sapienziali. Rappresenta il passaggio dall'unità alla dualità, ma anche la lotta di schemi contrapposti sul piano morale, la lotta fra virtù e vizio nel mito di Eracle, che poi è il significato occulto della lama VI dei Tarocchi, 'Gli amanti'). Con questo significato il simbolo della Y è stato associato agli insegnamenti esoterici. Esso è anche l' "«Uomo cosmico» con le «braccia alzate», simbolo di resurrezione." (come ricorda Evola nell'introduzione alla Tradizione Ermetica). Un'incisione dell' 'Atalanta fugiens' di Michael Maier rappresenta Alberto Magno mentre indica l'Androgino che tiene in mano questa Y. Simbolo pitagorico essa passò nel corpus di dottrine ermetiche che sopravvisse in area italica (fra l'altro il rione napoletano di Forcella testimonia questa sopravvivenza nell' area partenopea, che fu una delle centrali di conservazione della tradizione ermetico-mediterranea: "forcella" che è appunto la Y dei misteri greci). Forse la runa Algiza è un'evoluzione di questo grafema.
La presenza della Y nella blasfema rappresentazione anti-cristiana è forse una conferma spontanea e involontaria del polemista circa la conservazione di una vena misterica nel cristianesimo delle origini.
L'immagine è un'opera dell'artista spagnolo Jose Gabriel Alegría Sabogal, che reinterpreta l'Alexamenos del graffito come un soldato romano armato di lancia, nudo, spogliatosi di elmo e corazza, che forse ricorda il centurione Longino della leggenda.
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