• Nei primi anni '80, subito dopo la morte di
Josip Broz Tito, viene segnalata l'apparizione della Madonna ad alcuni giovani
croati a Medjugorje, una località della Erzegovina dove già durante la seconda
Guerra mondiale i fascisti si erano scatenati con violenze ed uccisioni contro
la popolazione di religione ortodossa. La gerarchia cattolica non ha mai voluto
ufficialmente riconoscere la veridicità delle apparizioni di Medjugorje, ma il
clero locale (i frati francescani dell'Erzegovina noti da secoli per il loro
fondamentalismo e, nel Novecento, per il loro supporto alla causa degli ustascia)
se ne è avvalso per fini propagandistici. Anche dall'Italia sono stati
organizzati pellegrinaggi.
Sarebbe interessante sapere che fine hanno fatto
oggi quei ragazzi "visionari" o "miracolati": sappiamo ad
esempio che Marija Pavlovic, che aveva fatto voto di entrare in convento, è
oggi felicemente sposata; pare anzi che anche gli altri quattro ragazzi
protagonisti della vicenda abbiano messo su famiglia, e che tre di loro siano
emigrati all'estero.
Molti dicono che le cose, in Jugoslavia,
cominciarono a precipitare con la morte di Tito. Ma si può anche dire che le
cose cominciarono ad andare a rotoli quando "apparve" la Madonna a
Medjugorje. Probabilmente sono vere entrambe le affermazioni...
• Il 1990
è l'anno dedicato a Madre Teresa di Calcutta. Pochi sanno che questa suora era
originaria di Skopje, nella ex repubblica federata di Macedonia, ed apparteneva
al gruppo etnico albanese. Lo stesso anno raggiungono il culmine le tensioni tra
albanesi e serbi nella regione del Kosmet (Kosovo e Metochia). Dinanzi a
personalità albanesi Giovanni Paolo II, in uno dei paesini albanesi del
meridione d'Italia, celebra la Madonna di Scutari, patrona e protettrice
dell'Albania. Durante la celebrazione il papa afferma: "Madre della
speranza regalaci il giorno Leeeeeenel quale questo popolo generoso possa essere
unito", dichiarando così esplicitamente il sostegno del Vaticano alla
causa degli albanesi del Kosovo.
Negli anni successivi segnaliamo tra l'altro la
visita del papa in Albania (paese - per inciso - a stragrande maggioranza atea
o, al limite, musulmana) e la frequentazione di Madre Teresa con pezzi grossi
dello Stato quali la vedova di Hoxha, con la quale presenzia ad una cerimonia
dinanzi ad un monumento alla "Grande Albania".
• Nel 1991
scoppia la guerra. Il papa parla all'Angelus delle "legittime aspirazioni
del popolo croato". Il riconoscimento ufficiale della Croazia indipendente
da parte del Vaticano avviene il 13 gennaio del 1992, contro il parere del resto
della comunità internazionale, almeno apparentemente: gli altri paesi si
adegueranno dopo due giorni.
• Nel 1992
la guerra civile si estende in Bosnia-Erzegovina, repubblica a maggioranza
relativa di musulmani. I serbi (cristiani ortodossi) costituiscono un terzo
della popolazione, mentre circa il 15% sono croati (cattolici). Durante il
conflitto i soldati croati compiranno i crimini più efferati (semmai sia
possibile compilare statistiche su queste cose... noi comunque ci riferiamo ai
dati del londinese Institute for Strategic Studies - cfr. LIMES n.3/'95, pg.60).
Le cronache parlano di soldati che vanno in guerra con il rosario al collo, di
preti e frati francescani erzegovesi che vanno in giro con la pistola (alcuni
intervistati anche dall'italiano Avvenire) o tuonano dai pulpiti delle loro
chiese, di ingiustizie nella distribuzione degli aiuti della Caritas (secondo il
criterio "etnico", applicato d'altronde da tutte le organizzazioni
umanirie religiose)...
• Il culmine dell'interventismo vaticano viene
raggiunto nel 1994 con la visita del papa a Zagabria. Il viaggio di Karol
Wojtyla in Croazia avviene nel pieno del conflitto bosniaco, mentre è ancora
aperta la ferita delle Krajne (territori dell'odierna Croazia a maggioranza
serba, in quel periodo autonomi e sotto il controllo di truppe ONU), ed è una
evidente boccata d'aria per il regime di Tudjman, con il quale il papa si
incontra e presenzia a cerimonie pubbliche. Scriveva La Repubblica del
12/9/1994: "...il contatto con la folla fa bene a Giovanni Paolo II. I
fedeli lo applaudono ripetutamente. Specie quando ricorda il cardinale Stepinac,
imprigionato da Tito per i suoi rapporti con il regime di Ante Pavelic, ma
sempre rimasto nel cuore del Croati come un'icona del nazionalismo. Wojtyla, che
sabato sera ha pregato sulla sua tomba, gli rende omaggio, però pensa
soprattutto al futuro."
Da una mezza frase di un articolo di giornale
veniamo dunque a conoscenza del fatto che il papa ha pregato sulla tomba del
collaborazionista dei nazisti Stepinac, nell'entusiasmo dei seminaristi di San
Girolamo (la chiesa croata di Roma, all'inizio di Via Tomacelli, nota tra
l'altro per avere ospitato Pavelic in fuga dopo la guerra; cfr. il libro "Ratlines"
di M. Aaron e J. Loftus) presenti a Zagabria per l'occasione.
Il 26 novembre successivo Vinko Puljic, arcivescovo
cattolico di Sarajevo, è nominato cardinale dal papa insieme ad altri 30 che
rispecchiano le tendenze della geopolitica vaticana. Citiamo ad es. Mikel Loliqi,
92enne cardinale di Scutari (Albania). In onore di Puljic due giorni dopo si
tiene un concerto sinfonico nella stessa chiesa di San Girolamo.
• 1995:
è l'anno risolutivo. Dopo una primavera in cui la tensione cresce enormemente (Srebrenica
ecc.), e si parla insistentemente di una visita del papa a Sarajevo, in luglio
Giovanni Paolo II in una dichiarazione ai giornalisti si schiera per
l'intervento militare (contro i "tentennamenti" della comunità
internazionale, perchè si faccia finalmente "il necessario" per
punire gli aggressori, e così via). Pochi giorni dopo Tudjman ordina il
definitivo "repulisti" della Krajna, mentre in settembre, dopo
l'ennesimo grande attentato sarajevese stile "strategia della
tensione" (v. Cronologia), la tanto invocata "comunità
internazionale" interviene a forza di bombe contro i serbobosniaci.
In dicembre, con gli accordi di Dayton, la guerra
si interrompe.
• Nell'ottobre
1996 il rettore della chiesa di San Girolamo (di cui sopra), monsignor Artur
Benvin, viene trovato impiccato. La notizia non "passa" sui giornali.
Noi l'abbiamo trovata sull'Evropske Novosti, giornale serbo, che ipotizza
triangolazioni di danaro per comprare armi tra il clero croato, pezzi grossi
musulmani di Sarajevo e la Trzaska Kreditna Banka di Trieste, la banca della
minoranza slovena in Italia dichiarata fallita proprio in quelle settimane.
• Durante la primavera
1997 (12 e 13 aprile) si realizza la "tanto attesa" visita del
papa a Sarajevo. La visita ha un contenuto palesemente politico, essendo stata
preceduta da varie polemiche (cfr. ad es. Predrag Matvejevic su "la
Repubblica" del 5/3/1997, e come risposta ad es. le dichiarazioni del
vescovo di Mostar in visita a Trieste) e da vari attentati alle istituzioni
cattoliche in Bosnia, tra cui uno, sventato, contro il papa (i giornali parlano
di un ponte nella zona musulmana da far esplodere al momento del passaggio del
papa, ma la bomba sarebbe stata disinnescata dai militari stranieri della
missione SFOR - cfr. i giornali di quei giorni).
• Nel maggio
1998 viene ufficialmente annunciata la prossima visita del papa in
Croazia. Nell'ottobre successivo il papa andra' a Zagabria ed a Marija
Bistrica, il principale santuario cattolico della Croazia, dove celebrera'
la cerimonia per la beatificazione di Alojzije Stepinac. Sulle
responsabilita' di Stepinac in quanto collaborazionista del regime
genocida di Ante Pavelic nello "Stato Croato Indipendente"
instaurato durante la II Guerra mondiale suggeriamo la lettura del libro
"L'Arcivescovo del genocidio", di M.A. Rivelli (Ed. Kaos 1999).
• Durante la sua visita in Croazia all'inizio
di ottobre 1998 Karol Wojtyla
oltre a beatificare Stepinac pronunzia alcune frasi rispetto alla
situazione in Kosovo, oggetto di una violentissima campagna-stampa, che
alludono al diritto di "ingerenza umanitaria" da parte della
"Comunita' Internazionale", cioe' alla liceita' di un intervento
armato per "aiutare chi soffre".
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Quando il
24 marzo 1999 la NATO effettivamente attacca la Repubblica Federale di
Jugoslavia con il pretesto del Kosovo, il papa cita una frase di Pio XII,
vale a dire di quel suo predecessore che non solo non aveva fatto nulla
per denunziare e fermare il nazifascismo, ma che viceversa benedi' Pavelic
e lo sostenne tramite il clero croato (si veda a proposito il libro di
Carlo Falconi "Il silenzio di Pio XII" uscito nel 1965, nonche'i
gia'citati "Ratlines" e "L'Arcivescovo del
genocidio"). La frase recita: "Con la guerra tutto e' perduto,
con la pace niente e' perduto". All'Angelus pasquale, una settimana
dopo, il papa afferma retoricamente: "Ma come si puo' parlare di pace
quando si costringono le popolazioni [albanesi] a fuggire... e se ne
incendiano le abitazioni?... E come rimanere insensibili di fronte alla
fiumana dolente dei profughi dal Kosovo?". Percio', a parte la
discutibile richiesta di una "pausa" nei bombardamenti in
occasione della Pasqua (cattolica, non ortodossa), il Papa non fa appello
per la loro cessazione incondizionata.
Nei giorni successivi la stampa riporta anche le
dichiarazioni del Cardinale croato di Sarajevo Vinko Puljic che rivendica
la giustezza dell'intervento militare argomentandola con la necessita'
"di estirpare la malattia" e di sconfiggere una volta per tutte
"il creatore della guerra" Slobodan Milosevic.
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